martedì 28 aprile 2009

Naufraghi del progresso globale


Se c’è uno spettro che gira per il mondo, non è tanto il comunismo del 1848, ma è piuttosto il liberalismo enunciato da Adam Smith in “Inchiesta sulla natura e la causa della ricchezza delle nazioni” (1776) che è il testo base del liberalismo. Senza colpo ferire, per anni, tutti gli staff di esperti e di economisti che hanno affiancato la Casa Bianca, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno perseguito, fino a renderla vincente, la teoria economica di Adam Smith. La sintesi e l’apoteosi di tale concezione è sotto gli occhi di tutti, mentre quello che si vede meno, è la completa colonizzazione che queste idee hanno prodotto nella mente delle persone, fino a sedurre la maggioranza dell’opinione pubblica mondiale: così il trionfo della modernizzazione è compiuto, prendendo forza dal crollo del progetto socialista.

Il falso progresso planetario ha visto l’economia liberale avanzare gloriosamente, sorretta dall’imperialismo armato e colonizzare ogni territorio sia fisico che mentale, fino a venire inclusa nel nostro immaginario culturale sia conscio che subliminale, fino a diventare il “nostro” modo di vedere il mondo e le cose, un modello esclusivamente economico e monetario: un'apoteosi del mercato che abbiamo esportato anche in Oriente.
Ma oggi le disfunzioni del modello economico: disoccupazione, esclusioni, miserie economiche e morali, disagi ecologici e guerre per il controllo delle risorse naturali rendono, e sempre più renderanno, il mondo invivibile.

L’esportazione violenta di questo modello globale, rafforza sempre più gli integralismi culturali e religiosi e le ideologie che ci spingono a volere tornare al passato, le ondate di risentimento e di violenza sociale. Le culture particolari, attaccate violentemente, si ripiegano nell’ateismo e nella tribù, rifutando ogni forma di dialogo e di tolleranza delle differenze. Il pericolo è che la democrazia, i diritti umani, la fraternità planetaria, così necessarie per una felice permanenza sul pianeta, vengano seriamente compromessi e subordinati alle leggi inumane del mercato. Lo stesso campo delle tecnoscienze, forse non invade e mortifica i valori più elementari di libertà, fraternità ed uguaglianza di tutti gli esseri umani, diventando capace di inventare o fabbricare e di prolungare all’infinito la vita stessa? Non si è forse sostituito l’arbitrio tecnologico a qualsiasi forma di libera e consapevole scelta individuale, al nostro libero arbitrio?

I vincitori di questa lotta economica sono pochissimi, mentre la maggioranza è vittima e naufraga delle leggi del mercato. I nuovi eroi del mondo moderno, sono coloro che riescono a governare il meccanismo che produce e che macina denaro, e che macina soldi per produrre nuovi mercati. Ma poi c’è il mito offerto a coloro che sono ai bordi della pista, ed è costituito dall’integrazione immaginaria. Usando questa forma di persuasione ti fanno credere che sei capace di potere emergere, che tutti hanno una piccola opportunità di poter divenire dio, divo, star, idolo di una platea che può spaziare dall’ambito dello spettacolo o degli sport e financo della politica. Tutti questi scenari diventano sfondi della grande fiera, della sagra dell’illusione, del meccanismo della celebrità, i sortilegi del mago che crea il mondo VIP.

Il meccanismo è estremamente efficace, sebbene preveda una grande quantità di esclusi e di sacrificati, di gente che viene “nominata” e lasciata da parte. Per avere una fascia di privilegiati è necessario che la “cultura della prestazione” ne sacrifichi la maggioranza, destinandoli all’insuccesso. Paradossalmente, questa cultura non mira affatto all’integrazione ma piuttosto produce una filosofia di integrazione immaginaria: una sorta di miraggio nel miraggio. I suoi benefici sono riservati ad una elite, ed essa si nutre di miti e credenze che contribuiscono alla disgregazione sociale delle persone, che nega i mezzi materiali necessari per la sopravvivenza e che controlla facendo disgregazione culturale e sociale.

Le pulsioni aggressive ed esplosive vengono canalizzate verso fasce ancor più marginali e sfortunate di individui, alimentando così i conflitti, l’ambizione, l’avidità personale e diffondendo passioni sfrenate ed incontrollabili, e questo pensiero ha finito per esercitare un’azione corrosiva sullo Stato e sull’individuo, facendo scempio dei valori minimi della convivenza civile.

Il nuovo ordine mondiale, che si crea usando un controllo planetario di tipo economico, oggi è capace di bypassare il controllo dei vari governi nazionali, mentre la mercificazione del mondo e la concorrenza sfrenata e deregolamentata, si ripercuotono sulle varie società con prezzi altissimi: le disuguaglianze economiche sono destinate a farci pagare uno scotto sociale enorme, senza pensare alla pericolosa debacle ecologica.

E forse non saremo in grado di salvare il mondo, ma abbiamo la possibilità di liberare la nostra mente dai meccanismi con cui essa viene invischiata. De-colonizzare l’immaginario significa proprio questo, cioè riconoscere come le idee vengono instillate, e capire per quale fine ciò avvenga. Parafrasando Osho, potrei dire che possiamo anche decidere di perseguire i nostri sogni consumistici, ma almeno facciamolo in modo consapevole.

Ma se abbiamo interesse ad essere noi quelli che governano il nostro timone, e se non ci piacciono le società che lasciano le persone al palo o che le condannano al naufragio, allora permettiamoci di ripulire il nostro immaginario dai falsi stereotipi di un pensiero che riduce tutto al calcolo economico, permettiamoci un’ecologia della mente, uno stile di vita e di pensiero più grande, più illuminato e più sano. Iniziamo a vedere le cose in un altro modo, affinché domani un altro modo e un altro progetto di vita sia possibile, impariamo a vedere altro affinchè questo “che oggi è altro” possa diventare possibile domani.

Iniziamo a fare resistenza e disssidenza a questo modo di ragionare. Facciamo una resistenza ed una dissidenza consapevoli, facciamolo diventare un modo di ragionare: facciamolo diventare un atteggiamento mentale di rifiuto e rifiutiamoci di divenire complici e collaborazionisti di un sistema e di un ordine che non appare logico e umano, che è aberrante.

Liberiamoci dai tentacoli della macchina che fa il lavaggio dei cervelli, dall’ideologia esclusiva della moneta che, come moderni Re Mida, trasformerebbe la nostra società in un moderno deserto. Sarebbe bello se fossimo i primi pazzi visionari che hanno visto nascere la società conviviale e pacifica sognata da Ivan Illich.

Buona erranza
Sharatan


domenica 26 aprile 2009

Note di economia eretica


L’economia classica è ostica per la mia mente, allora mi sono messa a studiare l’economia eretica e, devo convenire che è più facile da capire, soprattutto le teorie economiche di Nicholas Georgescu-Roegen, il padre della bioeconomia.
La teoria economica standard racchiude tutto nel ciclo produzione-consumo, basandosi sulle concezioni evoluzionistiche darwiniane, ma le successive teorie termodinamiche e la legge dell’entropia, hanno negato il concetto di sistema chiuso per rilanciare la teoria del tempo irreversibile e del continuo divenire.

Dato il concetto fisico che un sistema che produce energia, laddove non possieda incrementi energetici esterni, vede una parte dell’energia come perduta cioè degradata in forma di calore, di fatto la rende indisponibile a produrre un lavoro futuro, l’economista romeno ne concluse che tanta più energia diventa indisponibile, tanta più ne sarà sottratta alle generazioni future, e tanto più disordine proporzionale sarà riversato sull’ambiente esterno.

Criticando le teorie classiche si chiese: “chi davvero potrebbe pensare che lo sviluppo non implichi necessariamente, in qualche misura, una crescita quantitativa?” Era per lui evidente, che l’economia mondiale si dovesse scontrare con dei limiti ecologici globali, collegati alle capacità di carico e di tenuta degli ecosistemi, che dovessimo ripensare la stabilità dei cicli biologici e geochimici, considerare l’equilibrio del sistema climatico e i limiti che il nostro pianeta possiede a tutti i livelli. Un sistema economico che preleva risorse in maniera incontrollata e che riversa, in modo incontrollato, rifiuti e scorie nell’ambiente, è destinato a eliminare la vita dal nostro pianeta.

