mercoledì 27 ottobre 2010

Le identità delle incertezze


"Io sono un viandante, diceva Zarathustra al suo cuore.
Infine non si vive se non con se stessi."

(F. Nietzsche)

Zygmunt Bauman in “La società dell’incertezza” descrive con lucidità quelle che sono le caratteristiche sociali che rendono tanto opprimente il clima della società moderna. Noi siamo inquieti, poiché vediamo che il mondo reale e quello futuro non sono collegati alla nostra capacità di decisione e di controllo, perciò viviamo in un clima di “assedio della paura.”

A livello mondiale vediamo che uno dei fattori in gioco è l’evidenza che il mondo è privo di strutture e di logiche visibili e, conseguentemente, sono mancanti anche delle adeguate strategie politiche. I blocchi di potere, sebbene abbiano sempre dominato il mondo ora ci spaventano poiché, le azioni che essi compiono non posseggono coerenza e aumentano le nostre condizioni d’incertezza.

Non esistono più i paesi del terzo mondo perché esistono circa 10 paesi che si contendono il controllo del mercato mondiale mentre, gli altri popoli sono sotto il livello di minima sopravvivenza. Il concetto di “imbarbarimento derivato” è contenuto nell’immagine di una metropoli moderna che è assai ristretta e che si oppone alla periferia sterminata e miserabile che è costituita dal resto del mondo.

Una “deregulation” mondiale avviene anche a livello morale infatti, nella competizione del libero mercato, un’assoluta priorità è concessa all’irrazionalità umana e alla cecità morale, poiché esse sono funzionali alla mancanza di regole del mercato e alla sua competizione ottusa e sfrenata. L’impunità viene garantita a colui che gode della protezione del potere e del denaro, sebbene questo limiti le altrui libertà e le altre virtù: nel corso degli ultimi anni vi è stato un progressivo smantellamento di tutte le reti sociali che venivano sostenute dalle risorse collettive, e nessun valore è concesso a istanze che non siano economiche.

In tutte le situazioni vediamo che, nel mondo esiste una grande diseguaglianza tra i continenti, tra le nazioni e all’interno degli stati, quindi vi sono enormi ingiustizie nella distribuzione delle risorse economiche. Nel mondo di ieri vi era una fiduciosa aspettativa nella possibilità di costruire un futuro che si poteva decidere e rendere felice, ma questa sensazione di autoregolamentazione oggi sembra svanita: oggi sono in aumento le masse di diseredati umiliati da condizioni di povertà opprimente.

Questa è una sensazione penosa, poiché la massa dei nuovi poveri che si è creata è costituita da persone che, precedentemente, non avevano problemi nel godere della libertà di consumo: oggi molti sentono che nessuno possiede una condizione sufficientemente sicura non poter essere sconvolta in poche ore. Oggi nessuno vive sentendo che la sua casa è stata costruita su una roccia incrollabile: tra i diritti umani sta scomparendo il diritto al lavoro a cui segue la decadenza del diritto alla casa e alla salute.

Nessuna abilità o nessuna qualità ci mette al sicuro, quindi sono crollati anche tutti i diritti ai meriti che venivano acquisiti esercitando con perizia e con coscienza il proprio lavoro: con questi valori crollano anche tutti i diritti alle dignità personale con un disastro che può avvenire in modo brusco, e senza diritto di preavviso. Ogni rete di protezione, i rapporti interpersonali e quelle che Bauman chiama le “trincee di seconda linea,” cioè i rapporti familiari e quelli parentali, tutti i rapporti di buon vicinato sono stati smantellati o fortemente indeboliti: l'uomo è sempre più solo e isolato nelle relazioni.

Queste trincee protettive erano i luoghi in cui cercavamo il conforto alle fatiche delle dure lotte per la vita e alle angosce che la vita può riservare ad ognuno come l’insuccesso, il lutto e la malattia: di questa demolizione è responsabile il consumismo che si è esteso a tutti i rapporti e alle relazioni interpersonali, infatti noi vediamo nell’Altro un mezzo potenziale per ottenere delle gradevoli esperienze in quanto anche l'Altro è un oggetto da consumare voracemente.

Nella velocità moderna non possiamo coltivare legami che siano duraturi, perciò nelle relazioni non possiamo rivendicare dei diritti di solidarietà, e neppure l’obbligazione di ricambiare ciò che non si è mai ottenuto. Lo stesso messaggio che i media diffondono è quello del più totale disimpegno, e ciò che si diffonde maggiormente è una immagine sciocca e futile del mondo, in cui tutto resta indeterminato, poiché tutto è possibile e tutto è permesso.

Se il mondo è inconsistente tutto può accadere, perciò tutto deve essere consumato, e nessuna traccia deve essere conservata nella memoria, perciò l’individuo assume mille facce sociali, egli cambia continuamente le sue maschere, e consuma i legami in incontri veloci che fanno divenire la vita un susseguirsi di fotogrammi, infatti viviamo nelle immagini veloci e negli episodi leggeri che si disperdono senza lasciare traccia.

