giovedì 14 febbraio 2019

Le tre dimensioni dell’amore



“…l’amore è una sorta di affinità
con l’essere più intimo dell’altro.”
(Osho)

Nella normale condizione mentale dell’uomo, l’amore è praticamente impossibile. È possibile solo quando si è raggiunto l’essere, non prima. Prima di quel momento si tratta sempre di qualcos’altro. Noi continuiamo a chiamarlo amore, ma qualche volta è stupido definirlo tale.

Una persona si innamora di una donna perché gli piace il modo in cui cammina, in cui dice:«Ciao», la sua voce, i suoi occhi … la gente si innamora di cose così trascurabili! L’aspetto, gli occhi… queste non sono cose essenziali. Infatti, quando vivi con una persona, non stai vivendo con una porzione del corpo, con le sopracciglia o con il colore dei capelli.

Quando vivi con una persona, quest’ultima è un fenomeno immenso e sconfinato… è praticamente indefinibile, e queste piccole cose superficiali, prima o poi perdono di significato; ma poi improvvisamente si resta sorpresi: cosa fare?

Ogni storia d’amore comincia in modo romantico. Ma dopo la luna di miele è tutto finito, perché non si può vivere sempre in una favola. Bisogna affrontare la realtà, e quest’ultima è completamente diversa. Quando vedi una persona non vedi la sua totalità, ma solo la superficie. È come se ti fossi innamorato di un’auto per il suo colore.

Non hai nemmeno guardato nel cofano, oppure qualcosa potrebbe non funzione. In ultima analisi, il colore non serve a nulla. Quando due persone si mettono insieme, le loro realtà interiori si urtano e le cose esteriori perdono di significato. A che servono le sopracciglia, i capelli e la pettinatura?

Cominci a dimenticarlo. Non ti attraggono più, perché li hai a portata di mano. E più conosci la persona più ti spaventi, perché ti rendi conto della sua follia, e lei a sua volta impara a conoscere la tua. Entrambi vi sentite ingannati e vi arrabbiate; cominciate a vendicarvi, a prendervi delle rivincite sull’altro, come se vi avesse raggirato o imbrogliato.

Nessuno sta ingannando nessuno, anche se tutti vengono ingannati. Questa è una delle cose più importanti da comprendere: quando ami una persona, l’ami perché non è disponibile: se quella persona diventa disponibile, come può sopravvivere l’amore?

Fai la corte ad una donna e la donna si tira indietro, scappa da te. Tu la brami sempre di più e la tua corte si fa più insistente. Quindi, prima l’uomo insegue la donna e la donna cerca di scappare. Una volta che l’uomo ha afferrato la donna, immediatamente la corrente si inverte…

Il problema sta nel fatto che erano attratti l’uno dall’altra perché non si conoscevano. L’ignoto, il non familiare era l’attrazione. Adesso si conoscono bene… sono annoiati e la favola è finita. Questo è il momento in cui bisogna capire se si trattava di amore oppure no. Ma non bisogna ingannare se stessi, bisogna essere chiari.

Se era amore, o se anche solo un frammento di quella relazione era amore, queste cose passeranno. In questo caso si dovrebbe capire che queste sono cose naturali; non c’è nulla per cui arrabbiarsi. E tu ami ancora l’altra persona; anche se la conosci, continui ad amarla.

In realtà, se c’è amore, l’ami di più perché sai. Se c’è amore, l’unione sopravvive; se non c’è scompare. Entrambi le situazioni vanno bene. Per una mente ordinaria ciò che io chiamo amore è impossibile. Accade solo quando hai un essere molto integro.

Non è una favola, non ha nulla a che vedere con simili stupidaggini.Va direttamente alla persona e guarda dentro l’anima. In quel caso, l’amore è una sorta di affinità con l’essere più intimo dell’altro… il che è qualcosa di totalmente diverso.

Tutte le storie d’amore potrebbero - dovrebbero - svilupparsi in questo modo, ma su cento storie d’amore, novantanove non arrivano mai a questo punto. I problemi e le difficoltà sono così grandi da distruggere ogni cosa.

