Assai curiosamente le ricerche scientifiche sui sentimenti e sulle emozioni sono iziate solo negli anni ’60 del secolo scorso, perchè si credeva che i sentimenti e le emozioni, potessero essere indagati solo dai filosofi e dai poeti, e che non fossero analizzabili con metodi scientifici.
Quando, nel 1967, Paul Ekman partì per la Papua Nuova Guinea, andava alla ricerca di un popolo che fosse il più vicino possibile allo stato di natura prima che la civilizzazione spazzasse via le ultime tracce di un popolo incontaminato. Ekman voleva studiare l’origine del sorriso umano, e studiarlo su una popolazione primitiva equivaleva a capirne le origini genetiche umane. Le conclusioni a cui giunse fecero sobbalzare sulla sedia gli studiosi di psicologia umana.
Si era ritenuto che il bambino fosse una tabula rasa e che l’uomo nascesse con la mente vuota, Ekman dimostrò che non è assolutamente vero! I genitori e l’ambiente non travasano i loro insegnamenti e valori in un vaso vuoto, ma in un recipiente pieno di cognizioni umane di base, tra cui il sorriso. L’uomo non deve imparare tramite l’educazione, la mimica dei sentimenti e l’alfabeto delle emozioni, esse sono inserite nella sua dotazione di base.
Gli studi condotti da Paul Ekman sulla tribù dei Fore, gli abitanti degli altipiani papuasiani, si protrassero per molte settimane e furono ampiamente documentate da registrazioni su nastro e da fotografie. I dati dimostrarono che il linguaggio degli umani è diverso, ma la mimica e la gestualità usate per esprimere i sentimenti sono uguali per tutta la specie umana: la cultura non può condizionare la tastiera dell’animo umano e la capacità di esprimere i sentimenti non viene appresa. Ekman classificò 19 tipi di sorriso, di cui 18 assolutamente strumentali e solo uno caratteristico della gioia e perciò autentico.
Ekman dimostrò che quasi tutti i sorrisi vengono indossati come una maschera. Sorridiamo soprattutto per non rivelare la verità sui nostri sentimenti, sorridiamo perché una battuta ci offende, sorridiamo perché abbiamo ansia, sorridiamo perché abbiamo paura e sorridiamo perché ci insegnano a fare “buon viso a cattivo gioco”. Tutti questi sorrisi sono trucchi sociali, sono gesti di disimpegno e trucchi di strategia umana.
Ekman osservò che, nel sorriso di circostanza muoviamo il muscolo dello zigomo, tirando verso l’alto gli angoli della bocca e muoviamo la parte inferiore del viso ma, nel sorrico autentico, non solo solleviamo gli angoli della bocca e la parte inferiore del viso, ma mettiamo in moto anche il muscolo orbicolare degli occhi e la parte superiore del viso. Quando sorridiamo di gioia, s’increspano gli angoli degli occhi e si formano le rughe oculari del sorriso: il sorriso di autentica gioia è quello che inizia negli occhi.
Forse la poesia già lo sapeva se il poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer aveva scritto: “Come un libro aperto leggo nel fondo dei tuoi occhi. Perché la bocca sorride se gli occhi la smentiscono?” Sembrerà strano, ma questo fu il primo esempio di indagine scientifica sull’origine dei sentimenti.
Oggi si arriva ad accettare che i sentimenti coinvolgano tutto il corpo nella sua interezza, oggi sappiamo che il mondo mentale del soggetto è essenziale ma che è il segnale corporeo, che ad esso si associa, a determinare la forza dei nostri sentimenti: è l’unione del corpo e della mente che determina la nostra felicità.
Se le emozioni sono risposte istintive all’ambiente, utili per farci risparmiare tempo in caso di pericoli, i sentimenti sono invece le associazioni che facciamo tra l’emozione e la sensazione piacevole o spiacevole che vi è unita: se le emozioni sono inconsapevoli, i sentimenti sono sempre consapevoli.
Scrive Antonio Damasio in “L’errore di Cartesio” che: “amore e odio e angoscia, qualità come gentilezza e ferocia, la soluzione pianificata di un problema scientifico o la creazione di un nuovo artefatto si basano tutti su eventi neurali all’interno di un cervello, purché questo sia stato e sia in interazione con il corpo cui appartiene. L’anima respira attraverso il corpo, e la sofferenza, che muova dalla pelle o da un’immagine mentale, avviene nella carne.”
Damasio sostiene che non potremmo sopravvivere senza le emozioni sociali che si sono evolute dentro di noi, e il sistema nervoso riesce così a costruire nel cervello le mappe del corpo, dell’ambiente che lo circonda, della sua storia, delle sue esigenze e delle sue decisioni. La mente è “piena di immagini provenienti dalla carne e dalle sonde sensoriali speciali”e la maggior parte delle idee si forma a partire dal “corpo propriamente detto.”
La via che la natura utilizza per il nostro addestramento, è il disturbo dell’omeostasi umana cioè il dolore, e la via con cui ricompensa per le buone scelte è il piacere, solo che l’evoluzione ci ha polarizzati maggiormente sui rischi della nostra condizione piuttosto che sulle sue gioie. Questo ci fa ritenere erroneamente che una vita senza dolore sia automaticamente una vita piena di felicità, ma non è così, perché le aree cerebrali attive nella sensazione di felicità sono diverse da quelle attive nell’infelicità.
Sembrerebbe che tutto sia contraddizione e che la natura abbia fallito nella programmazione dell’essere umano, ma in pratica tutto ciò ci insegna che l’uomo è capace di realizzare la felicità dall’infelicità, e che sa costruire l’infelicità mentre insegue la sua felicità. Nell’uomo, che è un animale complesso, le due vie non si escludono a vicenda.
