domenica 30 gennaio 2011

Il duplice sviluppo dell’uomo


“Per essere certi di venir accolti con favore dagli uomini,
è meglio offrire loro cibo per lo stomaco che per la mente”

(Albert Einstein, Lettera ad un fabbricante di cioccolata,
19 marzo 1954)



Secondo Gurdjieff, il problema dell’uomo è che ancora non è, perciò non è ciò che potrebbe e che dovrebbe essere: in quanto l’uomo dovrebbe acquisire una maggiore elevazione di sé stesso, infatti il sapere è collegato all’essere. Il solo sapere non può elevare la condizione umana se non viene congiunto ad una maggiore consapevolezza, e se entrambi non sono sostenuti da una potente volontà di cambiare sé stessi: nessuna concezione intellettuale ci può guidare, se non questa scelta volontaria che ci conduce ad un livello di umanità più elevato.

Avere coscienza di noi stessi significa entrare in uno stato in cui siamo presenti a ciò che siamo, ma l’uomo riesce a sostenere questo livello di coscienza per un periodo di tempo molto ridotto, perché l’attenzione umana è labile se non è rafforzata da risorse che la motivino, e che la aiutino, infatti l‘essere umano è molto pigro ed è immemore di sé. Nell’uomo esistono due linee evolutive che devono essere sviluppate contemporaneamente, ed esse sono la linea dell’essere e quella del suo sapere, perché entrambi i versanti sanno spingere l’individuo ad una maggiore evoluzione.

Nell’uomo esiste la possibilità di poter scegliere se vivere automaticamente e fisiologicamente, oppure se divenire un individuo cosciente e consapevole: ed è questo il bivio di cui parlano tutte le tradizioni spirituali. Per questo si dice che solo dal nostro interno può sgorgare la giusta scelta sul modo di vivere la vita, perciò la scelta è preliminare all’inizio del nostro lavorare sulla consapevolezza. Nel mondo pochi individui hanno il coraggio di scegliere una via senza cedere alla tentazione della meccanizzazione, pochi sanno volere una vita che sia superiore al livello fisiologico, perché una vita basilare è molto comoda e facile perciò l‘evoluzione è una strada rischiosa.

Una macchina che vuole imparare a conoscersi diventa meno meccanica e condizionabile, perciò la meccanica e la psicologia aiutano a comprenderci, e la macchina che diventa meno automatica e più consapevole diventa anche un meccanismo responsabile del “senso” delle sue azioni. L’uomo tende a vedere la vita come ciò che gli accade, e non come ciò che vuole e che sceglie di fare, infatti l’uomo ignora e non comprende che noi possiamo dirigere il pensiero e le azioni in modo da conquistare il senso della vita: lo sviluppo dell’uomo deve avvenire lungo le due linee “del sapere” e “dell’essere” che devono scorrere e sorreggersi vicendevolmente.

Ma, se il sapere umano oltrepassa il suo essere diventa un sapere nocivo, perché diventa inapplicabile nella vita concreta, in quanto l’uomo sa, ma non sa fare, perciò tutto il suo sapere è inutilizzabile. Se invece nell’uomo prevale il suo essere avremo colui che sa di avere il potere di fare, ma non conosce la cosa che deve fare: un eccesso di sapere produce un individuo che non comprende, perché non possiede il gusto per apprezzare e per discriminare la differenza tra un sapere e l’altro. Anche uno sviluppo eccessivo dell’essere, che non è seguito dal sapere, è assai dannoso perché produce uno “stupido santo” che è pur’esso un vicolo cieco.

In ogni caso la conoscenza è una cosa mentre la comprensione di ciò che si apprende è ben altra cosa, e l’uomo che accumula soltanto delle nozioni senza usarle concretamente per elevare il suo livello di comprensione interiore assomiglia ad un pappagallo ammaestrato. Dobbiamo sapere che, il solo sapere non comporta anche una maggiore comprensione delle cose, perché questa consapevolezza totale è il frutto dell’unione del sapere e dell’essere, ed è per questo che i due versanti non possono essere troppo distanti uno dall’altro nell‘uomo che voglia sviluppare in modo equilibrato.

La relazione che esiste tra il sapere e l’essere non cambia perché vi è un semplice accrescimento del sapere, anche se spesso i due livelli si confondono, in quanto si reputa che più sappiamo e più sappiamo comprendere perciò, seguendo questa falsa concezione, le persone accrescono il loro sapere ma non ottengono l’accrescimento della comprensione di ciò che studiano. In occidente si attribuisce una importanza eccessiva al sapere intellettuale rispetto all’essere, perciò si ammirano delle persone ricche di cognizioni anche se sono carenti di essenza, infatti noi ammiriamo dei sapienti anche se sono degli individui egoisti, invidiosi e meschini a cui tutto il loro sapere non ha apportato alcun arricchimento interiore.

Ogni squilibrio tra sapere ed essere apporta un sapere parziale che privilegia la forma a discapito dell’essenza, poiché ad ogni livello di essere corrispondono delle determinate possibilità di sapere che vi sono collegate, infatti all’interno di una determinata qualità di essere non possono esserci che determinate capacità di sapere, e se l’essere è limitato sarà limitato anche il livello del sapere che può venire accumulato in lui. Dobbiamo sapere, dice Gurdjieff, che il cambiamento della qualità del nostro essere è sempre collegato al cambiamento di natura del nostro intero essere.

L’uomo può avere una molteplicità di caratteristiche e di qualità ed è in grado di ospitare ogni tipo di sentimento, dai più meschini ai più elevati, e queste prerogative possono essere presenti in modo automatico e inconsapevole, oppure possono essere ospitate interiormente in modo consapevole. Nell’uomo automatico tutto ciò che si vive è un fatto che accade, perciò lui subisce e non sceglie quello che vive: nell’uomo moderno non vi è una qualità troppo elevata anzi, spesso vediamo una qualità molto scadente da cui difficilmente potremo ottenere una elevazione adeguata, perciò da questa condizione non vi è alcuna via di fuga.

Per un uomo che è inconsapevole e scadente non si può sperare in alcun tipo di cambiamento, infatti poter cambiare è una grande fortuna, e vi sono al mondo tante “macchine guaste” per cui non si può fare più nulla, dice Gurdjieff. Pochi sono coloro che possono ricevere un vero sapere perché tanti non possono averlo, infatti la loro natura interna si oppone al cambiamento, perciò essi non possono avere uno sviluppo ottimale e le due tendenze si sviluppano in modo unilaterale perché l’uomo riesce a sviluppare più facilmente in modo squilibrato.

Tutti conoscono la differenza di prospettiva che è prodotta dallo stesso avvenimento che viene analizzato con un livello diverso di conoscenza, se il medesimo fatto viene analizzato in tempi diversi con un diverso livello di consapevolezza analitica, infatti è il livello di comprensione dell’individuo che si è elevato, perciò la comprensione del fatto è mutata insieme all’individuo. Il nostro sapere è sempre collegato allo sviluppo dei nostri centri interni, infatti la comprensione è sempre il risultato ottenuto dall’integrazione di mente, di cuore e di azione.

Gli uomini credono di comprendere, ma essi non sanno come “sentire” quello che capiscono intellettualmente, perciò non riescono ad agire in conseguenza al loro comprendere, infatti si limitano nell’utilizzo di un solo livello di funzionamento del centro intellettivo, emotivo o motore. Le persone usano le parole senza pensare a quello che è il loro vero significato, molti parlano senza sapere cosa poter fare, e tanti agiscono senza capire lo scopo delle loro azioni, in quanto fanno ciò che gli hanno insegnato a fare. Uno dei motivi di divergenza tra il sapere e l’essere dell’uomo è nella mancanza di comprensione del linguaggio, è nell’inconsapevolezza dell’agire e nella carenza di chiarezza delle strategie da usare nell‘agire concreto.

