Si narra che quando Lu Yen nacque l’arcobaleno comparve sulla sua casa. La stanza della madre fu invasa da un profumo meraviglioso e da una musica celestiale. Dalla finestra della camera entrò una gru bianca che assisté la partoriente facendo vento con le ali. Dopo questi fenomeni prodigiosi fu chiamato l'indovino che esaminò attentamente il neonato e diede un responso sul suo destino.
L’indovino disse che quel bambino aveva il cranio della gru, il volto del drago e gli occhi della fenice perciò non era come tutti gli altri neonati. Già nella vita passata era stato un grande saggio e, nella vita attuale, avrebbe raggiunto la suprema fusione con il Tao. Il padre di Lu Yen era prefetto nella provincia dello Shanxi e suo nonno era stato maestro di cerimonie alla Corte Imperiale, perciò il ragazzo ebbe la migliore educazione che potesse offrire una nobile famiglia.
Come tutti i giovani aristocratici del suo tempo studiò gli autori classici e imparò a comporre versi in una lingua molto raffinata, imparò le arti marziali ma, benché fosse un allievo molto dotato non eccelleva negli studi. A venticinque anni, Lu Yen era ancora uno studente e non aveva ancora espresso l'intenzione di prendere moglie e di farsi una famiglia. Agli studi dei classici preferiva le compagnie delle taverne, dei poeti girovaghi e delle affascinanti musiciste e danzatrici che si esibivano nei “Padiglioni Fioriti” sulle rive del fiume.
Gli studi ne risentivano e, con grande dispiacere della sua famiglia, era stato bocciato due volte al concorso per funzionario imperiale. Un giorno si trovava a rientrare dalla capitale dove era stato bocciato per la terza volta agli esami, perciò non aveva fretta di dare la brutta notizia alla famiglia. Decise di fermarsi in una locanda per riposare e bere una grappa di riso. Ma non appena si fu seduto ad un tavolo, nella taverna, entrò un uomo dalla chioma scompigliata color sale e pepe.
I suoi tratti erano aristocratici ma i suoi modi erano molto sfacciati. Aveva l’aspetto molto trasandato e la barba spettinata gli pendeva sul petto. Una grande pancia sporgeva dalla tunica che era stata allacciata male, ma dalle maniche e dai pantaloni arrotolati spuntavano i suoi muscoli robusti e ben delineati. L’uomo si sedette al suo stesso tavolo senza essere invitato e poi, rivolto all'oste, ordinò zuppa per due.
Lo stravagante tipo lo fissò con occhi penetranti e gli chiese: “Senti un po', viaggiatore di questo mondo fluttuante, perché rovini la tua vita con l’alcool di riso quando potresti addolcirla con l’ambrosia del Tao?” Lu Yen era rimasto stupito dalla sfrontatezza del taoista, ma rispose: “Non mi sento pronto per salire la montagna degli Immortali. Devo salvare l’onore della famiglia e tenere alta la mia reputazione. Devo studiare per avere un titolo prestigioso che faccia felice la mia famiglia.”
L’adepto del Tao aveva iniziato a mangiare la sua zuppa con molto appetito. Lo ascoltò, si asciugò la bocca sulla manica rovesciata della tunica e disse: “Vedo che ti sei ambientato bene nel mondo dei mortali. Onore e disonore, profitto e perdita sono categorie mortali, perciò vanno superate. Solo chi vede oltre le illusioni può superarsi. Quando sarai pronto vieni da me. Mi chiamo Zhongli Quan, sono l’Eremita della Camera delle Nuvole: mi troverai sul Picco della Gru.”
L’eremita finì il pasto in silenzio poi si alzò per andare, ma prima di uscire frugò nella sua bisaccia di canapa. Ne trasse fuori un bel poggiatesta che gli offrì come dono di congedo. Lu Yen prese quel dono e riprese il suo viaggio di ritorno verso casa. Il giorno dopo, al calar della notte, si trovò ancora in viaggio perciò decise di coricarsi all'aperto avvolto nel suo mantello con la testa adagiata sul cuscino. Stava comodo perciò sprofondò velocemente nel sonno e sognò.
