domenica 14 febbraio 2016

Paracelso



“Nessun medico può decidere che un male è incurabile.
Nel dirlo si rinnega Dio, si rinnega la Natura
e si disprezza il Grande Mistero della Creazione.
Non esiste malattia, per tremenda che sia,
per cui Dio non abbia previsto una cura adeguata.”
(Teofrasto Paracelso)

Paracelso nasce nell’epoca compresa tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento. In quel periodo era avvenuta la grande novità della nascita della borghesia con cui si inizia a valorizzare il singolo e le sue capacità personali. La società medievale era stata dominata dal clero e dalla nobiltà, perciò la volontà dei singoli era subordinata a quella della stirpe e della gerarchia di cui facevano parte. I legami di sangue e l’appartenenza alla gerarchia ecclesiastica erano più forti del singolo.

Con il sorgere della borghesia vediamo che le cose cambiano, perché viene attribuito un valore maggiore alle capacità umane. Si inizia a valorizzare la personalità che riesce ad innalzare il suo status sociale per merito delle sue capacità. In questa epoca vediamo molti cambiamenti, infatti l’invenzione della stampa comporta una maggiore diffusione dei libri e una maggiore apertura mentale.

Anche la scoperta dell’America e la navigazione verso i paesi lontani stimolano il desiderio di viaggiare e di conoscere cose nuove e vedere cose insolite. Uno spirito inquieto e indagatore pervade l’uomo di questa epoca che vive un forte distacco dal passato, perché vede emergere un nuovo modello di uomo e una nuova visione del mondo. perciò vediamo che, in poco tempo, nascono delle personalità rivoluzionarie in vari settori.

Nel 1483 nasce il teologo e riformatore Martino Lutero, nel 1452 nasce il pittore, scultore e ingegnere Leonardo da Vinci e nel 1453 nasce Teofrasto Paracelso. Nel 1509 nasce il teologo e riformatore Giovanni Calvino, nel 1510 il medico e filosofo Girolamo Cardano e nel 1517 nasce l’astronomo Nicolò Copernico e il filosofo Pico della Mirandola, tanto per citare alcune delle personalità più conosciute.

Tutti costoro vennero a portare una novità: una nuova visione religiosa, una nuova tecnica pittorica oppure, come fece Paracelso, una nuova visione della medicina. Tutti contribuirono a creare una nuova immagine del cosmo e un nuovo modello di uomo. Uno spirito curioso e innovatore percorse quei tempi che videro l'irrequieta ricerca, l'esperienza diretta e la logica induttiva che Paracelso usò nella medicina.

Philipp Theophrast von Hohenheim nacque il 10 novembre 1493, a Einsiedeln. Il nome Teofrasto fu scelto dal padre in onore del filosofo di Ereso che ammirava. La scelta fu un buon augurio perché il filosofo e medico greco fu allievo di Platone e di Aristotele, ed era considerato il padre delle materie mediche fin dall'antichità. Filippo fu il nome che gli venne imposto molto più tardi e che non volle mai usare.

Paracelso fu il nome che usò sempre, il nome che usavano gli allievi e gli avversari, e fu anche il nome con cui firmava tutte le sue opere. Paracelso era il nome che gli aveva attribuito il padre quando era ancora un ragazzo per onorare quel figlio che era riuscito ad eguagliare Aulo Cornelio Celso, il più grande medico e botanico dell’epoca romana. Il padre Wilhelm von Hohenheim era medico, alchimista, filosofo e teologo e veniva da una famiglia della piccola nobiltà sveva.

La madre veniva dalla famiglia Gratzen ed era una serva ecclesiastica del convento di Einsiedeln, perciò Paracelso venne insultato con l'epiteto di “servo ecclesiastico” dai suoi avversari. Alla nascita era minuto, malaticcio e rachitico, e si dice che la madre fosse instabile di mente e che morì precocemente lasciandolo orfano. Sappiamo che venne educato dal padre con cui ebbe sempre un rapporto di grande tenerezza.

Il dottor Hohenheim dava molta importanza all’azione benefica della natura perciò fece del figlio, il suo compagno preferito per le esplorazioni nelle zone circostanti, alla ricerca di erbe per curare i malati. Lo faceva rinforzare essendo nato con una salute cagionevole, perciò nelle passeggiate che fece con suo padre imparò a conoscere le erbe curative.

