“Cominciate col fare una piccola cosa
che desiderate e che ora non siete in grado di fare.
Compiendo questo sforzo e facendo,
accumulerete magnetismo.”
(George I. Gurdjieff)
In questo periodo ricorrono i 150 anni dalla nascita di George Ivanovitch Gurdjieff che nacque ad Alexandropol forse il 14 gennaio 1866. Come in tutte le persone di eccezione anche in Gurdjieff si evidenziano dei tratti particolari. Infatti, anche il nome con cui lo conosciamo non è il suo vero nome, ma è una traslitterazione occidentalizzata del suo nome originario, Ioannas Giorgiades, e il suo patronimico Ivanovitch è un’interpolazione che segue l’uso russo e traduce Ioannas con Ivan. Gli equivoci sulla sua persona sono molti, e Gurdjieff non fa molto per fare chiarezza e dissipare le ambiguità che lo circondano. A cominciare dalla faccenda dei molti nomi e delle molte identità che cambia durante la vita, infatti nell’infanzia è “Tatakh,” nella giovinezza è “Darky” poi diventa “il Greco Nero” e, infine è “la Tigre del Turkestan.”
Lui stesso usa molti nomi e molti pseudonimi scherzosi per descriversi, come “Principe Ozay” o “Miracolo” o “Monsieur Bonbon” o “Professore” o “il Maestro di Danza.” Altri nomi meno eleganti gli provengono dai suoi denigratori che lo definiscono ciarlatano, buffone, avventuriero, imbroglione, esperto di magia nera e/o magia bianca, e maestro d’ipnotismo. Non c’è dubbio che è un uomo che si ama o si odia, ma non è tipo che passa inosservato. Tutto in lui dimostra che possiede il marchio dell’eccezionalità così come appare anche nella sua eccezionale famiglia. La sua infanzia scorre tra le ninnananne armene della casa paterna che sorge ad Alexandropol dell’Armenia russa. Il padre è un signorotto locale che alleva bestiame e, per passatempo, fa anche il poeta-bardo, “ashokh.”
Gurdjieff cresce in una casa confortevole circondata da un giardino pieno di rose. Quando ha 3 anni nasce il fratello minore Dmitri e viene accolta in casa la nonna paterna che è rimasta vedova. Quando lui ha 7 anni il padre cade in miseria e, il giovane Gurdjieff inizia ad aiutare l’economia domestica facendo piccole riparazioni per i suoi amichetti. La nonna paterna morente lo incoraggia a “non fare mai come fanno gli altri. Non fare nulla, va solo a scuola, oppure fa qualcosa che nessun altro fa.” Lui obbedisce già durante il servizio funebre, infatti balla e canta delle canzoncine licenziose e scandalizza tutti. La nonna lo ha stimolato a difendere una visione originale, l'anticonformismo e l’apertura mentale che sono qualità che mostrerà sempre.
Alcuni concetti gli furono stimolati dal padre e dal suo tutore, padre Bors. Quelle idee plasmano la sua natura individuale e sviluppano in lui “un impulso e una tensione imprescindibili a comprendere l’essenza stessa di qualsiasi oggetto attraverso la mia attenzione in modo non ordinario.” Quel “qualcosa” prende forma dopo un “intenso travaglio spirituale” dovuto alla morte di un caro amico e, da allora, inizia a frequentare gli studiosi più stimati della città. Inizia a cercare chi lo possa aiutare a capire il vero senso dei quesiti che riguardano la vera Conoscenza. L’amore per la Conoscenza diventa l’interesse dominante perché “si fuse con il tessere del suo Essere” come scrisse a questo proposito.
Da allora Gurdjieff sente un “prurito irresistibile” che lo spinge a “chiarire ad ogni costo ogni cosa, per la conoscenza di tutto quel che possa servire alla soluzione definitiva di quei quesiti per me fondamentali” come rivela in “Il Nunzio del Bene Venturo.” Si impegna nella ricerca, ma non scopre nulla e nessuno che gli possa spiegare in modo logico e armonioso la questione che lo assilla. Ma la Grande Natura gli ha dato molte qualità e la prima è l’incredibile irrequietezza che lo spinge a “mantenere continuamente attivo” tutto il suo Essere. Ma egli possiede anche il dono di avere “il più alto grado di comprensione raggiungibile dall’uomo” a cui unisce la rara capacità “di far emergere nelle persone le loro intenzioni e i loro scopi più sacri.”
