mercoledì 10 luglio 2013

Soffiatori di carboni



"I metalli non possono cambiarsi in altri metalli
prima di essere stati ridotti alla prima materia."
(La vera alchimia dei Rosa Croce)

Secondo un insegnamento tradizionale esistono due nature: la natura degli immortali e quella dei mortali. Esiodo scrive che i due rami, in origine, erano un solo ramo perché la schiatta degli uomini e quella degli Dei provengono dalla medesima madre. La divisione delle nature intervenne quando gli uomini decaddero e gli Dei ascesero, perciò un Dio è un uomo che si è reso immortale, e un uomo è un Dio divenuto mortale. Ma l'origine comune non esclude che oggi dobbiamo considerare queste due nature come due cose diverse.

Secondo la tradizione tramandata nelle opere di Esiodo, il passaggio da una natura all’altra è possibile, ma a condizione che avvenga una trasformazione totale ed effettiva dell’essere. La trasformazione deve produrre una completa trasformazione dell’essere, ma questa trasformazione è possibile solo se l'individuo ha ricevuto l’iniziazione alle pratiche misteriche.

Gli antichi iniziati conoscevano i riti e le pratiche necessarie per fuggire dalla natura mortale e conquistare la natura divina. Il passaggio alla nuova condizione è descritto come una nuova nascita, perciò chi riusciva a fare il passaggio ri-nasceva a una nuova vita. La nascita fisica corrispondeva alla “perdita del ricordo” dei mondi superiori e la morte comportava la perdita della coscienza terrena: in entrambi i processi trasformatori si subiva una perdita di coscienza.

Si credeva che, al momento della morte, l’iniziato potesse ricordare se stesso e la funzione nei mondi superiori, perciò gli adepti imparavano a vivere sul confine che separa la nascita dalla morte. Secondo Plutarco, gli iniziati conservavano il “ricordo” delle due condizioni, perciò essi erano liberi e svincolati, infatti sfuggivano al triste destino degli uomini che si schiacciano e spingono nel fango della terra.

Secondo questo insegnamento, conquistare “l'immortalità” corrispondeva a diventare come Dei, e l'idea restò viva in Occidente fino ai tempi dell’antichità ellenica. Dalla teoria delle due nature deriva la teoria dell’immortalità ereditata dal cristianesimo, ma con delle profonde differenze. Nel cristianesimo si crede che l’immortalità dell’anima sia condizionata dalla nostra capacità di scegliere sul bivio tra la salvezza eterna e l’eterna perdizione.

La volgarizzazione del senso dell’iniziazione misterica causò l’errore del cristianesimo che afferma l’immortalità dell'anima come una possibilità piuttosto che come una certezza. Quando la verità fu pervertita dal suo significato primitivo, anche la rinascita diventò un fenomeno di carattere mistico piuttosto che una via concreta che offriva delle possibilità reali.

L’arte alchemica usava un linguaggio oscuro e una simbologia collegata alle arti metallurgiche e alla estrazione dei minerali, perché le misteriose allegorie allontanavano la pericolosa curiosità che circondava i “soffiatori” e i “bruciatori di carboni.” Mircea Eliade scrive che anticamente l’arte del fabbro era associata agli eroi-sciamani e l’arte metallurgica era collegata allo sciamanesimo, alla magia, alle guarigioni e all’arte del canto, della danza e della poesia.

Tutte le tecniche metallurgiche erano associate perché erano associate all'alone di mistero e sacralità delle pratiche artigiane in cui l'uomo usa la natura per le sue necessità. L’elemento costante, per Eliade, è nella sacralità del metallo e nel carattere misterioso delle operazioni minerarie e metallurgiche che erano usate.

Nelle tradizioni alchemiche lo stato di terrestrità fu detto "la caduta” che causa l'oblio e il sonno del fatale soggiacere dell’uomo alle forze della natura e alle leggi cosmiche dei mondi spirituali superiori. La condizione umana fu descritta come “impietrimento,” perché l’uso delle energie umane è sempre finalizzato a soddisfare le passioni e i desideri della nostra “metallicità” colma di ombra.

Secondo gli alchimisti, la tacitazione è l'annullamento dello stato "volgare" che comporta l’abiura ai principi e ai poteri che l’uomo non può avere se la sua coscienza resta collegata alle funzioni del cervello. L’uomo è l'essere che è morto alla sua vera essenza celeste e divina rappresentata dal nobile Oro racchiuso nella sua corporeità. Il desiderio interno sorge dal “centro igneo” causando la penosa condizione umana che viene paragonata alla morte.

Da tempo immutabile, l’uomo giace in Saturno avvolto in misere vesti, perciò il Fanciullo d’Oro è stato ricoperto da un manto nero, e il corpo è divenuto il sepolcro del Vivente. Julius Evola dice che il vero punto d’arrivo degli alchimisti non è voler fuggire dal corpo, perché l’anima non deve fuggire dal mondo. Dobbiamo imparare a ripristinare lo stato originario del domicilio solare in cui non siamo più sottoposti al dominio delle passioni e alle realtà formali: l’ermetismo non alimenta nessun misticismo e nessuna emotività sentimentale.

Se l’uomo resta identificato con il suo corpo è costretto a subire le limitazioni del corpo, perché l’uomo è un “angelo tramortito” che deve usare il corpo per generare l’Anima. La carne non è fatta di Spirito, ma la carne deve diventare la “madre” dello Spirito. La spiritualità dell’uomo psicologico è sempre un fatto contingente, perché lo sviluppo delle facoltà spirituali viene influenzato dalla qualità della coscienza che vive nel corpo.