Sognò che aveva superato l’esame imperiale a pieni voti e aveva vinto il concorso. Sognò che era divenuto mandarino e aveva ottenuto una carica a corte dove era entrato nelle grazie del Figlio del Cielo che lo fece suo ministro e consigliere. Conobbe una colta e affascinante dama di compagnia dell’imperatrice e la prese in sposa. Dal matrimonio nacquero dei figli che ebbero incarichi prestigiosi perciò fecero dei matrimoni che accrebbero la fama della famiglia.
Alla nascita del primo nipote, Lu Yen si aspettava di essere nominato Primo Ministro, ma non aveva considerato l’invidia dei suoi nemici che lo accusarono di alto tradimento. L'imbroglio fu ben pensato e le accuse furono confermate dai falsi testimoni perciò Lu non poté dimostrare la sua innocenza. Dovette affrontare il processo e l’imperatore furente non gli accordò la grazia. Fu condannato alla pena capitale assieme a tutti i maschi della sua famiglia. Mentre saliva al patibolo sudava, sudava, sudava… infatti si svegliò tutto sudato.
Lu Yen tornò a casa per informare la famiglia che era venuto a salutarli perché prendeva la via degli Immortali. L'eccentrico eremita del Picco della Gru non trovò assolutamente strano il suo arrivo, perché sembrava quasi aspettarlo. Lo accolse ridendo e con fare bonario gli disse: “E così una notte vale come una vita intera da cortigiano? Finalmente sei giunto alla fine del sogno.” Quelle parole sorpresero Lu Yen che gli chiese: “Voi come sapete del mio incubo?”
L’eremita rispose molto divertito: “Non hai forse sognato sul mio cuscino? Ora dimmi, cosa vuoi da me e cosa credi di cercare? Sei sicuro di volere ciò che potresti trovare?” Lu Yen rispose: “Ho capito che questo mondo è cangiante perciò non rende sicuri di nulla. So che il successo produce l’invidia e che l’onore produce l’infamia. Ho capito che viviamo in un regno di illusioni e che io sono un pellegrino esiliato che è alla ricerca della sua patria originaria.”
L'eremita scrollò la criniera brizzolata e ruggì: “Ben detto ragazzo! Bravo, finalmente sei sulla Via! Da adesso diventi Lu Dongbin ossia l’Ospite della mia Caverna.” Poi lo fece sedere su una stuoia e gli iniziò a insegnare come disciplinare il proprio spirito e come riuscire ad armonizzare i soffi interni. Passarono insieme alcuni anni di intensa pratica del Qigong, finché un giorno l’Eremita gli disse:
“Credo che ne sai abbastanza. Ora devi tornare da dove sei venuto, ma non smettere di praticare la nostra arte sottile. Non permettere che il tuo spirito venga fiaccato e che si smarrisca nelle difficoltà della vita. Quando sarai pronto, verrò da te per rivelarti l’ultimo segreto.” E fu così che Lu Dongbin ritornò nella casa paterna dove lo informarono che il padre era morto da qualche mese, e che sua madre era morente.
Il suo cuore si riempì di dolore ma la pena diventò una grande compassione. Questo gli permise di guidare l’anima della madre nel suo volo verso le Isole degli Immortali. Alla fine del funerale fece delle donazioni ai più poveri com'è usanza, ma vennero troppi poveri a chiedere l'elemosina e non volle cacciare nessuno. Lu Yen chiese perdono del poco che donava e donò tutto quello che aveva. Tornato a casa trovò la visita di una sua amica d’infanzia di cui era stato innamorato in passato che era giunta a fargli le condoglianze.
Lu notò che era ancora più bella di come la ricordasse perciò fu molto turbato quando gli chiese di ospitarla perché veniva da lontano. Durante la cena si confidò e raccontò che i genitori l’avevano maritata a un alto funzionario con cui aveva avuto due figli. Era scoppiata in lacrime perché il marito l’abbandonava a causa di tre concubine. Lei non l’aveva mai amato perché amava Lu, perciò gli chiese di fuggire insieme. Minacciò persino il suicidio se non avesse ricambiato il suo amore, poi si denudò e si offrì al suo desiderio.