Solitamente le persone vedono solo la personalità che nasconde l’essenza umana, perché l’essenza si nasconde dietro la personalità, infatti le due parti si nascondono una dietro l’altra. La maggioranza delle persone, dice Gurdjieff, non possiede alcunché di suo proprio, perché tutte le idee che mostrano è ciò che viene rubato dall’ambiente esterno, perciò tutte le idee e tutte le convinzioni, tutti i pensieri e tutte le teorie sono il frutto di ciò che è stato arraffato da ogni parte. Prevalentemente è con il furto che viene creata la personalità umana, perciò nessuno può lavorare su una materia che gli è estranea e sconosciuta, perché essa corrisponde al progredire in terra straniera, e in tali uomini si registra l'arresto ai livelli più bassi di sviluppo.

Un lavoro evolutivo è sempre possibile, ed è fattibile fin da subito, ma la condizione giusta è che l’uomo accetti di lottare per fuggire al destino della ripetizione dei comportamenti collettivi, infatti persino le influenze planetarie possono essere modificate, in quanto esse non sono immutabili nel tempo. Per tutti esistono delle possibilità che giungono, ma sono gli uomini che scelgono di nutrire i gusti di personalità costruite con le qualità che sono state rubate agli altri, infatti sono gli uomini che trascurano lo sviluppo della loro vera essenza. Sono gli uomini che non vogliono essere perciò non riescono ad agire secondo i loro desideri, infatti lasciano che una personalità fittizia agisca nella loro vita facendo delle scelte per conto loro, ed è questa la ragione per cui gli uomini non evolvono, e perché essi non conoscono il senso di una vita che non scelgono.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 26 gennaio 2011

I frutti della continuazione


"L’uomo che non è collegato, non possiede la totalità…
la totalità consiste in una miscela di io e tu."

(Carl Gustav Jung)


Se guardiamo gli alberi che mutano il colore delle loro foglie con il trascorrere delle stagioni, e se guardiamo i colori con cui i fiori arricchiscono le loro fioriture possiamo vedere che queste cose belle sono tra le cose migliori della natura, insieme ai paesaggi e ai colori del cielo. Anche gli esseri umani, dice Thich Nhat Hanh, possono divenire come alberi e come fiori, perciò anche noi possiamo offrire la bellezza in ogni momento che viviamo e lo facciamo usando i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni.

Vivendo possiamo offrire al mondo le nostre cose migliori che sono la nostra continuazione, perciò queste cose saranno tutto ciò che resterà di noi. L’uomo può fare un buon uso del suo tempo e delle sue energie, perciò può diffondere delle parole meravigliose che fanno sbocciare la pace, l’amore e la gioia in tutti i luoghi in cui si diffondono questi semi positivi. Queste nostre parole possono generare una enorme forza di compassione e di comprensione che possono diventare una fonte concreta d’ispirazione per tutti coloro che noi incontriamo nella nostra vita.

Tutti possiamo imparare a comprendere e ad amare, dice Thich Nhat Hanh, perciò possiamo aiutare sia noi stessi che il nostro prossimo infatti, nella vita, dobbiamo sempre sostenerci e proteggerci vicendevolmente l’un l’altro: è solo così che l’uomo può lasciare una buona continuazione di sé, perché l’uomo è nella somma delle sue azioni, anche se l’essere umano è più grande di tutta la somma delle sue parti. In senso pratico dobbiamo sapere che dovremmo lasciare tutto quello che vediamo, ma qualcosa di noi resta sempre: le cose che restano, e che gli altri vedono di noi, sono costituiti dai frutti dei nostri pensieri, delle nostre azioni e delle nostre parole, perché queste sono le cose che noi seminiamo nel cammino, e che lasciamo nel mondo.

In esse vi è il nostro karma, cioè vi è la nostra continuazione, perché il karma è un’azione che ha il duplice significato di causa e di effetto: in ogni nostra azione vi è la causa, perché tutto ciò che facciamo avrà il suo effetto sulla nostra futura salute fisica o mentale, e sulla salute del mondo. Se l’effetto sarà amaro o dolce, sarà solo per merito della natura dei pensieri, delle parole e delle azioni presenti che hanno sempre delle conseguenze nel tempo futuro: sia il pensiero che l’azione sono dei modi con cui agiamo sul mondo, perciò se le usiamo per diffondere la rabbia, la paura o la disperazione questo si ripercuote sulla nostra salute, e sulla salute del mondo che ci circonda.

I pensieri più dolorosi e le azioni più negative sono energie molto potenti perché possiedono la forza e l’energia della distruzione, ed è per questo che non possiamo usare questi mezzi per agire sul mondo, dice Thich Nhat Hanh. Invece, se usiamo delle energie positive avremo un potente aiuto per la nostra guarigione e per la salute del mondo, perciò dobbiamo coltivare il desiderio e la volontà di dare sollievo, e dobbiamo usare i pensieri, le parole e le azioni più degne che ci permettono di trasformare e di risanare tutto.

A livello intellettuale possiamo anche accettare il fatto che le cose sono transitorie, ma tendiamo a dimenticarcelo, però il concetto di impermanenza e di continua trasformazione deve proteggere il nostro pensiero dal compiere dei passi errati. Le nostre azioni e i nostri comportamenti sono il karma dell’uomo, infatti sono la nostra continuazione, e la nostra vita futura è sempre il frutto dei semi che spargiamo nella vita. Per capire che dobbiamo avere una buona continuazione non possiamo aspettare che giunga la morte, infatti ogni manifestazione positiva deve avvenire nel tempo presente.

Il corpo e la coscienza umana sono organismi complessi, e in loro vive la traccia di moltissime specie viventi in cui è scritta l’intera storia dell’umanità, poiché in ogni nostra cellula si racchiudono moltissime informazioni su tutti i nostri antenati, che non sono soltanto delle forme umane, ma sono anche delle forme minerali, vegetali e animali. Nel nostro “io” vi è tutto il passato atavico umano, e vi è il momento presente, ma vi sono anche i semi futuri della continuazione: l’uomo dovrebbe avere sempre una conversazione costante e profonda con le proprie radici di sangue, e con i suoi legami spirituali.

Su tali obiettivi l’essere umano dovrebbe avere percezione e determinazione costante, perché la vita serve anche per realizzare le aspettative che i nostri avi nutrono su di noi. Ma l’uso dell’intelletto umano non basta per comprenderlo, perché la mente non è sufficiente per far nascere la compassione e la comprensione, in quanto essa non basta per distogliere l’uomo dal fascino del potere, del denaro e della lotta con i suoi simili. Questo avviene perché la mente divide il mondo tra un “sé” e un “non sé” che c’impedisce di costruire la pace, e non sappiamo essere felici, perché non sappiamo più come prenderci cura di noi stessi e del nostro pianeta.

Saper vedere che l’uomo contiene anche elementi non umani ci fa capire che il vivere umano è un “inter-essere” con tutto il mondo, dice Thich Nhat Hanh, infatti “gli atomi e le pietre sono la coscienza stessa,” perciò dovremmo cessare di pensare che vi sia una divisione tra ciò che è vivo e ciò che è inanimato. Se l’uomo non teme la morte può accettare l’impermanenza della vita umana, perciò crediamo al fatto che tutto ciò che è al mondo è vivo, e che possiede una forma di energia sicura e positiva, infatti sviluppiamo l’amore e la compassione per tutto ciò che ha vita, poiché esse sono le forme più pure che nascono dalla nostra visione più profonda.