Imparò anche a distillare le pozioni curative, i veleni e gli antidoti ai veleni. A quei tempi la farmacopea non era apprezzata come, da millenni, lo era in Oriente e in Cina, e come lo era stata nell’antico Egitto, in Grecia e nella Giudea. Nel Medioevo solo i monaci coltivano nei giardini dei monasteri le piante che avevano delle proprietà medicinali, ma non si conoscevano tutte le loro virtù medicinali.

Einsiedeln sorgeva nella posizione ideale per conoscere la virtù delle piante, perché giace nella fertile vallata in cui scorre il fiume Sihl con le zone paludose in cui crescono molte specie acquatiche. Nei prati cresce la genziana, la salvia, la margherita, la borraggine, il cumino, l’angelica, e altre piante. Nei boschi crescono le asperule, la belladonna, la datura, la violetta e altre graminacee. Sui monti cresce la campanula, la digitale, la cicoria, l’achillea, la veronica, la menta, il timo, la verbena, la salsapariglia, i licheni, la sanguinella e altre specie.

Paracelso racconta che il padre fu il suo primo maestro di latino, botanica, alchimia, chirurgia e teologia perciò, in seguito, non fece altro che approfondire quello che lui gli aveva insegnato. La sua intelligenza vivace e irrequieta fece in modo che fosse inserito, fin da molto giovane, nella famosa scuola del monastero benedettino di Lavanthal dove studiò con mastro Eberhard Bamgartner che era considerato uno dei più famosi alchimisti del suo tempo.

Perciò il ragazzo si dedicò con passione agli esperimenti di laboratorio e arrivò ad un livello di competenza incredibile. Il clima della Carinzia lo aveva aiutato a rinforzare il suo fisico minuto e la giovinezza compensò le altre carenze, perciò arrivò a ritrovare una salute quasi perfetta. In seguito passò a Basilea dove fece enormi progressi nello studio delle scienze occulte, perché a quei tempi era impossibile diventare medico se non si conosceva anche l’astrologia.

La scienza sperimentale non era ancora nata, e tutte le conoscenze mediche che si studiavano nelle università o nei monasteri erano basate su conoscenze dogmatiche. Gli insegnamenti più rispettati erano quelli tradizionali e consolidati nel tempo. Invece il misticismo e le idee magiche si basavano sul fatto che fosse possibile avere un contatto diretto e personale tra la mente umana e quella divina.

Solo l’unione con lo Spirito Divino poteva farci comprendere il funzionamento dello Spirito Universale nella Natura: questo è quello che credeva Paracelso. Quando arrivò a Basilea nel 1510 aveva già acquisito una buona pratica nelle operazioni chirurgiche perché aveva aiutato suo padre a curare le ferite. All’università trovò solo dei pedanti e dei palloni gonfiati di cui disse: “La polvere e la cenere rispettate di questi spiriti sterili si erano trasformate in materia importante.”

Paracelso comprese che i saggi che venivano onorati erano i custodi pietrificati di una scienza sterile da cui non poteva imparare nulla. Aveva letto alcune opere dell’abate Tritemio che aveva trovato nella biblioteca di suo padre, perciò ne era affascinato quindi decise di trasferirsi a Wurzburg dove viveva l’abate Tritemio. Il vero nome dell’umanista e teologo era Johannes von Eindenberg ma era chiamato Tritemius perché era nato a Trittenheimer.

L’abate era diventato famoso da molto giovane, infatti a 17 anni era fuggito di casa per entrare nel monastero benedettino di Sponheim di cui divenne abate a 21 anni. Tritemio era attratto dall’alchimia e dalla ricerca della pietra filosofale, perciò influenzò Agrippa e Paracelso a cui insegnò a non svelare i segreti dell’arte ai profani.

L’abate riceveva tante richieste da molti studenti che volevano diventare suoi discepoli, ma prendeva solo chi riteneva degno di essere suo discepolo, perché nei suoi laboratori si poteva fare ogni tipo di esperimento alchemico e magico. Paracelso fece un lungo viaggio per andare a Wurzburg, ma era diventato più robusto perciò arrivò in una città in cui tutti pensavano che Tritemio fosse un pericoloso stregone. L'abate aveva compreso alcuni misteri della Natura e del mondo spirituale essendo autore di un testo di angelologia in cui affermava che i 7 angeli principali avevano regnato, regnavano e avrebbero regnato sulle 7 epoche della terra.

Tritemio era diventato un esperto di alcune pratiche di magnetismo e di telepatia, e fu il primo che rivelò la possibilità della trasmissione del pensiero. A lui si deve il primo esempio di criptografia cioè una scrittura segreta che richiede la scoperta della chiave giusta per essere compresa. Tritemio era un profondo conoscitore della Cabala ed era famoso perché offriva delle profonde interpretazioni delle Sacre Scritture. Ai suoi studenti richiedeva la conoscenza accurata dei testi sacri, perciò questa competenza era comune tra i suoi discepoli.

