sabato 29 agosto 2015

I tre guna



“Dal sattva nasce la saggezza;
dal rajas la cupidigia e dal tamas
la negligenza, l’illusione e l’ignoranza.”
(Bhagavad Gita 14, 17)

I vedantini insegnano che il campo della conoscenza è diviso in due parti: il soggetto che osserva e lo spettacolo. Le cose che formano lo spettacolo cosmico rappresentano il divenire e il divenire implica che nulla è stabile, per questo sorge il Samsara che corrisponde al mutare incessante dei fenomeni. L’osservatore coinvolto nel Samsara cerca di fermare la trasformazione e tenta di cristallizzare una realtà che, per sua natura, non può essere fermata.

Il Samsara è la causa dell’illusione dualistica di soggetto e oggetto, e l’ignoranza (avidya) è la causa del desiderio, della sete di possesso e dominio, della spinta alla conservazione e la tendenza alla cristallizzazione. Solo lo yogi perfetto comprende che il mondo dei fenomeni e delle attività è soltanto una danza di luci e di ombre che esprime la relatività, perché è l’espressione dei tre guna che vengono illuminati dalla Luce Suprema.

Solo lo yogi che ha superato la coscienza del corpo e il divenire del mondo comprende che l’identità personale è continuamente condizionata da tre qualità che fanno fluire il film della vita. Secondo i maestri del vedanta, la mente del soggetto coinvolto nel divenire costruisce delle realtà illusorie e distorte perché viene sottomessa dalle qualità della Natura Cosmica, dette “guna.”

La Natura Cosmica (Prakriti) è composta da tre qualità o attributi fondamentali ossia da: sattva, purezza; rajas, passione, e da tamas cioè d’inerzia. Poiché anche l’uomo fa parte dell’ordine naturale, anch'egli mostra i tre attributi fondamentali e viene condizionato dalle tre qualità fondamentali che creano il gioco cosmico dei fenomeni multeplici che intessono la dimensione del tempo-spazio.

Shankara dice che la coscienza viene proiettata nello spazio-tempo a causa della sua ignoranza perché, altrimenti, la coscienza resterebbe immutabile non avendo necessità di cambiare il suo stato di originaria beatitudine, esistenza e quiete. Tamas è l’inerzia, rajas è l’attività e sattva è la sintesi dell'inerzia e dell'attività.

I guna sono i fattori mentali che sono alla base dei processi psicologici e costituiscono i fattori che condizionano l’attività della mente. Essi sono alla base del senso dell’identità e del comportamento personale, perciò la loro purificazione è fondamentale per la guarigione della mente malata e per avere la retta percezione.

Secondo il Vivekacudamani che viene attribuito a Shankara, il tamas ha gli attributi dell’ignoranza, della rilassatezza, della pigrizia, del torpore, della negligenza e dell’ottusità. Chi vi soggiace non capisce nulla ed è insensibile come una pietra. La persona piena di tamas, dice Yogananda, si riconosce per le sue idee sbagliate sulla vita che sono profondamente radicate in lei a causa del suo comportamento insensato, della sua mancanza di autocontrollo, del suo orgoglio, della sua arroganza e del suo disprezzo per i buoni consigli altrui.

La mente dell’uomo tamasico è confinata nei centri più bassi: lombare, sacrale e coccigeo. La sua coscienza è spesso confusa e sempre più ignorante perché è discesa molto lontano dalla regione delle percezioni divine del cervello. Essa è anche molto al di sotto del livello intermedio del piano rajasico o piano di mezzo. Il centro coccigeo o inferiore è quello che stimola le attività sessuali, e chi dimora stabilmente in questo chakra è un prigioniero incatenato da maya al mondo della dualità, all’inerzia e alla sofferenza.

Le persone tamasiche fanno sprofondare la loro mente nel chakra più basso perciò restano intrappolate nel male cioè nell’identificazione dell’io con il corpo, nelle relazioni sessuali illecite, nei rapporti disonesti e così via. Il guna rajas ha la natura dell’attività e possiede un potere proiettivo. I suoi attributi, secondo Shankara, sono il desiderio, la collera, l’avidità, l’arroganza, l’odio, l’egoismo, l’invidia, la gelosia da cui nascono degli atteggiamenti estrovertiti perciò lui stesso è l’autore della sua schiavitù.

Rajas è la sete di emozioni egoistiche e acquisitive che spinge le persone alla lotta per il potere. La pressione di rajas assoggetta la volontà ai fini utilitaristici, perciò il rajasico è sempre competitivo mentre il tamasico è passivo. L’uomo rajasico si riconosce perché coltiva solo desideri materiali, fa continui sforzi per acquisire sempre più ricchezze, possessi, prestigio e potere. La mente del rajasico dimora nel centro dorsale e nel cuore, cioè nel mezzo, ed è equidistante dai chakra più alti e da quelli più bassi.

La mente totalmente impregnata di rajas vivendo nel piano dorsale è piena di simpatie e di antipatie, di attaccamenti e di avversioni. Essendo nel mezzo, la sua coscienza ha il potere di salire nei centri elevati della testa per ottenere saggezza e fissare la sua attenzione sull’occhio spirituale, oppure di volgersi verso il basso cioè verso le sfere inferiori dell’illusione.

Nella mente dominata da tamas o da rajas non si sviluppano mai qualità etiche, perciò la sofferenza è sempre presente come conseguenza di una mente separata e ignorante. La correlazione tra il corpo e la mente predispone le personalità tamasiche a disturbi vagali come le coliche, invece i tamasici sono predisposti a disturbi del sistema simpatico come la gastrite e le ulcere.

Il guna sattva è la sintesi dell’inerzia e dell’attività e possiede il potere di armonizzare. Le qualità sattviche sono l’assenza dell’orgoglio, la non violenza, la non falsità, la non appropriazione, la non ossessività, la purezza, la continenza e la profonda avversione per il non-reale.

La percezione sattvica vede l’interezza dietro l’apparente frantumazione, la causa oltre l’effetto perché è sattvica la conoscenza in cui ogni essere riconosce l’Unico Essere imperituro e immutabile all’interno di tutte le esistenze divise. Secondo la tradizione vedantina, solo le qualità sattviche permettono la percezione della verità. La condizione di questa mente pacificata e colma di valori spirituali riesce a realizzare in pieno le potenzialità delle funzioni mentali.

I sensi dei sattvici riescono a penetrare nel mondo materiale, l’intelligenza è analitica perciò penetrano nelle sue organizzazioni e l’intuizione supercosciente può farli accedere all’esperienza archetipa dell’anima. I sattvici vedono, sentono e parlano in armonia con quello che si vede perciò emanano l’amore e il bello, e vibrano nel buono perciò esprimono l’accordo nello spazio che illuminano intorno a loro.

Non attaccata a nulla e libera da ogni condizionamento del desiderio, la mente sattvica, non viene limitata dalla separatezza dell’io perciò contempla l’Unità del creato. Sattva è l’unico guna che permette una percezione realistica perciò è evidente che, per accedere alle verità superiori, dobbiamo sviluppare le virtù etiche. Il rapporto tra etica e consapevolezza ha un ruolo centrale in questo approccio spirituale, ma queste virtù andrebbero sviluppate anche oggi per il bene del nostro pianeta.

Le qualità morali influenzano la percezione, e il possesso dei giusti valori etici è la condizione primaria per una perfetta visione e per l’acquisizione della retta consapevolezza, sia nell’induismo che nel buddismo. L’illusione o ignoranza rappresenta una nebulosità di percezioni che causano la mistificazione degli oggetti della consapevolezza, perciò è considerata la sorgente degli stati mentali patologici.

