Le ricerche di Martin Hoffman riguardano la nascita del nostro senso morale, e ci aiutano a capire i motivi per cui la morale diventa vulnerabile al degrado. Evidentemente va precisato che non si tratta di valutare la qualità dei contenuti, ma solo la modalità con cui i nostri meccanismi etici si creano e si consolidano: analizzate così le nostre debolezze, diventa strategicamente più facile creare strategie di reazione e di rinforzo della nostra mente.
La molla dell’empatia è la sofferenza, giacchè di solito uno spettatore innocente viene sollecitato a rispondere a qualcuno che soffre, e questa forma di sofferenza è considerata una motivazione morale di tipo protosociale, cioè una forma primitiva di socialità. L’empatia, che è frutto della selezione naturale, è una risposta multideterminata perchè attivata da multeplici forme di stimolazione. E’ meraviglioso notare come nella natura umana siano innate le capacità di flessibilità e multeplicità, come programmazione della specie e come aspetto biologico, malgrado esse ci predispongano ad alcune forme di vulnerabilità.
La molla dell’empatia è la sofferenza, giacchè di solito uno spettatore innocente viene sollecitato a rispondere a qualcuno che soffre, e questa forma di sofferenza è considerata una motivazione morale di tipo protosociale, cioè una forma primitiva di socialità. L’empatia, che è frutto della selezione naturale, è una risposta multideterminata perchè attivata da multeplici forme di stimolazione. E’ meraviglioso notare come nella natura umana siano innate le capacità di flessibilità e multeplicità, come programmazione della specie e come aspetto biologico, malgrado esse ci predispongano ad alcune forme di vulnerabilità.
Credo che valga sempre la pena di analizzare tutte le strutture arcaiche che sono alla base dei nostri atteggiamenti, con una analisi metodica e accorta, soprattutto quando vogliamo capire qualcosa di più profondo sulla nostra essenza umana, perché la loro natura innata non ci permette di ignorare tutti quegli input empatici, che sono di tipo preverbale, automatico ed involontario.
Il primo meccanismo primitivo è la mimesi, che è automatica con base neuronale, e consiste nella corrispondenza faccia a faccia con l’altro, nel contatto frontale tra osservatore e vittima, che ci permette di avere un’insieme di sollecitazioni che ci fanno mentalizzare la condizione di colui che osserviamo.
Nel secondo e terzo fattore innato, si raggruppano il condizionamento classico e l’associazione diretta tra condizione dolorosa della vittima e le passate esperienze dolorose dello spettatore: è questa la struttura primaria dell’empatia umana. In questo meccanismo tutti gli uomini si rassomigliano, in questa modalità di reagire tutti si rispecchiano aldilà di ogni barriera di lingua, cultura e razza.
La teoria di Martin Hoffman è che, per avere un armonioso sviluppo morale, sia necessaria una sintesi tra empatia e consapevolezza degli altri, cioè bisogna conseguire un’armonia tra l’emozione e il senso di giustizia. L’empatia si sviluppa quando siamo in grado di sentire il dolore degli altri come se fosse il nostro, e quando proviamo una profonda solidarietà per tutti coloro che soffrono, cioè tramite la sofferenza del cuore condivisa dalla mente manifestata nella capacità di avere compassione.
Ma può avvenire che non si venga educati correttamente a questa evoluzione di consapevolezza, e si può venire educati senza sviluppare una naturale sensibilità, in armonia con il principio di reciprocità e di giustizia. Ovviamente accade che il modello educativo possa essere deviato, fino a creare degli esseri morali che funzionano più per senso di colpa che per morale consapevole e allora, avverte Hoffman, diventiamo delle “macchine per il senso di colpa” e non degli esseri senzienti al servizio dell’etica e della giustizia.