Buona erranza
Sharatan
Quando, nel 1967, Paul Ekman partì per la Papua Nuova Guinea, andava alla ricerca di un popolo che fosse il più vicino possibile allo stato di natura prima che la civilizzazione spazzasse via le ultime tracce di un popolo incontaminato. Ekman voleva studiare l’origine del sorriso umano, e studiarlo su una popolazione primitiva equivaleva a capirne le origini genetiche umane. Le conclusioni a cui giunse fecero sobbalzare sulla sedia gli studiosi di psicologia umana.
Si era ritenuto che il bambino fosse una tabula rasa e che l’uomo nascesse con la mente vuota, Ekman dimostrò che non è assolutamente vero! I genitori e l’ambiente non travasano i loro insegnamenti e valori in un vaso vuoto, ma in un recipiente pieno di cognizioni umane di base, tra cui il sorriso. L’uomo non deve imparare tramite l’educazione, la mimica dei sentimenti e l’alfabeto delle emozioni, esse sono inserite nella sua dotazione di base.
Gli studi condotti da Paul Ekman sulla tribù dei Fore, gli abitanti degli altipiani papuasiani, si protrassero per molte settimane e furono ampiamente documentate da registrazioni su nastro e da fotografie. I dati dimostrarono che il linguaggio degli umani è diverso, ma la mimica e la gestualità usate per esprimere i sentimenti sono uguali per tutta la specie umana: la cultura non può condizionare la tastiera dell’animo umano e la capacità di esprimere i sentimenti non viene appresa. Ekman classificò 19 tipi di sorriso, di cui 18 assolutamente strumentali e solo uno caratteristico della gioia e perciò autentico.
Ekman dimostrò che quasi tutti i sorrisi vengono indossati come una maschera. Sorridiamo soprattutto per non rivelare la verità sui nostri sentimenti, sorridiamo perché una battuta ci offende, sorridiamo perché abbiamo ansia, sorridiamo perché abbiamo paura e sorridiamo perché ci insegnano a fare “buon viso a cattivo gioco”. Tutti questi sorrisi sono trucchi sociali, sono gesti di disimpegno e trucchi di strategia umana.
Ekman osservò che, nel sorriso di circostanza muoviamo il muscolo dello zigomo, tirando verso l’alto gli angoli della bocca e muoviamo la parte inferiore del viso ma, nel sorrico autentico, non solo solleviamo gli angoli della bocca e la parte inferiore del viso, ma mettiamo in moto anche il muscolo orbicolare degli occhi e la parte superiore del viso. Quando sorridiamo di gioia, s’increspano gli angoli degli occhi e si formano le rughe oculari del sorriso: il sorriso di autentica gioia è quello che inizia negli occhi.
Forse la poesia già lo sapeva se il poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer aveva scritto: “Come un libro aperto leggo nel fondo dei tuoi occhi. Perché la bocca sorride se gli occhi la smentiscono?” Sembrerà strano, ma questo fu il primo esempio di indagine scientifica sull’origine dei sentimenti.
Oggi si arriva ad accettare che i sentimenti coinvolgano tutto il corpo nella sua interezza, oggi sappiamo che il mondo mentale del soggetto è essenziale ma che è il segnale corporeo, che ad esso si associa, a determinare la forza dei nostri sentimenti: è l’unione del corpo e della mente che determina la nostra felicità.
Se le emozioni sono risposte istintive all’ambiente, utili per farci risparmiare tempo in caso di pericoli, i sentimenti sono invece le associazioni che facciamo tra l’emozione e la sensazione piacevole o spiacevole che vi è unita: se le emozioni sono inconsapevoli, i sentimenti sono sempre consapevoli.
Scrive Antonio Damasio in “L’errore di Cartesio” che: “amore e odio e angoscia, qualità come gentilezza e ferocia, la soluzione pianificata di un problema scientifico o la creazione di un nuovo artefatto si basano tutti su eventi neurali all’interno di un cervello, purché questo sia stato e sia in interazione con il corpo cui appartiene. L’anima respira attraverso il corpo, e la sofferenza, che muova dalla pelle o da un’immagine mentale, avviene nella carne.”
Damasio sostiene che non potremmo sopravvivere senza le emozioni sociali che si sono evolute dentro di noi, e il sistema nervoso riesce così a costruire nel cervello le mappe del corpo, dell’ambiente che lo circonda, della sua storia, delle sue esigenze e delle sue decisioni. La mente è “piena di immagini provenienti dalla carne e dalle sonde sensoriali speciali”e la maggior parte delle idee si forma a partire dal “corpo propriamente detto.”
La via che la natura utilizza per il nostro addestramento, è il disturbo dell’omeostasi umana cioè il dolore, e la via con cui ricompensa per le buone scelte è il piacere, solo che l’evoluzione ci ha polarizzati maggiormente sui rischi della nostra condizione piuttosto che sulle sue gioie. Questo ci fa ritenere erroneamente che una vita senza dolore sia automaticamente una vita piena di felicità, ma non è così, perché le aree cerebrali attive nella sensazione di felicità sono diverse da quelle attive nell’infelicità.
Sembrerebbe che tutto sia contraddizione e che la natura abbia fallito nella programmazione dell’essere umano, ma in pratica tutto ciò ci insegna che l’uomo è capace di realizzare la felicità dall’infelicità, e che sa costruire l’infelicità mentre insegue la sua felicità. Nell’uomo, che è un animale complesso, le due vie non si escludono a vicenda.
Buona erranza
Sharatan
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