Gli aspetti dell’egoismo, del dubbio e dell’assenza di rimorso e vergogna per il male che si è fatto sono considerati i principali fattori di illusione percettiva. Le virtù e i vizi agiscono accanto ai conflitti e ai complessi definendo il modo in cui un soggetto vede il mondo, e condizionano il modo con cui reagisce ad esso: i comportamenti conflittuali o unitivi decidono il destino del singolo e quello del mondo. Nei rajasici e nei tamasici prevalgono i comportamenti passivi e conflittuali, invece nei sattvici prevalgono i comportamenti unitivi e armoniosi tipici dell’amorevole discriminazione.

Buona erranza
Sharatan

martedì 25 agosto 2015

Lo spettacolo cosmico



“Esse sono due nascoste nel segreto dell’Infinito:
l’ignoranza e la Conoscenza; ma l’ignoranza è peritura,
mentre la Conoscenza è immortale.”
(Svetasvatara Upanisad I, V, 1)

Per Shankara la coscienza è lo strumento e il tramite tra l’osservatore e lo spettacolo cosmico. La coscienza è il prodotto dell’incontro tra il soggetto e l’oggetto osservato perciò, senza la coscienza, non avremmo nessun rapporto tra soggetto e realtà. Per questo, la coscienza è presente in ogni dimensione dell’esistenza ossia nella veglia, nel sogno e nel sonno perciò essa è una costante della realtà.

Poiché la realtà possiede molte dimensioni, anche la coscienza comprende tre gradi o livelli per farci percepire tutti i gradi dell realtà in cui viviamo. La consapevolezza sensoriale fa conoscere la realtà grossolana, il livello mentale fa conoscere la realtà sottile e l’aspetto spirituale fa percepire la realtà dei princìpi. La coscienza sensoriale è il livello più superficiale perché fa conoscere la parte grossolana ed esteriore.

Invece il livello superiore è quello della coscienza trascendente, unitaria e intuitiva che fa conoscere i principi da cui nascono gli oggetti. La caratteristica principale della coscienza è il “divenire” che implica la capacità di creare il flusso dinamico che collega soggetto e oggetto. Il divenire viene trasceso solo dall’atman che è il livello in cui ogni dualismo finisce.

Quando siamo giunti al livello privo di ogni divenire emerge l’Essere inteso come uno stato permanente che supera ogni movimento e ogni causa, perciò siamo entrati nello stato di coscienza che è piena identità con il Tutto. I vedantini pensano l’Assoluto-atman come la realizzazione più elevata che include ogni oggetto, perciò ogni altra forma di coscienza diversa da questa è vista come un tipo di consapevolezza ridotta.

La metafisica vedantina vede l’origine della vita come un’unità da cui è nata tutta la molteplicità dei fenomeni. Perciò la manifestazione della vita viene paragonato all'irradiazione originata da un Centro Assoluto. Nel Vedanta dicono che l’origine della coscienza è avvenuta con una “rottura” dell’originario stato indifferenziato in cui il soggetto e l'oggetto erano un’unica realtà.

Allo stato di fusione tra esistenza, conoscenza e beatitudine è seguita la scissione cioè la “caduta” nell’identificazione particolare del soggetto con una parte della realtà. Perciò è sopraggiunto l’oblio di questa originaria esistenza divina, e l’inizio dell’ignoranza e del dolore: è così che è iniziata la nostra percezione duale. La condizione primitiva finì con l’identificazione che ci fece perdere la totalità e fece sorgere il dualismo di soggetto e oggetto.

L’identificazione è il processo della coscienza che dimostra che ogni livello di coscienza corrisponde a una versione relativa e personale del mondo. Nel mondo relativo esistono diversi gradi di coscienza che vanno considerati solo come punti di vista parziali e personali perciò essi vanno visti soltanto come opinioni.

Ogni punto di vista è relativo alle funzioni mentali usate e alla struttura mentale dualista, perciò è relativo ai gradi inferiori della conoscenza che non esauriscono tutte le potenzialità cognitive degli uomini. Per gli occidentali, la coscienza è il risultato delle funzioni cognitive del cervello ed è un fenomeno collegato alla materia. Invece, per i vedantini, la coscienza è un principio metafisico che mostra l’unità dell’universo. Essa è l'Intelligenza Cosmica dalla trascendente perfezione, perciò la coscienza è alla radice della materia e della mente.

Per Patanjali e per il Vedanta, la mente è l’organo interno posto tra corpo e anima ossia tra cervello grossolano e cervello causale. La mente è un livello sottile e rappresenta una struttura con 3 funzioni diverse. La struttura inferiore svolge le funzioni sensoriali, la struttura intermedia svolge funzioni analitiche e sintetiche deputate a formulare il pensiero discorsivo e quello selettivo. La struttura superiore svolge la funzione intuitiva supermentale.

Queste strutture rappresentano diversi gradi di funzioni mentali organizzate gerarchicamente in vari livelli di complessità. La struttura della mente ha dei limiti che sono collegati al suo funzionamento, infatti le funzioni diventano più ampie e i limiti diventano più sfumati mano a mano che la materia di cui si compongono diventa più sottile. Le strutture sensoriali sono meno funzionali e più limitate, quelle razionali sono più funzionali e meno limitate, mentre le strutture intuitive supercoscienti sono le più funzionali e complesse.

La coscienza è il substrato dell’individuo ma è anche il substrato della struttura mentale che vi è sovrapposta e che consente di percepire la realtà. La coscienza è il supporto della mente e collabora con essa sebbene vi sia distinta. La luce della coscienza si manifesta per mezzo della mente che agisce come un filtro che offusca la sua completezza e diminuisce l’intensità della sua luce. La luce della coscienza si opacizza mentre filtra attraverso la mente, perciò i contenuti dei pensieri sono come un film che viene proiettato sopra uno schermo opaco.

Quei fotogrammi offrono l’illusione del movimento e creano il flusso cangiante dei nostri pensieri. Ma, dietro il flusso dei pensieri è sempre presente un flusso continuo di coscienza che resta immutevole dietro a quel flusso di immagini che scorrono. L’intelligenza e la consapevolezza sono il risultato dell'associazione della mente e della coscienza.

La mente può esercitare le sue funzioni solo perché è in contatto con la coscienza. E, in cambio, la coscienza può usare uno strumento mentale che agisce nel mondo manifesto. Le funzioni della mente restano latenti e diventano attualizzabili solo per merito della coscienza: la conoscenza è il risultato di questa associazione.

Il mondo diventa conoscibile solo per mezzo delle funzioni mentali che vengono attivate su iniziativa della coscienza. La mente è paragonata anche ad un grande palazzo fornito di molte finestre che si aprono su molti mondi diversi che vengono conosciuti per merito dello stimolo della coscienza. E tanto più la finestra da cui osserveremo la realtà sarà posta in alto, tanto più sarà ampio il mondo che potremo percepire.

Secondo la tradizione vedantina solo un filtro mentale che si è imbevuto completamente d'amore potrà percepire la verità. Ne consegue che lo sviluppo della conoscenza richiede una disciplina della mente, e che lo sviluppo della mente è correlato con la sua purificazione. La relazione tra la purezza della mente e la conoscenza viene paragonata ad una buona esecuzione musicale.

Un bravo musicista può eseguire della buona musica, in relazione alla qualità e alla efficienza dello strumento che usa. La qualità della musica è il prodotto dell’abilità del musicista, della qualità dello strumento e della buona coordinazione tra il musicista e lo strumento. L’intuizione supercosciente è una funzione che supera il pensiero perciò il suo sviluppo richiede una purificazione del pensiero che deve raggiungere uno stato di completo silenzio mentale.

