“O Bharata, ogni volta che la virtù (dharma) declina
e il vizio predomina, Io M’incarno come un Avatar.
Di era in era Io Mi manifesto in forma visibile
per distruggere il male e ristabilire la virtù.”
(Shri Krishna, Bhagavad Gita, IV, 7-8)
L’induismo insegna che ogni anima è emersa dalla Coscienza Cosmica e che affronta l’esperienza della discesa nello stato vibratorio leggermente inferiore di Luce Cosmica o stato di Vivasvat. Dopo questa esperienza, essa perde la consapevolezza di essere Spirito che è rinchiuso nella Luce Cosmica perciò resta imprigionata nel corpo astrale. L’anima viene illusa e diventa sempre più limitata perciò s’identifica con la coscienza umana. Questo è lo stato del Manu (uomo originario) dell’anima che discende nella materia.
L’anima discende entrando nel canale specifico del senso intuitivo perciò diventa schiava delle percezioni dell’ego che è lo stato di Ikshvaku (da Ikshan, discernimento). Poi l’anima scende nei potenti stati della percezione dei sensi, e sperimenta lo stato del Rajarishi ossia lo stato di identificazione con i sensi. Poiché l'anima rimane per molto tempo in questo livello, s’identifica con il corpo e dimentica la fusione originale con lo Spirito.
Yogananda dice che l’anima nel suo stato di inconsapevole illusione scende dallo splendido palazzo cosmico e inizia a vagare nei bassifondi del materialismo. Ne consegue che ogni materialista che voglia risalire allo Spirito deve fare una risalita nel senso opposto. Chi vuole ascendere deve abbandonare l’identificazione con i sensi, le abitudini materiali che lo offuscano, deve ridestare la coscienza finché arriverà ad abbracciare la Luce Cosmica.
Solo così potrà raggiungere lo Spirito con cui l’anima avrà l’eterna e beata fusione. Quando lo Spirito scende e rinasce nella materia, a causa dell'illusione passa attraverso diversi stati: Coscienza cosmica, energia, gas, liquido, solido, materia macrocosmica, universo, materia microcosmica e, infine, forma umana. Quando l’anima esce dallo Spirito viene bloccata nel corpo però lo Spirito resta sempre libero anche quando è chiuso e si manifesta come materia.
Solitamente l’uomo s’identifica con il suo piccolo mondo rappresentato dai suoi sensi, dai suoi pensieri e dai suoi possessi. Ma uno yogi rinuncia a tutti gli attaccamenti interni ed esterni, e inizia ad ascendere dal piano dei possessi oggettivi. Egli sa liberare i suoi sensi dagli automatismi della percezione e sa liberarsi dall’influsso della mente subcosciente. Perciò uno yogi può liberarsi dal karma che ha accumulato nelle vite passate e può proiettarsi verso la supercoscienza.
Perciò così l’anima smette di vagare nei meandri della materia e si realizza come immagine perfetta dello Spirito pur restando a dimorare nel corpo fisico. Un essere realizzato, nelle sue estasi, vede che la Coscienza Cosmica si manifesta nelle forme più variegate e molteplici dell’essere. Egli sa leggere sulla tela dell’etere cosmico, e può vedere che la Luce Cosmica si proietta nel cosmo trasformandosi in paesaggi, laghi, esseri umani, animali, fiori, insetti e così via. Così si può vedere come, in ogni materia organica e inorganica, sia restato intrappolato lo Spirito.
L’illusione ci impedisce di vedere che lo Spirito tutto pervade, perciò chi lo vede diventa l'essere libero dall'illusione della materia, pur vivendo nella materia. Le sacre scritture induiste dicono che, fare un cammino spirituale è come camminare sulla lama di un rasoio, e anche la Bibbia chiama questo faticoso percorso, la strada che è stretta e dritta. Ebbene, l'avatara è il maestro che ha saputo fare il ritorno nello Spirito.
