venerdì 3 ottobre 2008

Governare le paure planetarie


In questi giorni a Roma si è tenuto il World Social Summit 2008, organizzato dalla Fondazione Roma e dal Censis. Sociologi, filosofi, architetti, scrittori, rifugiati politici, magistrati, politici e psicoanalisti si sono incontrati e hanno discusso sul tema “Fearless: dialoghi per combattere le paure planetarie”, poiché “l’anima del mondo è a tal punto opaca, indefinita, che della sua stessa illegibilità c’è di che aver paura”.
Per il sociologo Zygmunt Bauman, la sindrome più forte è quella di venire esclusi, di essere “nominati” ed out, come nel “Grande Fratello” perché siamo tutti vulnerabili, esposti e prossimi all’umiliazione. La paura non è tanto quella di una catastrofe mondiale, ma si teme di venire esclusi dal “gruppo”. Secondo Baumann, quella di oggi è spesso “paura dell'inadeguatezza”: paura di non sentirsi più in linea “con gli standard”. Altra grande paura dei nostri tempi è l'insicurezza esistenziale, “una paura atavica che nasce dalla consapevolezza di essere tutti mortali”.
Le persone che si sentono insicure, che temono per la propria sicurezza personale, non sono veramente libere di assumersi i rischi di un’azione collettiva, per cui la decadenza morale potrebbe essere, la risposta individuale ad un mondo che ci fa percepire il futuro come una minaccia. La figura del vagabondo offre una metafora angosciosa in cui il mondo è percepito come precario ed instabile, in cui vagare in acque minacciose. La metafora positiva è offerta invece dal viaggiatore, in cui la ricerca della novità e della conoscenza si rivolge ad una realtà più rassicurante ed affascinante, varia e sfaccettata, in cui le differenze arricchiscono e completano l’individuo. Il vagabondo è insicuro, mentre il viaggiatore è felice e fiducioso: il primo vive alla giornata, mentre il secondo è sempre curioso di fronte ad un mondo vario ed affascinante da abbracciare nella sua varietà, poliedrica e dinamica.
Ma c’è bisogno di fare ancora dei passi avanti e di non fermarsi, spaventati ed angosciati dalla paura dell’ignoto. Se la vita ha un senso, è proprio nell’essere testimoni di qualcosa, celebrare il nostro modo speciale di essere e di percepire il mondo. Forse c’è una componente di rischio, nella scoperta di tutto il nostro potenziale, ma se ci illudiamo di vivacchiare alla meno peggio, allora siamo morti per sempre sia pur vivendo.
L’apatia e la noia sono i peggiori nemici della mente, perchè sono capaci di soffocare gli amori più grandi e le menti più brillanti. Rivelare la nostra autentica natura ed esercitare la massima modestia personale nel farlo, sono invece le caratteristiche di maggiore grandezza e fascino di una persona vera ed autentica. Questa manifestazione mi sembra la migliore forma di libertà, la migliore pratica della libertà: la volontà di plasmare la vita imprimendole un sigillo irrinunciabile ed unico. Perché ognuno di noi ha in sé un'unicità, un carattere che chiede di essere vissuto, una vocazione ad essere quell'unico, irripetibile individuo. La vita ha sempre una componente di rischio e di imprevedibilità, ma questo è fatale soprattutto se percorri delle vie laterali o poco prequentate, per cui sono necessarie buone gambe e grande determinazione.
Avviene come quando cominci a fare attività fisica, non essendoci abituato. Ti fai una dozzina di movimenti e ti senti finito. La volta dopo, alla seconda dozzina, pensi che morirai. Poi alla terza dozzina, sei sicuro che alla quarta dozzina avrai il colpo di grazia. Ma non è vero, perché continui, vai avanti e non muori affatto, rinforzi la tua spina dorsale sia interna che esterna, rinforzi la tua volontà e la tua determinazione, impari a non concentrarti sul dolore dei movimenti ma sui movimenti e sui muscoli che si muovono e loro, in cambio, continuano a farlo.
Così rinforzi la tua personalità, come rinforzi e plasmi il tuo corpo, con la costanza e la determinazione, provando e riprovando e pensando non alla fatica, ma pensando che intanto sei arrivato alla quarta dozzina di movimenti, e stai affrontando brillantemente la tua quinta dozzina. Non ho mai conosciuta nessuna maestria, degna di ammmirazione, che non fosse stata conquistata senza oltrepassare i confini di quella che appariva come una barriera insormontabile, come una fragilità personale. Con il coraggio e la determinazione si esercita la forza interiore e si ottengono grandi vittorie. Le apparenti fragilità, nascondono sempre una forza insospettabile, da cui si può attingere in modo costruttivo, a condizione che le nostre ferite siano trattate con enorme delicatezza. La delicatezza che dimostriamo per noi stessi, è la stessa che potremo avere per gli altri, ed è il primo requisito per dimostrare la nostra sensibilità e generosità d’animo.
Avverte Hillman “Non lasciatevi incantare dalle vostre cattive aspettative. Non lasciate che il vostro mondo si trasformi nei mali proiettati dalla vostra paura”. La paura di dover affrontare una realtà che non ci piace, ci espone a vivere sensazioni conflittuali, ci costringe al confronto diretto con la nostra Anima e ci sprona a tirar fuori il “carattere” dell'uomo. Governare la paura è possibile solo se si è in grado di ascoltare l'Anima, quell'Anima mundi di cui l'uomo è parte e che deve imparare ad ascoltare, facendo attenzione ad ogni elemento e ad ogni luogo del mondo.
Per non perdere la speranza, occorre quindi allontanarla dalla paura. Se il solo vero rimedio per vincere le paure, secondo James Hillman, è l’immaginazione con le sue infinite possibilità, allora è sempre più necessario immaginare un'utopia positiva, una grande rivoluzione morale, che sappia riportare in auge la logica dell'altro.
Per comprendere la logica dell’altro, dobbiamo capirne le ragioni e le emozioni. Per capire l’altro bisogna capire perché la pensa in un certo modo, non bisogna guadagnare delle ragioni o costruire gli altrui torti. Troppo spesso le ragioni dell’altro si negano. Se ne cancellano e/o se ne minimizzano le ragioni, perché è il modo più efficace per negare l’individuo, per cancellarne l’identità e la dignità, per negarne ogni diritto. Questo è il metodo usato dalle ideologie totalitarie, quando vogliono annullano gli individui e cancellarne la memoria.
E’ essenziale invece, tornare alla solidarietà tra umani, per condividere i nostri timori e recuperare le risorse della solidarietà. Ricominciare a vedersi, parlarsi. Costruire progetti condivisi e condividere dei sogni, delle passioni, bisogna condividere un progetto di vita positivo per tutti.
Bisogna essere consapevoli che “la dimensione di morte è necessaria a raggiungere gli obiettivi, dove parlare di paura genera paura” e che questo può generare una “società oscura” piena di inquiete fragilità e di ansie. Questa è una gigantesca occasione di profitto, un capitale commerciale: è il business della paura. Dobbiamo invece essere consapevoli che anche sulla paura si specula o la si manipola, a seconda delle finalità che si vogliono perseguire.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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