La conoscenza della verità, per i vedantini, è possibile solo se la coscienza vede senza filtri ed è libera da ogni contenuto mentale che la può offuscare. La conoscenza integrale si realizza quando la coscienza sa trascendere la mente, dissolvere ogni attaccamento formale e risplendere nella luce informale. La conoscenza pura svela l’identità tra il sé individuale che “vede il Sé in tutte le creature e vede tutte le creature nel Sé.”

Così otteniamo un legame tra soggetto e il substrato assoluto della Realtà espresso dal motto: "Tu sei Quello". La conoscenza comune è una coscienza oscurata dai contenuti mentali e appare come una lampada coperta da vetri colorati che può risplendere solo quando vengono rimossi i vetri che impediscono di vedere la purezza della sua luce. I filtri della percezione vanno eliminati e trascesi, e l’attenzione va ritratta dal corpo, dalla mente e dall’anima individuale.

La conoscenza pura sorgerà quando ci saremo sottratti da ogni forma e da ogni movimento e saremo entrati nel silenzio dell’assorbimento divino ossia realizzeremo la reintegrazione con la sorgente luminosa del Tutto. L’ignoranza, avidya, è la mancata conoscenza di questo, ed è connessa con lo stato di consapevolezza individuale. La sofferenza è nata a causa della scissione dall’Essere Eterno e immutabile che ci fa sperimentare l’illusione della finitezza e ci procura paura, ostilità e solitudine.

Solo una coscienza non duale riposa sempre nella pace e nell'armonia, perciò il nostro io e le nostre tumultuose esperienze di vita sono solo la distorsione di una percezione errata. Esse sono la deformazione irreale causata dalla dolorosa separazione dalla Pura Coscienza. E la vita umana è una recita eseguita sul palcoscenico dell’Intelligenza Cosmica che osserva lo spettacolo senza essere turbata dalle nostre illusorie interpretazioni.

Buona erranza
Sharatan

domenica 23 agosto 2015

La sorgente



“Il motivo che ti spinge a cercare l’amore negli altri è la tua incapacità di vedere che l’amore proviene solo dalla tua consapevolezza. Non ha nulla a che vedere con un’altra persona. L’amore arriva con la tua disponibilità a pensare pensieri amorevoli, a vivere emozioni amorevoli, ad agire con fiducia, ispirato dall’amore.

Se sei disposto a vivere così, la tua coppa traboccherà. Avrai sempre tutto l’amore di cui hai bisogno, e proverai gioia nel condividerlo con gli altri. La sorgente dell’amore è nel tuo cuore. Non aspettarti dagli altri l’amore di cui hai bisogno. Non accusare gli altri di non darti amore. Tu non hai bisogno del loro amore. Hai bisogno del tuo. L’amore è l’unico dono che puoi dare a te stesso. Se lo fai, l’universo risuonerà con un grande “Si!”

Se lo trattieni, continuerai a giocare a nascondino: cerchi l’amore nei posti sbagliati. Finché negherai il Sé cercandolo attraverso gli altri, conoscerai violenza e abuso. Se desideri l’amore, porta amore nei luoghi del tuo essere che si sentono non amati. Se vuoi la luce, portala nei luoghi oscuri della tua mente. Nella paura e nella vergogna, nella tristezza, nella sensazione dell’insignificanza della vita, nella mancanza di speranza.

La luce è dentro di te. Non è separata dal buio. È una qualità del buio. Quando arrivi al buio più fitto, lì troverai l’illuminazione. Il nero più nero diventa luminoso. La tristezza si tramuta in gioia indicibile. La disperazione in speranza illimitata. In una polarità trovi l’altra.

L’unico modo per evitare la co-dipendenza nelle relazioni sta nell’amare e onorare il Sé. Allora si può costruire una relazione sulla verità della coerenza interiore. Questo è il nuovo paradigma della relazione. Nel vecchio paradigma l’impegno con se stessi è viziato dall’impegno con l’altro. Nel tentativo di compiacere l’altro, si abbandona se stessi.

E poiché un sé abbandonato non è in grado di amare, si crea un circolo vizioso di attrazione e repulsione. Prima si esclude il sé, poi si esclude l’altro. Tutte le relazioni genuine devono fondarsi sull’accettazione e sull’amore per se stessi. È l’assunto fondamentale, quello che apre la porta al potenziale dell’intimità.” (Paul Ferrini)

venerdì 21 agosto 2015

Il Grande Fiume della Vita



“Lo spirito può stare sulla punta di un dito,
eppure è grande quanto la totalità dell’universo.”
(Huainanzi)

Ken Wilber è uno degli psicologi più interessanti degli ultimi decenni e uno dei rappresentanti più conosciuti della scuola transpersonale. A lui va il merito di aver tentato una difficile integrazione tra il concetto di coscienza elaborato in Oriente e quello Occidentale. Secondo Wilber tutte le scuole psicologiche che studiano la coscienza umana e l’Essere che formano l’unità di corpo, mente e spirito hanno evidenziato solo alcuni aspetti parziali di un fenomeno complesso che è molto più ricco e articolato di come viene presentato.

Gli esseri umani sono condannati a ricercare il significato di tutto quello che vivono, perciò sono condannati a creare dei grandi quadri d’insieme. Per capire le strutture, gli stati, le funzioni, i modi e l'aspetto dei comportamenti della coscienza dobbiamo usare tutte le fonti pre-moderne, moderne e post-moderne che abbiamo a disposizione. E se valutiamo le fonti più autorevoli che indagarono sulla coscienza umana vedremo che emerge un nucleo di conoscenze che è comune a tutte le tradizioni spirituali del mondo.

Queste idee formano il nucleo della filosofia perenne che è una visione che parla di molti livelli di esistenza. Questi livelli riguardano sia l’Essere che il Conoscere e seguono un ordine ascendente poiché salgono dalla materia al corpo, dal corpo alla mente e dall’anima allo spirito. Ogni dimensione superiore trascende e include tutte le dimensioni inferiori perciò si forma una serie infinita di realtà che sono incluse una dentro l’altra.

Questa Grande Catena dell’Essere forma il Grande Nido dell’Essere in cui, ogni piano superiore comprende tutti i piani inferiori e forma una serie di cerchi o di sfere concentriche incluse una dentro l’altra. L'esistenza del Grande Nido dell’Essere è sostenuta anche nelle culture sciamaniche perciò va considerata una delle colonne portanti della filosofia perenne. Essa forma la base di ogni psicologia che si voglia definire veramente integrale.

Negli ultimi 3.000 anni tutti i filosofi perenni hanno sostenuto l’esistenza di questa realtà olografica, a prescindere dalla loro appartenenza a epoche, situazioni geografiche e culture diverse. In alcune tradizioni si parla di 3 dimensioni diverse cioè di corpo, mente e spirito, mentre altre culture parlano di 5 dimensioni diverse ossia: materia, corpo, mente, anima e spirito, e altre parlano di 7 livelli come vediamo nei chakras.

Altre tradizioni parlano di suddivisioni molto sofisticate prodotte da molti livelli di Essere e di Conoscere. In generale, i filosofi perenni tra i quali vanno compresi Plotino e Aurobindo, dicono che esistono 12 livelli di coscienza. I livelli base della coscienza sono detti “oloni” di coscienza, perciò l’universo è composto di molteplici tutto che sono parte di altri Tutto. Così come le lettere fanno parte delle parole, le parole fanno parte delle frasi che formano il linguaggio.