Costui ha saputo unire l’anima racchiusa nel suo corpo, allo Spirito Universale che pervade il creato. Questo essere ha perduto ogni attaccamento al suo involucro fisico, perciò è stato assorbito dallo Spirito. Chi sa diventare una piccola onda smarrita nell’oceano diventa come un cerchio senza periferia. Egli diventa un'immagine vivente del nostro Padre trascendente, e se l’anima compie questa evoluzione diventa un atavara.
L'avatara è un essere che è sceso in terra per fare un compito preciso, e che manifesta delle qualità divine. Il nome avatara viene dalla radice “tr” che indica un movimento di discesa a cui è anteposto il prefisso ”ava“ che rende l’idea di qualcuno che sta scendendo. Questo tipo di manifestazione divina viene descritto da Krishna nella Bhagavad Gita. Krishna rivela che il motivo della venuta di un avatara è dovuto al fatto che la virtù sia decaduta perciò abbia prevalso l’ingiustizia.
La missione dell'avatara è necessaria se il Supremo vuole aiutarci perciò viene a ristabilire la virtù offuscata. Quando insorgono le condizioni karmiche che richiedono la Presenza Divina, vuol dire che è necessario che sia dato un nuovo giro di chiave alla ruota cosmica. Questo avviene soprattutto quando è necessario creare una nuova forma manifestata, un nuovo modo di pensare e di sentire. La novità viene incarnata dall’avatara che mostra il modello perfetto che va emulato.
La nuova forma s'incarna nell'avatara che mostra come deve essere quello che sta nascendo. In questo modo si va a dare un giro di chiave alla ruota dell'evoluzione, e Ishvara usa l'avatara per dare la spinta necessaria a rimetterla in moto. Questo è il motivo della discesa dell'avatara che è sempre il prodotto dell'evoluzione personale di esseri umani che vissero nei tempi antichi.
I futuri avatara vissero nei mondi precedenti al nostro e risalirono tutta la scala evolutiva umana. Cominciarono a vivere allo stadio minerale poi divennero vegetali quindi animali e infine uomini. Risalendo la scala evolutiva giunsero nella gerarchia degli esseri spirituali che superano l'uomo. Ma riuscirono a superare quel livello giungendo a Ishavara, perciò si fusero con la Coscienza Cosmica. Essi divennero la pura consapevolezza che sa di essere fatta della stessa sostanza di Dio, e che sa che sempre lo è stata perché è nata dall’Uno.
Egli sa che l'Uno vive in ogni cosa vivente perciò vive anche in noi. Ma la consapevolezza suprema si ottiene solo quando diventiamo Uno con l’Uno. Ma questo percorso richiede il lavoro di tante vite perciò dietro all'avatara c’è un lungo percorso sempre in salita. L’uomo che aspira alla Divinità deve sviluppare le qualità che sono necessarie.
La prima qualità richiesta è la totale devozione al Signore, la shakti, che va unita alla perfetta conoscenza, la jnana. Infatti Krishna insegna ad Arjuna che la conoscenza e la devozione formano una mente che sa “penetrare entro il Mio essere.” La devozione consente di mantenere un saldo centro interno anche quando l’uomo individualizzato si manifesta come Ishavara. L'ascesa è impossibile senza devozione per il Divino e senza l’amore per ogni forma di vita.
Un avatara è una forma divina che si mostra sulla terra ma deve conquistare il potere di attivare un puro centro interiore. Intorno a quel centro interno si potrà magnetizzare la forma divina poiché, dal centro, la forma divina si deve sentire attratta. L’avatara deve sentire il Divino dentro di sé, e deve capire quanto amore è necessario per sacrificarsi e limitarsi nella forma materiale, ma quel sacrificio è fatto volentieri per amore dell'umanità.
Un sacrificio d’amore dona una forza che può magnetizzare ogni cosa, perché l'amore è la maggiore forza magnetizzante. L’avatara sente una profonda devozione perciò ha la certezza che quest’ascesa si può fare con “bahuni janmani” ossia con molte nascite, così come insegna Krishna. E dopo aver raggiunto Ishavara, l’avatara si è liberato da ogni tipo di karma perciò sceglie di ritornare, di sua propria volontà, non perché ne ha bisogno ma perché viene spinto dall'amore.