L’uomo ha sviluppato l’alienazione più grande con la sua natura interna e con il mondo che lo circonda, perciò l’uomo è un essere malato e, nel mondo, vi sono troppi malati di questo genere: l’uomo dimentica che il corpo non è solo un involucro fisico visibile, ma che vi sono anche tantissimi fattori esterni che sono anch’essi responsabili della nostra sopravvivenza futura. Nel petto umano batte un cuore, ma esiste anche in cielo un grande cuore che batte per tutti, ed è un cuore esterno che fornisce la vita a tutto il nostro pianeta.

Tutti siamo i consumatori della luce solare che ci nutre in modo diretto e indiretto, ma noi dimentichiamo i grandi benefici di questo cuore, mentre questa riflessione dovrebbe essere il primo principio dell’inter-essere dell’universo, dice Thich Nhat Hanh. L’essere umano è prigioniero di una identità ristretta, per cui sfruttiamo delle piccole comodità mentre distruggiamo dei vantaggi molto più grandi perché non sappiamo incarnare la nostra vera natura.

L’uomo è il figlio della terra su cui deve continuamente fare il ritorno nel ciclo delle sue nascite, perciò dovremmo preservare il nostro mondo, in quanto questa difesa fa parte dei nostri doveri di esseri umani, e perchè questo mondo è il nostro fattore di vantaggio in quanto, se la terra continua a vivere, essa continua ad esprimere gioia, pienezza e bellezza, e continua a fornire la piena vitalità. Gli esseri umani devono sempre più impegnarsi a praticare un amore incondizionato per la nostra realtà, affinché il mondo sia sempre popolato di rocce, di alberi e di fiori, e queste non sono teorie buddiste, dice Thich Nhat Hanh, ma sono delle verità scientifiche che valgono per tutti.

La specie umana è molto giovane e molto ignorante, perciò abbiamo ancora molto da imparare da ogni fiore e da ogni farfalla, perché essi sono i canali di apprendimento migliori per una ecologia della mente che possa sconfiggere la violenza e la sconsideratezza umana. La conoscenza umana è ancora priva di alcune qualità perciò, senza di esse, la nostra consapevolezza non vale molto, infatti non sappiamo coltivare la più nobile natura umana: l’uomo non sa alleggerire il passo con cui procede sulla terra, e le nostre impronte pesanti stanno causando molti danni al pianeta per l’ignoranza, l’arroganza e l’avidità umana.

L’uomo deve saper operare una rigenerazione della sua terra per ritrovare la pace e la felicità di cui il mondo avrebbe tanto bisogno, l’uomo deve cercare il risveglio della migliore consapevolezza umana e deve agire in modo positivo per aiutare la grande famiglia umana. L’uomo non deve mai cadere vittima della disperazione, infatti la visione profonda e la meditazione infondono nella condizione umana una sensazione di pace e di calma con cui possiamo rientrare in contatto con la natura più profonda di noi stessi, e questo ci può risanare perchè può trasformare e può nutrire l’essere umano individuale e collettivo.

Tutti dobbiamo incarnare praticamente il messaggio che vogliamo offrire al mondo, dice Thich Nhat Hanh, tutti noi dobbiamo imparare a guardare con maggiore profondità e con intuizione alla vita e al mondo, in modo da imparare a non farci più trascinare dalla corrente ma dobbiamo essere esseri umani attivi nel fare. Solo se il nostro sguardo è profondo possiamo restare nel mondo senza essere respinti ai margini della società umana, perché nessuno deve essere mai respinto dalla vita, ma questo lo possiamo fare solo se usiamo lo sguardo del bodhisattva Dharanimdhara, il Sostenitore della Terra, perché sono gli occhi consapevoli che c'insegnano a vedere la bellezza del mondo.

Buona erranza
Sharatan

domenica 23 gennaio 2011

Il nutrimento della luna



“Ciò di cui siamo privi non lo possediamo,
mentre è ciò di cui siamo privi che ci possiede”

(Martin Heidegger)


La scienza ufficiale non conosce il motivo dell’origine della vita che appare come un caso accidentale nel corso della creazione, oppure appare come un elemento di disturbo ma, ogni conoscenza superiore insegna che non vi è nulla che sia accidentale, e che in natura non vi è nulla che sia inutile, poiché ogni cosa possiede la sua funzione e il suo scopo specifico. Se anche noi crediamo a questo assioma, tutta la vita organica terrestre può essere concepita come un anello indispensabile al destino dei mondi creati, i quali non potrebbero esistere senza questo prezioso anello, come pure esso non saprebbe vivere senza essere incluso nella concatenazione dei mondi, poiché essi furono creati in tale ordine.

Avviene che la vita organica sia sottoposta alla forza delle influenze planetarie, per cui noi siamo inseriti nel flusso di forze che trascinano i mondi con cui siamo collegati, e di cui subiamo l’influsso che può essere più o meno potente. Dobbiamo sapere che, a causa dell’ordine creativo, le forme vitali terrestri sono destinate a nutrire la crescita e l’evoluzione della massa lunare, infatti la luna riceve l’energia che usa per evolvere dalla terra, ed essa si nutre della potenza energetica vitale terrestre, perché sulla terra si accumulano delle forze energiche che la massa terrestre riesce ad accumulare usando il suo magnetismo, e l’accumulatore energetico che è la terra viene continuamente potenziato da tutta la forza vitale che esiste sul pianeta.

La vita terrestre, sia essa costituita da minerali, piante, animali oppure di esseri umani serve come nutrimento della luna, la quale non potrebbe esistere senza l’uso di queste risorse energetiche, poiché la luna è un gigantesco essere vivente che vive e si nutre di tutto ciò che respira, perciò di tutto quello che germoglia e che cresce sulla crosta terrestre. La terra e la luna non potrebbero esistere divise una senza l’altra, perché i loro rapporti sono basati su un’azione elettromagnetica, e se questa calamita si interrompesse, tutta la vita organica ricadrebbe nel nulla.

Tutto ciò avviene poiché il raggio della creazione in cui è stata inserita la terra, fin dalla sua creazione originaria termina con il pianeta lunare e perché, nell’economia universale, nessuna forma di energia viene mai sprecata, e ogni forza che ha concluso il suo corso va riciclata e riutilizzata. Ogni forza energetica deve sempre arricchire il suo raggio di creazione, infatti nulla nasce e nulla muore, e tutto è in continua trasformazione perciò ogni elemento che è stato creato deve provvedere alla sua nutrizione nutrendo anche gli altri elementi, infatti la terra offre soddisfazione alla fame lunare.

Ma, anche la terra fa la sua crescita autonoma, infatti il suo sviluppo non avviene per l’aumento di quantità della sua massa, ma è nell’incremento di coscienza e di raffinatezza percettiva, in quanto tutte le influenze planetarie a cui la terra soggiace sono diventate insufficienti e troppo grossolane per permettergli il salto evolutivo adeguato ai suoi fini evolutivi. La terra necessita di influenze più avanzate e più raffinate ma, per riceverle, deve sviluppare degli organi percettivi assai più avanzati, e tutta la vita terrestre deve sapersi evolvere tramite questa raffinatezza percettiva.

Tutti gli esseri organici terrestri devono evolvere per nutrire i bisogni dei pianeti e la fame della luna ma, se la vita terrestre non riesce più ad assolvere al suo scopo nutritivo, anche la luna non può crescere, perciò la luna comincia ad avere fame. Dobbiamo ricordare che tutta la creazione assomiglia ad un albero, in cui ogni raggio è un ramo che deve fiorire e che deve germogliare continuamente, infatti nel nostro raggio creativo uno dei germogli è costituito dal pianeta lunare.