Gli oloni sono inclusi dentro oloni maggiori che vivono all'interno di gerarchie annidate che vengono chiamate “oloarchie.” E il fenomeno si vede negli atomi inclusi nelle molecole, nelle molecole incluse nelle cellule, nelle cellule incluse negli organismi e negli organismi inclusi nei sistemi. Il Grande Nido dell’Essere è un quadro d’insieme che comprende dei crescenti piani di totalità, perciò i livelli di base sono formati da oloni base che presentano degli stadi, delle onde, delle sfere e dei nidi.

Il termine livello si riferisce al tipo di organizzazione che forma la gerarchia annidata, invece il termine struttura si riferisce al modello olistico fondamentale dell’Essere e della Coscienza. L'onda si riferisce al fatto che i livelli di totalità non sono rigidamente separati ma, come l’arcobaleno, si sfumano e si stemperano uno nell’altro. I livelli non sono lineari perché lo sviluppo dell’Essere avviene lungo onde di coscienza che sono di natura fluida e dinamica.

Tutti i livelli del Grande Nido riflettono la Totalità dell’Essere così come hanno insegnato gli esseri illuminati che lo hanno sperimentato direttamente. Lo spirito è l’onda più elevata e trascendente perché lo Spirito è il Tutto che tutto trascende e tutto include. Il Grande Nido va pensato come un reticolo di molteplici dimensioni di amore, perché il cosmo non lascia nessun angolo privo della sua amorevole attenzione.

Questo è il punto fondamentale perché tutti vedono lo spirito come immanente e trascendente perciò lo vedono come il substrato comune a tutti i livelli. Il più grande dono dell’antichità è stato questa Grande Oloarchia dell’Essere e del Conoscere per questo costituisce il nucleo più profondo della filosofia perenne. E anche oggi emergono conferme dell’esistenza di questo ampio arcobaleno di coscienza che va dal piano pre-personale, al piano personale fino al livello trans-personale salendo dal sub-cosciente, al cosciente fino al super-conscio.

La filosofia perenne ha identificato, per prima, lo straordinario arcobaleno della Coscienza, ma questo non vuol dire che l’epoca moderna non possa scoprire altro. I tempi moderni non sono privi di personalità di genio che possono integrare brillantemente la natura generale del Grande Fiume della Vita, secondo Wilber. In realtà, anche in passato, gli sciamani, i saggi, i veggenti e gli esseri risvegliati erano una rarità.

L’individuo comune viveva a livelli di coscienza pre-razionale e raramente raggiungeva e sperimentava i livelli trans-razionali, perciò personaggi come Shankara, Plotino, Fa-tsang e Yeshe Tsogyal sono straordinari scrigni di saggezza. Immergersi in queste correnti di idee è un modo per ritrovare una continuità con il passato; è un modo per riconoscere la saggezza di questi grandi antenati.

È un modo per includere e trascendere tutto quello che è stato detto prima di noi, è un modo per scorrere con la grande corrente del cosmo. È un modo per ricordare che siamo sulle spalle di giganti. L'esempio moderno più significativo è quello di Aurobindo che ha descritto i livelli intermedi della mente inferiore, della mente concreta, della mente logica e disse altre cose importanti sulla super-mente offrendo delle utili indicazioni su queste strutture che svilupperemo in futuro.

I livelli intermedi tra corpo e mente vengono studiati in modo oggettivo dagli scienziati occidentali producendo delle prove sperimentali e molti studi clinici che possono farci comprendere gli stati ordinari e non ordinari della coscienza. Ma, la cosa innegabile è il fatto che i santi, i saggi e gli yoghin hanno sperimentato di persona tutti questi livelli, perciò essi sono sempre potenzialmente presenti in tutti noi.

Forse in futuro emergeranno nuovi stati e altre potenzialità perciò si apriranno molte altre comprensioni, ma questo non esclude che tutto questo possa avvenire già da adesso. Le strutture base sono trasmesse nella forma di campi morfogenetici o di solchi evolutivi perciò le più elevate potenzialità sono sempre a disposizione di tutti gli esseri umani. Le strutture base cioé gli oloni, vengono rappresentati come cerchi concentrici in cui la sfera più grande include la sfera più piccola.

E, non si deve dimenticare che, i livelli più elevati del Grande Nido non sono dati, ma sono potenzialità. I livelli inferiori quali la materia, il corpo e la mente sono già emersi su larga scala e hanno raggiunto il pieno sviluppo, nel mondo manifesto. Ma quelle superiori come la struttura psichica, quella sottile e quella causale non si sono ancora manifestate a livello cosciente su larga scala, perciò la maggioranza degli uomini sono ancora delle potenzialità non pienamente realizzate.

Il Grande Nido è un campo morfogenetico o spazio evolutivo che sale dalla materia, al corpo e allo spirito perciò si devono attualizzare molte altre potenzialità. I livelli superiori sono ancora molto plastici, perché sono in attesa di prendere forma, e lo faranno mano a mano che alcuni individui co-evolveranno con essi. Le strutture base devono essere considerate come tendenze del cosmo piuttosto che come idee predeterminate.

Nel tempo alcune di esse si attualizzeranno e alcune potenzialità prenderanno sempre più forma e contenuto finché diverranno realtà quotidiana. Ma, fino a quel momento, resteranno come dei potenziali che devono essere ancora realizzati. La più antica e completa descrizione di questo Grande Nido è quella che ci è stata tramandata dal Vedanta che distingue tra corpi, stati e strutture. I vedantini per stato intendono le condizioni della coscienza che chiamano di veglia, di sonno e di sogno.

La struttura è l'involucro o livello di coscienza, e il Vedanta ne indica i principali: materiale, biologico, mentale inferiore, mentale superiore e livello spirituale. Il corpo è il supporto energetico dei vari stati e livelli della mente perciò i maestri vedantini dicono che il corpo concreto dello stato di veglia forma il supporto della mente materiale. Il corpo sottile dello stato di sogno forma il supporto del livello emozionale, del mentale inferiore e del mentale superiore.

Invece il corpo causale dello stato di sonno profondo è il supporto della mente spirituale. Ogni stato di coscienza può ospitare strutture o livelli di coscienza diversi perciò le strutture della coscienza indicano la condizione reale e il livello di sviluppo raggiunto da un individuo. Lo stato di veglia è la sede del nostro io di ogni giorno, invece lo stato di sogno è interamente creato dalla nostra psiche perciò è la porta di accesso verso l’anima. Lo stato di sonno profondo è una dimensione priva di ogni forma perciò è la via d’accesso allo spirito a-formale o causale.

La filosofia perenne insegna che lo stato di veglia, di sonno e di sogno sono, rispettivamente, le modalità di accesso verso l’io concreto, verso l’anima sottile e verso lo spirito causale. L’insegnamento del Vedanta insiste sul fatto che ogni uomo, indipendentemente da stadio, struttura e livello di sviluppo che possiede, ha sempre a sua disposizione l’intero spettro della coscienza per il fatto che tutti gli uomini vegliano, dormono e sognano.

Buona erranza
Sharatan

martedì 18 agosto 2015

I livelli della mente



“Il karma dipende dal controllo,
o dalla mancanza di controllo della mente.”
(Gyalwa Tenzin Gyatso, 14° Dala Lama)

Il termine “emozione” deriva dal latino “emovere” che suggerisce qualcosa che mette in movimento la mente verso un’azione che può risultare positiva o negativa. Per i buddisti il termine emozione indica che qualcosa sta condizionando la mente al fine di farle adottare un certo punto di vista. Perciò il termine emozione non corrisponde ad uno scatto emotivo, perché essi considerano lo scatto di nervi come la manifestazione di emozioni grossolane prodotte da una persona che è triste, arrabbiata o in preda all’agitazione.