Le pratiche disciplinari dell’adulto, comprendono sempre un meccanismo che afferma il potere, e un meccanismo che minaccia il ritiro dell’amore in caso di trasgressione. Comunque siano usate, queste modalità educative causano nel bambino della sofferenza e dei sensi di colpa. E’ in questo modo che i genitori approfittano della naturale inclinazione alla simpatia e alla compassione presente nei bambini, per limitarne le componenti egoistiche ed egocentriche. E’ così che impariamo ad associare: Trasgressione -> Sofferenza empatica -> Senso di colpa, ed iniziamo ad inscrivere un copione interno che tenderà ad influenzarci anche per tutta la vita: un vero e proprio imprinting comportamentale ed emotivo, che diventa poi morale.
Il copione si rafforza sempre più con la ripetizione del comportamento, ed in seguito sarà sufficiente avere lo schema Trasgressione -> Senso di colpa, per avere il pieno controllo delle pulsioni negative. Una volta acquisito, questo copione può attivarsi anche in modo distorto ed eccessivo, come nei casi dei sensi di colpa per le trasgressioni virtuali, in cui ci si reputa responsabili di colpe mai commesse. Queste forme di repressione eccessiva, sono in grado di causare problemi di autobiasimo e di eccessiva responsabilizzazione, che spesso vengono conservate anche in età adulta. L’osservazione su bambini in cui il senso di colpa è stato eccessivo in età precoce, ci fanno osservare degli adulti problematici, vittime di colpevolizzazioni e di fragilità nelle relazioni interpersonali.
La larga diffusione del senso di colpa e l’utilizzo di meccanismi di colpevolizzazione per avere il controllo degli individui, scrive Hoffman, permette che la nostra società ci strutturi come “macchine per il senso di colpa” piuttosto che come esseri liberi, e non consoli sapere che in altre società si attuano gli stessi meccanismi, ma con contenuti emotivi di altro genere, come nel caso della società giapponese che controlla con l’utilizzo del senso di vergogna. La seconda limitazione a cui siamo vulnerabili è la nostra naturale propensione verso coloro che sentiamo familiari o affini, per cui è facile che la strumentalizzazione colpevolizzante provenga proprio da coloro che amiamo o stimiamo maggiormente.
Se analizziamo come agiscono i sensi di colpa sulla psiche umana, notiamo che essi modificano il meccanismo dolore/piacere, fino a farlo virare su stili deviati o esacerbati, perciò una educazione troppo severa e direttiva è idonea a favorire stili relazionali di stampo masochistico. La repressione delle istanze egoistiche ed egocentriche umane, usata come una forma di condizionamento piuttosto che come consapevolezza etica produce personalità nevrotiche e frustrate, forzate e non convinte alla morale sociale.
Qualora il condizionamento etico venga imposto come dovere, e non venga costruito su valori intimamente condivisi, avremo degli individui alla ricerca del gusto “proibito” della trasgressione, e potenzialmente predisposti ad attuare atteggiamenti devianti qualora le circostanze esterne glielo rendano possibile. E’ questo il caso di persone che, apparentemente onorate ed onorabili, vengono scoperte colpevoli di delitti vergognosi di cui nessuno li avrebbe considerati capaci.
Senza usare il paradosso dei casi limite trovo estremamente utile operare una riflessione in piccolo, utile nella minima dimensione della nostra vita, riguardo all’utilizzo del senso di colpa che noi facciamo e che subiamo, per avere il controllo del fare e dell’essere.
Rifletterei anche sul fatto che la nostra affettività ci rende incline ad attuare e subire questi atteggiamenti, soprattutto da parte delle persone a noi care, e valuterei come tanti nostri rapporti possano essere costruiti in modo distruttivo e masochistico, giocando su questi elementi primari di dolore/piacere, qualora incontriamo chi sappia farlo con diabolica abilità. Sulla successiva ipotesi di poter essere così usati e strumentalizzati, offrirei un esercizio di consapevolezza intima e personale.
Buona erranza
Sharatan
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Sharatan