Perciò un avatara prima d'incarnarsi come Ishvara nasce come Deva, come Naga o con le forme che sono necessarie. Nello “Yoga Vasihstha” è detto che anche Mahadeva, Vishnù e Brahma furono uomini che dovettero ascendere perciò anche gli dei guadagnarono la loro divinità. Non c'è forma di vita che sia indegna di ospitare lo Spirito perché tutte le forme hanno la stessa radice.
La manifestazione è diversa perché il Sé assume tutte le fasi dell’essere, ma il sé dell’uomo è antico, eterno e costante come lo è lo Spirito. Ogni forma di vita è un raggio della gloria divina, dice Yogananda, perciò anche il più Grande degno di rispetto deve fare la scalata. Se diventiamo degni di manifestare Dio nel mondo diventiamo dei purnavatara cioè degli avatara perfetti come Krishna e Gesù Cristo.
Il purnavatara si manifesta come il Signore Supremo dell’Universo che scende nella forma. Egli si può manifestare come vuole perciò, a suo volere, può indossare il Corpo di gloria divina che splende come tutti i soli dell’universo. E la trasfigurazione fu fatta sia da Krishna che da Gesù Cristo che si mostrarono totalmente trasfigurati di splendore ai loro discepoli.
Ma non tutti gli avatara sono così perfetti, perciò anche tra i maggiori ci sono dei tipi diversi. Solitamente l'avatara scende per offrire l'esempio perfetto a cui anche il più piccolo può paragonarsi, e da cui può trarre ispirazione per il suo miglioramento. Ma c'è anche una classe intermedia di esseri illuminati che non vanno pensati come dei maestri meno perfetti, ma che vanno visti come dei maestri diversi da quelli del primo tipo.
Questa seconda classe di manifestazione divina è detta avesha. Il termine viene dalla radice “vish” che significa penetrare, permeare, pervadere perché da l’idea di uno che viene pervaso, penetrato o permeato dallo Spirito. Ma, in questo caso, si deve avere l’idea di una entità già vivente che viene penetrata e illuminata dal Potere divino.
E il caso vede la situazione in cui l'individuo viene dominato dallo Spirito, perciò il suo ego viene totalmente sottomesso. Anche questo caso vede degli uomini che lo diventarono essendosi evoluti nei mondi passati e che avanzarono fino a fondersi con Ishvara. Costoro sono diventati degli involucri che lo Spirito può permeare per manifestarsi tramite loro.
Un avesha è una manifestazione divina in cui l'ego individuale resta, infatti l’io resta libero e la Divinità viene per adombrarlo quando è necessario che venga ispirato. La manifestazione divina, in questo caso, viene colorata e condizionata dalle qualità e dalle caratteristiche dell’ego che viene permeato. Lo Spirito si mostra mischiato a tutte le sfumature della sua razza, del suo modo di essere e di sentire, perciò assume tutte le caratteristiche dell’incarnazione in cui entra.
E questa è la differenza fondamentale tra un avatara e un avesha, sebbene la cosa non possa ragionarsi come un fatto di gradini più alti o più bassi. E se la pensiamo così, valutiamo che l’adombramento divino segue forme e modi diversi per adattarsi agli uomini, perciò il gradino più basso lo offre nell’ispirazione. L’avesha la sente molto intensamente e prosegue a sentirla per tutta la vita anzi, solitamente, si accentua nell’ultima parte di vita. Ma l’ispirazione, per come è comunemente pensata, resta troppo debole, parziale e troppo soggettiva per offrire l'idea di quello che prova un avesha.
Il potere divino gli cala dall’alto in un attimo, e da quel momento, l'io parla con una conoscenza e un’autorità che non possiede nella sua vita comune. Nello stato normale non saprebbe dire o fare quello che dice e che fa quando è permeato e adombrato dallo Spirito. E di questo tipo sono le esperienze dei profeti e dei veggenti che, in ogni tempo e paese, esprimono la Voce di Dio.
Buona erranza
Sharatan
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