C’è una grande differenza tra la psicologia buddista e quella occidentale sul concetto di “emozione”. Infatti, per i buddisti, l’emozione non è dannosa solo perché porta dei danni evidenti ma lo è ancora più perché distorce la percezione della realtà. Un’emozione è distruttiva quando diventa un fattore che oscura o che affligge la mente fino al punto d’impedirle di vedere la realtà per quello che essa è veramente.

Se vediamo un oscuramento della mente è segno che si è creata una separazione tra l’apparenza e l’essenza delle cose. Un forte attaccamento alle cose ci spinge a subire il loro fascino perciò saremo spinti a volerle in modo assoluto. Invece la forte avversione per le cose ce le fa percepire come assolutamente negative e non desiderabili così che non sappiamo vedere nemmeno i lati positivi che hanno. L'interferenza dei nostri stati emotivi ha la capacità di compromettere la nostra capacità di giudizio.

Le emozioni non ci consentono di valutare la vera natura delle cose. Le emozioni negative sono dette anche oscuranti perché nascondono la natura delle cose e finiscono per oscurare anche le qualità permanenti e quelle non permanenti delle cose. Le emozioni negative impediscono di vedere le qualità intrinseche alle cose perciò la loro capacità di oscurare si estende anche ai livelli più profondi della mente fino a limitare la libertà umana.

Esse ci limitano perché ci costringono a pensare e agire sempre in un certo modo, infatti ci costringono a vivere sottoposti all’influsso dei nostri condizionamenti. Invece le emozioni costruttive vanno di pari passo con una corretta valutazione della realtà, perché le cose, le situazioni e le azioni non sono buone o cattive perché qualcuno lo decide.

Non c'è nulla che lo sia in modo assoluto: il bene e il male esistono solo in quello che facciamo agli altri. Esiste il buono e il cattivo solo nei termini del bene o del male che facciamo producendo felicità o dolore nell’altro. Le emozioni diventano costruttive o distruttive a seconda della motivazione che ci spingono ad agire, perciò dobbiamo esaminare sia le motivazioni che le conseguenze delle emozioni.

Le emozioni saranno distruttive se avranno prodotto minore felicità, minore benessere, minore lucidità, minore libertà e avranno operato una maggiore distorsione della realtà. Invece le emozioni costruttive avranno dato più felicità, benessere, lucidità e maggiore libertà. Ma da dove nascono queste emozioni distruttive?

Secondo gli insegnamenti buddisti nascono dalla necessità di difendere la nostra persona, di garantire il nostro io. L’attaccamento all’ego tipico dell’essere umano è la base per la costruzione della personalità. Se sentiamo che il nostro ego è vulnerabile cerchiamo di adottare gli atteggiamenti che lo compiacciono e cerchiamo di allontanare tutto quello che non lo compiace o che non lo rassicura. Da due emozioni di base nascono tutte le altre emozioni.

Nelle scritture buddiste si dice che esistono 84.000 tipi di emozioni perciò esistono 84.000 diverse porte di ingresso al sentiero della trasformazione interiore. Questo numero tanto elevato di percezioni è simbolico perché esprime la molteplicità dei punti di vista che possono avere le persone. Tutte le emozioni negative si riducono a 5 veleni che intossicano la mente: l’odio, l’attaccamento, l’ignoranza, l’orgoglio e la gelosia.

Queste emozioni negative ci impediscono di sviluppare quelle positive, cioè l’amore per il prossimo, l’apertura mentale, la capacità di riconoscere il bene, la capacità di riconoscere i propri difetti e la capacità di dare la felicità a noi stessi e agli altri. La verità è che l’io è un’etichetta, è un’illusione, è il nome che diamo al processo sempre mutevole della coscienza. Se l’io è un flusso, un continuum della mente non esiste nulla che si possa definire “io”.

Ma allora nasce il quesito se le emozioni negative siano la vera natura dell’uomo. Per capirlo dobbiamo distinguere i vari livelli della coscienza. Secondo il buddismo, i livelli di coscienza sono tre: quello ampio, quello sottile e quello molto sottile. Al livello più ampio abbiamo tutti i tipi di emozione, perché esso corrisponde al funzionamento del cervello e riguarda l’interazione tra il corpo e la mente.

Il livello sottile è quello dell’io e riguarda la facoltà d’introspezione con il quale la mente esamina la sua stessa natura: si tratta del flusso mentale che porta in sé le tendenze ed i modelli mentali che ci sono più consueti e abituali. Il livello molto sottile è l’aspetto fondamentale della coscienza, infatti è la coscienza o consapevolezza pura e semplice che non ha bisogno di alcun oggetto per esistere.

Di solito non sappiamo percepire la coscienza in questo modo, perciò è necessaria l’educazione alla contemplazione per pensarla così. Ma se pensiamo alla coscienza in questa maniera non possiamo pensare a tre tipi di coscienza che esistono in parallelo, ma dobbiamo pensare la mente come se fosse un oceano. L’oceano ha diverse profondità, perciò pensiamo che le emozioni scorrono in superficie e scendono a media profondità, ma non raggiungono mai la profondità.

Le nostre emozioni somigliano alle onde che agitano la superficie e scendono un poco ma, in profondità, l'oceano è calmo e silenzioso: è sempre in quiete. La natura fondamentale della nostra mente è nel livello più sottile che è detto luminoso. Questo termine suggerisce che la nostra facoltà fondamentale è quella di essere consapevoli senza avere nessuna colorazione particolare che derivi da costruzioni mentali o da emozioni.

La consapevolezza di fondo della mente è detta anche “la natura ultima della mente.” Essa viene sviluppata in modo completo e senza veli quando la si considera come la natura della condizione del Buddha. Il passo decisivo sarà quello di decidere se sia possibile liberarsi completamente dalle emozioni distruttive, ma diventa possibile solo se crediamo che le emozioni negative non sono una condizioni innata e naturale della mente umana.

Nel buddismo si pensa che la natura della mente non è cattiva altrimenti le emozioni negative sarebbero sempre presenti. Noi dovremmo osservare la natura della mente e riconoscere come nasce l’odio, la paura e così via. Questa esperienza ci mostrerebbe che le emozioni negative sono intermittenti. Ma soltanto chi si dedica alla contemplazione della mente può vedere la base fondamentale della sua coscienza.

Ma se lo facessimo vedremmo che, in noi, non c’è nessuna emozione negativa, ma che c'è solo un continuum luminoso che è collocato nel livello più sottile della mente. Questo livello luminoso è libero da ogni emozione distruttiva o negativa, perché la negatività non è una qualità naturale o innata dell'uomo. Sapere che esiste la possibilità di essere liberi è il punto iniziale della trasformazione interiore.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 14 agosto 2015

Andare più lontano



Continuerai, adesso.
Adesso hai capito e accettato
che la tua vita
accade qui,
in questo preciso istante.

Che devi amarti,
che puoi amare gli altri
ed essere amato da loro,
senza tremare e senza
aggrapparti.

Che la felicità è tragica,
intermittente
e indispensabile.

Che a volte puoi essere saggio
e a volte no.
Puoi farlo. Tranquillo.

(Christophe André)

giovedì 13 agosto 2015

Come un Buddha



“Al centro, tu sei già un buddha, un essere che è giunto a casa.
Alla periferia, sei nel mondo: nella mente, nei sogni,
nei desideri, nelle ansie, in mille e una dinamica.
E tu sei entrambi le realtà...”
(Osho)

“Vuoi sapere come fare a diventare più consapevole? Diventa sempre più consapevole della precarietà della vita. La morte può accadere in qualsiasi istante: tra un attimo potrebbe bussare alla tua porta. Puoi restarne immemore, se pensi di poter vivere per sempre; ma come puoi vivere inconsapevolmente, se la morte è sempre così vicina? È impossibile! Se la vita è momentanea, una bolla di sapone, basta uno spillo per farla scoppiare ... come puoi restare inconsapevole? Introduci la consapevolezza in ogni tua azione!