Secondo Georgescu-Roegen e i suoi allievi, la nostra mentalità occidentale è completamente inquinata da due paradossi: il primo paradosso è collegato al concetto di efficienza (il cui aumento accellera il consumo di risorse) e il secondo paradosso è quello del benessere (il cui aumento non diminuisce il malessere): questi paradossi illusori devono essere completamente scardinati.
Si tratta di fare una vera e propria de-colonizzazione del nostro immaginario e una dis-economizzazione delle menti, operazioni necessarie per cambiare veramente il mondo, prima di arrivare alla distruzione del nostro pianeta.

La globalizzazione è il trionfo della mentalità materialistica che tutto è mercato, in cui i valori economici sono il punto centrale e finale della vita umana: con il dogma che l’economia non è un mezzo ma è il fine ultimo. Invece la verità è che dobbiamo smetterla di fare una corsa cieca ai consumi e allo spreco. Il fulcro dell’illusione è il concetto che la tecnologica produrrà sempre meno consumo energetico, come dire che avremo sempre maggiori beni di consumo, con un sempre maggiore risparmio energetico. Tale concetto è del tutto illogico eppure, malgrado tutta la sua illogicità riesce a fare breccia nell’immaginario occidentale, costruito con pervasività ed insistenza: la sua demolizione deve vedere una demolizione degli elementi su cui si basa.

Il modello globalizzante è l’evoluzione moderna della colonizzazione, una colonizzazione dall’apparenza più mite, ma non per questo meno violenta. Sotto questa falsa moderazione, si esercita la violenza di un sistema finanziario e mediatico assai entrante e pervasivo, con un progetto molto aggressivo verso la natura e verso gli uomini. E’ un’impresa che trasforma in merce tutti i rapporti tra gli uomini e con la natura, e che sfrutta al massimo le risorse sia umane che naturali. E’ un’azione politica, economica e militare che ha conquistato e che esercita il suo dominio in regioni sempre più grandi del pianeta.

L’idea di sviluppo si è associata indissolubilmente con i concetti di crescita economica e con l’accumulazione del capitale, è divenuta un immaginario universale, è divenuta il sogno del governo della natura, è il trionfo della razionalizzazione ordinatrice somma di tutto l’universo. Sono tutte associazioni prive di senso, tutte ideologie occidentali collegate al declinare dello sviluppo, dietrologie create da società post-capitalistiche e post-consumistiche: è una falsa idea di progresso che è arrivata a dominare il nostro pensiero.

Invece si dimostra indispensabile recuperare il pensiero di Ivan Illich sulla società conviviale, diviene essenziale l’invito ad un atto di “semplicità volontaria” già affermato da Gandhi, in cui ci si priva volontariamente “di qualche cosa per lasciare maggiore spazio allo spirito e alla coscienza; è uno stato dello spirito che invita ad apprezzare, assaporare e ricercare la qualità; è una rinuncia agli oggetti che appesantiscono, infastidiscono e impediscono di andare a fondo alle proprie possibilità. “

Questo nuovo pensiero comincia da un lavoro di introspezione, da un lavoro su se stessi in cui l’agire politico diviene, secondo l’insegnamento gandhiano, inseparabile dalla riflessione spirituale. Questo procedere dalla trasformazione di sé alla trasformazione della società, rappresenta una componente centrale della bioeconomia e della teorie della decrescita, ed è un punto di svolta anche rispetto alle teorie economiche marxiste.

Così le teorie bioeconomiche invitano all’obiettivo della decrescita. Tale decrescita deve essere organizzata, non solo per preservare l’ambiente, ma anche per ristabilire un minimo di giustizia sociale sul pianeta. Il problema della crisi economica e dei limiti del patrimonio naturale, ci deve far riflettere sulla crescita folle delle società occidentali, che si attua a spese delle società povere, che non crescono affatto o che lottano per la sopravvivenza minima.

Dobbiamo abbandonare il folle sogno della crescita infinita dai profitti illimitati, anche perché oggi una crisi planetaria ha trasformato il mondo occidentale in un’assurda società laburista che non ha lavoro. Siamo una società che rincorre la crescita, ma che non ha crescita, siamo una società a cui una crisi forzata forse imporrà di costruire una nuova carta dei consumi e degli stili di vita.

Forse questa crisi sarà utile, ma solo se ci costringerà ad applicare la Carta della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo sviluppo, scritta a Rio de Janeiro nel 1992, che enuncia al capo 1: ”Gli esseri umani sono al centro degli scopi di uno sviluppo sostenibile. Essi hanno il diritto ad una vita prosperosa e produttiva in armonia con la natura.”

La crisi sarà utile se ci insegnerà a trovare il bene e la felicità a costi minori, se ci farà scoprire che la vera ricchezza è nel fiorire delle relazioni sociali ed affettive, se ci farà costruire un mondo più sano anche se più frugale e più sobrio, un mondo fatto di semplicità volontaria, di semplicità bella e non severa, in cui l’assoluto disperdio deve essere attuato nell’elargire sentimenti e nella produzione di una vita festosa e conviviale.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 24 aprile 2009

Economy for dummies



L’altro giorno leggevo sulla crisi economica e mi veniva da ridere perché io mi reputo una perfetta ignorante in campo economico ma, i principi basilari dell’economia, li avevo capiti in modo diverso. Per esempio, io a scuola avevo imparato che il PIL (Prodotto interno lordo) cioè la ricchezza prodotta dall’economia di un paese, dovesse essere rapportata al relativo tasso di diffusione, cioè al rapporto con la ridistribuzione della ricchezza sulla percentuale degli abitanti. Come dire che un PIL di 1.000 euro, ha un valore se viene ridistribuito tra 10 persone su 100, piuttosto che se la stessa cifra suddivisa tra tutti. Tale verità non è affatto una ovvietà alla professor Catalano perché, se è vero che su 100 persone i famosi 1.000 euro fanno ben poco mentre i 10 di cui sopra li percepiscono meglio, è ben diverso il valore socio-economico della ricchezza diffusa, rispetto al corrispettivo concetto di ricchezza concentrata in fasce sociali privilegiate. Comunemente si tende a trascurare questa valutazione del tasso di diffusione della ricchezza del paese, ma la dimenticanza non è casuale.

Un altro concetto che non avevo capito, con l’accezione che gli viene comunemente data, è la garanzia della copertura dei titoli di stato. Io, tanto per dire, avevo capito che uno stato aumentava le sue riserve auree, dopo di che emetteva dei titoli di stato, oppure emetteva dei certificati di credito con lo stesso meccanismo. Adesso scopro, ma certamente capisco male, che i titoli di stato sono emessi con la copertura di crediti non sostenuti da liquidità o riserve auree corrispondenti. Insomma diventano non certezze, ma sono promesse, per cui si invitano dei risparmiatori ad investire sui debiti. La cosa mi sembra incredibile perché, è vero che io sono tanto dummies, ma proprio dummies dummies in materia economica però, perbacco mi dico, ma vuoi che quelli più istruiti di me, e tanti esperti mondiali, tutta gente che ha studiato la materia, non se ne sarebbe accorta?

Scopro che mi hanno illuso che io fossi molto più ricco di quanto realmente ero, mi hanno spinto a consumare con la fagocitazione con cui il mandrillo impazzito ricerca l’accoppiamento sessuale, in una frenetica corsa all’aumento dei consumi, indebitato e poi spolpato come un ossobuco: questa è la ragione della crisi planetaria. Spero che nessuno che si intende seriamente di economia mi possa mai leggere, perché sono troppo blasfema nelle mie spiegazioni, ma la cosa mi sembra che sia andata proprio così, e gli esperti lo possono spiegare meglio, ma il concetto resta lo stesso. Nessuno dirà mai apertamente che i “suprimes” hanno il meccanismo, che ho pedestremente spiegato sopra, cioè che sono dei crediti sui debiti, piuttosto lo dirà elegantemente, in modo che capisca il minor numero di persone. Ma se lo spiegassero come ho fatto io - economy for dummies - allora anche un orso marsicano si rifiuterebbe di investire sui debiti!

