“Quando cerchi Dio,
Dio è lo sguardo dei tuoi occhi”
Motto sufi
Dio è lo sguardo dei tuoi occhi”
Motto sufi
Osho dice che l’uomo è un essere paradossale, ed è tale perché è un essere unico: il paradosso è nella sua unicità. L’uomo vuole sempre superare se stesso, si sente sempre un progetto, si sente sempre un essere in divenire: l’uomo è un ponte sospeso tra il suo passato ed il futuro, ed entrambi sono delle eternità. Per questo l’uomo non è mai contento di ciò che è, poiché sente di esistere per quello che era, ma tende a trascendere verso un suo essere futuro: perciò l’uomo è un viandante, è un pellegrino che per tutta la vita è in continua erranza.
Tutti gli esseri hanno una loro essenza specifica, osserva Osho, mentre l’uomo è esattamente l’opposto: prima avviene la sua esistenza e poi nasce la sua coscienza. Negli animali, esistenza ed essenza coincidono pacificamente, mentre nell’uomo vi è la tensione del “volere” essere. L’uomo è tutta potenzialità realizzativa, ed è in questo che consiste la sua libertà e il suo libero arbitrio ma, in forza di questo, prova l’ansia e l’angoscia del suo essere vuoto e unico: così la libertà diventa fonte dell’infelicità umana a causa della vertigine del vuoto.
Il grande maestro sufi Al-Ghazali scrisse che, sulla via della realizzazione si incontrano sette valli e che, per realizzarci, è necessario attraversarle. L’atteggiamento corretto per compiere il cammino, è quello di attraversare ogni valle per raggiungere la vetta, e non lasciarci deviare lungo il territorio che stiamo attraversando, e così procedere sempre nel corso, senza dimenticare che l’obiettivo è la vetta: alla fine della settima vetta siamo giunti alla buddhità o allo “stato di essere Cristo.” Alla fine della settima valle, all’ultima vetta, si raggiungere l’orgasmo cosmico e ci dissolviamo nel respiro di Dio, tra le braccia di Brahman.
Il senso dell’aforisma delle sette valli, è che la reintegrazione all’essere divino, che dorme nel cuore umano, si ottiene solo facendo il percorso delle sette valli e che, se non si raggiungono le sette vette, non saremo mai Dio. Ogni valle possiede delle particolari lusinghe in grado di attrarci ed intrappolarci, per impedirci di abbandonarle per cui, fermarci nella valle significa rinunciare a percorrere il cammino e non raggiungere la vetta. Queste sono le sette valli dei sufi, un percorso adatto per i ricercatori e non per i curiosi, un insegnamento pratico e non filosofico, pieno di suggerimenti per la nostra vita, offerti dai fratelli sufi in forma di storia, perché solo così la nostra mente presuntuosa è disposta a lasciarsi possedere dalla conoscenza.
La prima valle è la valle del sapere, perché l’uomo inizia ad essere consapevole quando vuole sapere, ed il primo passo della sua mente bambina, avviene con la conoscenza erudita. Il rischio che corriamo in questa valle è quello di diventare una persona colta ma arida nella sua erudizione, perché accumulare cultura e divenire un grande studioso, non significa acquisire saggezza.
Nel sapere vi è conoscenza, che è l’aumento delle cognizioni e delle informazioni, ma esse sono ben poca cosa se non vengono unite alla consapevolezza. Se diventiamo troppo ansiosi al contenuto del sapere, alla quantità delle nozioni, anziché alla facoltà del conoscere finiremo prigionieri della valle.
Continuando ad accumulare il sapere e le nozioni, registreremo una serie di concezioni e di contraddizioni, che potranno ingenerare confusione e disorientamento, che potranno confonderci, per cui assumeremo milioni di punti di vista senza accrescere la facoltà conoscitiva. E’ necessario perciò divenire testimone attento e consapevole, saper conoscere sempre più, ma in modo consapevole, meditato ed intimo, in maniera da essere un sapiente saggio e non un erudito. La voce delle convinzioni a cui ci sentiamo affini, ci parla nel nostro cuore, e le sue parole non risuonano nelle nostre orecchie ma vibrano nella nostra anima.
La seconda valle è quella del pentimento, perché quando iniziamo a vederci per come siamo, proviamo un senso di pentimento per tutto quello che abbiamo fatto di sbagliato e per tutto quello che non abbiamo fatto. Ricordiamoci però che la coscienza che si sta destando è quella sociale, quella che ci agiva occultamente, quella che è stata creata artificialmente, ed è lei che ci grida ciò che la gente crede sia giusto o sbagliato.
Ancora non sappiamo molto, ma dopo la prima valle crediamo di conoscere tutto, per cui ricordiamoci che la “coscienza del giusto/sbagliato” non ci aiuterà a fare le cose migliori perché, anche sapere che non dobbiamo essere possessivi non ci impedirà di volere dominare sia le cose che le persone, e la frustrazione di tale desiderio ci causerà delle enormi sofferenze.