È necessario restare all’erta e consapevoli. Se il tuo amore consiste solo in queste stupidaggini, scomparirà. Non vale la pena preoccuparsene. Ma se è autentico, sopravvivrà a tutte le difficoltà. Quindi osserva, semplicemente…

Il punto non è l’amore; il punto è la tua consapevolezza. Questa potrebbe essere una situazione grazie alla quale la tua consapevolezza aumenterà e diventerai più attento a te stesso. Forse questo amore scomparirà, ma quello successivo andrà meglio; sceglierai con una consapevolezza migliore.

Oppure questo amore, con una consapevolezza migliore, cambierà qualità. Quindi, qualsiasi cosa accada, si dovrebbe restare aperti. L’amore ha tre dimensioni. Una è quella animale: non è altro che lussuria, un fenomeno fisico.

L’altra è quella umana: è più elevata della lussuria, della sessualità, della sensualità. Non è un semplice uso dell’altro come mezzo.La prima è solo uno sfruttamento: l’altro viene usato come mezzo. Nella seconda l’altro non viene usato come uno strumento, ma è uguale a te.

L’altro è fine a se stesso come te, e l’amore non è uno sfruttamento, bensì una reciproca condivisione del vostro essere, della vostra gioia, della vostra musica, della vostra pura poesia della vita. È qualcosa di mutuo e reciproco.

La prima dimensione è possessiva, la seconda non possessiva. La prima crea una schiavitù, la seconda dona libertà. E la terza dimensione dell’amore è religiosa, divina: accade quando non c’è un oggetto d’amore, quando l’amore non è affatto una relazione ma diventa uno stato del tuo essere.

Sei semplicemente in amore, ma non verso qualcuno in particolare. Sei in uno stato d’amore, per cui qualunque cosa fai, la fai con amore; chiunque incontri, lo incontri con amore. La prima dimensione usa l’altro come un mezzo; nella seconda l’altro non è più uno strumento; la terza va al di là di entrambe: è la trascendenza di ogni dualità.

Non esiste né il soggetto, né l’oggetto d’amore, ma solo l’amore in sé. Questo è lo stato finale dell’amore, lo scopo che dobbiamo realizzare in vita. La maggior parte delle persone resta confinata alla prima dimensione.

Solo pochissimi accedono alla seconda, e ancora più raro è il fenomeno che io definisco della terza dimensione. Soltanto un Buddha e un Gesù.. ci sono pochissime persone che hanno conosciuto la terza dimensione dell’amore; è possibile contarle sulle dita della mano.

Ma se tieni gli occhi fissi sulla stella più lontana, può succedere. E quando succede, sei appagato. A quel punto nella tua vita non manca nulla, e in quell’appagamento c’è una gioia eterna. Nemmeno la morte può distruggerla. (Osho, Con te e senza di te, Mondadori)

giovedì 7 febbraio 2019

Tribalismo



“Poiché il principale nemico è la disumanizzazione,
la soluzione deve essere la nuova vivificazione e
la restaurazione della natura umana.
La fonte deve essere una filosofia dell’umanismo.”
(Daisaku Ikeda)

Di norma, le tribù sono profondamente legate da un totem (una bandiera, un libro un’icona), da qualcosa che simboleggi la loro unità e che faccia appello ai loro sentimenti. Un tempo il tribalismo consentiva a piccoli gruppi di unirsi come effettive unità sociali e forniva agli individui motivi forti, non altruistici, per accantonare o risolvere le proprie divergenze competitive per il bene del gruppo: è più semplice per ciascun individuo prosperare se ha aiutanti e alleati fidati.

Per essere membro di una qualche tribù, si deve essere disposti a disumanizzare i membri delle altre tribù. Ed è qui che il tribalismo smette di essere conduttore del progresso umano. Il potere positivo del tribalismo ci ha fatto scendere dagli alberi e ci ha condotti fino alla civiltà, ma a costo di rinforzare pregiudizi irrazionali e di fomentare guerre.

Quando il tribalismo sfugge di mano può causare danni colossali. È uno dei motivi fondamentali per cui noi non riusciamo ad andare d’accordo. Le tribù primitive erano poco numerose e tutti i membri si conoscevano bene. La tecnologia ha reso le tribù sempre più grandi, così da poter comprendere un’intera nazione politica o un’intera nazione religiosa.