Il povero Lu fece fatica a non essere travolto dai sensi alla vista di quel corpo nudo, ma la respinse seppure malvolentieri. Si indignò e la coprì con una coperta e poi l'accusò di essere una donna senza onore e pudore, e di essere una madre indegna. Le fece giurare che non avrebbe abbandonato i suoi figli e che li avrebbe accuditi finché non si fossero sposati. Solo dopo aver fatto il suo dovere, se voleva, poteva raggiungerlo per fare la via del Tao. Naturalmente, nella notte, la vecchia fiamma fuggì via senza lasciare neppure un biglietto di saluti.
Qualche tempo dopo, sempre di notte, fu svegliato dai ladri che venivano a derubarlo. Velocemente si alzò per difendersi perché era un praticante esperto di arti marziali. Si agganciò la spada alla cintura e staccò l'alabarda dal muro ma, mentre stava per entrare in azione e gettarsi nella lotta, si fermò a riflettere. Pensò che non poteva uccidere per non farsi derubare. Che i furfanti prendessero tutto ciò che gli restava, ma non si sarebbe macchiato le mani del loro sangue.
Perciò restò nascosto finché i ladri non furono fuggiti portandosi via tutti gli oggetti di valore. Presto non ebbe che la casa e il pezzo di terra su cui sorgeva. Licenziò la servitù diventata inutile e iniziò a vivere dei prodotti dell'orto. Divise la sua giornata tra il giardinaggio, la meditazione e la lettura dei libri degli Antichi Maestri. Una sera, mentre leggeva a lume di candela, sentì un baccano incredibile. Sentì delle urla, dei lamenti e poi un forte rumore di passi. La porta si aprì violentemente e irruppero nello studio un’orda di demoni inferociti.
Erano delle creature orrende con teste di cane, di maiale, di lucertola e di serpente ed erano tutti armati con delle lance, delle scuri e dei falcetti che agitavano con furia. Lu Dongbin restò imperturbabile e li accolse chiedendo gentilmente cosa volessero. Il capo dei demoni urlò un ordine. Entrarono due demoni armati di lancia che spingevano senza usargli troppi riguardi una povera ombra che sembrava avere un qualcosa che gli parve di riconoscere. Il capo dei demoni gli gridò ridendo:
“Ecco l’anima di tuo padre che siamo andati a scovare nel terzo inferno inferiore dove scontava i suoi delitti. Nella sua posizione di funzionario non ha impedito le ingiustizie e si è reso complice della condanna di molte persone innocenti. Questa è la sorte di chi obbedisce agli ordini ingiusti. Ora deve pagare perciò non dimenticarlo nelle tue preghiere.” Dopo queste parole beffarde, i demoni presero a tormentare l’anima del padre colpendolo con le loro armi mentre lui gridava di dolore.
Lu Dongbin non seppe più restare impassibile e gridò: “Basta! Lasciatelo stare, lasciatelo in pace. Che le colpe del padre ricadano sul figlio. Vi offro la mia anima in cambio della sua anima, ma voi lasciate andare mio padre.” E fece il gesto di afferrare la spada per tagliarsi la gola e mantenere la sua parola, ma fu fermato dall’esplosione di un lampo luminoso che irruppe nella stanza.
Era il maestro Zhongli Quan con la sua spada magica che mise in fuga i demoni. Liberò l’anima del padre con una formula magica, e poi si rivolse al suo discepolo: “Sei stato bravo. Anzi, te la sei cavata alla grande. Sei stato migliore nella pratica che nella letteratura. Il tuo spirito è rafforzato e il tuo cuore è diventato puro. Adesso risplendi come uno specchio perciò lo spettacolo del mondo può riflettersi in te senza appannare o guastare la tua natura originaria. Sei pronto per il Cinabro dell’Immortalità.”