Sarà evidente il disturbo di un ramo lunare che non fiorisce infatti, se la luna non si nutre e non cresce per produrre altri germogli, è tutto il nostro ramo di creazione che ne risente, in quanto è tutto il ramo che si arresta e che si atrofizza. Appare anche evidente che la creazione prevede una via di fuga e un rimedio, perciò può far nascere un nuovo ramo laterale, cioè essa trova una nuova via evolutiva per continuare la creazione. Se avvenisse che la vita organica terrestre venisse a mancare, anche tutto il resto del ramo creativo ne soffrirebbe, perchè tutti siamo collegati strettamente nel tutto perciò, sia alla terra che alla luna vengono fornite le medesime possibilità evolutive che vengono fornite ad ogni altro ramo.

Comunque, se le opportunità sono identiche, non abbiamo alcuna garanzia di poter avere le medesime capacità evolutive, infatti tutto dipende dall'armoniosa capacità degli elementi che sono nella struttura del tessuto interrelato. Dobbiamo sapere che la crescita evolutiva generale è possibile solo se il ramo cresce con la ramificazione apicale nella sua estremità, ma questa crescita comporta che una parte dei tessuti del corpo debbano nutrire la restante parte dell’organismo. Se vogliamo consentire lo sviluppo futuro, anche nel corpo umano, una parte delle cellule evolve e prospera solo perché un’altra parte delle sue cellule viene fagocitata per consentire la crescita diventando il suo nutrimento e il suo ambiente evolutivo.

Al livello cosmico, per ogni creatura vivente vi è una classe ed una specie che ne definisce l’ordine giusto in cui l'essere viene collocato e classificato con esattezza e con delimitazione precise, innate con le sue condizioni creatrici. Per l’essere vivente, ad ogni ordine cosmico, sono determinate tre condizioni per definire il suo “essere“, ed esse sono: innanzitutto ciò che egli mangia, poi ciò che respira, infine l’ambiente in cui l'organismo vive e prospera felicemente. Per l’essere umano esistono tre tipi di nutrimento costituiti da ciò che egli mangia fisicamente cioè il suo cibo, poi vi è dall’aria che respira, infine vi sono le impressioni di cui nutre interiormente il suo essere.

Queste sono le ragioni per cui nessuna creatura può mutare arbitrariamente le sue caratteristiche costitutive naturali, e perchè non possiamo cambiarle a nostro piacere, ma sappiamo che possiamo solo trasformarle. La trasformazione possibile è quella che facciamo portando delle sostanze grossolane ad un livello più raffinato e sottile, in quanto l’organismo umano può fare questo lavoro in cui ascende dal basso per salire verso l’alto, ma l'uomo non può portare nel suo corpo delle sostanze sottili se il suo organismo non ha gli strumenti opportuni a trattarle e renderle assimilabili e nutritive, infatti esse diverrebbero letali come veleno.

Non possiamo cambiare né l’aria, né il nutrimento, dice Gurdjieff, ma possiamo modificare la qualità delle impressioni possibili per l’uomo, poiché questo perfezionamento non è impedito da nessuna legge cosmica. L’uomo non deve migliorare la qualità della sua costituzione ma può migliorare la qualità delle impressioni che ospita nel suo interno, perché un uomo che si nutre solo di impressioni grossolane è molto diverso da colui che sa apprezzare le materie più sottili e raffinate, e l’intelligenza di una materia viene determinata dalla creatura alla quale essa serve da nutrimento.

La parte di vita organica che sta facendo l’evoluzione è la specie umana che va considerata come un tutto che deve poter operare nell’evoluzione generale del raggio in cui essa è inserita: se l’umanità non sa evolversi determinerà un disturbo e un arresto di tutto il suo raggio di creazione. Una umanità che non evolve diventa inutile per l’economia generale cosmica, e non è più adeguata ai fini per cui fu creata, così che un arresto dell’evoluzione umana può portare alla distruzione dell’umanità. Sarà chiaro che non possiamo dire che ciò possa accadere, non possiamo sapere come le masse umane sceglieranno di avanzare, possiamo solo vedere quello che l’uomo fa, per cercare di farlo agire diversamente e in modo migliore di come agisce adesso.

Dobbiamo sapere che l’evoluzione è una opportunità, ma che nessuna opportunità ha delle soluzioni infinite, che la scelta umana è fattibile, anche se prevalentemente l’umanità crea e distrugge, e in ogni nuova creazione fagocita sempre una parte di sé. Ad una evoluzione che uccide la barbarie segue una nuova schiavitù, ad ogni periodo di raffinatezza e bellezza seguono periodi oscuri in cui vi è solo volgarità e grossolanità, perciò ad ogni conquista di libertà segue una oppressione. D’altro lato, dalla stagnazione viene solo la morte, perché la stagnazione significa che si è pervenuti ad un equilibrio che va trasformato nuovamente per perfezionarlo.

Un cambiamento può essere fatto soltanto quando l’uomo si trova ad un “bivio” in cui vi è l’incrocio che permette un cambio di strada, perciò cambiamo quando siamo nell’intervallo tra un “incrocio” ed un altro, e nessun cambiamento può esserci se tutto scorre in modo meccanico e automatico. In queste ossessive condizione le persone sono condannate a girare come in un cerchio senza vedere delle opportunità, se non vogliono cercare delle altre vie. Queste vie sono una opportunità e non sono un obbligo, perché non sono le vie che scelgono gli uomini, ma sono gli uomini che cercano e scelgono le vie.

Nulla distingue un uomo da un altro se non che un uomo ha fame, e la sua fame lo spinge a cercare qualcosa che lo possa nutrire più adeguatamente. Nessuno sceglie gli uomini, sono gli uomini che si scelgono, poiché chiunque conosce la fame, chiunque sente una fame violenta deve cercare di saziarla adeguatamente, perciò la fame può giungere in modo accidentale oppure può essere un incontro occasionale uscito dalle circostanze più sfavorevoli che funge da shock, e che la risveglia. Gli uomini possono sfuggire al destino generale, possono uscire dal destino di creazione e di distruzione, possono sempre trovare una nuova via, perché nella vita è questione di saper scegliere di ascendere la scala evolutiva giusta.

Il bivio è sempre una opportunità per l’uomo, ma la possibilità avviene solo quando abbiamo il momento, poiché le cose vanno fatte solo in quel frangente, mentre nel corso ordinario si vive in modo meccanico e si agisce in modo inconscio, perciò le cose accadono senza averne alcuna coscienza. Secondo Gurdjieff, si rende necessario uno shock per imprime alle persone e alla specie umana la possibilità di fare il salto evolutivo che la faccia avanzare, in quanto l’umanità e le persone si chiudono in circoli viziosi da cui hanno difficoltà ad uscire, perciò deve giungere una scossa che ci offra una via di fuga da queste letali condizioni di vita.

La soluzione, dice Gurdjieff, sia nella vita umana individuale che nella vita collettiva è offerta dalla creazione di un solido "nucleo cosciente" che è sempre necessario per elevare la percezione dal livello meccanico alla consapevolezza umana che non siamo i titani della creazione, ma che siamo solo un anello di un ordine superiore. Al punto attuale vediamo l’umanità che sta privilegiando la personalità a scapito dell’essenza, vediamo uomini meccanici storditi dalle mode, vediamo il gusto per l'artificio e la falsità, vediamo prevalere l’eccesso e il grossolano, in pochi vediamo la capacità di apprezzare la bellezza, in pochi vediamo il rispetto dei principi e dei valori umani migliori.

Vedendo la natura umana odierna, in cui non appare alcuna chiarezza percettiva e che è carente di una coscienza più elevata di una condizione spirituale primitiva, noi potremmo disperare se non avessimo la certezza che la possibilità di evoluzione è innata nella natura umana, perciò essa prosegue sempre ed è inesorabile. Dalla conoscenza antica sappiamo che esistono sempre, in ogni periodo storico, dei piccoli "frammenti di coscienza" e delle "scintille di luce" che giungono per dirci che non dobbiamo vivere meccanicamente per mangiare, bere, e per essere sfruttati come nutrimento lunare: è di questa consapevolezza superiore che ci dobbiamo nutrire in tutte le fasi della nostra vita.