Questo fatto influì su Paracelso che, per tutta la vita, si dedicò a quello studio acquisendo la conoscenza perfetta del senso profondo e del significato esoterico della Bibbia. Paracelso fu allievo di Tritemio e da lui imparò a riconoscere le forze misteriose del mondo visibile e del mondo invisibile. Siamo certi che Paracelso aborrì l’uso di alcune pratiche magiche che giudicò indegne e contrarie alla volontà divina. Così come aborrì anche la negromanzia che veniva praticata da uomini privi di scrupoli perché diceva che quelle pratiche malefiche attiravano le influenze maligne.

Rinunciò anche al vantaggio di sfruttare le pratiche magiche che aveva imparato, perché credeva che le pratiche magiche possono essere usate solo in modo disinteressato e senza ricavare altri vantaggi che il bene degli altri. Fu con questi basi morali che Paracelso si lanciò nelle indagini e negli esperimenti di magia divina. Riusciva a distinguere perfettamente l’elemento spirituale da quello che non lo era, però voleva trovare l’unione con la Divinità perché solo l'unione divina ci salva da ogni errore.

Il suo ideale era quello di curare gli uomini come aveva fatto il Cristo, perciò cercava la stessa comunione che il Cristo aveva avuto con il Potere Sublime. Nel frattempo andava cercando i mezzi che il Creatore aveva messo a nostra disposizione, perciò li trovò nella Natura. Paracelso vede la Natura come una forza materna che ci accudisce e che ci cura. Immaginiamo l’entusiasmo con cui dedicò agli studi di alchimia, poiché dirà: “l’alchimia non ha solo lo scopo esclusivo di ottenere la pietra filosofale, perché la finalità della scienza ermetica consiste nella cura delle malattie.”

Malgrado tutto non si sottrasse all’ossessione dei suoi tempi perciò si occupò anche delle pratiche che volevano ricavare l’oro dai metalli impuri. Secondo qualcuno, intraprese l’opera solo per curiosità e la concluse quando la sua curiosità fu soddisfatta. Ogni campo andava verificato e tutte le cose andavano sperimentate con esperienze dirette che ne confermavano o meno la fondatezza. I biografi dicono che il Paracelso alchimista era insuperabile, perché aveva penetrato tutto quello che uno spirito umano può penetrare.

Aveva il potere di leggere in ciò che studiava fino a scrutare nello spirito delle cose con la stessa facilità dell’uomo che legge un libro. Paracelso non ha nulla di teorico, ma tutto in lui è finalizzato ad un uso pratico perché le sue ricerche sono rivolte alla salute fisica e spirituale dell’uomo. Paracelso si rifà al grande Ippocrate che affermava l’esistenza di 4 succhi che metteva in relazione con i 4 elementi.

Lo studioso di quei tempi vedeva nel corpo umano e nella sua composizione, l’influenza di sostanze spirituali a cui veniva dato il nome di bile nera, di bile bianca, di sangue e di succhi. Ma quei nomi non alludevano alle sostanze fisiche e percepibili, ma alludevano alle forze che costruiscono il corpo fisico. Paracelso credeva che il corpo fisico avesse una controparte eterica, perciò il suo sguardo di medico cercava di scorgere l’aspetto eterico della malattia fisica. Lui credeva che, al disordine del corpo fisico corrispondesse un disturbo del corpo eterico.

Il malato si curava meglio se veniva letto anche il corpo eterico perché l'eterico è il costruttore del fisico. Paracelso usa una medicina olistica e molto intuitiva, perciò si trova a lottare contro i seguaci di Galeno che erano i rappresentanti del modo opposto di essere medico. Galeno insegnava una medicina che sapeva vedere solo le cause esteriori, perché non cercavano l’elemento spirituale che causava il male fisico. Egli si ritrovò a lottare contro tutta la medicina ufficiale del suo tempo per tutti questi motivi.

Perciò non tralasciò di ricordare che quelli che viaggiano in carrozza non possono conoscere il mondo, perché il mondo si conosce ascoltando l’uomo semplice. Paracelso amava viaggiare e viaggiò mescolandosi alla gente semplice, infatti usò la saggezza dei semplici e la trasformò nelle sue geniali intuizioni. Va detto che non si allontanò mai dalle sue aspirazioni spirituali, perché per lui non esisteva medicina, scienze naturali o astronomia senza la conoscenza del Divino. Perciò vide l’uomo fisico come un composto delle stesse forze e sostanze della Natura.