Perciò il vecchio maestro lo portò sul Picco della Gru dove gli insegnò il segreto della trasmutazione del Soffio del Drago. E quando la Grande Opera fu conclusa, il suo maestro lo portò sul bordo della falesia e gli disse: “La nostra missione in questo basso mondo si è conclusa. Vieni con me a gioire dei piaceri divini nel Regno degli Immortali.” Ma Lu Dongbin rispose: “No. Mi dispiace, ma le nostre strade si separano a questo punto. Io non lascerò questo mondo prima di aver aiutato tutti gli esseri a ritrovare la Via del Tao.”
Il vecchio eremita rise di gusto e disse: “Ottimo! Vedo che il discepolo ha superato il maestro!” poi si lanciò nel vuoto. Lu Dongbin si inchinò a rendergli omaggio perché il vecchio Immortale era stato un grande generale dell’esercito degli Han. Aveva convissuto per troppi anni assieme alla follia omicida degli uomini. Il suo cuore eroico si sentiva troppo oppresso dal loro dolore perciò voleva andarsene. L’antico guerriero viaggiò nel vento, volò verso il sole e diventò un puntino nel cielo.
Da quel giorno il Maestro Lu iniziò le sue peregrinazioni e scrisse vari libri sui segreti del Tao. Prese l’abitudine di sostare in una locanda di montagna. L'oste era contento di ospitarlo e sfamarlo senza essere pagato perché era onorato di avere la visita di un saggio. La cosa andò avanti per molti mesi finché il Maestro Lu gli disse: “Io preferisco saldare i miei debiti in questo mondo piuttosto che portarli con me nell’altro mondo. Non ho denaro ma posso pagarti con qualcosa che ti frutterà per sempre.”
Prese dalla sua borsa i pennelli e gli inchiostri colorati e dipinse una gru sulla parete gialla della sala. Disse che facessero della musica. Alle prime note della melodia, la gru dipinta si staccò dalla parete, volò tra gli avventori poi iniziò a danzare. Quando la musica tacque, la gru tornò a schiacciarsi sulla parete e ridiventò una gru dipinta. La notizia della gru danzante fece il giro dell’Impero di Mezzo perciò la gente accorse numerosa per vederla danzare.
Naturalmente gli affari dell'oste andavano splendidamente, e lo scalpore raggiunse anche il Figlio del Cielo che andò a vedere il dipinto. L’albergatore si arricchiva ma non perdeva la sua indole generosa, perciò aiutava sempre volentieri i più poveri. E così passarono trenta anni. Ma, un giorno, quando il Maestro Lu passò dalla locanda trovò l'oste di pessimo umore. Quando il Maestro Lu gli chiese se stesse male o se fosse avvenuto qualcosa alla sua famiglia, il poverino rispose che lo colpiva una grande sventura.
Aveva ricevuto una lettera da corte con cui dicevano che il Figlio del Cielo aveva deciso che il suo dipinto era un'opera d'arte dal grande valore. Di conseguenza, quel dipinto andava asportato dalla parete dell'osteria, e portato nel palazzo imperiale. Il dipinto avrebbe abbellito lo studio privato dell'imperatore. L'oste sapeva che era inutile ribellarsi perciò era disperato.
Ma il Maestro Lu fu sarcastico: "E così vogliono rubarti il dipinto? Vedremo se il furto gli riuscirà!" E dopo averlo detto, si avvicinò al dipinto e pronunciò alcune frasi misteriose che fecero animare la pittura. La gru si staccò dal muro e il Maestro Lu gli saltò in groppa. Così volarono verso il Cielo degli Immortali e nessuno li vide più. L'oste fece costruire vicino alla locanda la Pagoda della Gru Gialla con cui onorò il Maestro Lu, e fece incidere questa poesia:
"La gru è scomparsa tra le nubi
il drago non ha potuto afferrarla,
chi potrà mai esprimere
la tristezza della montagna?"
Buona erranza
Sharatan