Buona erranza
Sharatan

martedì 18 gennaio 2011

Il lavoro umano


“Colui che rileva i tuoi errori
non sempre è tuo nemico;
colui che parla dei tuoi pregi
non sempre è tuo amico”

(Sun tzu)


Che l’uomo abbia quattro tipi di corpo dovremmo apprenderlo solo a livello intellettuale, dice Gurdjieff, perché è una verità, ma essa non è utile per quanto riguarda quello che l’uomo può fare. Per quanto riguarda quello che l’uomo può fare dovremmo imparare che l’uomo possiede solo il corpo fisico per lavorare su sé stesso, anche se è esistito chi ha saputo avere più corpi, ma questo non serve saperlo se non come dato oggettivo e caratteristico di quegli uomini superiori e rarissimi che hanno oltrepassato ogni natura umana per assurgere alla natura sovrumana prossima alla Divinità

Perciò, dice Gurdjieff, ognuno deve pensare a lavorare per sé stesso, poiché non possiamo fare alcun affidamento sugli altri, infatti non possiamo consolarci per le conquiste altrui, ma dobbiamo lavorare ognuno sulle nostre caratteristiche personali, tralasciando di giudicare o misurarci, in quanto ad ognuno tocca il suo lavoro. Ognuno lavora in base a ciò che è, perché ogni animale lavora secondo la sua natura costitutiva perciò tutti lavoriamo, chi più e chi meno, al nostro perfezionamento.

Alcuni lavorano e sono più atti a questo lavorare, mentre altri sono meno idonei, ma il valore del nostro lavoro non è nella quantità ma nella qualità, perciò si deve lavorare in modo soddisfacente: infatti tutta la qualità del lavoro dipende dal cervello che vi sovrintende, dice Gurdjieff, perché in ogni animale possono esistere fino a più cervelli. L’uomo è stato creato con una costituzione che gli impone di fare uno sforzo fino ad oltrepassare tutti i limiti della sua costituzione naturale, ed il lavoro umano ha valore soltanto se si oltrepassa la scissione dei suoi corpi perciò, normalmente, il lavoro dell’uomo richiede la partecipazione del sentimento e del pensiero, e se l’uomo vuole imparare a lavorare come un uomo deve accettare di imparare.

“Lavorare come un uomo - dice Gurdjieff - vuol dire che un uomo sente ciò che sta facendo, e contemporaneamente, pensa al motivo per cui lo fa, al modo in cui lo sta facendo, come avrebbe dovuto farlo il giorno prima, come lo deve fare oggi, come dovrà farlo domani, qual è in genere la maniera migliore di farlo, e se per caso non c’è una maniera ancora migliore. Chi lavora in modo corretto riuscirà a lavorare sempre meglio.” Secondo Gurdjieff, tutto questo è possibile perché nell’uomo vi è tutta la strumentazione adeguata per potersi sforzare, perché per l’uomo è possibile fare ogni cosa, ed il talento ed il genio non hanno alcun senso, perché il lavoro perfetto riesce se si riesce a fare tutte queste cose da vero uomo.

Nella vita è solo questione di tempo, infatti quello che può fare un individuo è alla portata di tutti gli altri esseri umani, magari qualcuno è più lento e altri sono più veloci nel procedere lavorando, ma una volta imparato, è un procedere tranquillamente e senza problemi con qualsiasi tipo di lavoro. Nell’uomo esistono 3 centri motori, per cui la macchina umana funziona con il centro intellettivo, il centro emozionale e il centro motore per svolgere le sue funzioni fondamentali. Il nostro lavoro inizia con la consapevolezza che la macchina umana si può osservare in tutti i suoi ingranaggi.

Lo studio della macchina ci richiede l’atteggiamento mentale di colui che esamina degli ingranaggi, e che ne apprende i meccanismi con cui avviene il suo funzionamento poiché l’unico segreto del lavoro umano è quello di imparare a lavorare in modo corretto con l’uso simultaneo dei 3 centri fondamentali. Riuscire a centrare i 3 cervelli del meccanismo umano è il vero lavoro dell’uomo, in cui si può raggiungere la perfezione, anche se perfetto è il nostro modo di saper lucitare un pavimento, ci ricorda Gurdjieff.

Ma, prima di poter centrare i 3 cervelli per poterli dirigere ad un obiettivo ed uno scopo specifico è necessario conoscere quali meccanismi condizionano i nostri 3 cervelli, come si possano attivare e plasmare, e quali elementi li condizionano. Il più disponibile a collaborare, se viene stimolato, perciò la parte più influenzabile dell’uomo è il suo centro motore che è governato dalle sensazioni che giungono dall’ambiente esterno. Poi è collaborativo il centro intellettuale che può essere pervaso dalle idee che vengono instillate nella mente come semi che germogliano, nel corso del tempo, perciò la persuasione della mente deve essere costante e lungamente ripetuta.

Comprendiamo facilmente perché il lavoro sulle menti degli uomini sono costanti, lente e protratte con un ritmo ipnotico e ripetuto che permette l’abitudine e lo stato ipnotico dell’uomo. La parte più ostica ad essere convinta è il nostro centro emozionale in cui abitano i nostri sentimenti che sono il lato più viscerale, perciò il più difficile da rinnegare. Il nostro obiettivo non è quello di plasmare questi 3 cervelli, ma è quello di non dipendere più dalle associazioni che questi cervelli sono abituati a fare con i pensieri, le emozioni ed i sentimenti consueti così da convincerci che tutto resta immutabile nel tempo.

Il lavoro dell’uomo deve venire applicato nella nostra vita pratica anche se non avviene affatto, infatti la gente vive ma non lavora su sé stessa in quanto agisce come se fosse un operaio che viene pagato alla giornata e che viene incatenato ad una catena di montaggio che macina della materia umana. Alcuni non traggono alcun disagio da queste condizioni, dice Gurdjieff, perciò neanche le notano, e altre condizioni non desiderano affatto perciò neppure le cercano. Ma coloro che cercano davvero devono sapere che essere consapevoli che siamo degli egoisti nel volere fare il lavoro ci permette di diventare anche più altruisti in futuro: il fatto è che nel disseminare la conoscenza si viene arricchiti dal ritorno di tutto il bene e di tutta la luce che diffondiamo, poiché dall’amore ritorna solo l’amore.

Ogni categoria mentale va saputa lasciare da parte perché l’unica cosa che conta è capire che dobbiamo saperci mettere a nudo in tutti i nostri aspetti peggiori affinché essi vengano ripuliti per divenire le “bellezze nascoste” che finalmente diventano visibili. Non comprendere questa necessità di riparazione che è insita in ognuno di noi ci dona l’arroganza di valutare come dementi ed imbecilli tutto il resto del mondo senza comprendere che essi sono solo specchi di noi stessi, infatti noi possiamo riconoscere solo ciò che ci è familiare.

Noi vediamo tutti i nostri vicini come degli “esseri nudi” nei loro difetti e nei loro limiti, perché essi sono come noi, perciò tutti abbiamo limiti e difetti e noi non potremmo saperlo se non vedessimo quelli degli altri. Gli altri ci aiutano ad affrontarli dandocene una esperienza esterna e più chiara della percezione interna che è cieca, perché non può vedersi senza l‘aiuto di uno specchio che la riflette a noi stessi. Nessuno può giudicare interiormente le qualità e i difetti e le limitazioni altrui, perché quelle sono le nostre stesse limitazioni ed i medesimi difetti, perciò dovremmo sempre comprendere che anche noi, nella medesima situazione, forse ci saremmo comportati come loro.