E, in ultimo ma non irrilevante, gli fu concessa la possibilità di essere entrato nei “sancta sanctorum” degli ordini mistici, esoterici e religiosi più importanti del suo tempo. La passione per i racconti, per i miti e per le leggende sull’origine nasce dai canti che sentiva cantare da suo padre. Poi inizia a studiare i testi del mondo classico, bizantino, medievale e rinascimentale. Studia anche le testimonianze della tradizione cristiana, le fonti cabalistiche ed i classici dell’induismo e del buddismo. Sente nascere la certezza che esiste una Conoscenza superiore a quella mondana, e sente che la tradizione degli “ashokh” è la versione orale di una Conoscenza occulta che è il residuo di una sapienza più antica.
Pensa che i miti, le fiabe e le leggende sono un modo per trasmettere la saggezza, ma la trasmissione avviene a livello simbolico. Crede che, al fianco della storia ufficiale esista una storia alternativa che racconta il percorso di alcune scuole e confraternite spirituali composte da ricercatori e da studiosi che - di epoca in epoca – si sono assunti il compito di conservare la sapienza. Essi sono il baluardo della sopravvivenza della Conoscenza attraverso le ricorrenti maree di barbarie e di crudeltà di cui è intessuta la storia umana. Fino dal 1886, cioè dai 20 anni, lavora su queste idee, mentre legge e accumulava una buona raccolta di antichi libri armeni.
Un giorno, durante una delle sue incursioni nei dintorni di Tiflis - dove la famiglia si è trasferita - fa un’importante scoperta. Si è allontanato dalla città con un amico e hanno raggiunto la città abbandonata di Ani, l’antica capitale del Re Bagratid dell’Armenia. Arrivati tra le rovine iniziano a scavare e durante quello scavo incosciente trovano uno stretto cunicolo che li conduce in una cella monastica diroccata. Dentro una nicchia del muro trovano una pila di antiche pergamene e, in una pergamena, trovano un oscuro riferimento alla misteriosa “Confraternita di Sarmoung.”
La Confraternita era una scuola di “aisor” posta tra Urmia e il Kurdistan che agiva tra il 6°-7° sec. d. C., almeno secondo quello che diceva quel testo. Gurdjieff decide che deve trovare la misteriosa Confraternita e che deve entrare nella scuola dei Sarmoung. Dal 1887 lo vediamo viaggiare per cercare il misterioso Ordine dei Sarmoung. Per 20 anni viaggia e sembra inseguire lungo le vie della Transcaucasia e dell’Asia Centrale qualcosa di cui non sembra esserci traccia. Viaggia con frenesia e corre molti rischi, sfiora più volte la morte mentre la ricerca della Confraternita continua nei lontani territori che vanno verso l’Oriente.
Durante i suoi viaggi incontra degli amici, degli uomini notevoli per qualche loro peculiarità. E, nel 1895, creano un piccolo nucleo di uomini che promettono di darsi aiuto reciproco e di condividere tutte le loro scoperte sullo studio dei popoli, costumi, letteratura, arte, monumenti, esperienze, osservazioni e di avere dei confronti sulla Conoscenza accumulata. Di questi uomini sappiamo poco, conosciamo qualche nome, e sappiamo del patto di servire la causa comune, di mantenere il segreto, e che si chiamarono Cercatori della Verità. E, lo stesso Gurdjieff, nei suoi momenti di beffarda ironia li definiva “i cercatori di perle nel letame.”
Gurdjieff crede nell’esistenza di un “qualcosa” che identifica come vibrazione, come altezza e come tonalità che - nell’uomo - si mostra sotto forma di attenzione, di energia e di stato psichico. Ogni cosa esprime una vibrazione, infatti si dedica allo studio dell’arte, della musica, della mimica e del movimento del corpo. Poi si immerge nello studio della danza tradizionale, della danza religiosa e della danza moderna profana, ma soprattutto si sforza di studiare la sua vita interiore ed esteriore.
