venerdì 1 agosto 2008
Cambiare occhi per trovare il cuore
Giorgio Nardone afferma che “il potere formidabile degli aforismi risiede nella loro dirompente essenzialità capace di fare luce su cose fino ad allora avvolte nelle tenebre di un pensiero razionale fin troppo limitato”. L’aforisma è uno stratagemma terapeutico capace di fare risvegliare il dormiente che giace in noi, per Nardone è uno strumento essenziale nella sua terapia breve. E' l'idea che il cambiamento avvenga grazie a l'uso di stratagemmi terapeutici, che fanno cambiare la percezione della realta' delle persone, senza che questi dapprima se ne rendano conto, per poi portarli alla consapevolezza a cambiamento avvenuto. E questo ovviamente permette di aggirare la resistenza rapidamente e di ottenere risultati in maniera molto piu' rapida. Ma questo era già noto sin da tempi antichissimi, nella saggezza sia orientale che occidentale. Queste antichissime sapienze si servivano di parabole, koan, paradossi ed aforismi per insegnare le grandi verità. Ma come funzionano questi stratagemmi terapeutici ed anche sapienziali? Ancora Nerdone afferma che: “E' fondamentale avere uno o piu' maestri da imitare, assumerne le cose migliori ma poi riuscire a tirar fuori il maestro dentro di sé.” La sapienza orientale direbbe che all’interno di noi dorme la natura del Budda, del Dio interiore, l’essenza raffinatissima che ci unisce alla fonte primaria. Questa essenza va ridestata e raffinata finchè emerga la nostra identità reale, la nostra raffinata natura, l’elisir del fiore d’oro, il bambino d’oro taoista, il nostro vero essere: la nostra essenza pura. È in questo modo che noi evolviamo. Nessuno deve dipendere da nessuno, solo da se stesso. Per questo il difficile processo dell’evoluzione personale viene temuto e diventa tanto faticoso, per questo la mente preferisce farsi ingannare da pretesti, da trucchi, da stratagemmi e da metafore. Poi, quando lei si aspetta che tu menta, che tu faccia dell’umorismo, la forza della verità lo penetra con la velocità di un fendente di spada. Questa è la potenza della parola che agisce per paradossi, per aforismi e per parabole. Esse divengono una sorta di piccola infezione che fa sbocciare la perla, in questo modo un koan entra nella mente, accolta con lo stesso fastidio con cui l’ostrica accoglie il suo sassolino e lo trasforma in splendida perla. Dire la verità tramite una risata o con una storiellina apparentemente innocua ha il potere di spiazzare l’avversario, cioè la mente, e di trovarla impreparata ed indifesa. «Ognuno di noi» recita un motto cinese, «va a dormire ogni notte con una tigre accanto. Non puoi sapere se questa al suo risveglio vorrà leccarti o sbranarti.» Ognuno di noi ha i propri limiti. Solo cercando di migliorarci costantemente possiamo renderci amica la nostra tigre, la peggiore e la più pericolosa delle compagnie: l’essenza di noi stessi. L’aforisma, il koan interviene in nostro aiuto offrendo il pretesto per avvicinare la nostra tigre senza che essa abbia la tentazione di sbranarci. Con l’aforisma, con il koan, con il seme delle parabole, “la persona ha una sorta d’illuminazione, una visione folgorante fino a quel momento nascosta ai suoi occhi, la scoperta di un mondo nuovo grazie al cambiamento di lenti attraverso le quali guardarlo”.
La rana del pozzo saltava felice e si godeva il piacere della sua condizione, l’acqua in cui si adagiava e la fanghiglia nella quale sguazzava felice. Il dominio dell’acqua del suo pozzo gli appariva come la condizione più felice. Se ne vantò con una tartaruga del mare dell’est. Questa allora iniziò a descrivere la profondità, l’estensione e le distanze infinite in cui si poteva nuotare nel grande mare. Anche quando vi è siccità il mare non diminuisce, i suoi confini sono sterminati, i suoi limiti non sono percepibili, la libertà è sconfinata: questa la vera gioia di nuotare nei grandi mari dell’est. A queste parole la rana rimase muta e perse ogni orientamento di vita. Questa storia taoista ci fa riflettere su una condizione umana universale. Talvolta si è felici nella propria ignoranza, si crede di essere padroni del mondo, ma di un mondo piccolo, che a noi appare sterminato. Quando conosciamo che esiste anche l’infinito dei mari, quando vediamo che la realtà può esser diversa, che può essere più ampia, siamo più felici di prima o lo siamo di meno? La nostra felicità è frutto di una visione limitata? Forse è opportuno non incontrare mai la nostra tartaruga che ci dimostra come possa esistere un mondo più vasto, un modo diverso di vivere, un modo diverso di vedere le cose. Chi potrà dire se sarà solo un trauma per la nostra vita oppure questo incontro sarà un bene supremo, che ci farà migliorare? Siamo felici nel nostro angolino perché ignoriamo un mondo più vasto ed una felicità sconfinata che ci precludiamo? Ma noi siamo veramente pronti ad una felicità sconfinata?
Buona erranza
Sharatan ain al Rami
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2 commenti:
Good words.
Grazie.
Le penso profondamente.
Un abbraccio.
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