Da ogni situazione, che sia bella o che sia brutta dobbiamo saper trarre le risorse per evolvere e saperci comportare in modo adeguato facendo del nostro meglio, perciò possiamo considerarci fortunati quando possiamo usufruire dell’esperienza e dell’esempio degli altri, usando l'esempio della vita delle persone che incontriamo nella nostra vita. Quando possiamo servirci degli altri in tutti gli aspetti migliori e peggiori, noi abbiamo un privilegio e un contributo prezioso, perciò dobbiamo essere felici di poter aiutare gli altri usando i nostri aspetti migliori e peggiori facendo tutto il possibile, senza giudicare e condannare nessuno se non riesce a lavorare più velocemente.

Le persone sono tutte fallibili, perciò siamo tutti uguali ma possiamo comportarci anche in modo differente perché siamo unici e diversi, in quanto ogni essere umano è sempre ben differenziato, perciò siamo sempre liberi di fare. Nel vivere, dice Gurdjieff, tutti abbiamo bisogno dell’aiuto reciproco, perciò è necessario aiutare gli altri non per loro stessi, ma perché così anche loro ci aiutano, perciò ogni altruismo diventa il più sublime egoismo. Un secondo vantaggio del lavoro umano è offerto dall’evidenza che attraverso gli altri noi aiutiamo ancor di più noi stessi, perché essi ci insegnano sempre qualcosa che era sconosciuto di noi stessi.

Nell’altro noi "riportiamo a casa lo straniero" che era esiliato dalla coscienza, e questo guadagno noi lo conserviamo sempre in noi, e lo possiamo spendere con tutti coloro che incontreremo nella nostra vita futura. Le sole domande che orientano l’uomo che vuole lavorare su sè stesso sono: "Perché sono qui? Vale la pena di restare?" Quando siamo giunti nel mondo noi sapevamo, ed è giunto il momento che il "ricordo di ciò che siamo" si risvegli per fornire il percorso giusto, e per indicare il vero senso del nostro percorso.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 13 gennaio 2011

La conoscenza umana


“Un uomo sazio non comprende un uomo che ha fame”

(Georges Ivanovic Gurdjieff)



Secondo Gurdjieff l’uomo rifiuta la conoscenza perché non ha alcun desiderio di ridurre la sua ignoranza, perciò le cose restano come sono inoltre, l’uomo deve imparare anche a dire la verità perché non lo sa fare, infatti comunemente si crede di dire la verità, ma è molto raro che un essere umano ami la verità, perché gli uomini mentono a sé stessi e agli altri per abitudine.

Chiaramente crediamo di saper dire la verità ma, per poter dire la verità è necessario saper discriminare la verità dalla menzogna, e questa chiarezza deve essere posseduta dentro di noi: ma la verità su di noi stessi nessuno la vuole mai conoscere. Perciò l’uomo è rinchiuso in una prigione da cui, se avesse solo un briciolo di buon senso e di cervello, dovrebbe avere solo il desiderio di scappare: invece nessuna fuga è possibile se il prigioniero non vuole infrangere le sue catene.

Il punto di partenza è che noi siamo dei prigionieri della vita, e che ignoriamo come fare per cambiare tale condizione, perché nessuna liberazione è possibile senza il consenso del prigioniero, in quanto nulla è possibile per l’uomo non vuole essere libero e che non collabora alla sua evasione. La libertà e la liberazione umana dovrebbero essere lo scopo primario dell’uomo, e divenire libero dovrebbe essere l’unico obiettivo per cui valga la pena di lottare avendo almeno un briciolo di consapevolezza, poiché la conoscenza è la sola via di uscita che è sicura.

Il motivo principale per cui l’uomo rimane schiavo è l’ignoranza su sé stesso e sul vero funzionamento della macchina umana, in quanto l'ignoranza del nostro meccanismo ci impedisce di governarci e di essere liberi, perciò subiamo ciecamente tutte le forze che agiscono su noi. L’altra idea da assimilare e ricordare è che tutto l’universo è costituito di materia, perciò tutto può essere pesato e misurato, e persino l’Assoluto che chiamiamo Dio non è meno materiale delle altre cose, perciò anch'esso è ben ponderabile e ben misurabile come lo sono sia la luna che l’uomo.

Persino Dio può essere pesato, misurato, espresso e calcolato in una formula ben definita perché il concetto di materialità è relativo come tutte le cose, infatti la materialità dell’Assoluto è una materialità differente da quella di “tutti i mondi.” Le persone pensano che la materia sia la stessa ovunque e le nostre scienze si fondano su questa asserzione che è perciò vera, in quanto la materia è la stessa sebbene la materialità sia differente, perchè i diversi gradi di materialità dipendono direttamente dalla qualità e dalle proprietà dell’energia manifestata in un dato luogo.

La materia, dice Gurdjieff, presuppone che sia esistente la forza e l’energia che sono la medesima cosa, ed esse sono le proprietà e le caratteristiche del mondo dei fenomeni che vediamo. Ciò che è permanente noi lo chiamiamo materia, mentre i cambiamenti che intervengono sulla materia che permane sono manifestazioni della forza e dell’energia. Questi cambiamenti sulla realtà materiale sono il risultato delle vibrazioni, cioè dei movimenti ondulatori che si dipartono dall’Assoluto diffondendosi ovunque, e queste forze vibranti s'incrociano e si combattono reciprocamente, finché si arrestano alla fine del "raggio della creazione".

Se vediamo così, tutto il mondo consiste di movimenti ondulatori vibranti e di materia, ossia di una massa che si muove con una velocità che è inversa alla densità della materia stessa. In realtà, dice Gurdjieff, non esiste alcuna conoscenza segreta, infatti non è possibile godere della conoscenza se essa è suddivisa tra tutti, poiché anche la conoscenza è materiale come tutto ciò che esiste. Di una tale risorsa ne abbiamo a disposizione solo una limitata quantità e una massa definita e misurabile che è il frutto dell’accumulo avuto nel tempo, e da cui tutta l’umanità può attingere attualmente.

Se la conoscenza è assorbita in quantità limitata e definita, essa è anche economizzata al massimo con una distribuzione che si basa sul principio di venire assorbita solo dai pochi che fortemente la amano, perchè essi sanno come farla fruttare e come farla accrescere per ottenere una massa maggiore e crescente, di cui altri individui potranno godere: infatti i pochi la diffondono sempre accresciuta. La distribuzione della conoscenza è una cosa equa, in quanto essa giunge solo a coloro che la sanno calamitare richiamandola al centro di loro stessi mentre, la maggioranza delle persone, ignora ogni desiderio di conoscere e trascura ogni elevazione che vada oltre il minimo dei suoi bisogni vitali.

Di quanta consapevolezza è fornita la specie umana si hanno prove evidenti nelle guerre, nelle rivoluzioni, e nelle situazioni in cui anche il barlume del buon senso umano sembra abolito perciò vediamo, negli uomini, delle "macchine folli" che stanno giungendo a sfidare il limite della stessa sopravvivenza fisica della specie. Ecco perché la conoscenza è assimilata e metabolizzata solo da coloro che sanno apprezzarne il giusto valore, e perchè l’accumulo di alcuni sia conseguente solo al fatto che i più la rifiutano e la respingono.

Vi sono poi dei periodi in cui vi è il declino delle civiltà, vi sono delle epoche in cui le masse umane sembrano impazzite, perciò distruggono tutte le forme di conoscenza che sono state accumulate dalle civiltà precedenti. E' in questi “periodi di demenza” che avvengono dei cataclismi geologici e che accadono delle perturbazioni climatiche e altri fenomeni di proporzioni planetarie che riescono a liberare delle enormi masse di conoscenza che vengono diffuse ovunque, dice Gurdjieff.