In te esistono due livelli: il livello della mente e il livello della non-mente. O meglio, lascia che li descriva così: il livello della periferia del tuo essere e il livello del centro dell'essere. Ogni cerchio ha un centro: puoi riconoscerlo oppure no; potresti non sospettarlo neppure, comunque un centro esiste sempre. Tu sei una periferia, e sei un centro, un centro è indispensabile; senza, non puoi esistere: nel tuo essere esiste un nucleo centrale.

Al centro, tu sei già un buddha, un essere che è giunto a casa. Alla periferia, sei nel mondo: nella mente, nei sogni, nei desideri, nelle ansie, in mille e una dinamica. E tu sei entrambe le realtà. Inevitabilmente ci saranno momenti in cui vedrai di essere stato simile a un buddha: la stessa grazia, la stessa consapevolezza, lo stesso silenzio; la stessa dimensione di beatitudine, le stesse benedizioni, la stessa estasi.

Avrai attimi, intuizioni del tuo centro; non potranno essere duraturi, continuamente verrai ributtato alla periferia. E ti sentirai stupido, triste, frustrato; avrai la sensazione di aver perso il senso della vita. Accade proprio perché esisti a due livelli: il livello della periferia e il livello del centro. A poco a poco, acquisterai la capacità di muoverti dalla periferia al centro e dal centro alla periferia in modo sciolto e naturale, così come entri ed esci di casa.

In questo caso non crei mai alcuna dicotomia. Non dici: “Sono fuori dalla casa, come faccio a entrare?”. Non dici: «Sono in casa, come faccio a uscire?” Fuori c'è il Sole, fa caldo, si sta bene, te ne stai seduto all'esterno, in giardino. Quando il caldo aumenta, diventa afoso e inizi a sudare; a quel punto non è più piacevole stare lì; anzi, inizia a diventare disagevole, allora semplicemente ti alzi ed entri in casa. Là è fresco, non è sgradevole; ora là è piacevole. E questo entrare e uscire è continuo ...

Esattamente nello stesso modo un uomo consapevole si muove dalla periferia verso il centro, dal centro verso la periferia. Non si fissa da nessuna parte. Dalla piazza del mercato al monastero, dal samsara al sannyas, dall'essere estroverso all'essere introverso, egli continua a muoversi perché queste sono le sue ali, non sono una contro l'altra. Sono equilibrate in direzioni opposte, deve essere così: se entrambe le ali fossero dalla stessa parte, l'uccello non potrebbe volare alto nel cielo.

Devono tenerlo in equilibrio, devono essere ai lati opposti, ma fanno comunque parte dello stesso uccello e servono lo stesso uccello. La tua parte esterna e la tua parte interna sono le tue ali. È qualcosa che si deve ricordare intimamente, infatti è possibile... la mente ha la tendenza a fissarsi.

Ci sono persone che sono ancorate nel mondo: dicono che non ne possono uscire, dicono che non hanno tempo per meditare e, anche se ne avessero il tempo, non saprebbero come meditare e non credono di essere in grado di farlo. Dicono che sono mondane, come possono meditare? Sono materialiste, come possono meditare? Dicono: “Sfortunatamente per noi, siamo estroversi, come possiamo andare dentro noi stessi?”

Costoro hanno scelto soltanto un'ala. E, naturalmente, è normale che questo generi una profonda frustrazione. Con una sola ala la frustrazione è inevitabile. Poi ci sono persone che si stancano del mondo e ne fuggono lontano, vanno nei monasteri e sull'Himalaya, diventano sannyasin, monaci: iniziano a vivere da soli, si forzano a una vita introversa.

Chiudono gli occhi, chiudono tutte le loro porte e finestre, diventano come le monadi di Leibniz, senza aperture, e a quel punto si annoiano. Ne avevano abbastanza del mondo, erano stanchi, frustrati. Tutto stava diventando un vero manicomio, non riuscivano a trovare tregua. C'erano troppi rapporti e poche vacanze, non c'era spazio per essere se stessi.

Si identificavano con le cose, e in questo modo perdevano il loro essere. Diventavano sempre più materiali e sempre meno spirituali. Perdevano il senso della direzione. Perdevano la consapevolezza stessa dell'esistere. Per questo sono fuggiti; stanchi, frustrati, sono scappati. Adesso cercano di vivere da soli, in solitudine, una vita di introversione. Prima o poi si stancheranno: hanno scelto un'altra ala, ma ancora una volta soltanto una.

In questo modo, la vita è di nuovo sbilenca; sono cascati un'altra volta nello stesso errore, dalla parte opposta. Io non sono né per questo né per quello. Vorrei che tu diventassi così abile da rimanere nel mondo eppure meditativo. Vorrei che ti relazionassi con le persone, che amassi, che ti addentrassi in milioni di relazioni - perché ti arricchiscono - e allo stesso tempo vorrei che fossi in grado di chiudere le porte e qualche volta ti prendessi una vacanza da tutte le relazioni ... per metterti in relazione anche con il tuo essere.

Relazionati con gli altri, ma anche con te stesso. Ama gli altri, ma ama anche te stesso. Và fuori, nel mondo! Il mondo è bello, avventuroso: è una sfida, arricchisce. Non perdere l' occasione! Quando il mondo bussa alla tua porta e ti chiama, esci! Vai all'esterno senza paura, non c'è nulla da perdere, c'è solo da guadagnarci. Ma non perderti.

Non continuare ad andare sempre più verso l'esterno, per poi perderti. Qualche volta torna a casa. Qualche volta dimentica il mondo: quelli sono i momenti di meditazione. Ogni giorno, se vuoi essere equilibrato, devi bilanciare l'esterno e l'interno. Dovrebbero avere lo stesso peso, in questo modo non sarai mai sbilenco dentro di te.

Ecco il significato del detto Zen: “Cammina nel fiume, ma non permettere all'acqua di toccarti i piedi”. Sii nel mondo, ma non essere del mondo. Sii nel mondo, ma non permettere al mondo di essere in te. Quando torni a casa, torna a casa: come se il mondo intero scomparisse.

Hotei, un Maestro Zen, stava attraversando un villaggio. Hotei è stata una delle persone più squisite che abbiano mai camminato sulla Terra. La gente lo conosceva come "il buddha che ride", perché rideva tutto il tempo. Ma, a volte, sedeva sotto un albero - e in questo villaggio si sedette sotto un albero con gli occhi chiusi - in questo caso non rideva, non sorrideva neppure; era assolutamente quieto e raccolto.

Qualcuno gli chiese: “Hotei, non ridi?” Hotei aprì gli occhi e disse: “Mi sto preparando.” Ma l’altro non capì: “Che cosa vuoi dire?” Hotei disse: “Devo prepararmi, per ridere. Devo concedermi un po' di riposo. Devo entrare in me stesso, dimenticare il mondo intero, in modo da tornarne ringiovanito e poter ridere di nuovo.” Se vuoi veramente ridere, dovrai imparare a piangere.

Se non riesci a piangere, se non sei capace di lasciar scorrere le tue lacrime, sarai incapace di ridere. Un uomo di risate è anche un uomo di lacrime: in questo caso l'uomo è equilibrato. Un uomo di beatitudine è anche un uomo di silenzio. Un uomo d'estasi è anche un uomo centrato. Le due cose si accompagnano, e da questa unione di polarità nasce un essere equilibrato. Questa è la meta da conseguire.”

