“Qual è la principale ricchezza dell’umanità?
È la sua intelligenza, la sua memoria, la sua immaginazione,
e le sue forze mentali e spirituali.”
(Pierre Lévy, L'intelligenza collettiva)
Pierre Lévy è un filosofo francese famoso come studioso dell’impatto delle nuove tecnologie sulla società. Nel suo saggio “L’intelligenza collettiva: per un’antropologia del cyberspazio” del 1994 ha ipotizzato la nascita di un nuovo tipo di realtà, lo sviluppo di una nuova prospettiva sociale, culturale e politica. Lévy afferma che reti di comunicazione e le memorie digitali ingloberanno, nel prossimo futuro, tutti i messaggi che circolano sul pianeta perciò il cyberspazio diverrà come un cantiere aperto.
Tutte le teorie politiche e sociali si scontreranno nel cyberspazio perciò l’intelligenza collettiva potrà essere solo uno dei tanti percorsi possibili. Il cyberspazio potrebbe anche diventare come lo scenario terrificante e inumano che viene presentato nei libri di fantascienza dove sono descritte la schedatura delle persone, il trattamento dei dati in archivi misteriosi, le implosioni sociali, la cancellazione delle memorie e le guerre dei cloni impazziti e così via.
Ma, tuttavia, lo stesso mondo virtuale può diventare anche un luogo di cultura, di bellezza, di spirito e di sapere che eleva e delizia l’umanità. Si potrebbero svelare delle galassie di linguaggio inedito, reinventare dei nuovi legami sociali, perfezionare la democrazia e aprire agli uomini degli itinerari di sapere che sono ancora sconosciuti. Ma affinché avvenga occorre che noi investiamo con intelligenza sui vantaggi di questo cantiere.
Ciberspazio è una parola che fu usata per primo dallo scrittore di fantascienza, William Gibson, nel romanzo “Neuromante” scritto nel 1984. Il cyberspazio narrato nel romanzo ci mostra un universo di reti digitali in cui si intrecciano dei conflitti, delle avventure e delle realtà politiche, economiche e sociali che hanno fondato la cultura cyber. Il cyberspazio designa il modo con cui si navigherà nella conoscenza e nella relazione sociale che è resa possibile.
Questi contesti nuovi sono l’ipertesto, il multimedia interattivo, i videogiochi, la simulazione e la realtà virtuale, l’iper-realtà, la vita artificiale, e così via. Nel futuro questi dispositivi sfrutteranno sempre più il carattere molecolare dell’informazione perciò nasceranno degli strumenti ibridi che uniranno dei media tradizionali come il telefono, la televisione, i libri, i giornali,e così via ai nuovi media.
Il cyberspazio è un campo aperto, vasto e ancora indeterminato che sarà votato sempre più a contenere e interfacciare tutti i dispositivi che sapranno creare, registrare, far comunicare e simulare la realtà. Stiamo inseriti nel secondo diluvio, dice Lévy, perché dopo il diluvio dell’acqua da cui ci salvammo con l'arca, ora affrontiamo il diluvio dell’informazione e il cyberspazio sarà sempre più come navigare nell’arca per sfuggire al diluvio dell'informazione.
È bene essere coscienti, perché altrimenti non avremo gli strumenti per orientarci e per saper filtrare l’informazione cioè non sapremo come affrontare il diluvio. Il rapporto con il sapere è cambiato perché viviamo nell’epoca in cui un piccolo gruppo di persone non può controllare l’insieme delle informazioni. Il controllo è divenuto impossibile anche per un gruppo importante di persone.
Dobbiamo imparare a costruire un rapporto con la conoscenza tutto nuovo, perché dicono che possiamo avere accesso a tutta la conoscenza ma questo non è vero: questo è il vero messaggio del cyberspazio. Dobbiamo imparare a selezionare l’informazione perciò diventa necessario parlare dell’intelligenza collettiva. Noi e il gruppo di cui facciamo parte, anche se siamo inseriti in un piccolo gruppo, possiamo diffondere le nostre idee e possiamo condividere la conoscenza.
Ogni volta che ci connettiamo facciamo appello alla conoscenza degli altri e alla loro capacità di navigare nel cyberspazio delle informazioni. Perciò tutti gli altri ci aiutano a trovare le coordinate, ci aiutano a trovare i riferimenti nuovi e, tutti insieme, contribuiamo a rendere più trasparenti le conoscenze che sono disponibili.