L’aspetto insidioso della valle, è che il pentimento che genera troppi sensi di colpa rischia di paralizzarci, mentre l’aspetto migliore è costituito dall’insegnamento che bisogna sempre guardare verso il futuro e saper tagliare con i rimorsi il nostro passato.
Superare questa valle significa imparare ad agire secondo ciò che riconosciamo giusto sin da subito, per un moto istintivo che viene dal cuore, e poi continuare in questo retto agire per il futuro, e non sentire mai amarezza per il passato perché può divenire un ostacolo per il nostro futuro. Questa valle ci dona la nostra coscienza, perché vi nasce Shila, la vera moralità.
La terza valle è quella degli impedimenti, perché la coscienza ci fa conoscere gli ostacoli che troveremo sul nostro cammino, lungo le vie del mondo. Al-Ghazali ci indica i 4 impedimenti del mondo, di cui il primo è la seduzione che ingenera lussuria e brama di possesso. Per i sufi, tutte le cose sono sempre buone perché provengono da Dio, ma la loro bellezza è tale, che ci distolgono dalla ricerca dell’Altissimo.
Il secondo impedimento è l’attaccamento alle persone, che ci impedisce di accettare che siamo in perpetuo viaggio, che siamo erranti e che siamo destinati solo ad incrociarci nel corso della vita. Staremo insieme per un breve periodo e poi continueremo nella nostra erranza, perché ognuno deve fare la sua strada. Nulla è mai per sempre, per cui dobbiamo essere riconoscenti per l’opportunità di esserci incontrati. E’ necessario essere sempre affettuosi con gli altri, i nostri fratelli nella ricerca, ma non dobbiamo attaccarci a loro, altrimenti non avremo più il coraggio di lasciarli per andare oltre e progredire.
Il terzo ostacolo è Satana, cioè il nostro ego, la nostra mente. E’ il meccanismo della vecchia coscienza che non è stato ancora debellato e che ribolle in attesa della rivalsa, pronto a riemergere improvvisamente. Per sgominare questi meccanismi mentali, sono necessari tanto tempo e tanta pazienza, perché le vecchie abitudini sono lunghe a morire. Esse tendono a riemergere per prendere possesso della nostra volontà, perché la mente non ammette di essere detronizzata, perciò i sufi chiamano Satana la nostra mente, perché è tentatrice con le sue ambizioni e la sua voglia di dominio.
Perciò il quarto impedimento è l’ego, prodotto dalla mente, che è il più grande ostacolo alla ricerca spirituale, perché un ego gigantesco sorge dal nulla e si convince di costituire un essere straordinario, un illuminato, un Messia universale. Sarebbe un grosso errore cercare di combattere frontalmente l’ego, perchè è una lotta che ingenera solo altre inimicizie.
Combattere contro noi stessi equivale ad operare delle repressioni, e noi non possiamo reprimere ciò che fa parte della nostra essenza, però possiamo raffinarla ed elevarla. Potremmo reprimere l’attaccamento alle cose e alle persone, potremmo reprimere il nostro ego e anche i demoni della nostra mente, ma non avanzeremo in questa valle.
Non dobbiamo combattere il nostro ego ma osservarlo, comprenderlo, guardarlo in faccia per capire come è fatto; così possiamo iniziare a conoscere il meccanismo con cui funziona. Per capire come funziona, dobbiamo usare un’osservazione rilassata, senza antagonismi o volontà di giudizio, cioè usare un’attenzione ricettiva. Così possiamo capire come lui gioca con noi, e potremo iniziare a giocare noi con lui, così l’ego sarà rilassato e ci rivelerà come riesce a legarci alle persone e alle cose; facendolo di rivelerà le potenzialità da migliorare.
Ma se vuoi sfidarlo e diventi avversario, allora sei giocato, perché avrai paure ed incertezze e sarai preso in trappola. La gente conosce solo due vie: ti è amica o ti è nemica, e questo è quello che sa fare il tuo ego. Sarà d’aiuto essere sempre vigile e agire come testimone imparziale: non amico e non nemico, bensì testimone imparziale, cioè neutrale ed indifferente a ciò che vediamo. Ogni emozione diventerebbe ostacolo, dimostrerebbe attaccamento e noi siamo molto attaccati sia ai nostri nemici che ai nostri amici. Perciò è opportuno non farsi né amici né nemici, e diventare un osservatore assolutamente scientifico.
La quarta valle è quella delle tribolazioni, perché vi sono solo ostacoli e dolore: è la valle dell’ingresso nell’inconscio. Da ora diventa più difficile andare da soli, perché più si sale verso l’alto più si va in profondità. Finora si procedeva alla luce del sole, adesso si entra nelle tenebre della buia notte dell’anima; questo è l’ingresso al pazzo mondo che è nascosto dentro noi stessi, l’accesso ad un territorio bizzarro ed imprevedibile.