Il corpo è alla base dello sviluppo delle facoltà dell’anima, ma non perché il corpo possa produrre l'Anima, ma perché il corpo condiziona la possibilità che l'Anima possa manifestare lo Spirito. Le identificazioni, le esperienze di vita, la conoscenza e l’auto-conoscenza si ridestano solo attraverso le possibilità che sono offerte all'Anima, da parte del nostro veicolo corporeo.

La realtà corporea è il luogo in cui, simbolicamente, i metalli vili possono diventare dei metalli nobili. Il corpo è il luogo in cui gli elementi possono diventare delle materie viventi, perché normalmente essi sono elementi morti e sterili. Nel corpo gli elementi si trovano nella loro vera natura che è quella della corporeità primordiale che venne velata dall'ombra impura che dobbiamo eliminare, perciò il corpo è la “miniera dell’Oro.”

L’alchimista viene continuamente esortato a non volare verso l'alto, ma a cercare nella “terrenità” cioè nell’humus della terra, tutto l’Oro che vi è stato nascosto: fissare e attrarre un’Anima nuova è il Grande Mistero della trasformazione interiore. Chi conquista questo stato trionfa sulla “malattia incurabile della miseria” che Plutarco identifica nei bisogni e nelle necessità che sperimentiamo nella condizione umana.

La miseria umana è rappresentata dalla continua privazione che sentiamo, perciò la trasmutazione trasforma l’essere carente nell'essere realizzato quando sappiamo convertire la corporeità in spiritualità. Il primo insegnamento alchemico è quello di cambiare la natura del corpo su cui si vuole agire, perciò esso ci esorta a rendere incorporee le sostanze corporee, ma l'operazione deve coinvolgere l’operatore piuttosto che le sostanze esterne.

L’operazione psichica a cui si allude è la condizione vissuta nella forma di coscienza che sa percepire l’aspetto psichico delle cose, ossia nella percezione “dell’anima sottile” che vive nascosta nella materia. Questo è l’aspetto occulto che deve diventare manifesto quando il manifesto diventa occulto. Se vediamo la natura nascosta del mondo sappiamo vedere anche il "lato nascosto" della forma.

Solo se sappiamo percepire quello che è nascosto completiamo la trasformazione alchemica. Le sostanze del mondo vanno mescolate con il Mercurio o Acqua divina per acquisire coscienza delle cose materiali senza essere condizionati dallo stato in cui le sostanze sono poste. Questa è l’apparizione delle “radici” in cui i corpi diventano percezioni spirituali, e sono spogliati dalla loro corporeità grossolana.

La trasmutazione dei metalli non avviene vedendo lo stato solido dei corpi, perciò essi vanno resi più sottili e spirituali per saper vedere l'azione delle forze spirituali che sfuggono ai sensi fisici. È necessario “dissolvere le sostanze” e poi trasmutare fisicamente la loro natura celeste. Secondo Evola, la coscienza non deve restare nella percezione spirituale, ma quando si è raggiunta questo tipo di percezione dobbiamo rapportarci nuovamente con la sostanza fisica, affinché “i due divengano uno.”

Se non si riesce a fare una doppia operazione si avrà soltanto il passaggio da una forma di coscienza all’altra, ma non avremo risultati concreti sul piano fisico. Si devono formare delle “sostanze androgine” aprendosi alla doppia percezione della natura delle sostanze fisiche e della loro psichicità interiore, perché questa duplice percezione è la condizione primaria per poter vedere la “Luce della Natura”.

L’idea che è alla base della concezione alchemica è che alla radice di tutto ciò che ha forma, qualità e individuazione vi sia un principio indifferenziato che non ha forma e qualità, e che è superiore alla materia. Questa materia indifferenziata ha prodotto la materializzazione dell’universo da cui provenne la differenziazione della materia e dello Spirito.

La Materia Prima è il fondamento dell’arte alchemica, perciò per trasmutare e diventare corpi spiritualizzati o “androgini” dobbiamo saper trascendere ogni specificazione e qualificazione e vedere l’Indifferenziato Originario. Raggiunto questo livello è necessario attuare una “proiezione” con un atto volontario dello Spirito. Per vedere i poteri invisibili che si manifestano nella mineralità e avere una “precipitazione” nella materia dobbiamo vedere, nel piano fisico, come avviene il passaggio da una forma all’altra.

L’alchimista viene chiamato alla totale trasformazione spirituale che procura il potere di sospendere ogni individuazione. Solo questo gli consente di realizzare il “Mercurio puro” in cui sono contenuti tutti i “semi” delle cose. Questo stato viene descritto come l’Opera di fissare il Bianco nella Grande Madre, perciò la purità e l’integrità fisica e mentale dell’operatore si deve unire “al momento giusto e al tempo felice” per operare.

Questo tempo opportuno viene propiziato dalle preghiere, dagli scongiuri, dall’uso di erbe speciali e dallo studio di particolari posizioni astrali, in modo da assicurare le migliori opportunità per l'atto dello Spirito. Gli alchimisti raccomandano la pazienza, la perseveranza e la tenacia unite all'intelletto sottile ma, in ogni caso, avvertono che è inutile sperare di riuscire se prima non abbiamo avuto l’illuminazione.

Buona erranza
Sharatan

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Sharatan