“Una biblioteca è come un alveare
nel quale sia custodito il miele:
essa contiene parte del prodotto migliore,
più dolce e nutriente dell’esperienza umana.”
(A. C. Grayling)
Sembra che alcuni medici prescrivano, ai propri pazienti affetti da depressione, stress e ansia, non farmaci ma libri. I pazienti vengono indirizzati da un biblioterapeuta che prescrive elenchi di letture adatte alla condizione di ciascuno. A ispirare questo genere di letture fu l’osservazione dei bibliotecari che i lettori, nel restituire un libro preso in prestito, spesso si confidavano raccontando come la lettura li avesse fatti star bene, divertendoli o distraendoli dalle loro preoccupazioni.
Ci sarebbero fin troppe cose da dire s questo fatto sorprendente. Qualcuno, cinicamente, chiederà: ma dove siamo arrivati se, per leggere un libro, la gente ha bisogno di farselo prescrivere dal medico? Quand’è che abbiamo dimenticato che la lettura, per mille ragioni, è una delle principali risorse della vita?
Nella prossima tappa del processo di medicalizzazione dell’esistenza umana - o forse come risposta alla passiva incapacità della gente di pensare o agire in modo autonomo- i medici finiranno forse per prescrivere un pasto agli affamati e un buon sonno alle persone stanche? C’è qualcosa di giusto in queste esclamazioni, ma è improprio indirizzarle ai medici. Piuttosto andrebbero dirette al fallimento della nostra cultura, che non è riuscita a mostrare alla gente quali ricchi tesori, in termine di piacere e utilità, e quale espansione degli orizzonti possa derivare dalla lettura.
Un’educazione alla lettura implica una guida su come reperire qualsiasi libro o genere di libro; si tratta di una guida molto facile da offrire: occorrono cinque minuti (e molto meno se vi limitate a dire: «Chiedi al bibliotecario», il che inoltre è un ottimo consiglio. Basta una piccola esperienza in qualità di lettori per avere accesso a quel grande paese in cui ci si libra come aquile sulla storia, sulla commedia, sulla tragedia e su tutta la gamma delle esperienze umane e, se la lettura è attenta, si raccoglie in ogni momento molto di ciò che l’abbondante offerta mette a disposizione. La parola chiave qui è: «Attenta».
La cosa migliore che qualsiasi tipo di istruzione e di educazione possa lasciarci in eredità è l’abitudine a riflettere e a porci domande. La lettura può essere svolta in modo passivo, riducendosi così a un passatempo che non lascia nella mente nessuna traccia a parte una piacevole distrazione dal presente. Molti libri sono scritti abilmente per non pretendere altro, e non c’è nulla di male in questo. Ma per avere da essa qualcosa di più, la lettura deve essere un’esperienza attiva, e non passiva. È difficile dire che cosa renda tali i buoni libri, perché ne esistono di diversissimi.
Nella maggior parte dei casi essi hanno però in comune la capacità di indurre il lettore a pensare e sentire emozioni, lo elevano e lo disturbano, spingendolo di conseguenza a considerare il mondo da una prospettiva leggermente diversa. In breve, purché la lettura sia attiva, i buoni libri stimolano l’attività intellettuale del lettore. La lettura non rende le persone automaticamente migliori o più sagge. Quando ha quel effetto è perché i lettori hanno lavorato da sé, cercando il materiale necessario nelle proprie reazioni alla pagina stampata.
Tuttavia, a parte l’esperienza pratica della vita - esperienza che è la principale maestra di chiunque -, ben poche cose reggono il confronto con i libri quale miniera da cui cominciare quel genere di ricerca.Leggere significa penetrare in altri punti di vista: è come essere osservatori invisibili di circostanze che potrebbero non realizzarsi mai nella propria vita. Significa incontrare persone e situazioni che, per genere e quantità, vanno ben oltre le possibilità dell’esperienza individuale.
Di conseguenza la lettura non solo promuove la comprensione di sé, ma arricchisce l’individuo offrendogli una via d’accesso per capire bisogni, interessi e desideri che potrebbe non condividere mai, ma che ciò nondimeno motivano gli altri. In tal modo gli consente di comprendere gli interessi altrui, tollerarli e perfino simpatizzare con essi. Tutto ciò plasma il nostro comportamento verso gli altri e, per estensione, rappresenta anche la base della comunità civile e della fratellanza fra gli uomini.
Sulla mia scrivania tengo una fotografia della Biblioteca di filosofia del monastero Strahov di Praga. Inquadrata dalla galleria superiore, la foto coglie la tranquilla bellezza della sala invasa dalla luce che penetra dalle finestre del lucernario della parete di destra, e mostra una lunga lama di luce che investe una fila di scaffali illuminando la ricca varietà di rilegature in pelle che vi sono schierate. Sotto, al piano terra, tre tavoli sono disposti comodamente distanziati, e fra di essi si trova un’ingegnosa macchina antica che permetteva la consultazione contemporanea di diversi volumi, una “ruota da libri” che farebbe invidia a ogni studioso.
La scena esprime in modo meraviglioso tutto quanto ha a che fare con i libri e la lettura, nonché con lo studio e con il pensiero, là dove i libri emergono come distillato degli sforzi dell’uomo, del tempo e perfino del mondo stesso, qui condotto a un equilibrio riflessivo avvolto nella quiete e nel ritiro.
Se, in un angolo, ci fosse un armadio con un letto e tutto l’occorrente per farsi un tè, poco importerebbe di venir rinchiusi là dentro, e che qualcuno buttasse via la chiave. Cinicamente si potrebbe sostenere che questa biblioteca, così splendida ed evocativa, non sia altro che un obitorio di libri, una curiosità del passato esposta allo sguardo ottuso del turista frettoloso , o forse un punto di vendita per le cartoline che oggi rappresentano il suo unico prodotto.
Ma io penso che questa sia un’opera d’arte e che rappresenti qualcosa di nettamente opposto alla regola- agitata, volubile e difettosa- di gran parte della vita umana e dei suoi compromessi. Una biblioteca è come un alveare nel quale sia custodito il miele: essa contiene parte del prodotto migliore, più dolce e nutriente, dell’esperienza umana. Un commentatore del IV libro delle Georgiche, dove Virgilio parla delle api e dell’amore perduto, sottolinea come solo quattro cose resistono agli insulti del tempo: l’oro, la luce del sole, l’ambra e il miele. (A. C. Grayling, Il significato delle cose, TEA ed.)
Leggo da bambino, navigo tra i libri e approdo al cuoire della mia esistenza. Leggo per liberare la scrittura ed essa torna libro. E' questo per me il vero cerchio della vita. Quello che resta segnato come ricordo di noi.
RispondiEliminaCaro Enzo, anche io leggo fin da quando ho imparato a farlo. Leggere per me ha significato vivere esperienze che non potrei mai potuto vivere.
RispondiEliminaQuando leggevo, da bambina, immaginavo di essere nella vita avventurosa del pirata che fa razzie nei mari. Vivevo il viaggio del principe che viaggia sul tappeto volante... e potevo vivere la vita di un califfo dell'antica Bagdad, e cose così.
Ma leggere vuol dire anche conoscere ciò che hanno scritto da quelli che vissero in passato, così che scrittura e lettura diventano lo scrigno della vita e della memoria. Forse le lettere di Seneca all'amico Lucilio, non sono tra gli esempi più belli di corrispondenza epistolare di tutti i tempi? Un caro abbraccio