martedì 24 marzo 2009

I molti volti del potere


Aldilà dei problemi personali, delle tematiche individuali, aldilà degli specchietti per le allodole con cui veniamo invischiati nelle circostanze della vita, mi sembra che una buona pratica di autodifesa sociale, sia costituita dalla riflessione sulla mentalità prevalente, ormai ossessionata dai concetti di predominio, di possesso e di potere.

Ma attenzione a non considerare il potere in una chiave di lettura troppo semplice perchè, in tempi in cui è molto difficile gestire il cambiamento, interpretare il potere in chiave semplicistica rischia di offuscare la realtà. Il pensiero semplice offre pace mentale, non dà problemi, è troppo facile e troppo semplice. Una mente che pensa in modo semplice è una mente che diventa fiacca e passiva e così diventano fiacche anche le sue interpretazioni. Dice Hillman che “la mente ha bisogno di un nutrimento più ricco e ama muoversi con acutezza, come un serpente o una volpe.”

Quando si parla di potere bisogna distinguere tra quel potere che dobbiamo sempre rivendicare come essere umani, per cui richiedere più potere, cioè una maggiore energia vitale, maggiore capacità di dominare le situazioni problematiche, oppure chiedere dei maggiori riconoscimenti o una maggiore resistenza nel sopportare le prove della vita, corrisponde a rivendicare un legittimo potere su noi stessi e sul nostro cammino personale. Allargando questo tipo di potere personale alla sfera del sentimento, all’intelletto e allo spirito, si contribuisce all’affermazione di un esercizio del potere per mezzo della volontà e dell’impegno umano, ed è un fine eccellente. L’aumento del potere personale, deriva dall’allargarsi della nostra consapevolezza delle varie forme di potere che si presentano davanti ai nostri occhi e nel saperne riconoscere i molti volti.

Se la nostra mente è intossicata dalle idee di crescita perpetua e di efficienza, o da idee semplicistiche di controllo, di autorità, di supremazia e di prestigio, non sapremo vedere i volti del potere, e saremo bloccati nella gestione concreta di un potere che sarà solo esercitato su di noi. Nel privato saremo ossessionati da un potere che vogliamo e coltiveremo questo ideale con desiderio, rinforzando il potere che gli altri esercitano su di noi. Coloro che sanno smascherare i falsi volti del potere, sono coloro che hanno il potere di idee forti e originali, perché il nuovo volto del potere è quello che che si sta applicando all’autonomia delle idee. Oggi il potere possiede la capacità di invadere la mente delle persone, di possederle e farle proprie, fino a farle pensare come una mente ideologica: tutte le idee che ci possiedono senza che ce ne accorgiamo, hanno il potere di possedere noi.

Hillman chiama queste idee il “nostro mobilio mentale” e lo considera un mobilio di età vittoriana e di stampo darwiniano a livello sociale, per cui esse affermano che “Il progresso è naturale” e “Ciò che è naturale viene da Dio, quindi il progresso è buono” e “Il progresso avanza con una selezione naturale, per cui il forte resta ed il debole soccombe.” Da tutte queste immagini deriva anche il concetto di efficienza, così tanto declamato, che corrisponde alla massimalizzazione delle risorse del più forte selezionato per la sopravvivenza. Tutte queste idee sia di crescita che di efficienza, sono collegate all’idea dell'eroe che avanza a sfidare il nemico con fiero decisionismo. Tutte le mentalità legate ai concetti di servizio e di manutenzione diventano delle ideologie della perdita di tempo poiché richiedono risorse che non si notano ai fini dell’efficienza, e perché propugnano delle azioni da retroguardia e di stampo antiquato.

Forse, dalle crisi si potrebbe uscire meglio se fossimo capaci di rivedere questi concetti di efficienza e di crescita perpetua, divenuti sinonimi di ideologia buona e indolore, mentre invece, dovremmo rimettere in campo le “antiquate” idee di Servizio e di Manutenzione. Se pensiamo ai concetti suddetti, applicati al campo ambientale, possiamo capire che proprio dal servizio e dalla manutenzione che sapremo fare del nostro pianeta, dipenderà la nostra sopravvivenza fisica. E saremo dei veri eroi se sapremo capire questa lezione molto in fretta.

La teoria dell’efficienza come valore primario, porta a due pericolose derive. In primo luogo favorisce il pensiero a breve scadenza, per cui si vede in modo miope e si diventa insensibili al sentimento, perché non si sanno vedere i valori più grandi della vita, si giudica sul momentaneo. In secondo luogo, i mezzi diventano i fini, perciò il fare diviene primario, aldilà di ciò che viene fatto. Le frasi ricorrenti di questa filosofia sono “ Fallo e non discutere!” e "Non stare a fare domande, non perdere tempo, agisci in fretta!” La fretta fagocita il pensiero e la riflessione.
Le forme di resistenza all'efficientismo disumanizzante sono costituite dal boicottaggio e dall’inerzia, dal lavorare nel rispetto letterale dei propri compiti. Questa è la ribellione passiva alla tirannia dell’efficientismo cieco.

L’idea di crescita vista come costante miglioramento e come progressivo aumento di prestigio, diviene simbolo del potere del miglioramento all’infinito: concetto che la realtà odierna sembra profondamente ridimensionare. Ben presto dovremo sostituire il concetto di quantità con quello di qualità, perché quello che ci sembrava la via del nostro progresso, sta divenendo solo la fonte di enormi problemi. Il progresso che entra in Amazzonia con i bulldozer che spianano e abbattono alberi, con la diffusione di virus a cui gli indios non sono resistenti, che prosciuga le sorgenti per cacciare le popolazioni indigene o che le fa morire di epatite perché bevono acqua inquinata, offre una assurda immagine di se. Basterà per farci ripensare anche i concetti di “paesi sottosviluppati” e di “paesi ipersviluppati”?

