“Oggi, improvvisamente, la materia si smaterializza
dentro e fuori di noi, svelando l’ineffabile armonia
che risuona nella coerenza della biosfera.”
(David Bohm)
Poichè gli uomini non conoscono se stessi, non sanno distinguere tra le varie parti che compongono il loro essere perciò riuniscono tutto in un blocco unico che chiamano mente. Fanno questo errore perché sentono solo una percezione mentale perciò si può affermare che la conoscenza umana è una conoscenza mentalizzata. Per questo motivo, gli uomini, non conoscono i loro stati di coscienza e il senso delle loro azioni. Oppure, se li conoscono, la loro conoscenza è superficiale.
Diventare consapevoli della nostra complessità strutturale, saper percepire le diverse forze che si muovono in noi e sottoporre le nostre azione al vaglio della conoscenza è lo scopo dello yoga insegnato da Sri Aurobindo. Gli uomini sono composti da varie parti, lui dice, e ognuna svolge la sua funzione specifica all’interno del movimento totale del nostro pensiero, della nostra volontà, delle nostre sensazioni, dei sentimenti e delle nostre emozioni.
Spesso non si comprende il motivo e la direzione degli impulsi che ci muovono però ne percepiamo sempre il risultato. Cerchiamo di creare un ordine sia pure effimero e poco durevole per dare ordine al nostro mondo. Il vero rimedio, secondo Aurobindo, è quello di far passare in primo piano l’essere psichico. Yoga è acquisire uno stato di coscienza in cui non esistono più le limitazioni dell’ego. Yoga è la fine della limitatezza della mente personale, del corpo vitale e dell’involucro fisico.
Yoga è unione con il Supremo Sé, con la Coscienza Cosmica oppure con la profonda coscienza interiore “nel quale si percepisce l’anima, l’essenza interiore e la reale verità dell’esistenza” dice Aurobindo. La coscienza yogica che si acquisisce non percepisce solo le cose ma percepisce anche le forze che stanno dietro le cose. Essa percepisce non solo le forze, ma percepisce anche l’essere cosciente che sta dietro all'azione delle forze. E ne avremo la visione, non soltanto in noi stessi, ma anche in tutto l’universo.
La forza che accompagna la nascita della nuova forma di coscienza è quella della Shakti yogica che giace addormentata e ripiegata nei centri (chakra) dell'essere interiore, e che formano ciò che il Tantra chiama la Kundalini Shakti. Ma questa forza è anche sopra di noi come Forza Divina. La Shakti superiore non è mai ripiegata in se stessa oppure addormentata ma è sempre sveglia e cosciente perciò è sempre molto potente.
Questa forza è sempre a nostra disposizione perché è sempre pronta a manifestarsi come Forza o come Potere della Madre. Nella mente si manifesta come forza mentale divina o come Forza mentale Universale, e può compiere tutto ciò che la mente personale non può fare: è questa la forza mentale yogica. Dietro la natura vitale umana esiste, nascosto e immobile, il suo vero essere vitale che è completamente diverso dall'essere che appare in superficie.
Il vitale di superficie è un essere meschino, ignorante, limitato, pieno di passioni, capricci e desideri, colmo di gioia e dolore perciò è un essere che si esalta e che si deprime. Il vero essere vitale è, al contrario, un essere ampio, calmo, forte, senza limitazioni, fermo e incrollabile, perciò è un essere che è in grado di manifestare onnipotenza, onniscienza e suprema beatitudine. Il termine “mente” è riferito alle qualità dell’intelligenza e della cognizione umana cioè alle percezioni mentali, al pensiero e alle reazioni del pensiero davanti agli oggetti.