Finito di sforzare il mio cervellino limitato con l’incomprensibile economia odierna, allora mi sono sperimentata con un’economia anomala, più adatta alla mia poca comprensione. Mi sono ricordata di un tipo strano, Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994), un tipo che ha fatto affermazioni economiche eretiche, che ha fondato una economia meticcia, cioè il padre della bioeconomia, una teoria economica che attinge all’economia, alla fisica e all’ecologia: ho avuto una simpatia di primo acchitto con le sue idee.
Georgescu-Roegen nasce a Costanza, in Romania, da una famiglia borghese, con un padre ufficiale dell’esercito e la madre insegnante. Nicholas è un appassionato di matematica, dottrina che amò e usò sempre, rendendo il suo ecclettico e geniale pensiero, molto ostico per il profano. A soli 20 anni, quando è all’università, scrive uno dei più importanti trattati economici sull’analisi delle equazioni differenziali in macroeconomia “Teoria pura del comportamento del consumatore” (1926)

Studia statistica alla Sorbona, perché l’economia non si può studiare solo con metodi matematici e nel 1934 vince una borsa di studio della Fondazione Rockefeller per l’università di Harvard. A causa della chiusura del corso in cui era borsista, si ritrova nell’entourage dell’economista Joseph Schumpeter e di Wassily Leontief e pubblica numerosi saggi economici. Ottiene la cattedra di Economia Politica presso l’Università di Bucarest, lavorando contemporaneamente anche a Nashville, Ginevra e Strasburgo, oltre a divenire uno dei maggiori consulenti economici del suo paese, la Romania. Muore nel 1994 a 88 anni.

Il tipetto balzano afferma che ogni scienza che si occupa dell’uomo, quindi anche l’economia, deve tenere conto delle leggi che governano il mondo fisico, per l’analisi dei suoi comportamenti. La realtà economica, secondo Georgescu-Roegen, segue il 2° principio della termodinamica, secondo cui l’energia risultante da un processo dinamico è sempre di qualità inferiore a quella iniziale, perchè subisce un processo di degradazione. Qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e altre cose materiali.

Nel processo economico anche la materia si degrada, cioè diminuisce la sua possibilità di essere usata in future attività economiche, perché una volta disperse nell'ambiente, le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e al costo di un alto dispendio energitico. Materia ed energia, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un’entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici; tutto ciò per il bene del pianeta.

Tutto il lavoro di Georgescu-Roegen manifesta la volontà di restituire alla scienza economica il ruolo di scienza dell’uomo e non di sterile disciplina meccanica. Egli si oppone alla teoria economica classica, che prevede la possibilità di ordinabilità dei valori umani, infatti afferma: ”la specie umana si sarebbe estinta già da tempo se i nostri bisogni fossero rigidi come un numero.” Comunque, conclude, i bisogni individuali dell’uomo sono sempre collegati al sistema dei valori sociali in cui esso si trova a vivere. Negarlo sarebbe ridicolo!

Così la scienza economica, non solo deve tenere conto delle variabili umane e sociali, ma deve curare particolarmente le leggi biologiche ed energetiche della natura, che stanno a fondamento della termodinamica. Le risorse naturali non sono inesauribili, ma l’ammontare totale delle risorse naturali, è sempre costante, in onore alla 1° legge della termodinamica, infatti nulla si crea e nulla si distrugge, come affermava Parmenide.

Ma allora, se gli input delle risorse produttive sono costituite da un serbatoio di valore esauribile, anche gli output, che sono i prodotti di scarto delle attività produttive, sono di pari entità e richiedono l'impiego di risorse energetiche per poter essere gestite.
La riduzione dell’inquinamento richiede anch’essa un prezzo in termini di energia. Secondo Georgescu-Roegen, non vi sono altre vie alternative, nel processo economico e produttivo moderno, considerato che abbiamo:

• Risorse naturali esauribili
• Limiti imposti dalle leggi naturali
• Tecnologia che trova dei limiti invalicabili

Di conseguenza, nel tempo, non avrà alcun senso pensare all’infinito riciclaggio dei prodotti di scarto della produzione economica e nel contempo, in futuro, arriveremo anche alla fine delle risorse naturali, anche se usate in maniera oculata. Georgescu-Roegen afferma che l’unica soluzione sia una nuova etica che educhi l’umanità a provare simpatia per le generazioni che dovranno abitare la terra in futuro, a favore delle quali, dovremmo pensare di attuare un risparmio puntuale delle risorse energetiche del pianeta.
Oppure, ipotizza provocariamente, è forse destino dell’uomo consumare e divertirsi, consumando il più possibile le risorse della terra, pensando che la vita è breve, ma anche “affascinante, eccitante e stravagante.” Quindi conclude, saranno forse “le amebe, per esempio, che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare.”
Saranno forse queste affermazioni, che gli costarono il Nobel che avrebbe infinitamente meritato, o sarà perché tutta la sua dottrina ha un valore eretico?

Buona erranza
Sharatan


giovedì 23 aprile 2009

Percorrere la via sacra


Gli antichi scritti spirituali della Cabala contengono un interessante insegnamento, il quale afferma che il nostro scopo di esseri umani consiste nello spostarci da livelli di vita inferiori a livelli sempre più elevati, e per ottenere questa elevazione è sempre indispensabile affrontare l’esperienza della caduta.

Ogni singola caduta che sperimentiamo è in realtà un’occasione per acquisire energia; quindi l’energia che viene conquistata ci serve per realizzare il nostro salto al livello superiore. Una nostra caduta è sempre presente nel disegno divino, ma la decisione di potere acquisire l’energia per fare il salto evolutivo ad un livello più elevato, dipende unicamente da noi.

Forse avevamo preso la direzione sbagliata, forse avevamo creduto di essere qualcuno e invece siamo ben altri, ma la nostra migliore intuizione resta sempre quella di potere dubitare di avere preso una direzione sbagliata. Per tutta la vita ci hanno insegnato che potevamo essere felici se cercavamo quello di cui abbiamo bisogno guardando fuori da noi stessi, ci hanno condizionati a ricercare il potere, l’amore, la prosperità, la salute, la felicità e la realizzazione spirituale.

Da sempre ci insegnano che queste cose vanno rincorse, guardando fuori, ma forse le stesse cose si potrebbero scoprire riportando lo sguardo all’interno. Solo facendo questo scambio di prospettiva possiamo vedere l’energia divina che scorre in noi, il respiro di Brahman che è celato nel nostro atman, perché ogni creatura riceve qualcosa da Brahman.

“Non nasce e non muore il Savio, non egli da qualche cosa ebbe origine come una qualche cosa; innato perpetuo eterno, questo Antico non viene ucciso quando il corpo è ucciso. Se l'uccisore pensa di uccidere, se l'ucciso ritiene di essere ucciso, ambedue costoro sono privi di discernimento: non Costui uccide, nè viene ucciso. Più piccolo del piccolissimo, più grande del grande, l'atman di ogni essere risiede nella parte più celata.” (Upanishad antiche e medie).

Ma, nella parte più celata di noi, questa energia giace dormiente e questa forza che dorme, è la nostra energia spirituale che va ridestata.
Il punto di partenza è quello di capire che la vita e l’universo sono attraversati da una forza intelligente ed invisibile, sottintesa in tutte le cose e in tutti gli esseri. Accettato questo, dovremo pensare che anche la nostra vita fa parte di questo disegno intelligente, perché anche noi siamo una parte di questa intelligenza divina. Ma dovremo anche accettare che il nostro essere continui ad essere immutabile, anche se le circostanze della nostra vita sono in continuo mutamento e trasformazione.