Nel mondo moderno non esistono i progetti con cui gli uomini antichi tentavano di costruire le trame e i tessuti delle loro esistenze, perciò oggi non esistono neppure quei tenaci obiettivi su cui, nell’antichità si fondavano le esistenze personali. L’uomo delle incertezze è un individuo che possiede una identità a palinsesto, in cui i suoi vari aspetti vivono ognuno in funzione di se stesso senza essere integrati in un insieme coerente e fornito di senso.

Una buona identità si costruisce con pazienza e con gradualità come si costruisce un buon edificio, perciò ogni cura si mette nelle strutture portanti, e poi si arricchisce l’abitazione con la nostra migliore applicazione di gusto e con tutto l'amore che possiamo usare: della nostra identità noi siamo i nostri costruttori.

L’identità che il mondo dell’incertezza stimola nell’uomo è quella dell’assenza del ricordo in quanto, dimenticare ciò che non ci piace è la base del benessere in un mondo oberato dall’ingiustizia perciò, la velocità con cui sappiamo cancellare e resettare tutto il nostro sistema dimostra la nostra capacità di adattamento per la sopravvivenza.

Queste sono le incertezze moderne e sono alcune ragioni per cui viviamo infelici ed autolimitati malgrado tutti i progressi e gli accrescimenti della conoscenza infatti, l’uomo antico si costruiva delle identità e delle vite personali che avevano una loro coerenza ed un loro senso, mentre noi abbiamo dimnticato come si deve fare per essere come loro. Il mondo in cui viviamo e il significato della nostra vita sono in una zona di confine tra ciò che è vero e quello che è solo simulazione, noi siamo tra ciò che è verità e ciò che è commedia perché tutto è sensazione senza sostanza: tutto ciò non ci fornisce sufficiente sostanza ed essenza per nutrire la vita.

Oggi cresce sempre più il caos e sfuma ogni confine tra ciò che è ordine e ciò che è disordine, e in ogni dove sfumano le differenze tra quello che è normalmente accettabile e ciò che non dovremmo mai accettare: l’identità dell’uomo attuale ha delle fondamenta fragili, instabili e volubili perché la nostra identità non è fornita dalle strutture del mondo. In realtà l’identità viene costruita e poi ricostruita in modo diverso e continuamente, perciò la personalità umana non possiede una durata e una stabilità definite.

Tutto ciò forma delle persone fragili, nervose, irritabili e pericolose, perciò la modernità crea delle personalità snervanti e fastidiose per la convivenza umana e, tutto ciò si accresce se abbiamo elementi “stranieri” ed estranei, infatti essi rendono le zone di confine ancora più confuse alle insicure identità moderne. Tutti vogliono una identità sociale sicura e legittima da vivere in uno spazio personale in cui si può progettare una vita che abbia solo una parte minima di interferenze.

Tutti vogliono una base di certezze in cui le regole non si ribaltano all’improvviso e senza motivo, infatti vogliono agire ragionevolmente e vogliono la speranza di un futuro migliore. Nei tempi delle incertezze si vive il dilemma in merito alla identità personale, questo diventa un problema ed è il motivo per cui vediamo degli uomini e delle donne che vanno alla deriva soffrendo di carenze energetiche che gli impediscono di costruirsi come persone affidabili e costruttive.

Con una adeguata conoscenza e con la cura con cui diventiamo i costruttori di noi stessi, noi possiamo costruirci una identità che diventa un’ancora che ci aiuta a mantenerci nei pressi della terraferma quando attracchiamo al porto. Nei tempi in cui nulla sembra sicuro non possiamo trascurare questo obiettivo primario per l’individuo che vuole discendere il corso della sua vita navigando sulle acque di quel fiume restando saldamente fondato e resistente, perciò sicuro almeno in sé stesso.

Buona erranza
Sharatan

2 commenti:

Riyueren ha detto...

Un'analisi perfetta della nostra società e del tipo di pensiero (se così si può ancora chiamare) che ne è stato l'origine e continua ad esserne l'ossatura principale.
"Usa e getta"...e si finisce per tagliare il ramo su cui si è seduti...e soffocati nei nostri stessi rifiuti, come diceva saggiamente un vecchio capo indiano, Capriolo Zoppo, mi pare...una triste profezia che sembra si stia realizzando. E non parlo soltanto dei rifiuti solidi urbani, parlo anche di quelli che stanno al nostro interno, nell'anima(non uso il termine in senso religioso, ma nel significato di "interiorità", di "essenza").
Un abbraccio.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Non posso che confermare le cose che ho scritto riecheggiando il pensiero e l'allarme che tanti studiosi e intellettuali stanno lanciando da anni.

L'uomo è in pericolo è evidente! Dico uomo e non pianeta, poichè credo che la terra possa salvarsi se non la brilliamo con l'atomica.

Siamo noi umani che rischiamo di andare alla deriva. Se non riscopriamo la nostra spiritualità, cioè l'indole o essenza più elevata della natura umana rischiamo troppo.

Tante saggezze antiche hanno predetto la deriva attuale con delle inquietanti previsioni dei rischi moderni.

Il ritorno dello spirito, del senso di sacralità per il mondo, la riconquista dei valori di conforto e di cooperazione tra esseri umani sono l'unica soluzione. Io non vedo altre alternative se non quella di unirci per non morire come specie.

Un caro abbraccio