giovedì 18 settembre 2008

Jack va a caccia di streghe


Ogni volta che facciamo una edificazione di confini difensivi, per tutelare la nostra integrità, aumentiamo gli spazi esterni e restringiamo i nostri territori personali. Con ogni confine, una parte del nostro essere viene spinto fuori, proiettato all’esterno di noi, e noi restiamo rinchiusi in un territorio sempre più stretto. La parte proiettata è sempre una parte che troviamo inaccettabile, è una parte di noi che rifiutiamo di conoscere; per questo la consapevolezza del nostro vero essere diventa sempre minore. Quando l’individuo nega anche a se stesso le sue tendenze, esse non scompaiono, perché gli sono proprie e connaturate, esse vengono solo relegate in un angolo, da cui imperterrite continuano la loro battaglia per emergere. Questa è la battaglia tra la persona e la propria ombra. Capire come funziona la proiezione della propria ombra è difficile, ma l’esempio del garage di Jack, narrato da Wilber, può aiutare a comprenderlo.
Jack ha un garage in stato di totale confusione e finalmente decide che è il momento di ripulirlo. Si mette i panni da lavoro e si accinge a farlo. Appena entrato nel garage rimane stupefatto dalla quantità di lavoro da fare, allora si mette a bighellonare, sfoglia i vecchi fumetti, gioca con un vecchio pallone e si mette a curiosare nei bauli, insomma si trastulla.
A questo punto il desiderio di pulire c’è ancora, ma Jack inizia a vedere il suo compito come qualcosa che deve fare, come se qualcuno gli imponesse di mettersi al lavoro. A questo punto Jack sembra avere dimenticato chi sia a volere che siano fatte le pulizie, si sente di malumore e si sente oppresso dal senso di dovere fare. Con il passare delle ore, dell’impegno e della fatica, il malumore aumenta e la proiezione è quasi pronta per essere completa. A questo punto è necessario “qualcuno” a cui imputare l’imposizione a pulire il garage, qualcuno a cui attaccare il proprio impulso proiettato. Casualmente la moglie di Jack arriva sulla scena e si affaccia alla porta del garage, chiede innocentemente a Jack se ha finito di pulire il garage. Jack scatta adirato e dice alla moglie di togliersi di torno, e inizia a pensare che era lei che voleva che il garage fosse pulito. La proiezione è completata, infatti l’impulso a fare è stato dichiarato come esterno e del tutto estraniato dalla volontà di Jack: è la moglie che sta facendo pressione su di lui affinchè il garage sia ripulito.
La proiezione agisce facendo pressione, e l’individuo sente la pressione dell’aspettativa esterna, che preme verso di lui. Non si rende conto che può fare pressione al nostro interno solo un’istanza riconosciuta e che ci appartiene. Stranamente se Jack non avesse sentito un impulso a pulire il garage, la sua pressione non sarebbe esistita, avrebbe potuto interrompere un lavoro che non aveva voglia di fare senza crearsi problemi, e non avrebbe aggredito la moglie in modo violento: avrebbe rimandato il lavoro al momento opportuno.
Il meccanismo di base della battaglia della persona alle sue ombre, ovvero ai suoi impulsi proiettati è questo, ed è un meccanismo a boomerang, in cui la violenza della proiezione è pari al livello di pressione che sentiamo che l’ambiente rimanda, cioè al livello di fascino che tale pulsione esercita per la nostra mente. La maggioranza delle persone ha una grossa resistenza a misurarsi con le proprie ombre, ad ammettere che tutti i tratti che si rifiutano e che si proiettano all’esterno, siano propri. La maggioranza difende con molta convinzione la propria falsa concezione della realtà, ed esercita una resistenza anche violenta a queste tendenze, la caccia alle streghe ne è l’esempio più comune.
Una caccia alle streghe inizia quando la persona nega delle caratteristiche che reputa cattive, sataniche o demoniache, insomma nega la sua parte oscura, e la rigetta all’esterno, reputando di non avere un suo piccolo cuore nero, ma di essere un Giusto. In realtà una parte oscura vi è in ognuno di noi, e riconoscerla potrebbe rendere molto più interessante la vita: infatti la tradizione ebraica, afferma che Dio stesso creò l’uomo con un’indole ribelle, bizzarra o perversa.
Il cacciatore di streghe non crede di avere questo piccolo cuore nero, per cui assume la maschera della rettitudine e della bontà e resiste a se stesso, cerca di negarsi e di reprimersi. Ma più la tendenza viene schiacciata e maggiormente acquista forza e si ribella, quindi più resiste. Più forte è la resistenza e maggiore forza bisogna esercitare per vincerla e maggiore consapevolezza è necessaria per esserne coscienti; più gli resiste, più forza acquisisce e più consapevolezza richiede.
Il rifiuto della consapevolezza a livello di nazioni o popoli ha causato dei delitti aberranti, come l’inquisizione, la caccia alle streghe di Salem, la persecuzione degli ebrei, il genocidio degli Armeni, ed altri orrori simili, molti ne compie ancora oggi nel mondo.
La stessa lotta si combatte all’interno, quando il proprio nemico diviene una parte di noi: la nostra ombra, cioè le parti di noi che reputiamo meschine, stupide, sporche o immorali. Potremmo allora iniziare a riconoscerle, facendo un test per la comprensione di base dell’ombra e per vederne l’indicatore di proiezione.
Ammettiamo che, tutto ciò che nell’ambiente (cose o persone) ci tocca profondamente, invece di trasmetterci semplicemente delle informazioni, sia solitamente una nostra proiezione, poiché ciò che ci annoia, ci irrita, ci ripugna, o al contrario, ci attrae, ci forza, ci ossessiona, è solitamente il riflesso dell’ombra.
Per fare un esempio, così come la pressione è una pulsione proiettata, l’obbligo è il desiderio proiettato, cioè ammettiamo che dei sentimenti persistenti di obbligo, siano un segnale sintomatico che state facendo qualcosa che non ammettete di volere fare, ma che intimamente desiderate. La resistenza all’ombra, si rivela nella dichiarazione di non volere fare la tale cosa, ma di esserne obbligato. Pensiamo poi che l’ombra che è proiettata, sia pure in modo distorto e dissimulato, non abbia altro linguaggio che quello dei sintomi, con cui prende forma e si rivela.
Secondo questa ipotesi, leggiamo allora i vari sintomi e la relativa reale forma dell’Ombra:

• Obbligo potrebbe significare Desiderio
• Pressione potrebbe significare Impulso
• Rifiuto potrebbe significare Disprezzo
• Colpa potrebbe significare Rancore
• Ansia potrebbe significare Eccitazione
• Imbarazzo potrebbe significare Interesse
• Impotenza/frigidità potrebbe significare Negare il Piacere
• Paura potrebbe significare Ostilità
• Tristezza potrebbe significare Rabbia
• Solitudine potrebbe significare Andate via tutti
• Non posso potrebbe significare Lo voglio
• Obbligo potrebbe significare Desiderio
• Odio potrebbe significare Pettegolezzo autobiografico
• Indivia potrebbe significare Credersi migliori di ciò che sembriamo

Tutte queste tecniche vengono proposte come una pratica da fare in stile zen, possiamo usare la scoperta della resistenza e della forma dell’ombra per la nostra vita, per le cose che ci interessano, per i nostri stili di pensiero e per vedere se aumenta la nostra consapevolezza. Ma se giochiamo con questo modo di decodificare - se siamo tanto bizzarri o pazzi da farlo - possiamo allora dire di non avere mai avuto una nostra personale caccia alle streghe? Possiamo veramente dire, di non avere mai avuto una cruenta battaglia, all’ultimo sangue, con la nostra Ombra?
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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