Un giorno il nostro corpo fisico sarà sepolto, ma il nostro essere immortale, il nostro atman, continuerà ad esistere: per questo la nostra ricerca sacra è una cosa reale che possiamo conoscere, amare e coltivare. Quando lo faremo, non saremo capaci di ritornare a vivere come facevamo prima, non accetteremo più di vivere in contrasto con la nostra essenza più profonda. Ma la nostra essenza profonda non è certo nascosta nel mondo esterno. Quando finiremo di cercare la realizzazione nel mondo esteriore, allora la troveremo nel nostro Sé Divino, e sarà la consapevolezza di avere questa essenza divina interiore, che risveglierà la nostra divinità.

Ma come viveremo la nostra vita dopo che avremo affrontato la sfida di guardarci dentro e vivere secondo la guida del nostro Sé Divino? Sicuramente continueremo a “tagliare la legna e trasportare l’acqua” come afferma il detto zen, cioè non svilupperemo nessun talento e nessun interesse particolare, ma godremo soltanto di una nuova consapevolezza, che ci farà vedere le cose che prima ci rimanevano nascoste, e poterci vedere per come siamo, ci darà un grande senso di pace e ci porterà ad un alto livello di realizzazione personale.

Se è vero che la consapevolezza non può venire dal mondo esteriore, è però vero che avere consapevolezza ci offrirà molte nuove opportunità per godere della nostra vita pratica. Facendolo avremo una serie di ampliamenti di coscienza, in cui potremo percepire la grande ricchezza di significati che ci giunge dalle coincidenze, che sono tutt’altro che fortuite. Gli eventi non accadono per caso, ed ogni cosa che avviene, arriva per insegnarci una lezione, e forse dovremmo considerarci non vittime, ma compagni del Fato.

Diventeremo consapevoli della potenza e della forza dell’energia universale e ci sentiremo immensamente amati da questa forza. Saremo fiduciosi della bontà dei disegni che questa forza ha preparato per noi, delle lezioni che ci offre la sapienza divina, vedendo la necessità e la bellezza dell’universo in cui siamo chiamati a vivere. Dobbiamo esercitarci a contemplare con piacere la bellezza, così da aprire il canale che ci farà arrivare la forza ed il sostegno per la nostra vita terrena: sentiamoci collegati al Tutto, crederemo veramente che la stessa essenza scorra in tutti noi.

I limiti esitono se un ordine sociale esterno definisce e comprime la nostra vita, ma ce ne liberiamo veramente solo quando affermiano le nostre scelte e il nostro voler essere noi stessi. Questo ci fa andare oltre tutti i limiti che gli altri ci vogliono imporre. Scopriremo allora che i poteri dei grandi maestri spirituali possono essere alla portata di tutti, ma solo a condizione di volere percorrere la via sacra della nostra realizzazione personale.

Allora smettiamo di lottare e lasciamo che le cose avvengano, così che l’arrendevolezza renda più agevole il percorso della nostra via. Sapremo apprezzare i momenti di silenzio, e ci concederemo questi momenti come spazi per avere la soluzione dei nostri problemi, anche quelli materiali. Quando ci avviciniamo al perfetto equilibrio e al centro di noi stessi per scoltare il nostro corpo, le scelte di mangiare troppo o di essere troppo apatici non saranno più primarie per la nostra vita. Quando siamo nella pace di noi stessi, allora meditiamo ed ascoltiamo ciò che sappiamo essere per noi la migliore soluzione. Allora impariamo ad amarci teneramente, così da poter amare ugualmente anche gli altri.

Stranamente avremo un maggiore distacco dai nostri desideri materiali, ma avremo anche il maggiore ritorno di benessere e di prosperità e abbondanza nella nostra vita. Vorremo di meno, ma avremo di più, saremo arrendevoli e non avremo difficoltà ad accettare di essere imperfetti o di avere fatto degli errori, ma sapremo anche apprezzare di avere fatto una vera evoluzione. Forse anche in quegli errori e in quelle ingiustizie, che abbiamo fatto a noi stessi o agli altri, si nascondeva l’insegnamento necessario per farci giungere dove siamo.

Noi siamo quello che siamo, dobbiamo certamente migliorare, ma le persone che ci stanno intorno devono accettarci per il nostro essere:questo perché abbiamo il diritto di essere autenticamente noi stessi e perché nessuno ha il diritto di sottoporci a degli esami. A questo provvede la vita stessa, infliggendoci dolore e frustrazioni. Smettiamo di dare consigli, di infliggere dolore e di volere modificare il mondo, impariamo che gli altri devono percorrere la loro strada, impariamo che le cose che ci disturbano sono il riflesso delle nostre imperfezioni, rilanciate dagli altri.

Impariamo che è possibile fare degli errori di interpretazione e di percorso nella nostra vita, e che anche essi fanno parte del piano divino. Usiamo l’assenza di giudizio e la capacità di perdonare e iniziamo a farlo con noi stessi, svincolandoci dal dominio della continua autorecriminazione e decidendo finalmente di essere liberi.

Buona erranza
Sharatan

domenica 19 aprile 2009

Buon compleanno a Rita Levi Montalcini!



Rita Levi Montalcini intervistata da Concita De Gregorio il 31 dicembre 2008.
Il 2009 dista un secolo dall'anno in cui è nata. Con Rita Levi Montalcini le interviste non scientifiche sono "conversazioni, perché dovrebbe avere la gentilezza di non chiedermi di parlare di cose di cui non so. Tutt'al più ne possiamo conversare".

I suoi "non so" hanno una densità formidabile e portano sempre lontanissimo. Esempi. La crisi dell'economia.
«Non saprei dirle con esattezza le differenze tra questa e quella del '29. Nel '29 avevo vent'anni e mi ricordo bene il senso di spaesamento, di sorpresa. Si ebbe la sensazione che si fosse all'improvviso rotto un meccanismo. Tutto quello che fino a un attimo prima c'era ed era facilmente accessibile non funzionava più, era scomparso. Come se un sistema apparentemente solido fosse in realtà evanescente. Le leggi dell'economia, mi chiesi allora, sono davvero leggi come le altre della scienza? Se sono fondate sull'osservazione, questo solo basta a dire che si ripetono senza tener conto del mutare degli uomini? Non so, si dovrebbe chiedere Krugman».
Le vengono sempre in mente, come consulenti da chiamare al telefono, altri Nobel. Anche nei frammenti di memoria.
«Certo che l'aereo è una grande conquista del secolo ma non la principale, non direi proprio. Ci si è sempre spostati comunque, l'aereo non ha fatto che accorciare i tempi. Lo definirei tutt'al più uno strumento utile. Nel '40 andai in America in nave e fu un viaggio bellissimo. Ero con Dulbecco. Ricordo con precisione le nostre lunghe conversazioni serali. Ne scaturì molto: certo per me, spero per entrambi. In aereo non sarebbe stato possibile, avremmo probabilmente scambiato qualche battuta e ci saremmo presto appisolati. Ma mi dica, cara signora: di che cosa vorrebbe conversare?»
Noi vorremmo, senatrice, che fosse lei a introdurci nell'anno del suo centenario. Che ci parlasse di quel che più l'ha sorpresa, amareggiata e rallegrata, di quello che più le resta nei pensieri del 2008 che abbiamo attraversato. Vorremmo parlare del passato e del futuro e intanto festeggiarla un poco, che compiere un secolo facendo progetti per il futuro non è cosa da tutti. Chi collabora con lei ci racconta che dorme pochissimo e lavora tutte le ore del giorno. Che trascorre il suo tempo nei laboratori e sui libri, che è impossibile sorprenderla in disordine: sempre indossa abiti e gioielli bellissimi.
«Non potendo cambiare me stessa cambio gli abiti. È un piccolo gesto quotidiano di rispetto verso chi incontro. Del sonno non sento il bisogno, alla mia età è frequente. Quanto all'anno che si è appena concluso spero di esserle utile ma per me il tempo ha una scansione più dilatata e più contratta insieme: un anno di cento è piccola cosa, capisce, rispetto a un anno di venti, o di quaranta. Tuttavia può anche essere un tempo lungo e prezioso, se penso per esempio che in questo anno le borse di studio per bambine e giovani donne africane della mia fondazione sono divenute 6700 e arriveremo a diecimila, spero, l'anno venturo».

