La sensazione di sentirci soddisfatti di noi stessi viene definito sentimento di autostima. In psicologia sociale sono stati condotti degli studi basati su questionari, realizzati per dei sondaggi, ed è emerso che la maggior parte delle persone tende a considerarsi ben al di sopra della media. La maggior parte delle persone, pensa di essere leggermente più competente, più intelligente, più gradevole della media degli altri, tende cioè a sopravvalutarsi rispetto alla classe dei suoi pari. In questo atteggiamento, dicono gli studiosi, non vi è il disprezzo per gli altri, e non è necessario svalutare gli altri, è sufficiente sopravvalutare noi stessi perché tale atteggiamento è spesso utilizzato in modo inconsapevole.
Tutto sembrerebbe molto semplice, se non fosse che l’atteggiamento di sopravvalutazione si adotta più facilmente in situazioni problematiche molto semplici, ma quando queste situazioni diventano veramente difficili e quando si affrontano delle condizioni di estrema difficoltà, allora tutta la nostra fiduciosa onnipotenza, si scioglie come neve al sole. Ma che senso di autostima si possiede se ha delle basi così fragili, e se la nostra fiduciosa autostima crolla e si trasforma in sentimenti di amarezza, in aggressione, in malafede e in ostilità? Questo accade, affermano gli studi, soprattutto quando ci vengono sottoposti a compiti complessi che vengono invece definiti semplici e quando si affronta un cocente rifiuto o una grave mortificazione personale.
Allora, non solo si inizia a dubitare di noi stessi, ma ci si sente fragili, si tende a considerare inferiori gli altri, si comincerà a diventare intolleranti e rigidi, e così reagiamo con l’assalto sociale e diventiamo ostili alla cooperazione e alla solidarietà: le ferite dell’autostima sono dei potenti colpi di testa d’ariete alle nostre difese interne, perciò ci scuotono sempre con molta violenza. E’ ben facile essere calmi e tranquilli quando tutto va bene, mentre è ben difficile mantenere lo stesso atteggiamento, quando siamo colpiti nelle nostre sicurezze personali; in realtà, i materiali con cui costruiamo la nostra autostima sono ben fragili e facilmente manipolabili.
Quando la vita diventa difficile, tutte le debolezze della nostra autostima vengono alla luce senza pietà, e quelli che hanno una maggiore fragilità e vulnerabilità, sono le prede più facili da manipolare. Le persone isolate, le persone che hanno condizioni precarie di vita, tutti coloro che hanno incertezze economiche, coloro che hanno problemi fisici o difficoltà relazionali, tutti costoro, se colpiti profondamente nella loro autostima, tendono a sviluppare diverse forme di sofferenza mentale ed emotiva. Il cittadino occidentale medio, hanno concluso gli studiosi, sembra essere uno dei più fragili nel loro senso di autostima. E allora come possono essere gli stessi soggetti che si descrivevano come di livello leggermente superiore ai loro simili?
La risposta è che, il cittadino occidentale medio è sedotto dalla possibilità di potere avere delle macchine sempre più veloci e lussuose, viene condizionato dall’esigenza di essere sempre alla moda e di riempire la casa di cose inutili che spesso non vengono neppure mai usate. In realtà la società consumistica è piena di lusinghe verso il consumatore a cui fa credere che la merce che propone è esclusiva, che è confezionata solo per lui e che comprandola lui stesso diventa di classe, diventa esclusivo. Questa lusinga occulta, nutre l’ego delle persone e le convince che il loro livello di stima è agganciato al possesso di quei beni, malgrado essi siano perlopiù inutili o voluttuari.
Inglobati nella massa dei consumatori, non rimangono le forze per difendersi e percepire l’asservimento ai valori dell’esteriorità, della giovinezza eterna, della magrezza o di tutti gli stereotipi sociali e dei “must” del momento. Così la stima di sé è sostituita dall’egoismo, dalla pigrizia mentale, dall’invidia e dall’inciviltà: viene sostituita dal vuoto narcisismo. Così abbiamo il messaggio occulto, di un nostro valore che si accresce maggiormente, mano a mano che si riesce a prevalere sugli altri: la competizione sociale viene messa al posto della cooperazione sociale.
L’eccessivo valore che viene attribuito all’egocentrismo e al narcisismo, dimostra che ci lasciamo condizionare da valori fittizi come la prestazione vincente, l’abbondanza e l’apparenza, che sono valori assolutamente vuoti. Le prestazioni eccessivamente competitive, così osannate, producono delle persone che si ammalano perché non riescono ad essere sempre dei vincenti, l’ossessiva ricerca dell’opulenza ad ogni costo, produce il consumo bulimico di cibi e di beni, che vengono acquistati con ritmi ossessivo-compulsivi. Il mito dell’eterna giovinezza vede cadere, come vittime, tutte le persone di successo che cadono in depressione ai primi segni dell’avanzare degli anni.
Il risultato di questa intossicazione, che facciamo fare al nostro ego, produce delle personalità ipertrofiche, che si nutrono solo di se stesse, che si ingozzano di cibo spazzatura e che si credono onnipotenti. Questi valori che danno un falso senso di noi, dimostrano che siamo completamente dipendenti da valori grossolani e da messaggi che riescono ad ingannare gl'ingenui con delle lusinghe e delle prospettive allettanti, cioè dei veri e propri specchietti per le allodole. Così viene costruito un ego apparentemente onnipotente ma fragilissimo. La soluzione, non è quella di pensare meno a se stessi, ma di iniziare a pensarci in modo migliore. L’autostima di cui abbiamo bisogno, non è quella del mondo consumistico che si fonda su cose esteriori, ma è quella che si basa sull’unicità e sulla degnità del nostro essere.
Impariamo a pensare che il nostro valore, non è legato al fatto di indossare dei capi di moda e di firma, ma si basa sull'unicità del nostro essere. Fatto questo, avremo il coraggio di fare ciò che desideriamo, di dire quello che pensiamo, sappiamo sopravvivere ai nostri fallimento e impariamo a trarne risorsa per imparare a vivere meglio; impariamo a dire no quando è necessario. Allora, non ci darà fastidio ammettere le nostre fragilità, e chiedere aiuto se sentiamo di non farcela da soli. Potremo accettarci per come siamo, ma intanto potremo lavorare per evolvere sempre in meglio, vedendo l’unico vero scoglio da superare nel pensiero limitato che noi abbiamo di noi stessi.
Buona erranza
Sharatan
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Sharatan