Fino alla terza valle si procedeva da soli, ora è necessario avere un maestro, perché si sprofonda nell’oscurità più assoluta in cui è opportuno avere la luce di qualcuno che conosca la strada nel buio. La parte negativa della valle è l’enorme dubbio, il dubbio di tipo esistenziale che entra nella carne e sconvolge la mente, fino a fiaccare l’anima. E’ il dubbio su Dio,una profonda desolazione, che è percepita perché siamo partiti per cercare la luce, e ci ritroviamo soli e disperati in una valle desolata; intorno vi è la notte più oscura e non sappiamo più la strada.
Persino le vecchie certezze non esistono più, anche i valori in cui credevamo, sono divenuti delle idee vuote e prive di significato. Abbiamo fatto un viaggio assurdo, e accantonato ogni altra ambizione terrena per seguire questo ideale, e ci ritroviamo illusi e desolati.
Ma attento, se scappi adesso - avvisa Al-Ghazali - non conoscerai mai il fascino della notte, perché se la luce del sole è bella, non esiste un paragone con la fascinazione che è in grado di offrire l’oscurità: è un fascino estremo, perché la notte è bella, è rilassata e profonda. Se non sai apprezzare il fascino della notte, non saprai accettare la morte.
Sia nella morte come per l’abbraccio della notte, è necessario essere rilassati e non avere paura, sapere accettare ed accogliere ciò che giunge. E’ questo il primo bagliore di Dio, perché abbiamo aperto gli occhi alla sua luce, e il suo bagliore ci ha reso ciechi. E’ il suo splendore che ci ha abbacinati, perciò ora siamo al buio. Solo un maestro può aiutarci, prenderci per mano e guidarci, convincendoci che non è buio, che siamo affatto ciechi, ma che siamo solo sgomentati per il primo incontro con il Divino.
Coloro che tornano indietro, sconfitti dalla quarta valle, saranno sempre vittime della paura: avranno paura di amare, di provare piacere, di essere discepoli di una via, temeranno di abbandonarsi e avranno timore di avere fiducia. Questa è la valle centrale in cui si impara ad arrendersi e ad accettare.
La quinta valle è la valle terribile, perché si penetra la morte ovvero, psicologicamente parlando, si entra nell’inconscio collettivo, mentre nella precedente si entrava nell’inconscio individuale. Dalla precedente consapevolezza presuntuosa di essere un individuo speciale, si sperimenta ora la volontà di essere riconosciuti come tali anche dagli altri e, se essi non lo fanno, allora soffriamo il mancato riconoscimento. Nello zen vi è la raccomandazione di “diventare ordinari” perché se sappiamo essere ordinari e comuni, sappiamo stare al centro di noi stessi e siamo capaci di attraversare indenni la valle.
La sesta è la valle abissale, in cui si scompare e non si è più: la morte è già avvenuta e si prova il più assoluto annullamento. Tutte le vecchie e presuntuose idee divengono irrilevanti perché nasce un nuovo sé e si scompare completamente. Si muore e non giunge alcun aiuto perché dobbiamo solo arrenderci alla volontà divina, pensando alla saggezza del disegno divino che traccia la nostra vita.
Nella settima valle vi sono inni e celebrazioni, perché abbiamo la nostra resurrezione, e il corpo umano rinasce nel corpo divino, nel corpo della luce. Ora non esiste più il negativo ed il positivo, non esiste più dualità ma solo unità armoniosa. Il viaggio è finito e siamo tornati a casa. E’ il giorno in cui scopriamo che siamo sempre stati ciò che abbiamo scoperto, perchè le sette valli sono le tappe della scoperta del tesoro nascosto nel nostro cuore.
Buona erranza
Sharatan
meraviglioso ! dov'è che al-Ghazzali parla delle sette valli? Mi piacerebbe leggere anche l'originale. grazie!
RispondiEliminaCiao Anonimo,
RispondiEliminagrazie per i complimenti.Riguardo a quello che chiedi, devi sapere che Osho attribuisce la teoria delle 7 valli al grande filosofo al-Gazhali, ma io l'ho letta nell'opera di uno dei più grandi mistici persiani. Mi dispiace ma non ho letto l'originale di al-Ghazali.
Se vuoi, cerca Farid Ad-Din Attar, "Il verbo degli uccelli" della SE editori. Te ne consiglio la lettura, perché è un'opera bellissima che contiene tutti i temi più importanti della mistica islamica. Detto così potrebbe sembrare una cosa di una noia mortale, ma non è vero, perché si può leggere anche come un racconto.
Tutto il racconto è incentrato sul viaggio di 100.000 uccelli che vogliono arrivare alla corte del mitico re Simurgh. Tutto il libro è un'allegoria della mistica via che gli uccelli intraprendono. Qui trovi descritto molto bene il percorso degli uccelli attraverso le 7 valli.
Il racconto del viaggio contiene stupende storie che hanno il compito di risvegliare la comprensione. Il problema è che la lettura di Attar ti ipnotizza e ti incanta ;-)
Un caro saluto