Affermò che se studiamo la Natura dobbiamo vederci gli stessi elementi che vediamo nell’uomo, perché l’uomo fisico è l’uomo elementare che rappresenta un estratto o un succo dei singoli metalli, delle piante, degli animale e della Natura. L’uomo elementare non può essere capito se non capiamo la terra, perché l’uomo trae la sua forza dalla terra. Distingue il corpo sottile che trae la sua forza dagli istinti e dalle passioni, e che viene sospinto dalle leggi di armonia e di discordia. E distingue anche il terzo elemento che chiama spirito perché dice che proviene dal mondo spirituale, e che si mostra come un scintilla divina che è presente nell’uomo.

Poi disse che l’uomo è un estratto dei tre elementi, perché lo spirito umano è l’estratto dell’elemento divino-spirituale del cosmo. Il corpo astrale è l’estratto dell’elemento stellare, invece il corpo fisico è l'estratto dell’elemento elementare-terreno. La malattia si può comprendere solo se indaghiamo sulle sue origini e sulle forze invisibili che agiscono nelle forze morali che sono la causa dell’insorgere della malattia. Paracelso vede una profonda relazione tra l’uomo, il mondo fisico e il mondo astrale in cui è collocato l'uomo: da questo deriva il rapporto tra l’uomo ed i fenomeni del cielo e della terra.

L’aspetto corporeo viene collegato al sale, invece il mercurio viene collegato all’anima e, infine, lo zolfo viene messo in rapporto con lo spirito. E la magia è sapienza perché è l’impiego cosciente delle forze spirituali per ottenere un effetto visibile. La magia è l'uso benefico del volontà: è il mezzo più potente che lo spirito umano può avere per agire a fine di bene: la magia non è la stregoneria, afferma Paracelso.

Molti suoi esperimenti che furono tacciati di stregoneria provarono le proprietà curative dei metalli e anticiparono la metalloterapia, Classificò il bismuto e provò le proprietà curative dei metalli che studiò durante le trasmutazioni a cui li sottopose. Dal ferro, dall’antimonio, dal mercurio e dall’acido solforico e dagli altri metalli trasse delle regole che usò per elaborare la “Teoria dei tre principi” che vide esprimersi in tutte le attività dei corpi. Paracelso usò i termini di Macrocosmo e di microcosmo per esprimere il grande mondo dell’universo e il piccolo mondo dell’uomo, e affermò che uno era il riflesso dell’altro.

Con le sue indagini scoprì le virtù dell’oppio, del solfato di mercurio e di tante sostanze, però non sappiamo nulla di questo, perciò non sappiamo che le proprietà lenitive dello zinco furono scoperte da Paracelso. In un’opera di Adam di Bodenstein edita nel 1536 a Basilea, si afferma che Paracelso fu calunniato indegnamente proprio da quelli che non si fecero scrupolo di rubare le sue idee e le sue scoperte. Venne accusato di essere un mago e ancora oggi la sua figura è circondata da equivoci e calunnie che andrebbero dissipate.

Paracelso fu un mistico che vide Dio nella Natura, perciò la sua intelligenza anticipò molte idee che rivedremo in Giordano Bruno che fu poeta, filosofo, artista e investigatore della Natura. Paracelso. credeva che tutto l’universo mostrava la forza infinita contenuta nell’unità e nell’interdipendenza di ogni cosa con l’altra. Da buon cristiano, Paracelso scrisse nel “Trattato delle Infermità Invisibili" che Dio vuole i nostri cuori e non vuole le nostre vuote cerimonie, perciò se vogliamo trovare Dio lo dobbiamo cercarlo dentro di noi, perché altrove non lo troveremo.

Il Regno di Dio possiede una relazione profonda con la nostra vita, perciò un’anima penetrante può trovare nel suo cuore tutti i misteri di Dio. Gli uomini che cercano Dio lo possono trovare nel tabernacolo del loro cuore, e vi possono trovare anche le chiavi che aprono il suo Regno. Da queste parole si capisce che Paracelso non fu un ciarlatano, ma fu un grande mistico e un cabalista perfetto che visse nello spirito di un vero cristiano. Le leggende calunniose sulla sua morte sono tutte false, infatti sappiamo che morì a Salzbourg il 24 settembre 1541 e che venne sepolto con gli onori che meritava.

Buona erranza
Sharatan

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