Perché l'Africa, senatrice?
«Perché guardi che cosa abbiamo fatto in Africa, dagli anni del colonialismo in poi. Guardi come l'abbiamo violentata e usata. Distrutta. Una tragedia spaventosa. Abbiamo preso le loro ricchezze e speculato sulle debolezze che abbiamo contribuito a creare. Abbiamo molto da restituire, molto risarcimento da pagare. In istruzione, certo. L'unica salvezza possibile per le genti di ogni luogo è l'accesso alla cultura».
E perché le donne?
«Perché le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società. Pensi al nostro Occidente. Ho appena scritto un libro dedicato ai ragazzi, l'ho pubblicato con una casa editrice per giovani. Ne sono fiera. L'abbiamo intitolato "Le tue antenate". Parla di donne pioniere. Quelle che hanno dovuto lottare contro pregiudizio e maschilismo per entrare nei laboratori, che hanno rischiato di vedersi strappare le loro fondamentali scoperte attribuite agli uomini, che si sono fatte carico della famiglia e della ricerca. Lei conosce Emily Noether, la fondatrice dell'algebra moderna?»
C'era un teorema…
«Lei, quella del teorema. Nel '33 il nazismo la escluse dalle università in quanto ebrea, fu costretta a riparare negli Stati Uniti».
Anche lei da ragazza dovette restare chiusa in casa, nascondersi. Ne parlava nel suo incontro con Ingrid Betancourt: le vostre prigionìe.
«Ah sì ma c'è molta differenza. Ingrid Betancourt ha sofferto moltissimo e ha patito gravi stenti. Io sono sempre rimasta completamente indifferente al razzismo antiebraico, è vero che durante il fascismo dovetti restare a lungo nella mia stanza, che tuttavia era una stanza e non la giungla. È anche vero che molti fascisti venivano a trovarmi e che è stato lì, in quella stanza, che è nato il seme della mia ricerca. Ho sempre saputo che non esistono le razze, il cervello degli uomini è lo stesso. Esistono i razzisti. Bisogna vincerli con le armi della sapienza. Di Ingrid Betancourt ho apprezzato la dolcezza nella forza. La fragilità e la forza vanno spesso insieme, ha notato? Non si dà l'una senza l'altra».
Il cervello degli uomini, lei dice, è sempre lo stesso.
«Ma certo, si possono avere dubbi? Degli uomini e delle donne, è evidente. La differenza tra uomo e donna è epigenetica, ambientale. Il capitale cerebrale è lo stesso: in un caso è stato storicamente represso, nell'altro incoraggiato. Così pure tra popoli. È sempre un dato culturale. Per fortuna le donne stanno raggiungendo ciò che era stato loro precluso. Ha conosciuto Vandana Shiva? Una fisica teorica formidabile, indiana. Le ho dedicato l'ultimo capitolo delle pioniere. Le donne hanno incredibili potenzialità. Ha conosciuto Hillary Clinton?».
Solo in occasioni ufficiali.
«Che peccato. Una donna energica e molto competente. Certo questo non mi ha impedito di tifare per Obama alle primarie. Nella scelta fra un presidente donna e un nero di origine africana ma non c'era proprio dubbio, assolutamente nessun dubbio di cosa fosse da preferire per il progresso della civiltà. Certo dico a parità di competenze professionali. Obama è uno straordinario salto in avanti in un secolo in cui, lo ricordo bene, quando si sedeva in autobus accanto ad un nero si doveva alzarsi. A me è accaduto nel corso del mio primo viaggio negli Stati Uniti. Non riuscivo, sul momento, a comprendere il senso dell’invito».
Se lei avesse vent'anni a disposizione a quale nuovo studio si dedicherebbe?
«Se ne avessi due o cinquanta, è lo stesso. Al cervello, ovviamente. L'universo che è dentro ciascuno di noi. C'è forse un altro tema più interessante? Scoprire il funzionamento della mente. Se fossimo capaci di far rientrare in Italia i nostri giovani ricercatori, se questo paese sapesse investire sulle energie straordinarie dei suoi studiosi, quelli che abbiamo visto manifestare per strada contro i tagli alla ricerca, ecco. Questo sì che sarebbe un investimento. L'Italia ha sempre prodotto grandissimi risultati, ha menti eccelse. Cabibbo, lo conosce?, un uomo eccezionale. Che strano che non abbia avuto il Nobel, no? L'hanno dato a tre giapponesi, ho visto. Sapesse che meraviglia sono le ragazze, le giovani ricercatrici che lavorano nel mio centro».
Lo studio del cervello ci aiuta anche a decifrare i comportamenti collettivi? Lei per esempio cosa può dire alla luce delle sue ricerche del fondamentalismo, del terrorismo, delle dittature?
«Il cervello spiega tutto. Bisogna partire da qui. Il nostro modo di comportarci è più emotivo che cognitivo. Esiste un centro arcaico del cervello, limbico: non ha avuto nessuno sviluppo dall'australopiteco ad oggi, è identico. È la sede dell'aggressività. Il cervello limbico ha salvato l'uomo quando è sceso dagli alberi, gli ha consentito di difendersi e combattere. Oggi può essere la causa della sua estinzione».
L'aggressività ha sede in un cervello limbico collettivo?
«Il cervello è individuale. Ma è certo che i totalitarismi, le dittature, i fondamentalismi hanno sempre fatto appello alle pulsioni arcaiche dell'uomo. Hanno puntato sulla prevalenza del sistema arcaico su quello cognitivo. L'evoluzione culturale alimenta la neocorteccia. E' per questo che l'unico vero antidoto ai sistemi totalitari è la cultura. La conoscenza. I fondamentalismi si servono del cervello arcaico e lo strumentalizzamo. La neocorteccia, il cervello del linguaggio e della cognizione, deve prendere il comando sul cervello arcaico per controllare la fase emotiva e primitiva del comportamento».
Lei crede che nell'uomo in assenza di attività cerebrale possa esserci vita degna di questo nome?
«Certo che no. Quando il cervello non funziona la vita dell'uomo è finita. La povera Eluana Englaro ha diritto ad una fine con dignità, come chiede suo padre. La sua vita si è conclusa da molti anni».
Torniamo al sapere come antidoto delle dittature. Nell'Islam dei fondamentalisti alle donne è inibito lo studio. Le studentesse in molti Paesi sono minacciate e aggredite. Vede in questi comportamenti la conferma della sua teoria sulla "strumentalizzazione del cervello arcaico"?
«Le religioni sono materia delicatissima. Certo è che la disparità di trattamento fra uomo e donna è grande nelle culture in cui la religione inibisce alla donna l'accesso al sapere. Per me che sono di religione ebraica il sapere è stato un grande strumento di democrazia sostanziale. È dato a tutti allo stesso modo, cancella le differenze di sesso, di censo e di età. Come può verificare dai miei scritti ci sono donne straordinarie che hanno dato risultati eccezionali per il solo fatto di aver avuto accesso, nella loro epoca, alla conoscenza alle altre negata. Poi certo in altre epoche hanno avuto accesso allo studio solo le donne di classi sociali agiate. Avevano l’insegnamento a casa».
Lei legge romanzi? Conosce scrittori contemporanei?
«Il più grande scrittore del mio tempo è Primo Levi. Un monumento all'Homo sapiens. Dopo "Se questo è un uomo" è difficile trovare un testo di altrettanto spessore. Fu sua sorella Anna Maria, che ho conosciuto a casa di amici nel ‘47, a regalarmelo. Primo aveva la capacità che nei libri della mia infanzia erano attribuiti ai talismani delle fate. Lui non trasformava serpenti in agnelli, faceva di più: sapeva far rivivere la realtà vissuta e sofferta con milioni di altri nei lager nazisti senza suscitare nel lettore una totale sfiducia nel genere umano. Ci sono poi altri libri che amo e spesso rileggo. Uno è "Il medioevo prossimo venturo" di Roberto Vacca».
Se avesse potuto frequentare più assiduamente un uomo del suo tempo su chi avrebbe fatto cadere la scelta?
«Ma non c’è dubbio. Albert Einstein. Il segreto della creatività risiede nella curiosità, nella mente che rimane bambina, diceva. Un grande insegnamento. Restare bambini. Oltretutto (ride) anche Einstein appartiene alla cosiddetta razza inferiore...come me».
Qual è stata a suo parere la più grande invenzione o scoperta del secolo? Un farmaco? Uno strumento di diagnosi?
«Ma no, è stata senza dubbio Internet. L’informatica. I nuovi Magellano dell’era digitale. La comunicazione globale. Ma come mai mi chiede questo, lei non usa Internet?».
Buon compleanno a questa magnifica donna per i suoi 100 anni!