Di queste massa preziosa dobbiamo fare il recupero affinché non sia dispersa, così che si rende urgente un lavoro di raccolta e di recupero di tutta la "massa di conoscenza" che si è liberata, prima che avvenga la distruzione della civiltà che l'ha prodotta. Le masse umane non amano conoscere nulla che sia oltre il confine del vivere ordinario comune, perciò i politici lavorano per rafforzare questa ostilità al conoscere, perché dalla morte dell’ignoranza nascono degli individui autonomi e insofferenti ai poteri esterni.

E’ ancor più evidente come, è solo nel conoscere che comprendiamo il valore di ciò che perdiamo, mentre ogni ignoranza è felice di ignorare il valore di ciò di cui non vuole sapere nulla: nel nostro mondo avviene perlopiù così. Per capire la diffusione della schiavitù tra la specie umana è sufficiente osservare come le persone amano vivere, valutare le cose a cui viene attribuito il massimo valore, riflettere su quelli che sono definiti i veri scopi della vita ed esaminare gli ideali che gli uomini pongono al centro del loro mondo.

Se guardiamo dove fluisce il denaro delle società odierne e, pur tralasciando il commercio condotto sulle guerre, comunque vediamo le merci di cui viene aumentato a dismisura il valore monetario, e allora possiamo riflettere sulle mete e gli obiettivi a cui mirano le masse umane. Dall'analisi dei dati possiamo concludere che tutta l’umanità esaminata, per quello che è lo stato evolutivo attuale, è giunta al posto giusto in cui poteva essere a causa dei suoi comportamenti: infatti non vi è nulla di ingiusto, ed è solo la nostra conoscenza che difetta nell'analisi del mondo.

L’uomo, dice Gurdjieff, non può produrre nulla di diverso da quello che ha prodotto, e non possiamo vedere altro che ciò che vediamo: da ciò che vediamo, possiamo comprendere perché vi sia tanta poca conoscenza, e perchè la conoscenza non sia diffusa tra masse che non la conoscono, che non la amano, e che non la ricercano poiché non ne hanno alcun desiderio. E’ questo il motivo per cui, coloro che desiderano conoscere, possono ricevere dei piccoli granelli della preziosa semenza, e perchè essi diventano un pochino più intelligenti.

Ecco perché la conoscenza non è occulta, piuttosto accade che essa richieda una enorme fatica e dei grandi sforzi per essere ricevuta, assimilata correttamente, e poi trasmessa agli altri uomini. Il fatto è che coloro che la ricevono diffondono sempre ciò che sanno, perciò fanno al massimo per aiutare altri uomini a ricevere la verità ma, nessuna verità e nessun conoscere può essere imposto con la forza agli altri. La conoscenza non viene da sé stessa agli uomini che non la vogliono ma, sono gli uomini che la devono ricercare, con il loro sforzo e con l’aiuto di “coloro che sanno,” perché conoscere non significa accumulare delle cognizioni mentali, ma conoscere è vivere in modo autentico e vero nel mondo concreto.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 6 gennaio 2011

Il nostro tempio interiore


“Più siamo “toccati” dagli esseri
e più la loro sostanza si unisce alla nostra.
In realtà tutto si tocca
e si implica reciprocamente.”

(Pierre Lévy)


Vivere nel mondo è come essere nel ciclone perché ovunque è lotta, è conflitto, ovunque è contesa e si vive nel confronto con gli altri, ma questo è il livello superficiale della realtà, per come appare se guardiamo solo superficialmente la vita. Vedere il mondo con uno sguardo superficiale è come guardare un mare in tempesta in cui le onde si lanciano contro gli scogli producendo rumore e frastuono, perciò siamo impauriti dall’agitazione e dal rumore di tutte le attività troppo potenti e disordinate: e tutto ciò riguarda sia la vita umana che l’attività del mare.

Ma la vita e il mare non sono affatto come sembrano poiché sotto la superficie di ogni mare tempestoso e ribelle, negli abissi marini, vi è una zona silenziosa in cui tutto è pace e silenzio, e in cui la vita del mare trascorre pacificamente e senza conflitti: è verso questo abisso di pace che è diretta la nostra ricerca spirituale. Nella vita possiamo scegliere se divenire come quella superficie in cui vi è violenza, vi è lotta, vi è sforzo, e in cui vi sono tutti gli impedimenti che causano malessere e angoscia: di solito l’uomo sceglie di identificarsi con la superficie delle cose, anche se è la parte più disturbata e più influenzabile dell’ambiente etserno.

Tutti i territori di frontiera sono dei luoghi in cui non vi è pace e tranquillità, poiché esse sono zone in cui si devono fronteggiare le forze ostili, infatti ci confrontiamo con ciò che ci è straniero e che non riconosciamo come nostro, e questo è inevitabile e fatale, perciò non è facile vivere tranquilli se siamo dei pionieri. I maestri spirituali insegnano che è possibile vivere bene in quei territori solo se riusciamo a “mettere radici nel centro,” perché saremo ben sicuri ed ancorati ad una terraferma da cui la visione dell’agitazione del mare diventa uno spettacolo meraviglioso da contemplare, e non un fenomeno temibile ed angosciante da subire.

Se l’uomo riesce a mettersi in quiete rendendo silenzioso e pacifico al suo interno, tutti i rumori del mondo non avranno pià un fracasso assordante, nulla sarà sbagliato o inadeguato e tutto sarà leggero come in un gioco. Invece, se l’uomo vive senza un centro definito e calmo viene totalmente assorbito dalla confusione esterna diventando un candidato alla follia inumana che è molto diffusa nella realtà moderna. Tutte le tecniche che possiamo usare per raggiungere questo equilibrio, tutto ciò che ci aiuta a penetrare nei nostri territori di frontiera, e che ci fa momentaneamente dimenticare il frastuono della superficie, tutto ciò ci riporta dove esiste solo la pace mentale e la gioia del cuore.

Se usiamo la mente per restare attaccati alla superficie delle cose illudendoci di restare sereni ci illudiamo, infatti ci insegnano a guardare al lato esteriore che riconosciamo meglio, per questo usare uno sguardo più raffinato e penetrante diventa difficilissimo, ma è un modo di vedere che può essere imparato. Ricordiamo sempre che la mente non vuole osare oltre i luoghi che gli sono familiari, perciò il consueto la rassicura, ed il lasciarsi andare ad un modo diverso di pensare gli causa l’incertezza e l’angoscia, sebbene sappiamo che il percorrere le stesse strade non ci può rendere né più forti, né più coraggiosi e neppure più audaci.

Vi sono tanti che si pongono al centro del mondo perché sono infelici ed inconsapevoli, infatti cercano di costruirsi un’importanza che non sentono di possedere, infatti essi vivono oppressi da un fatale errore di centratura che li aggancia all’ego che gli è stato inculcato con l’educazione, e da cui non sanno evolvere. Valutiamo comunque che, l’uomo non potrebbe esistere se non fosse differenziato e definito rispetto alla realtà che lo circonda, perciò è l’egoità umana che ci permette la coscienza e la consapevolezza individuali. Il nostro ego è come un guscio duro, esso è una buccia che racchiude la nostra tenera essenza interna: se non avessimo questa protezione tutta la nostra individualità si perderebbe nell’indeterminatezza.

La buccia ci protegge e ci separa dal mondo affinché possiamo costruire la nostra “casa dei mille tesori,” che è il tempio interiore in cui ospitiamo la divinità. Se non ci fosse un ego mancheremmo della protezione essenziale, ma questa scorza non deve divenire tanto dura da divenire un ostacolo per il seme si deve schiudere e maturare: infatti la nostra parte più dura deve dissolversi per dare spazio all’ascolto interiore che fa evolvere la nostra consapevolezza personale. Se possiamo percepire che “Io sono” in quanto esisto, è solo per il fatto che il nostro ego ha costruito quel confine difensivo necessario per incubare e per far crescere al sicuro la nostra individualità.

