mercoledì 30 ottobre 2013

L’Amore è un suono soave



“È necessario che il veggente si faccia prima simile
e affine a ciò che deve essere visto e poi si applichi alla Visione.
Così come l’occhio non riuscirebbe mai a vedere il sole,
se non divenisse solare, così l’anima non può contemplare la Bellezza
se non diviene essa stessa bella.”
(Plotino Enneadi, I, 6, IX)

“L’Amore è comprensione e comprendere significa abbracciare, contenere, racchiudere, intendere con intelligenza, incorporare, includere, integrare l’altro o qualunque cosa, fino a realizzare l’unità. Nella comprensione si risolvono tutte le contraddizioni di una psiche inquieta: da ciò deriva la pacificazione del cuore.

La comprensione è Sapienza divina. La comprensione annulla le distanze perché non crea opposizione; in essa non c’è critica poiché, appunto, comprende, non c’è giudizio perché riconosce che ogni cosa è al suo giusto posto. La comprensione, più che la mente dell’altro, tocca per via diretta la coscienza la quale non può aprirsi e concedersi.

La comprensione non è discorsività mentale perché discende da quel reame ove l’Intelligenza splende, per cui è uno stato coscienziale che risponde adeguatamente e saggiamente allo stimolo esterno e interno allo stesso individuo. La comprensione è Amore in atto, è soave espressione del Cuore.

L’Amore è donazione perché è ricco, perché ha e, avendo, può offrirsi su tutti i livelli esistenziali per un puro atto gratuito. Il desiderio acquisitivo, natura dell’io psicologico, essendo mancanza, privazione, deve cercare disperatamente di possedere per colmare la lacuna insita nella sua struttura. Due enti generalmente non si amano ma si desiderano perché devono compensarsi, devono colmare la loro indigenza; ma se non hanno, che cosa possono offrirsi?

Eppure in loro c’è il germe dell’Amore; c’è Madonna pura e gentile che irradia “virtute e conoscenza.” Si tratterrebbe di evocare tale Potenza che attende di essere portata in atto perché in ogni cuore umano esiste questa divina Scintilla che, se risvegliata e sviluppata, diventa un fuoco così irresistibile da bruciare tutte le scorie d’incompiutezza.

L’Amore integra l’io bisognoso e lo trasfigura, così come un fiume viene integrato e trasfigurato dalla maestà dell’oceano. L’Amore dà vita, unifica e fa crescere; il desiderio, che è un sottoprodotto, un riflesso al negativo dell’Amore, crea dualità, differenziazione perché esalta l’io. L’Amore è dell’Anima, il desiderio è dell’individualità o dell’io empirico il quale, essendosi scisso dalla sua controparte divina, è costretto a non avere e, senza una precisa direzione, è costretto a errare per cercare di godere.

L’Amore è gioia-beatitudine che non deriva dal prendere (diversamente ci sarebbe solo gratificazione) ma dall’evento stesso del porgere, del dare. L’Amore gioisce dell’amore; l’Amore vive di Amore, quindi prescinde da ogni dualità o rapporto individuato. L’Amore, a differenza del desiderio che è necessità, vive nella e con la sua stessa essenzialità perché è ipseità, essendo prerogativa della natura dell’Anima.

L’Amore è pienezza. Questa può esprimersi solo quando l’ente, estinta la brama di possedere per compensare la povertà in cui si dibatte, si “ricompone” ripristinando così la sua Interezza primigenia. La pienezza rappresenta lo stato integro dell’Anima in quanto Persona. Da qui la beatitudine che promana dall’essere un compiuto.

Soltanto chi ha raggiunto la pacificazione dell’animo e reso unità le molteplici voci discordanti del desiderio, sempre imperfetto e voglioso di aspettative, può trovarsi nello stato di pienezza e, quindi, nella condizione di poter offrire, concedere e porgere. Secondo San Bernardo e Riccardo da San Vittore l’Amore basta a se stesso, senza il desiderio del possesso: “Può l’Amore volere l’Amore se esso stesso è Amore?... L’Amore sensoriale è nostalgia del Paradiso perduto.”

L’Amore è libertà perché non imprigiona, in quanto non vede l’altro come distinto da sé. Il desiderio esige, mette condizioni, si appropria per soddisfare, come abbiamo visto, gli aspetti di cui manca. Il desiderio procura agitazione, inquietudine, ansietà perché si esprime su una dimensione che non è, e non essendo, per quanto possa appetire non potrà mai offrire cose che non appartengono alla sua natura.