(Osho Rajneesh, Consapevolezza: la chiave per vivere in armonia, Riza ed., 2006)

martedì 11 agosto 2015

Fiori di fango



“Dopo l’illuminazione camminava
nel fango senza scomporsi.
Sapeva che il fango è solo fango.”
(Dogen Zenji)

“Molti credono che la loro vita sia stata rovinata da rapporti sbagliati e da situazioni che non sono riusciti a cambiare o a controllare. Quando ci veniamo a trovare in una situazione che non ci piace, o in un rapporto che ci ferisce o non va come vorremmo, cerchiamo tutte le spiegazioni possibili.

Pensiamo che questa situazione spiacevole getti un’ombra su di noi, e che dobbiamo cercare di cambiare per recuperare la nostra dignità. Decidiamo che qualcosa ci minaccia e ci diamo da fare per rafforzare le nostre difese. Ci sembra di venire ogni volta rifiutati e di non potere amare mai più.

Tutte queste idee e interpretazioni che aggiungiamo alle situazioni sono proprio ciò che ci tiene imprigionati nel fango della nostra vita, sono proprio ciò che ci impedisce di continuare. Ci fanno sentire sporchi e impantanati. Ci fanno sentire feriti e maltrattati. Ci sussurrano che dobbiamo vendicarci. E ci ripetiamo questo pensiero tante e tante volte.

Se crediamo a queste voci e le mettiamo in pratica, non siamo più in contatto con la realtà di ciò che sta accadendo, e quindi di ciò che è realmente a nostra disposizione. Ma, soprattutto, perdiamo di vista il fatto che il fango è semplicemente fango.

Dogen Zenji, un grande maestro zen, sapeva affrontare qualunque situazione senza lasciarsi toccare, perché non vi aggiungeva niente. Era esattamente lì dove stava, e sperimentava direttamente ogni cosa. Il fango non era cattivo né inquinante. Era semplicemente fango. Ci camminava dentro continuando per la sua strada, e prima o poi si ritrovava di nuovo a camminare sull’erba.

Ma quando raggiungeva di nuovo l’erba, non era il paradiso: era semplicemente erba. Quando arrivava l’inverno e l’erba seccava, non stava subendo una punizione, non era maltrattata dalla cattiveria dell’inverno. Semplicemente, era venuto il tempo per l’erba di seccarsi. Dopo l’inverno sarebbe arrivato qualcos’altro.

La maggior parte di noi non sa attraversare in questo modo i fatti e gli eventi della vita. cerchiamo di trasformare il fango in acqua pura. Quando troviamo un prato erboso cogliamo che rimanga verde, anche nel gelo invernale. Abbiamo paura di quello che la vita ha in serbo per noi, invece di procedere semplicemente nella sua direzione.

Ci comportiamo così anche nei rapporti. Restiamo attaccati a una situazione passata, ruminando sui torti che abbiamo subito e rifiutandoci di lasciarli andare. Siamo arrabbiati per non essere riusciti a tenere la situazione sotto controllo, e come risultato ci sentiamo impotenti.

Ma cos’è che possiamo controllare davvero? Non poter controllare questo insondabile mondo significa davvero che siamo impotenti o che siamo matti? Non ci sarà un altro modo per vivere tanta bellezza e il dolore?

Impegnandoci sinceramente nella pratica zen diventiamo sempre più capaci di capire che il fango è semplicemente fango. Non è stato messo lì apposta per avvilirci, svalutarci o impedirci di procedere. Accettiamo di incontrarlo nel nostro viaggio, lo attraversiamo e andiamo avanti.

Questa semplice istruzione è un modo molto diretto per trasformare la nostra vita. Se lo mettiamo in pratica nei nostri rapporti creiamo un paradiso in terra, indipendente da chi viene o se ne va. Non ci aggrappiamo all’altro, proclamando che è “nostro”. Vediamo da dove una persona è venuta e dove sta andando.

Accogliamo chiunque arrivi, non con accuse, richieste o delusioni, ma con la comprensione che ogni persona è un dono prezioso che ci viene dato per un certo periodo di tempo. Quando giunge il suo momento di andarsene, onoriamo la sua partenza e non ci mettiamo a inseguirlo, cioè non lo incolpiamo e non lo accusiamo perché se ne va.

Quando l’altro sente il rispetto e lo spazio che gli offriamo, può essere quello che è, e si crea un terreno fertile e un luogo sicuro per l’amore. Questo insegnamento ci ricorda di prendere tutto con gran calma. Ci aiuta a non agire precipitosamente e a non interferire con il ritmo naturale dell’universo, che ci porterà quello che ci spetta e allontanerà quello che non fa per noi.”

(Brenda Shoshanna, Lo zen e l’arte di innamorarsi, Il Punto d’Incontro, 2005)

domenica 9 agosto 2015

Se…



Sono passati 70 anni dall'atomica su Nagasaki e Hiroshima!


Se tutti gli uomini avessero un’anima
da gran tempo non vi sarebbe sulla Terra posto
né per le piante velenose, né per gli animali feroci
e lo stesso male avrebbe cessato di esistere.

Per l’ozioso l’anima è un miraggio
essa è un lusso per colui che si compiace nella sofferenza,
essa è il sigillo della personalità.
Essa è la Via, essa è il legame con l’Autore e il Creatore.

Residuo dell’educazione,
Sorgente Prima della Pazienza.
Essa è anche il testimone del merito,
dell’Essenza dell’Essere Eterno.

Guida della Volontà
La sua presenza è l'Io Sono.
Essa è una particella dell’Essere Totale.
Così essa è stata e così sarà sempre.

(Georges Ivanovič Gurdjieff)


sabato 8 agosto 2015

Karma



“Assenza.

Dì solo: Egli non c’è –
tornerà
fra cinque bilioni di anni.”
(Shinkichi Takahashi)

Il karma è definito come la legge spirituale che segue gli stessi principi di causalità che agiscono in tutto l’universo. Ma questa è una definizione troppo limitata per capire il concetto di karma con tutte le sfumature che possiede e che valgono non solo per l’essere umano, ma anche per tutte le entità che sono sottoposte alle regole cosmiche.

Il principio del karma prevede che l’effetto dell’azione ricada sul soggetto dal quale l’azione è stata provocata. La legge del karma è un fenomeno complicato che mette in relazione il passato, il presente e il futuro, perciò su di essa si basa il destino degli esseri umani. Ma la vita umana non è la sola in cui questa grande legge cosmica agisce, infatti anche le entità elevate devono rispondere a questa regola.

Ma il contesto che riguarda la vita umana è quello che ci interessa maggiormente anche se la regola della causalità funziona in molti contesti. Basti pensare agli adattamenti dell’organismo all’ambiente in cui viviamo, infatti il comportamento di alcuni organi si è adattato alle consuetudini che furono seguite per molti secoli fino al punto che alcuni caratteri genetici predominanti divennero recessivi.

Tutto quello che accade oggi è stato determinato da quello che è avvenuto in passato, e questo è ancora più vero per l’essere umano che non si limita a vivere una sola incarnazione. Gli uomini vivono molte vite diverse perciò se potessimo avere uno sguardo panoramico ampliato a molte incarnazioni potremmo osservare che le cause di quello che viviamo attualmente deve essere collegato al periodo dell’ultima incarnazione che abbiamo vissuto.

Per questo dobbiamo conoscere il meccanismo che regola la legge della causalità per capire la realtà delle concatenazioni karmiche. Comunemente si pensa che il pensiero è innocuo e che si può pensare tutto quello che vogliamo senza paura di far del male a nessuno, ma non è vero. Chi conosce la prospettiva spirituale sa che il pensiero produce degli effetti che possono essere ancora più potenti di un’azione concreta e tangibile.