venerdì 17 aprile 2009

Un vero cammino spirituale


Se non padroneggi la consapevolezza, se non padroneggi l’arte dell’ipnosi, afferma Osho, sei una vittima. Tutti cercano di ipnotizzarti, tutti cercano di propinarti una loro versione della realtà: il mondo è pieno di trucchi ipnotici, che ci vengono propinati dalla pubblicità, dai giornali, dalla televione e dalla radio. Quantità incredibili di denaro vengono spesi per fare pubblicità, quindi per poterci ipnotizzare meglio, con continue ripetizioni e jingle pubblicitari che sono veri e propri sonagli, come quelli usati per le trance sciamaniche.
Forse, e non casualmente, nessuno ci insegna ad essere critici ed osservatori anzi, le persone indagatrici e curiose, vengono accusate di essere troppo critiche e troppo puntigliose.

Qualunque cosa si faccia o in qualunque condizionamento siamo chiusi, è essenziale essere padroni di noi stessi. Se siamo noi i padroni, allora stiamo facendo qualcosa di spirituale, ma solo se sappiamo essere padroni di tutto ciò che facciamo. Tutto ciò che invece riesce ad ingenerare dipendenza, schiavitù, limitazione o prigionia, ci rende sempre più schiavi e non liberi.

Quando ci dicono che dobbiamo essere centrati sul nostro essere, ci dicono che non esiste nessun fare che sia superiore all’essere, perciò tutte le tecniche che possiamo usare potrebbero essere ugualmente giuste: l’importante è che ci conducano al nostro essere. Così poi le medesime strade diventano sbagliate se ci allontanano dal nostro essere e ci conducono in sentieri secondari e senza uscita, che comportano più catene che liberazioni. Facendo questo faremo un vero percorso spirituale, e non saremo spirituali se ci vestiremo di arancione o ci chiuderemo a recitare mantra nella nostra camera. L’avvenuta unificazione e consapevolezza del nostro essere ci porta alla vera libertà e alla vera trasformazione, che è l’unico e il vero cammino spirituale.

Il vero cambiamento è nella inversione di rotta, perché con l’ipnosi siamo sempre più addormentati in un sogno profondo, mentre con la meditazione consapevole siamo in grado di rompere il condizionamento ipnotico: l’unica strada è quella di sciogliere questo legaccio.
Con l’ipnosi diventiamo sonnolenti, cadiamo nella inconsapevolezza, facciamo diventare il nostro essere sempre più inconscio, siamo offuscati e non chiari, il corpo diventa pesante e la mente diviene ottusa.

La chiarezza e la vivacità mentali sono essenziali per essere sempre più vivi e presenti, per avere un corpo leggero e sciolto, per sentirsi veramente svegli ad ogni cosa che si sta facendo, perché quando lo stato di veglia scompare, la mente si spegne. Gurdjieff diceva “Ricorda te stesso continuamente” e lo stesso consiglio viene dato da Budda che addirittura ammonisce “Non fare niente in uno stato inconscio, assopito.”

Se non padroneggiamo l’arte dell’ipnosi, diventiamo vittime di molte, di moltissime forze, perché tutti cercano di protrarre l’illusione con i suoi trucchi ipnotici. Anche il sistema educativo viene pensato in modo da trasmetterci i valori sociali dominanti, per cui veniamo ipnotizzati con i messaggi socio-culturali della tendenza egemone. L’utilizzo di tecniche subliminali è ormai dominante, sia per quanto riguarda la pubblicità che per gli ideali socio-culturali, che vengono inculcati con l’educazione tradizionale.

Solo chi possiede degli occhi molto penetranti riesce a capire come i meccanismi, che ci fanno agire inconsciamente, ci vengano continuamente instillati, perché l’ipnosi è utile per governarci, sia tramite il sistema dell’istruzione, sia nella politica, sia nel mercato consumistico. E’ così che ci vengono innestate credenze sociali e culturali, sia tramite l’accettazione acritica di concezioni sociali e politiche, sia per spingerci al consumo di beni inutili e voluttuari. Se non sei consapevole sei vittima, se riesci a scuoterti sei invece sulla buona strada. Quando diventiamo sempre più presenti e consapevoli, possiamo uscire dallo stato di ipnosi e riusciremo a deipnotizzarci, e una volta che siamo completamente svegli e consapevoli, allora siamo liberi. Allora abbiamo iniziato un vero cammino spirituale.

Nella letteratura spirituale si oppongono vie lente e progressive a delle vie più scoscese, ma il vero problema non è questo, piuttosto il problema vero consiste nell’essere svegli oppure addormentati. Molti autori zen affermano che la vera illuminazione è istantanea e repentina, come una cosa che non c’era e che, un attimo dopo, è ormai presente. Ciò che non si vedeva, all’improvviso si vede: è questo il risveglio della coscienza. Il Cammino spirituale non è un tranquillante come si crede comunemente, e non equivale alla sconfitta delle contraddizioni per entrare nello stato di assoluta beatitudine, è invece un risveglio ed una risposta assoluta.

Non dobbiamo pensare che un percorso spirituale sia un rifugio per i tempi duri, per divenire subito dopo, un fastidioso impegno nelle giornate della gioia. Esso non consiste in un insegnamento trascendente e metafisico, astratto da ogni applicazione pratica, ma consiste nell’essere sempre più svegli, ben centrati ed integrati a noi stessi. Per questo non ha senso essere affascinati dai messaggi dei grandi maestri spirituali se non siamo disposti a migliorare la nostra capacità di intendere.

I veri maestri spirituali sono stati dei veri demolitori di sistemi e di pensieri. Nel Vangelo di Matteo (10,34) Gesù afferma: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.” Questa dichiarazione è programmatica per farci intendere il vero significato dell’autentico insegnamento del Cristo, pensato per menti sveglie e consapevoli, adatte ad essere risvegliate tramite delle parabole, cioè dei veri e propri koan per il risveglio spirituale.

Il vero significato della frase è che il suo messaggio avrebbe sconvolto il mondo, che avrebbe scardinato le categorie preesistenti di pensiero e di valori per introdurre l'umanità a una nuova consapevolezza. Invece, un sistema di valori presuppone uno schema da seguire, la creazione di una mappa che non lascia adito a dubbi e tentennamenti, e che permette di seguirla facendo uso di una fede cieca ed assoluta; esso viene creato per plasmare una mentalità di non dubbio e dalle certezze assolute, e queste menti possono diventare anche molto pericolose.

Quando invece vogliamo entrare nell’ignoto e nel dubbio, svincolandoci da sistemi preconfezionati, occorre invece una fiducia assoluta delle nostre capacità personali, e non essere forti di rigide creazioni indotte da altri. Per questo i sistemi di fede sono costruiti, essi nascono per non farci entrare nel dubbio e nella ricerca di motivazioni più profonde, per renderci immobili, sicuri e soddisfatti. E se ci sentiamo sicuri, significa che tutto è a posto, perché non siamo nella terra di nessuno, ma stiamo percorrendo dei sentieri che anche altri hanno attraversato felicemente; i sistemi creano dei sostegni e ci fanno vivere in mondi in cui tutto è cartografato con precisione. Solo che questi sono dei paradisi artificiali. Non è vero nulla, è tutto una convenzione, è uno stratagemma che produce delle personalità false.