La libertà offre certezza; le gelosie, di ogni ordine, e le acquisizioni derivano dalla paura di perdere l’oggetto del desiderio; quindi, dietro il desiderio si nasconde l’incubo della sofferenza. L’Amore è libertà perché non impone, non essendo figlio della necessità. L’Amore è un suono soave che attrae pacificando. Essendo un “influsso”, una “corrente” secondo Platone (Cratilo, 420 a-b) è altresì una vibrazione, un ritmo, un afflato, un soffio che penetra, allaccia, contiene rendendo appagato l’animo che riceve.

Sotto questa prospettiva l’Amore è rivelazione di Armonia la quale non è che giusto Accordo con la polarità vitale, e l’Accordo non è che rivelazione di intesa tonale. Come nella musica il ritmo dà vita al suono, così l’Amore dà vita al rapporto polare, dà quell’equilibrio di tensione e rilassamento che devono succedersi nella giusta proporzione.

E come l’armonia crea l’intervallo musicale tra due o più note che vibrano accordi, così l’Amore crea l’incontro giusto ed equilibrato di due nobili cuori che vibrano melodie consonanti, gradevoli che, a loro volta, producono stabilità, all’opposto del desiderio che è instabile ed effimero.

L’amore (desiderio) sensoriale è aritmico e disarmonico perché il desiderio che è frutto di dissonanza, manca di equilibrio, di cadenza, di timbro amabile, quindi non offre chiarezza di accordo, né dà smalto o brillantezza al rapporto. Una coppia che esprima il tipo di Accordo-Amore di cui abbiamo parlato costituisce un suono commensurato con ciò che Pitagora definisce l’Armonia delle sfere.

Le due note polari sono in un rapporto di consonanza tale da toccare le vite di altri piani; non sono dunque dei sistemi tonali individuati chiusi che corrono parallelamente e che tentano solo di convivere, come normalmente avviene. Esse, di cui ognuna possiede un proprio valore tonale, danno, prese insieme, quel tipo di sintonia, risonanza che è più di una semplice somma numerica, rappresentando una nuova e più elevata vibrazione operante a livelli veramente profondi e creativi.

Si tratta di un ente che si realizza mediante un determinato rapporto di toni e che è consapevole dell’unità del sottofondo sonoro: vale a dire, dell’Archetipo-Amore. A questo punto è l’“orecchio interno” che percepisce la tonalità, la potenza dell’Amore e l’osmosi innocente e immediata. I toni a questi livelli rappresentano le espressioni di vita nelle varie note animiche e contengono in sé il numero e il valore.

Il numero è caratterizzato dalla quantità, dalla potenza espressiva dell’Amore o dalla frequenza dello stato vibratorio fino a toccare dei vertici considerevoli (così abbiamo enti che incarnano potenti Principi universali) e il valore rappresenta la qualità dell’Amore o del Principio stesso.

A tali altezze di vita espressiva non è l’istinto separativo di conservazione di sé che lega e unisce, non è l’emozione-sentimento-passione perché si è risolta la “scissura”, né il principio mentale utilitaristico perché il puro Intelletto d’Amore opera con gli universali e non con l’io appropriativo; simile stato di Amore elimina lo spazio e il tempo, per cui si può parlare di Amore immortale.

Esso è profonda “esteticità” che trasfigura ogni atto, ogni parola, ogni movenza ed esige silenzio concettuale o mentale perché alle parole si sostituisce il vibrare che penetra, avvolge e dischiude sempre più l’Accordo, l’Armonia e l’Intelletto d’Amore. Se parliamo di “toni” è perché, appunto, l’Amore, vibrando un determinato influsso, possiede una gamma indefinita di possibilità sonore e quindi di armoniche.

Lo sguardo di due Corde riunificate palesa le molteplici sfumature di toni che, all’“udito attento”, risultano come potenza di estasi risuonante che inebria fino a trascendere ogni contingenza oggettiva, per cui il “mondo scompare” alla percezione dei sensi. Prodigio dell’Amore! “ (Raphael - La Scienza dell'Amore – Roma, Edizioni Asram Vidya)

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Sharatan