Anche se appare paradossale è solo con il possesso di un centro forte e solido che ci sostiene, e che ci lascia liberi di evolvere abbiamo un crescente progresso spirituale, seppure dobbiamo imparare ad uccidere un ego se è troppo strutturato e se diventa un accentratore e un tiranno prepotente. Similmente dobbiamo usare un salubre egoismo umano per sostenere un centro interiore troppo debole e fragile, affinché sia adeguato e robusto per procedere sulle strade del mondo. Osho scrive che l’uomo che muore con l’ego integro muore come un seme sterile, poiché non ha realizzato tutto il destino che gli era possibile e perchè non ha vissuto consapevolmente.

Noi percepiamo poco noi stessi, perciò sappiamo ancor meno avere una percezione degli altri, infatti possiamo solo fare delle illazioni e delle deduzioni mentali sugli altrui sentimenti e pensieri, infatti pensiamo alle persone come a delle cose su cui avanzare deduzioni e ipotesi mentali, quindi abbiamo timore che anche gli altri facciano la stessa cosa usandoci come oggetti. Questo è il motivo per cui l’uomo non ama eccessive intimità e perché mantiene la distanza e il distacco infatti, la mancanza di un solido centro interiore, ci impedisce di condividere la nostra consapevolezza senza avere il timore di essere destabilizzati dall‘impatto con gli altri, perciò temiamo di metterci in gioco.

Saper condividere la consapevolezza significa riuscire a perdersi pur restando noi stessi, perciò significa saper correttamente differenziare ciò che è nostro da ciò che ci proviene dagli altri, perciò sappiamo scambiare le nostre particolarità godendo di una intimità consapevole in un contatto aperto e fluido che sa lasciarsi andare al mondo e alle persone sentendosi in armonica fusione. Noi siamo preoccupati sempre per noi stessi, e abbiamo paura che ogni cosa nuova possa arrecarci infelicità perché nutriamo eccessivamente un ego che ci trascina nel lato mentale che vede solo infelicità e paura nella condizione umana, poiché l’uomo solitamente sfrutta e non condivide nulla con gli altri.

Dovremmo togliere ogni considerazione eccessiva costruita dall’Io ipoertrofico della mentalità errata che vuole la sola soddisfazione dei nostri desideri e delle nostre necessità, perché crea un centro falso e fittizio. Se impariamo a considerare anche le necessità degli altri nutriremo l’altruismo, la compassione e l’amore, e sapremo capire quando è il momento di essere il centro e quando dobbiamo divenire la periferia del mondo. Questo è il risultato dello sviluppo dell’empatia, con cui sappiamo divenire tanto sensibili da sentirci una sola cosa con tutto ciò che vediamo, che sia pietra, pianta, animale oppure essere umano, in quanto l’empatia è la capacità di avere lo sguardo profondo.

Sentire le affinità significa diventare sempre più empatici, perciò accrescere sempre più in consapevolezza per saper vedere il mondo in modo giusto, infatti lo vediamo in modo chiaro. Osho dice che le persone si perdono la bellezza sensuale del mondo perché temono di mettersi in gioco e rinunciano a condividere i loro sentimenti, gli stati d’animo e le loro esperienze avendo timore della profondità del pensiero e dell’intimità del sentimento. Il nostro contatto con il mondo si è corrotto perché si è persa questa comunicazione empatica tra gli esseri viventi a causa dell’isolamento e dell’egocentrismo che opprime l’essere umano, e che ci costringe e soffoca ogni consapevolezza spirituale.

Nel mondo tutto appare come materia ma questo è solo il livello superficiale perché, se scendiamo sotto la superficie dell’oceano vediamo il livello energetico che deve ascendere per divenire il terzo livello che è il pensiero consapevole, e che i mistici chiamano Dio, che è anche il centro del nostro mondo interiore ed è il livello più intimo e più profondo cui si può giungere. Nel corpo materiale vediamo l’involucro carnale in cui fluisce l’energia del prana ma, ancor più profondamente noi andiamo, più in alto si ascende per divenire consapevolezza.

Dicono che ogni cosa che esiste possiede questi tre livelli di vista, infatti tutto può essere visto basandosi su tre diversi livelli di percezione in quanto, dalla parte materiale si ascende alla parte vitale ed animica fino al risveglio dell’essenza spirituale più pura ed elevata. Se pensiamo a cosa siamo, noi diventiamo inconsistenti nel nostro pensare infatti, se chiudiamo gli occhi scompare tutto il mondo come scompare anche il nostro corpo, e resta soltanto la consapevolezza che “Io sono” perché qualcosa emerge dal mio centro e spinge verso l’esterno.

Non siamo pienamente se non quando diventiamo il Testimone consapevole dell’energia che ci pervade in merito di quella sensibilità empatica in cui la realtà scompare e compaiono tutti i colori e le sfumature del mondo circostante. Ma questo è possibile solo se ci innalziamo dalla prospettiva contingente e superficiale del mondo, e se sappiamo vedere con degli occhi sensibili e raffinati a ogni forma di energia e di luce che esiste, perché ogni cosa è viva e in ogni cosa vi è consapevolezza.

La mente scientifica non è l’unica metodologia per vedere la realtà, essa è il modo più lento e grossolano di guardare, perché non sa vedere tutti i livelli delle cose, la nostra mente razionale non sa osare perché vuole delle modalità certe, perché essa ama i paragoni e lavora con materiali ormai troppo datati. E’ solo il nostro cuore che sa fare a meno delle ragioni logiche per osare un salto conoscitivo che va oltre il sentiero della logica ordinaria, infatti è solo il cuore che sa creativamente “svisare” al gioco della vita. E’ questa la bussola sicura che noi abbiamo e che indica il nostro giusto orientamento, in cui ciascuno fortemente crede perché “sente” che è vero, e che è giusto seguire.

Allora noi osiamo una strada perché sappiamo che è la nostra, poiché una guida interiore ormai è desta e ci spinge ad agire, perché è dall’interno che emerge l’esigenza che sa vincere la mente costringendola ad arrendersi e mettersi da parte, perciò facciamo una rinuncia alle ragioni basate sui calcoli di probabilità e sulle prove del passato. La nostra vita va vissuta nel momento presente, perciò la decisione giusta è quella che giunge senza fatica e che proviene dall’interno della nostra pancia. E’ la mente che scende dalla testa, perciò il pensiero ci deve forzare per credere, ci può condizionare e ci può limitare, mentre la nostra guida interiore è sicura, in quanto vive nelle nostre viscere.

E’ la mente che ama le parti superficiali e che teme di scendere nelle profondità sconosciute mentre, la guida interiore sa ascendere velocemente assieme al nostro vero essere, e ci manifesta sempre qualcosa che è nostro, infatti vive dentro noi senza condizionamenti infusi da valutazioni esteriori e razionali. Nulla può mai interferire con ciò che noi sentiamo profondamente, e che sappiamo essere intimamente come una nostra prerogativa, e l’essere umano potrebbe vivere magnificamente se riuscisse a costruire la sua felicità sapendo usare questa guida sicura e affidabile, che è il Dio personale che vive nel nostro tempio interiore.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 3 gennaio 2011

...e adesso in cammino


"Esci una sera sotto un vasto cielo
stellato, alza gli occhi a quei milioni
di mondi sopra la tua testa.

Guarda la Via Lattea.

In quella infinità, la Terra si dissolve,
sparisce e con essa sparisci anche tu.

Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi?
Dove vuoi andare?

Ti attende un viaggio lungo e difficile
e non sai se ti potrai riposare.

Ricordati dove sei e perchè sei lì.

Non avere troppa cura di te,
e rammenta che nessuno sforzo
viene mai fatto invano.

E adesso puoi metterti in cammino."

(Georges I. Gurdjieff)