Allora riflettiamo sulle parole con cui il potere rivela il suo volto. L'immagine prediletta dal potere è il Controllo, perché ci s’impadronisce di qualcosa quando si arriva ad assumerne il controllo. Il controllo equivale ad una interferenza preventiva, con cui tendiamo a conservare una condizione, infatti chi comanda pone delle restrizioni e dei limiti.
Il controllo come forma di potere negativo, ormai domina le organizzazioni, sia facendo ricorso ad un controllo diretto, sia facendo appello a forme più sottili, basate sull’appello a valori positivi, come quello della lealtà. Le parole usate sono “Io conto su di te.”

Un’altra forma di potere è quella del Prestigio personale e dell’importanza di ricoprire una certa posizione. Viene dimostrata dal fatto di ostentare una posizione di ufficio di maggiore prestigio, un nome sulla porta, l'ostentazione pacchiana dell’arredamento lussuoso e della vista di cui si gode dalla finestra. Questi sono i surrogati dello scettro, della mazza, della mitra e della corona del sovrano di altri tempi, perciò la gente che cerca di avere un'aumento della sua carica, si muove con la ferocia di una massa di cani affamati.

Psicologicamente, il bisogno di tale prestigio equivale alla vanità del narcisismo, perché l’essere ammirati sostiene un livello di autostima assai vacillante. Molti vogliono il potere per potersi sostenere con la forza di un prestigio, di cui non godono, e che sanno di non avere autonomamente. Naturalmente è giusto voler essere riconosciuti e stimati per il nostro essere, perché noi siamo anche come gli altri ci vedono, e perché dall’esterno ci giunge un grosso aiuto al nostro senso di potere e forza personali. La cosa diventa pericolosa quando il prestigio diventa fine unico ed esclusivo, quando ci sente a posto solo se si è importanti tra persone importanti, e quando di questa importanza se ne fa una ragione di vita e un vessillo esistenziale unico.

Il prestigio causa l’esibizionismo, che viene manifestato dall’esasperata ricerca di richiamare l’attenzione su di se tramite celebrazioni, comunicati stampa, riunioni e anche gesti plateali, come vediamo fare dalle stars hollywoodiane. Il desiderio di ricoprire posti prestigiosi causa l’ambizione, che è una forma sfrenata di orgoglio delle proprie effettive capacità, una ottusa millanteria alimentata dalla fame di potere. L’ambizione spinge spesso a comportamenti oltre i limiti, molto azzardati e sull’orlo del lecito.

Essere riconosciuti è un’altra forma di passione per la Fama e per il potere, ed aiuta a creare la reputazione con cui si viene riconosciuti e che, conseguentemente, si tende ad impersonare, diventando quello che si dice di noi: diventiamo così delle persone con una buona o una cattiva reputazione. Naturalmente bisogna fare attenzione a non rovinare una “buona reputazione” a meno che non si aspiri ad impersonare il “cattivo soggetto con una pessima reputazione.”

Colui che vuole potere, vuole esercitare un ascendente sulle persone, vuole influenzarle e vuole condizionarle. Il senso di onnipotenza che ne consegue è identico, sia che si voglia operare un condizionamento positivo o negativo, e per avere il potere di condizionare le persone, si usano tutti i mezzi, spaziando dalla manipolazione alla lusinga, dalla propaganda all’uso di premi e di punizioni esemplari, fino alle più raffinate strategie manipolatorie. Molto spesso costoro, quando perdono l’ascendente che esercitavano sugli altri, appaiono svuotati e si aggrappano con ferocia alla loro carica, anche quando la battaglia è ormai persa.

Il potere ci offre l’illusione della forza e della resistenza, per cui si pensa di essere più solidi e meno fragili, se si gode di una posizione di potere. Quando gode di una posizione di potere l’insicuro si sente forte, solido, inattaccabile ed inarrivabile.
L’amore per la leadership è invece il retaggio del codice animale, dell'animale capobranco che ancora vive in noi. L’animale alfa è il maschio più grosso che guida il branco, in forza delle sue maggiori dimensioni, della sua innata scaltrezza e della sua forza. L’ideale dell’animale alfa, prestato alla politica, confonde il potere con la dominazione, cosa che non è in natura. Questa assurdità è dimostrata dalla società dei lupi, in cui vi sono capobranco femmina.

La fauna umana di cui vediamo sui media, mette in mostra molti avvoltoi che fanno della competizione e del primato del più forte, del più furbo e del più muscoloso, un’immagine che ci spinge altre ogni limite di osservazione etologica. Ecco allora il potere della competizione, il pericolo del paranoico dominio e possesso sessuale, il sintomo della minaccia, dell’allarme, della tensione e dello stress. Ecco dunque le strategie di coloro che vogliono vincere la lotta alla sopravvivenza, in un ambiente ostile quando sopraggiunge la scarsità, per cui anche “L’isola dei famosi” diviene la paradossale metafora di un vademecum dei tempi della crisi.

Io penso che, se vogliamo limitarci ad osservare dei fatti, sarà il caso che ci addestriamo a farlo con una prospettiva molto più scientifica, e sarà meglio che non sia in chiave darwiniana, perché noi siamo molto più del puro istinto. Ricordiamoci che la coscienza serve per focalizzare meglio e che nessuna forma di potere è mai positiva se ci rende ottusi e ciechi.

Buona erranza
Sharatan

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