I pensieri e i sentimenti degli uomini producono degli effetti nel mondo, perciò un pensiero d’amore rivolto a qualcuno produce effetti diversi da un pensiero di odio. Mandando un pensiero d’amore è come se inviassimo un fiore pieno di luce verso l’oggetto del nostro amore. Il fiore luminoso si avvolge intorno al corpo eterico e al corpo astrale del destinatario. Ma se mandiamo un pensiero di odio è come se avessimo inviato una freccia avvelenata verso il corpo eterico e il corpo astrale chi odiamo.

Il mondo astrale si comporta in modo diverso nei due casi, perché ogni azione produce un effetto diverso nei mondi spirituali. Lo stesso pensiero inviato da due persone tende a rafforzarsi perciò il mondo spirituale diventa più articolato e ricco. Invece due pensieri contrastanti entrano in conflitto perché le polarità sono diverse perciò tendono a scontrarsi e producono delle distruzioni, dei conflitti che rimbomba nei mondi spirituali come lotta e disarmonia.

Le distruzioni più potenti sono quelle prodotte dalle menzogne che vanno viste come delle ulcerazioni che si manifestano nell’organismo energetico di chi le pronuncia. Le menzogne riescono a uccidere le formazioni astrali che sostengono l’evoluzione perciò, in senso occulto, la menzogna è paragonabile all’omicidio. La menzogna, non solo riesce a distruggere la sostanza astrale ma corrisponde a un suicidio perché chi mente accumula un karma negativo sopra di sé.

Ma anche le inclinazioni, il temperamento e le tendenze predominanti oltre che i loro pensieri sporadici di odio e amore degli uomini influiscono sia sul mondo astrale che su quello celeste. Il temperamento triste crea delle ombre che turbano il mondo astrale e anche il mondo celeste, invece il carattere lieto diffonde luce e gioia. Questo accade perché non siamo mai esseri isolati ma siamo sempre connessi con il mondo astrale e con quello celeste inferiore e superiore, perciò è facile capire quali perturbazioni producano le persone aggressive o tristi. I mondi spirituali sono connessi con la vita degli uomini perché, nella sostanza eterica, si imprimono tutte le nostre azioni ed esse si trasmettono agli strati superiori.

Sappiamo pure che, mentre l’essere umano si prepara per scendere in una nuova incarnazione, egli si forma e struttura un nuovo corpo astrale. E mentre i suoi pensieri e sentimenti si inseriscono nel mondo astrale, si diffondono e si imprimono in quel mondo molte tracce del suo essere. Perciò, se ha pensato in modo positivo otterrà un buon corpo astrale, invece se avrà pensato in modo negativo otterrà un corpo astrale non troppo buono.

Invece, il temperamento che è collegato al mondo celeste inferiore contribuisce a forgiare il corpo eterico con la medesima regola. Le nostre buone azioni agiscono sui mondi celesti superiori e determinano il corpo fisico che dovrà portare l’essere umano verso un luogo determinato. Perciò, tutto il male che avremo fatto agli altri agisce sui mondi celesti superiori e, quando entriamo nel corpo fisico, l’azione di entità superiori agisce affinché veniamo spinti verso l’ambiente, le parentele e i luoghi dove dovremo affrontare fisicamente le conseguenze delle nostre azioni passate.

E tutte le azioni fisiche che non ci avranno toccato intimamente agiranno nella vita futura mostrandosi nel nostro corpo astrale, perciò attireranno i sentimenti e le azioni corrispondenti. Se abbiamo speso bene la vita e abbiamo fatto molte osservazioni che ci avranno fatto accumulare molta conoscenza avremo, in futuro, un corpo astrale che è dotato di speciali e numerosi talenti. Vediamo come tutte le esperienze del presente si manifesteranno nel corpo astrale dell’incarnazione futura. Invece i sentimenti, il piacere e il dolore agiranno formando il corpo eterico e ne determineranno una tendenza che sarà destinata a durare nel tempo.

Chi avrà sperimentato la gioia avrà un corpo eterico dal temperamento tendenzialmente molto gioioso. Chi si sarà preoccupato di compiere molte buoni azioni sviluppando dei sentimenti nobili, avrà la tendenza a fare solo buone azioni e sarà dotato di una coscienza molto evoluta con forti tendenze morali. Le caratteristiche e le tendenze che coltiviamo in modo duraturo vengono accumulate nel corpo eterico e produrranno degli effetti visibili sul futuro corpo fisico.

Solitamente chi gode di una buona salute e possiede una forte resistenza alle malattie ha vissuto vite virtuose, mentre chi si ammala spesso dimostra che ha ereditato il peso delle sue cattive tendenze del passato. Ma ci sono anche dei casi particolari, ma per ora si parla solo delle regole generali della legge di causalità per mezzo della quale si costruisce il destino. Se abbiamo amato molto la vita e abbiamo avuto uno sguardo sempre benevolo per tutto quello che ci circondava avremo un corpo fisico che si conserva forte e giovane per molto tempo.

Una vita spesa a odiare, a parlare male, a criticare e disprezzare tutto e tutti si mostrerà in un futuro corpo fisico che invecchierà presto e si conserverà male. Vediamo che le passioni e il temperamento cioè le nostre caratteristiche interne di una vita diventano delle caratteristiche esterne, in future incarnazioni. Conoscendo il senso di queste correlazioni comprenderemo che le cose si mostrano in modo molto diverso da come le avevamo immaginate, e da come vorremmo che fossero.

Quando qualcuno si lamenta per aver vissuto una vita colma di difficoltà e di sofferenze, dovrebbe sapere queste cose. Così si potrebbe riflettere sul fatto che tutto il suo dolore e le sue difficoltà diventeranno la saggezza e la coscienza superiore che avremo nella futura incarnazione. Nessuno può pensare che la saggezza si possa ottenere senza aver superato il dolore e le difficoltà, perciò anche la malattia fisica va affrontata così. Chiaramente ci sono anche altri tipi di malattie che insorgono per cause esterne, e non per ragioni karmiche.

Ma, in via generale, le malattie sopportate con molto coraggio nel presente doneranno, nella vita futura, una grande bellezza fisica. La bellezza fisica degli uomini viene conquistata sempre attraverso la sopportazione di gravi malattie. Risulterà strano che la bellezza sia conquistata per mezzo di infermità e di gravi menomazioni che furono affrontate in passato, ma tra questi elementi esiste una correlazione karmica di ricompensa. Si può dire che chi avrà accumulato delle cattive disposizioni dell’anima svilupperà una forte disposizione per le malattie, perché tutte le azioni che abbiamo compiuto ritorneranno verso di noi, nelle vite future.

Si vede che l’interno diventa l’esterno, infatti le emozioni che abbiamo conservato nel nostro corpo astrale si mostreranno nel nostro corpo eterico. Le tendenze e le passioni più durevoli che abbiamo radicato nel nostro corpo eterico ricompariranno nelle disposizioni mostrate nel corpo fisico. Tutto quello che abbiamo fatto per mezzo del nostro corpo fisico ricomparirà come il destino della nostra vita futura.

Se potessimo osservare il destino vedendo tutte le nostre incarnazioni vedremo che l’esistenza precedente determina sempre le linee fondamentali della vita futura. A volte vedremo che gli effetti del destino che abbiamo costruito non si mostrano nella vita immediatamente seguente, ma si presenteranno dopo alcune vite. Questo accade perché ci sono degli esseri spirituali che ci dirigono e che agiscono affinché l’essere sia guidato verso il luogo in cui il suo destino lo possa raggiungere e possa agire nel modo più efficace.

Buona erranza
Sharatan