Ogni volta che inseriamo un documento nel web facciamo due azioni. In primis, aumentiamo le informazioni disponibili. E, in secondo luogo, mettiamo a disposizione un nuovo punto di vista perciò offriamo ai navigatori un nuovo nesso tra le informazioni. Cyberspazio è il moltiplicarsi di tanti punti di vista diversi. Se abbiamo paura che nasca il Grande Fratello di Orwell dobbiamo rigettare l’appiattimento delle idee, dobbiamo stimolare la circolazione delle idee. Dobbiamo stare attenti affinché non nascano mai più dei padroni del pensiero.
Essenzialmente, dice Lévy, si persegue un progetto umanista nella sua essenza, perché stiamo affrontando una nuova fase di ominazzione poiché il processo di formazione del genere umano non si è ancora concluso. In questa fase però possiamo pensare in modo collettivo a questa nuova avventura e influire su di essa. Tutte le ricchezze dell’uomo sono legate alla sua intelligenza, alla sua memoria, alla sua immaginazione e alle sue risorse spirituali. Come dobbiamo gestire bene le risorse finanziarie, le risorse ecologiche dobbiamo gestire bene anche le risorse di competenze e di intelligenza umana.
Questo progetto di civilizzazione fa parte dalle nuove possibilità che i tempi offrono e inizia proprio con la costruzione dell’intelligenza collettiva. Ma cos’è l’intelligenza collettiva? Lévy spiega: “In primo luogo bisogna riconoscere che l’intelligenza è distribuita dovunque c’è umanità e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia.”
Questa intelligenza, dice Lévy, è tipica dell’umanità perché rappresenta la dimensione collettiva dell’intelligenza umana. Noi possediamo un’intelligenza collettiva perché siamo esseri umani, e questa forma di intelligenza è composta dalla memoria collettiva e dall’immaginario collettivo. Noi siamo qui e siamo quello come siamo proprio grazie all’esistenza delle istituzioni, delle tecniche, dei linguaggi, dei sistemi di simboli e dei mezzi di comunicazione che usiamo come esseri umani.
Tutto questo costruisce il livello dell’intelligenza collettiva perciò anche l’intelligenza individuale è totalmente infiltrata dall’intelligenza collettiva. E non ci illudiamo di non farne parte perché non saremmo intelligenti se non avessimo il linguaggio e se non fossimo allevati dentro una certa cultura. Inoltre, dice Lévy, l’intelligenza collettiva umana è diversa dall’intelligenza collettiva animale.
Un formicaio è intelligente ma la singola formica non è intelligente. Se vogliamo che la singola formica divenga più intelligente delle altre formiche dobbiamo aspettare che tutta l’intelligenza collettiva delle formiche si sia evoluta. Invece, l’uomo singolo può essere più intelligente della collettività degli uomini di cui fa parte.
Contrariamente a ciò che avviene per l’intelligenza collettiva degli animali, per gli esseri umani nel lavorare nelle organizzazioni e nell'agire nei gruppi si vedono deperire incredibilmente le risorse in forma di competenza e di intelligenza dei singoli. Se esaminiamo l’intelligenza delle persone inserite nella folla vediamo delle persone appiattite, relegate nella mediocrità e inesistenti.
La folla, dice Lévy, è più stupida dell’animale malgrado sia formata da esseri che singolarmente sono molto intelligenti. Nei sistemi burocratici la folla è sempre meno intelligente del capo perché gli esecutori devono essere meno intelligenti di chi li dirige, poiché i sottoposti devono fare errori. Ma questo non avviene perché i singoli non sono intelligenti, ma perché esiste una qualità di competenze che la burocrazia non valorizza mai. Partecipare alla burocrazia è un’esperienza che non rende mai felici le persone perché la burocrazia non valorizza l’intelligenza del singolo.
È invece vero che, se il singolo vive in una cultura ricca diventa più intelligente, perché la cultura amplia e arricchisce sempre lo spirito del singolo. Non trascuriamo il vantaggio dell’esistenza della dimensione olografica nell’intelligenza collettiva di cui anche l’arricchimento personale fa parte. Se una persona partecipa all’intelligenza collettiva deve vivere un’esperienza di emancipazione, non deve sentirsi rinchiuso in una condizione di unificazione oppure di costrizione personale.
Finalmente possiamo perseguire un progetto di emancipazione che nasce con l’illuminismo, ma non lo possiamo coltivare con l’ingenuità e avere eccessiva fiducia nell’evoluzione scientifica e tecnica come gli illuministi. C'è anche un’etica dell’intelligenza collettiva e l'etica è il riconoscimento e la valorizzazione delle qualità umane, perciò possiamo condividerle per farne beneficiare tutta l’umanità.
Buona erranza
Sharatan
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