Il frutto dei suoi studi eclettici, della sua abilità pratica e della sua enorme cultura si dimostreranno molto utili quando Gurdjieff avrà bisogno di fare tanti mestieri per mantenere la sua famiglia. Lui stesso disse che era stato anche un imprenditore. Fa affari nell’antiquariato, commercia in tappeti e in cineserie, ripara macchine per cucire e macchine per scrivere, commercia in pozzi di petrolio e in aringhe affumicate. Cura drogati, isterici e malati psicosomatici con l’ipnotismo e vive con i soldi dei suoi "miracoli" terapeutici. Ristruttura e rilancia attività di ristorazione che rivende dopo averle rese "alla moda", si esibisce come mangiatore di spade, rimodella i corsetti e fa tante professioni.
Senza dubbio sa sopravvivere anche nella condizione ostile della rivoluzione russa, perciò si è detto che fu una spia dei servizi segreti russi, che fu assoldato da una società segreta armena, e che fu agente politico zarista. Le sue memorie lasciano zone oscure e ci restano solo vaghe ammissioni al fatto che ebbe molte conversazioni con vari rivoluzionari in Italia e in Svizzera. Ammette di aver fatto “qualche viaggio” per conto di “qualche governo” e per “certi scopi politici.” Comunque la sua ricerca della Confraternita non si è mai interrotta, finché tra il 1898 e il 1899 avviene una svolta.
Gurdjieff ci narra che è in viaggio insieme all’amico Soloviev e che partono da Bukhara con i cavalli, i muli e 4 guide kara-kirghize. Dopo 12 giorni di marcia lungo la Via della Seta arrivano nella zona settentrionale dell’Afghanistan e trovano il Monatsero. I riferimenti di Gurdjieff riguardano un zona nelle vallate dei fiumi Zarovshan e l’Ab-i-Pandj. Da qualche parte di quei luoghi c'è il magico cerchio di Sarmoung che estende per 500 miglia la sua magica influenza. Gurdjieff racconta che per raggiungere il Monastero fu costretto a percorrere un lungo tratto bendato e che fu lasciato partire solo dopo aver giurato di mantenere il segreto su quello che aveva visto. Racconta che per raggiungere il monastero è necessario oltrepassare un ponte fatto di corde intrecciate e sospeso su un precipizio terribile.
Il misterioso luogo spirituale circondato dalle montagne si rifà alla simbologia di Shambala che è tipica della cultura tibetana e mongola. La stessa ricerca interessò anche altri famosi personaggi cioè Helena Blavatsky, Alessandra David-Neel, Mircea Eliade, René Guenon, René Daumal, Ferdinand Ossendovski, Nicholas Roerich, Giuseppe Tucci e James Hilmann solo per dirne qualcuno. Gurdjieff dice che il Monastero possiede 3 cortili principali che rappresentano il cerchio essoterico, il cerchio mesoterico e il cerchio esoterico dell’umanità. Rivela che il Monastero di Sarmoung è fatto di sogni, ma sono sogni profetici che ispirano quelli che soggiornano tra le sue mura. Promette che, in futuro, avrebbe detto altre cose sulla sua esperienza nella Confraternita, ma non lo fece.
Comunque fosse andata, Gurdjieff crea o diffonde una idea dell’uomo inconsueta e tremenda, infatti insegna che l’uomo è una macchina che “mangia nutrimenti e secerne abitudini.” La macchina umana usa dei nutrimenti sempre più raffinati: cibo, aria e impressioni sensoriali. Questi 3 tipi di carburante si fondono per alimentare 5 cervelli o centri indipendenti che governano 5 funzioni. Il centro intellettuale controlla il pensiero, il centro emotivo i sentimenti, il centro del movimento i gesti del corpo, il centro istintivo tutte le funzioni interne spontanee del corpo e il centro sessuale tutte le manifestazioni sessuali autentiche. La macchina umana è una fabbrica di cibo straordinaria, ma non funziona molto bene. I 5 centri non sono equilibrati, spesso sono messi in relazione in modo non efficiente, alcuni ingranaggi stridono e grattano tra loro.
