martedì 26 agosto 2008

I prigionieri del male


Ho letto oggi che, nella città di Torino, sono scomparsi ben 66 gatti neri, rapiti da sette sataniche. L’associazione Telefono Antiplagio denuncia che non solo i gatti, ma anche cani ed uccelli sono stati rapiti e probabilmente usati per la celebrazione di riti durante i quali gli animali vengono torturati, mutilati e poi crudelmente uccisi per omaggiare lo spirito del male. Evidentemente la nostra cultura “evoluta” non ci ha messo al riparo da concezioni che ci rigettano nelle epoche più buie della ragione. La moderna barbarie e la mentalità ottusa è documentata dalle notizie di violenze che vengono quotidianamente perpetrate ai danni di esseri percepiti come più deboli ed indifesi: i portatori di “diversità”, le donne, i bambini e gli ultimi tra gli ultimi, quelli che molto spesso vengono dimenticati: gli animali.
Il fenomeno del satanismo registra un successo crescente, avendo al suo attivo delle comunità sempre più prospere e numerose ed è alimentato da una forte opposizione al cristianesimo, di cui diviene grottesca fotocopia, opponendo un dio positivo a un dio negativo, un dio delle tenebre e un dio delle luce: questo mi fa riflettere sulle strane similitudini che accomuna spesso le fazioni avversarie. Non ho alcun interesse ad indagare un mondo che non conosco e che non concepisco, ma il fenomeno ha contorni molto più ampi di quanto si possa immaginare e la stessa ambientazione della notizia nella città di Torino, che vanta la comunità di satanisti più attiva d'Italia, secondo Massimo Introvigne, la dice lunga al riguardo. Numerosi appelli denunciano questa barbarie, insorgendo in difesa degli animali e denunciando la proliferazione di messe nere con sacrifici animali, ma gli stessi comunicati informano che l’uccisione degli animali viene operata anche da coloro che si proclamano solerti “nemici del diavolo” perché il gatto nero, nella superstizione popolare, è il simbolo della stregoneria. “Per favore, smettete di ammazzare questi poveri mici neromantati che da secoli sono ingiustamente considerati portasfortuna, per usare un termine gentile… - scrive Lorenzo Croce, presidente nazionale Aidaa, l'associazione italiana difesa animali e ambiente - i gatti neri non hanno alcun potere occulto, mentre sono la superstizione e la caccia alle streghe ad aver confuso le idee fin dal medioevo trasmettendo questa assurda idea che i gatti neri portano sfortuna. Ora occorre sfatare questo mito e allo stesso tempo occorre smascherare maghi, gruppi esoterici e tutti coloro che uccidendo i gatti neri pensano in buona fede (ma anche in cattiva fede sapendo cioe' che questo non e' affatto vero) che uccidendo un gatto nero possano evocare spiriti o realizzare strani esorcismi...Ci rivolgiamo alla chiesa perchè dica che i gatti neri non sono la longa manus delle streghe così come era stato scritto in una bolla papale del Medioevo. Ad oggi abbiamo registrato la risposta di una delle maggiori sette di Bologna, che si chiama fuori dalla mattanza dei gatti neri e che condanna come satanisti eretici coloro che, invece, praticano questi riti a base di gatti neri e di sangue di gatti neri morti. A noi non interessa sapere chi sono o meno i satanisti doc, conclude Croce, quello che ci preme è di far cessare questa assurda mattanza che viene realizzata in nome del profitto e della antica arte della superstizione.”
Questa notizia dimostra che persiste ancora nell’uomo, in barba ad ogni civilizzazione - il retaggio di una memoria istintiva ed arcaica collegata alla sopravvivenza della specie - che lo rende capace di compiere le azioni che vengono addebitate al demonio: l’angelo negativo invidioso e furente che trascina gli uomini, i privilegiati figli di Dio, nella sua dimora di disperazione per l'eternità. Ancora nel terzo millennio troviamo persone che hanno bisogno di servire un principio oscuro e terrorifico, piuttosto che assumersi le responsabilità delle proprie azioni. Ancora esistono persone che trovano più facile pensare che il male sia esterno alla nostra mente, ed esistono persone che amano vivere come schiavi del male, piuttosto che come esseri liberi e padroni di sé stessi.
Le figure del male che conosciamo, sono collegabili storicamente ad una complessa demonologia mesopotamica, di cui la nascente religione giudaica non riuscì ad asservirsi. Per questo le popolazioni semitiche assimilarono complesse figure di divinità distruttrici, contro cui combattere con amuleti e opportune formule di scongiuro. Le successive revisioni dei testi ebraici, operate dalla versione greca delle scritture e l’esegesi ebraica, tradusse con il termine di demonio, tutti quei “falsi dei” contro cui si trovava a combattere la nascente religione. Per questo la Bibbia cristiana e il Talmud ebraico confermano e conservano tracce di antiche superstizioni mesopotamiche e palestinesi nelle figure di demoni, come emissari-esecutori delle volontà divine. A livello psicologico, tale trasposizione viene attuata per sublimare tutti i tratti minacciosi posseduti dalla divinità, scindendo la figura onnipotente divina in una dicotomia buono/cattivo e quindi angelo/diavolo, che potesse essere di facile elaborazione da parte del popolo.
Nessuna traccia del fatto che il serpente fosse un diavolo è contenuta nella Genesi, in cui si dice esplicitamente che il serpente era una bestia. “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.” Geloso della predilezione divina, il serpente tentò Adamo ed Eva con l’ambizione della conoscenza. L’uomo divino, che viveva nell’Eden, volle conoscere per orgoglio il bene ed il male e trovò così la sua dannazione nella Conoscenza. Seppure dei simboli del male si volessero ravvisare nell’episodio del serpente, essi andrebbero indicati nella gelosia e nell’orgoglio, esaminati come deviazioni dell’intelligenza perfetta. Nel Libro di Giobbe, scritto nel V sec. a. C., si affronta in modo originale il problema del bene e del male.
Leggiamo nel cap. 1: “Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: "Da dove vieni?". Satana rispose al Signore: "Da un giro sulla terra, che ho percorsa". Il Signore disse a Satana: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male". Satana rispose al Signore e disse: "Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!". Il Signore disse a Satana: "Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui". Satana si allontanò dal Signore.”
L’esempio di Giobbe non costituisce affatto un invito alla pazienza, ma offre invece una chiave interpretativa di ben più alto spessore, infatti sempre il Giobbe, 37, 19 si afferma che “in cagione delle nostre tenebre, noi non possiamo bene ordinare i nostri ragionamenti.” Il termine aramaico Šayṭān significa il separatore, l’accusatore. La parte “satanica”che mette alla prova l’uomo è costituita dalle tenebre mentali che avvolgono la mente, laddove essa viva separata e non integrata nella sua componente di cuore ed intelletto. Io penso che l’uomo non padrone, ma schiavo delle sue tendenze incontrollabili, trovi più facile attribuire le colpe ad uno spirito cattivo piuttosto che affrontare il peso della sua libertà e dei suoi comportamenti. Penso che, per questo tipo di uomo, sia più facile proclamarsi prigioniero del male piuttosto che diventare un essere libero.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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