domenica 13 aprile 2008

Impronte e tracce di global warming


Il quotidiano La Stampa del 28 febbraio 2008, segnala che la città di Kivalina, nel profondo Nord dell’Alaska, passerà alla storia come la prima comunità ad aver fatto causa per l’«effetto serra», prima impresa legale di tale genere mai tentata negli Stati Uniti.
I legali del villaggio di Kivalina, in cui vivono 390 persone, quasi tutti eschimesi, non sanno dire se il surriscaldamento del pianeta sia configurabile in una precisa categoria di reato oppure no. Tuttavia sanno definire nel dettaglio quali sono i danni riportati dagli abitanti di Kivalina e per questo - appoggiati da due importanti organizzazioni non profit come il Native American Rights Fund e il Center on Race, Poverty & the Environment - hanno fatto causa per «global warming» a Exxon, Shell, BP e altre compagnie. Sostengono che è colpa loro se il ghiaccio di Kavalina si sta sciogliendo. La tesi giuridica degli avvocati è semplice: è soprattutto a causa delle emissioni causate dal petrolio - dicono - che il pianeta si sta riscaldando; dunque è a causa dei petrolieri se i ghiacci dell’Artico si stanno sciogliendo. I danni, di portata tale da mettere a rischio la vita stessa dell’isola, a Kavalina sono accertabili e dimostrabili. Secondo il procuratore Matt Pawa di San Francisco, dove hanno sede legale alcune delle più importanti compagnie petrolifere d’America, si tratta della prima causa per «global warming» mai intentata in America avente “una vittima distintamente identificabile”.
Già nel maggio 2007, gli Inuit della Groenlandia, avevano protestavano contro la British Airports Authority (appoggiata dal governo) che spingeva per avere l’autorizzazione all’allargamento dell’aeroporto di Stansted per arrivare a 35 milioni di passeggeri nel 2015, e potenzialmente a 68 milioni nel 2030. Poco male, se per gli Inuit della Groenlandia e del Canada, questo non significasse il raddoppio delle emissioni di anidride carbonica dovute al traffico da e per Stansted, che oggi ammontano a 5 milioni di tonnellate all’anno. L’appello di Aqqaluk Lynge, leader degli Inuit della Groenlandia ed ex presidente dell’Inuit Circumpolar Council, conclude: «È troppo chiedere un po’ di moderazione per la salvezza del mio popolo oggi e del vostro popolo domani?».
Le popolazioni eschimesi dell’Alaska sono popolazioni che hanno sempre stupito l’uomo bianco per i loro comportamenti. Molti etologi, che hanno lavorato con guide Nunamiut dell’Alaska, sono rimaste stupite dalla completezza di osservazione che essi hanno verso i minimi particolari, verso le più piccole tracce che osservano nell’ambiente polare, ambiente apparentemente monotono ed uniforme. Per gli studiosi, tale acutezza osservativa è presente in tutte le culture orali ed è frutto del continuo esercizio della memoria: l’antropologo Edward T. Hall, ha definito questa differenza di sensibilità, il risultato di una differenza in “schemi sensoriali derivati da un modello culturale”.
Gli studi di Judith Kleinfeld hanno confermato l’acutezza degli eschimesi nella percezione degli stimoli visivi, percezione molto più raffinata rispetto a quella dell’uomo bianco. La studiosa ha osservato il diverso atteggiamento dei bianchi e degli innuit nel rapporto con l’ambiente. Quando il cacciatore eschimese parte per la caccia, lascia a casa tutti i suoi problemi, scivola invece in uno stato di concentrazione ed analisi dell’ambiente circostante ed esamina tutto nei più piccoli particolari. Il suo sguardo è concentrato nell’osservare: la profondità della neve, la natura e profondità delle orme, il modo con cui è schiacciata l’erba lungo la pista, la direzione del vento, il suono contro il giubbotto di pelo, l’odore dell’aria, il profilo dei paesaggi, il movimento ed i voli degli animali, il movimento dei corvi nella vallata, ed altre impronte impossibili da percepire per i bianchi.
E’ abitudine di molti biologi invece, portarsi dietro le loro preoccupazioni e parlarne durante il viaggio. Gli eschimesi, invece, parlano di rado quando sono in movimento e forniscono solo brevi risposte alle domande, che ascoltano con poca attenzione. Quando parlano è per commentare un’eccezione alla regola oppure una particolarità che li colpisce o la previsione di un avvenimento in considerazione delle condizioni ambientali.
I bianchi percepiscono il livello tridimensionale (lunghezza, altezza e profondità) della realtà, mentre James Gibson afferma che ci sono ben 13 tipi di percezione della profondità: gli eschimesi ne percepiscono molte di più dell’uomo bianco. L’antropologo Edmund Carpenter ha descritto la straordinaria destrezza degli eschimesi polari Aivilik a ritrovare la strada di casa, in un’universo privo di orizzonti e privo di punti di riferimento. Sia Gibson che Carpenter affermano che, chi per abitudine legge il paesaggio senza l’ausilio di carte geografiche, sviluppa un occhio sofisticato come l’orecchio del pipistrello.
Tutte le società aborigene hanno un forte legame con la loro terra e la rispettano profondamente. Gli aborigeni australiani credono che: “ferire la terra è ferire te stesso, e se gli altri feriscono la terra feriscono te. Il paese deve rimanere intatto … gli aborigeni si muovevano sulla terra con passo leggero; meno prendevano dalla terra e meno dovevano restituirle.”
Il capo pellerossa Seattle, nel 1853, scriveva in una lettera all'allora presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce: “Come puoi comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Questa possibilità ci è estranea. Noi non siamo i padroni della purezza dell'aria o dello splendore dell'acqua. Noi possiamo decidere solo del nostro tempo. Tutta questa terra è sacra per la mia gente… L'uomo bianco non comprende il nostro modo di vivere. Per lui una zolla di terra è uguale all'altra. Lui è uno straniero che viene di notte e spoglia la terra di tutte le sue ricchezze. La terra non è sua sorella, bensì sua nemica, e dopo averla svuotata, lui se ne va via.. Il suo guadagno impoverirà la terra e dietro di sé lascerà il deserto. La vista delle sue città è un tormento agli occhi dell'uomo rosso. Ma forse questo è così perché l'uomo rosso è un selvaggio che non capisce nulla.”
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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