Invece il “vitale” è la “natura della vita” con tutti i suoi desideri, le emozioni, le sensazioni e le energie in azione e le reazioni dell’anima del desiderio. È l’anima del desiderio che muove, all'interno dell’uomo, tutto il gioco del possesso e degli istinti come la cupidigia, l’odio, la paura, l’avidità, etc.. Alla superficie della coscienza, il mentale e il vitale sembrano mescolati e si confondono ma, nell’essenza, essi sono due forze completamente diverse.
Non appena si supera la superficie della coscienza, questo si vede in modo chiaro perciò essi si vedono come due esseri distinti. La luce della conoscenza fa vedere oltre la confusione superficiale. La confusione e i conflitti tra mentale e vitale sono la maggiore causa delle dolorose difficoltà della realizzazione, dice Aurobindo. L’essere mentale interiore sorveglia, osserva e critica tutto ciò che accade in noi. L’essere psichico non sorveglia e non osserva, ma sente e conosce spontaneamente in modo diretto e luminoso mediante la purezza della sua natura e tramite l’istinto divino che è in lui.
Non appena l’essere psichico passa in primo piano rivela i movimenti giusti e quelli falsi della sua natura. L’essere umano è composto, in profondità, da un essere psichico che sostiene tutto però possiede anche una mente, un vitale e un mentale interiore. Ma all’esterno, egli si mostra solo con lo strumento o veicolo con cui si manifesta perciò si esprime con la natura esteriore della mente, della vita e del corpo.
Secondo Aurobindo, il jivatman è sopra la manifestazione e vi presiede mentre l’essere psichico è presente dietro la manifestazione e la sostiene. L’atteggiamento dell’essere psichico è quello di sentirsi “Figlio di Dio” ossia una particella del Divino. Si sente uno con Dio, nell’essenza, anche se è diverso per manifestazione e identità. Il jivatman vive nell’essenza e può fondersi, per identità, con il Divino ma anche lui è parte della manifestazione perciò si riconosce come un “centro” del molteplice Divino.
Capire la distinzione è importante perché, se resta una minima traccia di egoismo vitale si può perdere l’equilibrio mentale e credersi degli avatara. Solo lo Spirito è Atman, Brahaman, il Divino essenziale e l’Uno divino che manifesta la molteplicità in modo a Lui inerente. Il Sé essenziale o Atman diventa, nella manifestazione, l’essere centrale che, dall’alto, presiede alla evoluzione delle sue personalità nelle vite terrestri pur restando una particella eterna del Divino perciò anteriore alla manifestazione.
Nella manifestazione inferiore, la particella eterna del Divino diventa l'anima ossia una scintilla del Fuoco Divino che fa da appoggio alla manifestazione individuale perciò sostiene l’essere mentale, vitale e fisico. L’essere psichico è la scintilla che cresce diventando il Fuoco che evolve insieme allo sviluppo della coscienza. Perciò l’essere psichico è un essere evolutivo e, in questo, è diverso dal jivatman che è anteriore all’evoluzione.
L’uomo è ignorante perciò non ha coscienza del jivatman ma conosce solo il suo ego cioè l’essere mentale esterno che dirige la sua vita e il suo corpo. Andando in profondità possiamo conoscere la nostra anima, dice Aurobindo. Solo se abbiamo consapevolezza dell’essere psichico possiamo vedendolo come il nostro vero centro. L’essere psichico interno è l’essere centrale dell’evoluzione, infatti lui emerge nel jivatman ossia dalla particella del Divino, e la rappresenta. L’essere psichico e il jivatman si fondono quando entriamo nel vero stato di pura coscienza.
Invece l’ego è una formazione della natura fisica come pure il vitale e il mentale inferiori. La base della coscienza materiale che sperimentiamo sulla terra non è solo l’Ignoranza ma anche l’Incoscienza. Abbiamo una coscienza involuta perché è racchiusa nelle forme materiali perciò è intrappolata nell’energia della materia. Abbiamo una coscienza materiale, una vita e una mente confuse perciò siamo separati dalla verità e dalla nostra vera natura.
Buona erranza
Sharatan
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