Aumentando le dimensioni delle tribù è aumentata anche la portata del danno che può essere inflitto quando i suoi membri sono eccessivamente zelanti nel loro tribalismo. Anche se i membri di queste tribù così grandi non si conoscono più di nome - o nemmeno di viso - possono e potranno essere mobilitati grazie al potere unico del linguaggio umano per odiare altre tribù grandi, composte da un numero ancora maggiore di persone che loro non conoscono.

I bambini imparano a sentirsi desiderati, amati e accolti non soltanto dai propri genitori e dalle rispettive famiglie, bensì dalla tribù alla quale appartengono. Gli attaccamenti emozionali che i bambini sviluppano nei confronti della propria tribù sono tanto profondi e duraturi quanto quelli che formano nei confronti dei loro genitori e delle loro famiglie.

Vi è una sola differenza sostanziale: i genitori e le famiglie sono composte da persone che possono essere amate oppure odiate in maniera personale, mentre le tribù sono formate da credenze condivise - fra le quali storie e tradizioni- che possono essere amate oppure odiate, soltanto in maniera impersonale. L’odio è un attaccamento negativo a qualcuno: a una persona specifica, che ha nome e identità.

Anche il razzismo e il sessismo - chiari esempi di identificazione con il proprio gruppo fino al punto di non riuscire più a scorgere l’elemento umano nell’altro - rappresentano un attaccamento negativo, ma non a qualcuno in particolare. Sono piuttosto un attaccamento negativo ad un intero gruppo di persone che non si conoscono nemmeno.

Se ti fermi a riflettere, è piuttosto incredibile che si possa odiare qualcuno che non si conosce. Ma se la tua tribù ha un’idea radicata e accettata pedissequamente da tutti - per esempio che i membri di qualche altra tribù sono nemici - allora, che ti piaccia o no, per essere accettato, dovrai condividere anche questa idea. E la maggior parte degli esseri umani ritiene essenziale essere accettato dalla propria tribù.

Così facendo, però, crei un attaccamento negativo all’altra tribù, fino al punto che, ogniqualvolta ne senti pronunciare il nome, sei condizionato a reagire con emozioni negative. Questi pregiudizi vengono spesso rinforzati da tradizioni tribali o propaganda, o telegiornale della sera, che narrano di atti eroici, per esempio omicidi violenti, commessi da membri della propria tribù e di vili atrocità per esempio omicidi violenti commesse da membri delle altre tribù.

Se mai incontrerai qualcuno che appartiene all’altra tribù, sarai predisposto a considerarlo comu un nemico implacabile, cattivo per natura. Naturalmente hai anche la possibilità di amare coloro che non conosci di persona, riconoscendo e rispettando l’idea della loro natura umana. Ma amarli richiede molto più coraggio che odiarli.

Poiché se ti rifiuti di ricambiare il male con il male - come ha insegnato Socrate - o se ami i tuoi nemici - come ha insegnato Gesù - o se cerchi di conferire potere agli individui - come ha insegnato Nichiren - o se ti rifiuti di avere nemici - come ha insegnato Gandhi - allora, con tutta probabilità, sarà proprio la tua tribù a rivolgersi contro di te, perché se ami persone che non conosci, anziché odiare tribù immaginarie, sembri minare la forza di coesione della tua tribù.

Platone si è occupato di questo argomento nel Mito della Caverna. Metteva in guardia dai pericoli mortali che si era trovato ad affrontare un qualsiasi essere umani illuminato fuggito dalla grotta, e che era ritornato volontariamente per liberare gli altri dalla prigionia, fatta di credenze basate su informazioni errate, per condurli fuori dall’oscurità nella luce del bene, della verità e della giustizia. «E non ucciderebbero chi tentasse di liberarli e di condurli fuori; se mai potessero averlo tra le mani?»

Hai il coraggio di amare l’umanità a qualsiasi costo? Un numero considerevole di persone che possiede questo coraggio rappresenta l’unico modo che abbiamo per andare avanti pacificamente. Siamo molto più legati gli uni agli altri di quanto non crediamo. E quando un numero ancora maggiore di persone arriverà a considerare se stesse come esseri umani unici e non come membri di questa o quella tribù, le cose andranno nettamente meglio. (Lou Marinoff, Le pillole di Aristotele, Piemme ed.)