“Se non abbiamo ascoltato a fondo noi stessi
non possiamo ascoltare a fondo gli altri.”
(Tich Nhat Hanh)
“Per la maggior parte del tempo la nostra testa è talmente piena di pensieri che non abbiamo spazio per ascoltare noi stessi o chiunque altro. Possiamo anche aver imparato dai nostri genitori o a scuola che dobbiamo ricordare una miriade di cose, dobbiamo tenere a mente una miriade di parole, nozioni, concetti, e pensiamo che questa scorta mentale ci sia utile nella vita.
Ma quando tentiamo di avere una conversazione genuina con qualcuno ci riesce difficile sentire e capire l’interlocutore. Il silenzio consente ascolto profondo e risposta consapevole, le chiavi per una comunicazione totale e sincera. Molti di noi sono semplicemente sovraccarichi. Sembra che non abbiamo spazio per sentire e capire davvero gli altri.
Quando parliamo, naturalmente, stiamo soltanto dicendo ciò che riteniamo corretto, ma talvolta, a causa del modo in cui lo diciamo, l’ascoltatore non riesce ad assimilarlo, quindi le nostre parole non sortiscono l’effetto desiderato di arrecare maggiore chiarezza e comprensione alla situazione.
Dobbiamo chiedere a noi stessi: «Sto parlando tanto per parlare oppure sto parlando perché penso che queste parole possano aiutare qualcuno a guarire?»
Quando le nostre parole sono pronunciate con compassione, basate sull’amore e sulla consapevolezza di essere legati gli uni agli altri, allora il nostro discorso può definirsi retto discorso. Quando forniamo una risposta immediata a qualcuno, di solito stiamo semplicemente snocciolando le nostre conoscenze o reagendo in maniera emotiva.
Quando sentiamo la domanda o il commento dell’altra persona non ci prendiamo il tempo di ascoltare e guardare a fondo in ciò che ci è stato confidato, ci limitiamo a ribattere con una replica veloce. Ciò non è affatto d’aiuto. La prossima volta in cui qualcuno ti fa una domanda non rispondere subito.
Ricevi la domanda o la rivelazione e lascia che penetri in te, in modo che chi parla senta di essere stato davvero ascoltato. Tutti noi, ma soprattutto coloro la cui professione consiste nell’ascoltare gli altri, possiamo trarre beneficio dall’esercitarsi in questa capacità; dobbiamo fare pratica allo scopo di farlo bene.
Prima di tutto, se non abbiamo ascoltato a fondo noi stessi non possiamo ascoltare a fondo gli altri. Dobbiamo coltivare una dimensione spirituale della nostra vita se vogliamo essere leggeri, liberi e davvero a nostro agio.
Dobbiamo praticare allo scopo di ristabilire questo genere di spaziosità. Solo quando siamo riusciti a fare spazio dentro di noi possiamo aiutare davvero gli altri… forse hai incontrato persone del genere, non le conosci nemmeno bene, ma ti senti a tuo agio con loro perché sono serene e rilassate. Non sono già piene dei loro programmi.
Se crei lo spazio dentro di te scoprirai che le persone, anche quelle che magari ti hanno evitato vorranno venire a starti vicino. Non devi fare nulla, né tentare di insegnare loro qualcosa e nemmeno dire qualcosa. Se stai praticando da solo, creando spazio e quiete dentro di te, gli altri saranno attratti dalla tua spaziosità.
Le persone circostanti si sentiranno a proprio agio anche solo standoti intorno, grazie alle qualità della tua presenza. Questa è la virtù della non-azione. Smettiamo di pensare, riportiamo la nostra mente al nostro corpo e diventiamo davvero presenti. La non-azione è molto importante.
Non è la stessa cosa della passività e dell’inerzia, è uno stato di apertura dinamico e creativo. Dobbiamo semplicemente restare seduti lì, molto svegli, molto leggeri, e quando altri vengono a sedersi insieme con noi si sentono subito a proprio agio. Benché noi non abbiamo fatto nulla, l’altra persona riceve molto da noi.
Avere lo spazio per ascoltare con compassione è fondamentale per essere un vero amico, un vero collega, un vero genitore, un vero partner. Una persona non ha bisogno di essere un professionista della salute mentale per ascoltare rettamente. In realtà, molti terapisti non lo sanno fare, perché sono colmi di sofferenza.
Studiano psicologia per diversi anni e sanno una miriade di cose sulle tecniche, ma nel cuore racchiudono una sofferenza che non sono stati capaci di sanare o trasformare, oppure non sono stati in grado di offrire a sé stessi gioia e gioco sufficienti per compensare tutto il dolore che assimilano dai oro clienti, quindi non hanno lo spazio per aiutare in modo efficace.
Le persone pagano un sacco di soldi a questi terapisti e tornano da loro settimana dopo settimana, sperando di guarire, ma i consulenti non possono aiutarli se non sono stati in grado di ascoltare sé stessi con compassione. Terapisti e consulenti sono esseri umani che soffrono come chiunque altro.
La loro capacità di ascoltare gli altri dipende innanzitutto dalla loro capacità di ascoltare in modo compassionevole sé stessi. Se vogliamo aiutare gli altri dobbiamo avere la pace interiore. Quello di cui tutti noi abbiamo bisogno, per prima cosa, sono rilassatezza, leggerezza e pace nel nostro corpo e nel nostro spirito. Solo a quel punto possiamo ascoltare autenticamente gli altri.
Ciò richiede un po’ di pratica. Prenditi il tempo, ogni giorno, di stare con il tuo respiro e i tuoi passi, di riportare la tua mente al tuo corpo e ricordati che hai un corpo! Prenditi il tempo, ogni giorno, di ascoltare con compassione il tuo bambino interiore, di ascoltare le cose dentro di te che stanno strepitando per farsi sentire. A quel punto saprai ascoltare gli altri.” (Tich Nhat Hanh, Il dono del silenzio, Garzanti ed.)
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