Quando Sariputta si illuminò, giunto alla meta finale, si guardò alle spalle e vide che l’intero sistema era scomparso e che tutto quello che gli avevano insegnato non c’era più. Allora andò dal Budda e gli disse: ”Tutto il sistema che mi è stato insegnato è scomparso.” E il Budda gli rispose: “Sta’ zitto, non dirlo agli altri! E’ scomparso, deve scomparire perché non è mai esistito. Era una finzione, ma ti ha aiutato ad arrivare sino a questo punto. Non dirlo a coloro che non sono ancora arrivati, perché se sanno che non esiste alcuna conoscenza, là dove stanno andando, desisteranno. Non sono in grado di addentrarsi nell’ignoto da soli, privi di sostegno.” Il Budda definisce la verità come ciò che funziona, e anche una bugia può diventare vera, se funziona bene.

Anche i demolitori di sistemi servono, perché ci fanno capire che anche le mappe possono diventare un peso troppo grande. Allora i demolitori aiutano a liberare la mente, sgravandoci dai pesi morti ed aiutandoci a progredire. Ma questa leggerezza ci sembra troppo pericolosa, perché spinge nel vuoto, nel nulla e ci lascia nell’ansia di privazione di qualsiasi sistema: per questo si sceglie di vivere con le briglie di un rassicurante sistema.

Buona erranza
Sharatan

martedì 14 aprile 2009

Cacciare l'ombra


Certe persone hanno una naturale sensibilità al male e all’aggressione. Altre devono apprendere duramente e a loro spese, a volte molto tardi. Altre ancora non la imparano mai. Riconoscere il male alla sua fonte, sul nascere, nelle sue manifestazioni, nelle persone che lo incarnano è una delle qualità morali più importanti. La capacità di vedere chiaramente i rapporti emotivi tra gli esseri, il dono di sentire le situazioni e le persone come sono, con i loro toni di aggressività, di minaccia, di paura e di amore, danno una forza invincibile.

Il male entra sempre dalla nostra ombra, dalle nostre assenze, specialmente le assenze alle nostre emozioni. E il male in se stesso è un’assenza, una freddezza, un gusto della distruzione, un imprigionamento senza appello nei labirinti dell’ego, un’autodistruzione che vuole portare il mondo via con sé.

Se sei capace di riconoscere il male all’istante, nel momento preciso in cui si manifesta, non potrà più colpirti nell’intimo, non potrà più toccarti. L’aggressore diventa trasparente. Dal momento in cui senti e riconosci in piena luce la sofferenza (l’umiliazione, il senso di colpa, la paura, la frustrazione, etc.) percepisci allo stesso tempo la sua natura illusoria: non è altro che un pensiero che l’altro suscita in te. Arriviamo dunque una volta di più al paradosso per cui possiamo liberarci dalla sofferenza ( o dall’aggressione) solo se la sentiamo pienamente e distintamente. Deve uscire dall’ombra.

Ora capisci perché, quando i cattivi ti fanno male, non vogliono che tu li senta! Per loro è di primissima importanza che tu soffra senza saperlo. Cercheranno sempre di farti credere che non senti ciò che stai sentendo, che non pensi ciò che stai pensando. I cattivi ti anestetizzano o sviano la tua attenzione nel momento stesso in cui ti colpiscono. Sono diventati esperti in quest’arte. Se tu avessi sentito nettamente il dolore, non ti lasceresti tirare un secondo colpo. Ma ti persuadono che non hai sentito niente o che non ci sono affatto. Per questo il cattivo è sempre bugiardo, ingannatore, illusionista, ipnotizzatore. Se la sua azione fosse ostentata in faccia a tutti, se uscisse dall’ombra, non potrebbe più tentare di alleviare il proprio dolore facendo soffrire gli altri.

Ogni sofferenza non sentita, non identificata, rimasta nell’ombra, si materializza, e si materializza precisamente nel tipo di sofferenza che non sei stato capace di riconoscere, quella alla quale sei cieco. Per esempio, se ti senti colpevole senza identificare precisamente, vivamente e nel dettaglio questo sentimento, lascerai che si sviluppi attorno a te, come gramigna, un universo parassita di accusatori e di manipolatori che avresti dovuto eliminare dalla tua vita fin dalla sua prima apparizione. Lo stesso vale per la paura, la frustrazione, l’umiliazione, l’invidia, etc. Ascolta: cosa esce dalla bocca di queste persone? Senti: che tipo di energia fanno vibrare? Non aspettare, non sperare: sono così.

Ci è difficile “vedere” i nostri compagni d’amore, i nostri soci, i nostri amici, perché sono nella nostra ombra: gli aspetti nascosti della nostra personalità e la dimensione maligna del nostro ambiente si trovano in una profonda relazione di connivenza. Le persone spesso si legano in matrimonio a partner che hanno manifesta una tendenza che in quelle persone è invece repressa o accuratamente dissimulata. Il partner rende visibile “l’ombra” della persona. In ciò che si presenta come doloroso riconosci la tua debolezza, la tua incoscienza, la tua ombra.

Senti quando qualcuno ti fa del male o fa soffrire altre persone? Senti i suoi artigli? I suoi denti? Senti il modo in cui polarizza il campo di esperienza attorno a sé? Senti la puzza dell’aggressione? Riconosci tutto questo immediatamente? Sei capace di bloccare il male, di smascherarlo all’istante? Facendo ciò, smascheri con lo stesso gesto la parte di te che è aggressiva verso te stesso. Quando l’ombra si sarà dissipata nella tua anima, indietreggierà nel mondo. La materia si cristallizza nella tua ombra. Illumina tutto e nulla sarà più reale.


[da: Il capitolo dell’etica, in: Pierre Lévy – Il fuoco liberatore, Luca Sossella ed., 2006, p. 202-206]


venerdì 10 aprile 2009

Ma dove cercare…


Ma dove cercare la tomba
dell’amico fedele e dell’amante;
quella del mendicante e del fanciullo;
dove trovare un asilo
per codesti che accolgono la brace
dell’originale fiammata;
oh da un segnale di pace lieve come un trastullo
l’urna ne sia effigiata!
Lascia la taciturna folla di pietra
per le derelitte lastre…
Tra quelle cerca un fregio primordiale
che sappia pel ricordo che ne avanza
trarre l’anima rude
per vie di dolci esigli…

(Eugenio Montale)

mercoledì 8 aprile 2009

Lo sbirro e il cavallo



Da: L'Unità di oggi, segnalo dall'articolo di Enrico Fierro, una storia di normale umanità:

"Bisognava pensare agli uomini, ai morti e ai vivi, a Onna.
Non c'era tempo per quei tre cavalli legati ad un albero da domenica. Forse senza acqua né cibo. Sono passati quasi due giorni dal terremoto, è martedì pomeriggio.
Lui è un poliziotto, ha la tuta impolverata, ha da poco finito di dare una mano ai suoi colleghi tra le macerie del paese. Ha un momento di pausa.
Prende un secchio, lo riempie d'acqua e dà da bere ai cavalli. Gli animali si dissetano e lo ringraziano seguendolo con lo sguardo quando l'agente va via."


Quando leggo queste notizie, allora credo che la maggioranza non siano gli altri, quelli peggio, ma la maggioranza sono proprio proprio questi incredibili e normalissimi umani.
Buona erranza
Sharatan

Desolazione e rovine



In questi giorni ci sono delle immagini che fanno riflettere. Una grande catastrofe ha colpito decine di migliaia di persone, e io credo di capire quello che possono avere provato. Ho avuto l’esperienza del terremoto; per ben due volte ho avuto questa esperienza infelice. La prima volta mi sono ritrovata a ballare per la stanza con tutto il letto comprensivo del mobile in cui era inserito, perché era un divano letto.