Alcune parti si sono arrugginite, altre parti si sono rotte e hanno bisogno di essere sostituite, ma i pezzi di ricambio non si trovano con facilità. Questo meccanismo difettato sarà demolito per essere riciclicato e continuare a produrre altra massa umana. Questa breve sintesi stimola l’immagine di un cerchio chiuso in cui la vita umana si muove con spietata meccanicità. La situazione sembra disperata e effettivamente lo diventa per la maggioranza che, erroneamente, crede di essere libera ma non lo è. Ma una minoranza statisticamente insignificante per il mondo, può comprendere la sua schiavitù interiore e può confrontarsi con la realtà.
Da questa consapevolezza parte la lunga e strenua lotta per l’emancipazione, poiché l’uomo è l’unica macchina della terra che può raggiungere la Conoscenza e sentire di Essere un Io. La nostra vita inizia come macchine inconsapevoli e, in ognuno predomina l’uno o l’altro dei 3 centri principali che comprendono tutti i tipi umani. Infatti, nell’Uomo Uno predomina il movimento, nell’Uomo Due il centro emotivo, nell’Uomo Tre il centro intellettuale. La personalità non può prescindere dall'avere una certa inclinazione per una delle tre categorie basilari che mostrano la predilezione per le mani, per il cuore o per la testa. Tutte le creature, le arti, le religioni e le filosofie vengono comprese perfettamente se vengono esaminate in questa prospettiva.
La base del pensiero di Gurdjieff non è claustrofobia, perché l’uomo può elevarsi e fuggire dal vicolo cieco. Anche sulla via più adatta per la salita spirituale insegna una prospettiva anticonformista, perché il lungo percorso verso l’immortalità deve fare affidamento sull'emulazione di alcuni modelli ideali sempre più perfetti: le guide esprimono questi “tipi” umani superiori. Evolvendo oltre il prototipo di base troviamo l’Uomo Quattro che è l’uomo equilibrato, l’Uomo Cinque che è l’uomo integro, l’Uomo Sei che è l’uomo cosciente e l’Uomo Sette che è l’uomo perfetto.
La lunga ricerca evolutiva è adatta solo per la minoranza che ha molto coraggio e che sceglie un certo percorso secondo il proprio temperamento. Le tre vie religiose tradizionale si sono tracciate per venire incontro alle esigenze dei tipi dell'Uomo Uno, Due e Tre. La via del fachiro raggiunge la “volontà” sottomettendo il corpo, la via del monaco purifica e consacra il sentimento e la via dello yogi coltiva i poteri della mente. Le vie tradizionali sono illusorie se non fosse che intervengono due benedizioni.
La prima benedizione è la possibilità di avere la “guida compassionevole” di chi ha raggiunto un livello superiore di sviluppo. La seconda benedizione è il fatto che abbiamo 2 misteriosi “serbatoi di grazia” ossia che abbiamo un "centro emotivo superiore" e un "centro intellettivo superiore" che possono essere attivati. Le tre vie tradizionali richiedono un pagamento esorbitante e offrono uno sviluppo che - se va bene - è troppo asimmetrico e sbilanciato. Va precisato che l’evoluzione non prevede salti ma che si devono superare i livelli in modo progressivo, non si può essere Uomo Cinque se non siamo stati Uomo Quattro: questo significherebbe “cristallizzarsi” in una forma sbilanciata.
La via di Gurdjieff è chiamata Quarta Via o Via dell’Uomo Astuto, perché non impone di rinunciare al mondo e non impone nessuna rinuncia della vita normale. L'Uomo Astuto accetta tutto quello che gli accade e prende tutte le circostanze buone e cattive della vita come opportunità per fare uno sviluppo simultaneo e armonico di corpo, di sentimento e di mente. La sfida di Gurdjieff è quella di diventare un “Essere che sa,” la sua sfida è dimostrare la “qualità dell’Essere,” dimostrare la vera stoffa, la nostra tempra e saper vivere seguendo l’inclinazione di ciò che siamo realmente.
Buona erranza
Sharatan
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