La seconda volta invece mi sono svegliata nel cuore della notte sentendo qualcuno che batteva sul muro, ed ero molto irritata, e nel dormiveglia ho pensato chi potesse essere l’imbecille che faceva quel baccano a quell’ora tarda. Poi mi sono svegliata e ho capito che era la testata del letto che veniva scagliata verso il muro, e l’imbecille era il terremoto che ha devastato Umbria e Marche. Il tempo era infinito, non passava mai, forse sono stati i 40 secondi più lunghi che io conosca. La sensazione di impotenza e di terrore è comprensibile solo se viene provata, non si immagina neppure.

In Abruzzo ci sono 28.000 persone disperate e senza casa, ci sono bambini terrorizzati, persone esasperate e scioccate, gente che non dorme più. Intanto continuano le polemiche e le considerazioni ridicole sull’inutile allarme lanciato da un fisico ricercatore, che si è visto accusare di reati penali. Intanto il governo decide di non usare gli aiuti internazionali, dicendo che noi possiamo fare da soli. Ho il sospetto che vorranno strumentalizzare anche questa disgrazia a fini politici, per dimostrare come il governo è bravo e buono, efficiente ed efficace.

In queste situazioni penso ai bambini e ai vecchi, ai più fragili, ma anche agli animali, a coloro che hanno meno forze da mettere in campo per andare avanti, ai più indifesi e sprovvisti. Ho visto le foto di quei poveri vecchi desolati, avvolti nelle coperte e seduti su sedili di fortuna, smarriti e consapevoli di avere perso tutto. Intorno ci sono coloro che stanno scavando con le mani, perché usare dei mezzi meccanici aumenta la possibilità di uccidere i sepolti vivi. Non riesco a fare considerazioni sul fatto che gli sciacalli umani stanno facendo furti e rapine sulle povere macerie che sono incustodite, che speculano sulla morte e sulla desolazione.

Un vigile del fuoco ha lavorato fino a farsi scoppiare il cuore, mettendo la sua vita e la sua generosità prima di ogni egoismo. I cani che in altri posti sono stati abbattuti come animali feroci, in Abruzzo stanno ricercando i loro padroni e si aggirano tra le macerie come anime disperate. Altri cani, quelli della Protezione civile, stanno cercando le tracce dei sepolti dal sisma: molti li trovano già morti. Mi sono augurata che la loro morte sia stata veloce, ho sperato che sia stata pietosa, perché provo orrore a pensare ad una condizione di sepolta viva, e solo pensarlo mi da i brividi. Tutti lavorano senza risparmiarsi e senza requie. La corsa alla solidarietà è commovente. Cosa poter dire? La desolazione e le distruzione è immane. Non credo che si possa dire altro, se non manifestare la solidarietà, il dolore e tanta, tanta amarezza.

sabato 4 aprile 2009

Desto tra i dormienti


Se la Via è una deipnotizzazione, il guru è il deinpotizzatore, cioè colui che neutralizza gli inganni della vita, infatti il ruolo del maestro spirituale è quello di cancellare le illusioni che ci trattengono nella paura, nella dipendenza e nella sofferenza.

Come il mago ipnotizzatore è dotato di un forte potere, per tenerci avvinti in suo dominio, così anche il guru deve avere altrettanto potere per riuscire a sciogliere l’incantesimo. Invece di sottomettersi alle trappole del “mentale,” alcuni scelgono come maestro una persona libera e, in attesa di essere ridestati, lasciano che lui scelga anche per loro e, a causa di questo, un guru pretende una obbedienza assoluta. Alla lunga però, se una obbedienza piena va offerta, è solo quella che va tributata ad una Via e ad una disciplina, perché nessun vero maestro vuole conservarci in un vincolo di cieca obbedienza.

Nessun guru, che sia degno di essere un vero maestro spirituale, vuole che gli altri siano in stato di sottomissione e di dipendenza. Nel Vangelo è detto che “Gesù allora disse a questi: “Se continuate nei miei insegnamenti, siete davvero miei discepoli. Così conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi.”(Vangelo di Giovanni 8, 31-32) Per questo il vero maestro spinge il suo discepolo sulla strada della piena indipendenza, egli ci spinge verso la piena libertà, verso noi stessi.

C’è un motto buddista che esprime con “Desto tra i dormienti” lo stato di dualismo tra cecità ed ignoranza, precedente alla pratica della Via, e la visione e la libertà del ridestato alla Via. Allora per capire quanto è importante la felice scelta di un buon maestro, e per capire cos’è un vero guru, pensiamo piuttosto ad una persona che ci aiuti a ridestarci, a ritrovare il controllo di noi stessi. Secondo la tradizione induista, è necessario avere un guru per trovare Dio, infatti Yogananda afferma che il ruolo di un guru, non è quello di modellare i discepoli a sua immagine, ma piuttosto di elevare la loro coscienza di se stessi, condividendo con loro il suo magnetismo.

Quando una barra di metallo viene posta davanti ad una calamita, anche essa tende a fare affiorrare le sue qualità magnetiche, e così agisce un Satguru o Salvatore. Questa influenza, riallinea le molecole dell’energia nel loro corpo, in particolare nella spina dorsale, verso il nord della colonna, nell’occhio spirituale e sulla sommità del capo, dove l’anima s’immerge nel mare dell’Infinito. La libertà interiore è la linea morale più sicura, afferma Yogananda, ma siccome “le persone sono così abili nella loro ignoranza” non è molto sicuro che possano godere di un giudizio giusto ed attendibile: per questo il ricercatore spirituale cerca una guida.

Anche il buddismo tibetano ammette la stessa necessità, e afferma che il maestro ci mostra come osservare noi stessi nel modo giusto. Il principio d'azione è quello di insegnarci a guardare la nostra mente, di fare attenzione a come la usiamo, e poi di iniziare a lavorare per trasformarla: una pratica che è facile da dire, ma assai difficile da attuare.

Il nostro maestro mette in evidenza ciò che a noi sfugge, e gli insegnamenti più efficaci son quelli che evidenziano i nostri punti dolenti, perciò il nostro maestro diventa lo specchio più veritiero. Così può sembrare impietoso, troppo critico o poco solerte nel lodare i nostri successi: in questo mette alla prova la reale disponibilità del discepolo a mettersi in gioco.

Il maestro è lo specchio che riflette non solo i nostri lati peggiori, ma che riesce anche ad evidenziare i nostri migliori aspetti e le nostre migliori qualità, ma affinchè tutto ciò avvenga, è necessario che il discepolo sia disposto a guardare nello specchio, altrimenti non potremo mai avere un reale cambio di prospettiva.
Vedendo nello specchio del maestro, le imperfezioni e le macchie che costituiscono i nostri difetti, dovremmo pensare a questo lavoro di perfezionamento come a un lavoro che può essere fatto solo da noi stessi e tutto ciò dovrebbe affascinarci e renderci orgogliosi di tale capacità.

La nostra voglia di approfondire il senso della vita, e l’intrecciarsi della nostra vita individuale con il senso dell’esistenza, dovrebbe costituire un motivo di gioia e di soddisfazione, ma capire solo intellettualmente il senso delle cose, non serve a niente, se la vita non si prova sulla nostra pelle, se essa non ci penetra dentro.

Abbandonando la presunzione e coltivando l’amore per la ricerca della verità, possiamo acquisire il coraggio di guardare in fondo allo specchio: così impariamo la pratica dell’autoriflessione, che deve essere condotta con tocco leggero e gioioso. Così l’insegnamento del maestro sarà veramente attecchito nel nostro cuore. Così, infine, diventiamo finalmente indipendenti e ci affranchiamo dal suo insegnamento.

Allora tutta la nostra vita diventa quello specchio, e ogni nostra azione diventerà un’occasione per guardare oltre la mente abituale. Questa passione di guardare non dovrebbe mai esaurirsi, ma dovrebbe invece approfondirsi e crescere continuamente. Non dovremmo mai smettere di valutarci usando una percezione lucida e consapevole, solo così facciamo la vera esperienza dell’essere desti in un mondo di dormienti.

Buona erranza
Sharatan