“L’uomo civile ha scambiato una parte
delle sue possibilità di felicità
con un po’ di sicurezza.”
(Sigmund Freud)
Ieri è morto, all’età di 91 anni, il sociologo Zygmunt Bauman uno dei più grandi pensatori moderni. La caratteristica che colpiva in Bauman era, non solo la lucidità con cui quel "grande vecchio" ha saputo identificare e analizzare le contraddizioni della modernità, ma anche l’affezione di molti giovani che accorrevano in gran numero alle sue conferenze e la concentrazione con cui lo ascoltavano. Questa affezione, senza dubbio, era dovuta alla percezione che i giovani avevano di venire aiutati a capire la causa dei loro dubbi e delle loro incertezze e paure; cosa che certamente avveniva da parte del grande studioso.
A Bauman dobbiamo l’analisi della “vita liquido-moderna che viene vissuta come un campo di battaglia” e il fatto che ci abbia aiutato a capire che la sicurezza che proviene da un equilibrio di forze, come tutti gli equilibri, non dura molto. Basta abbassare la guardia - scrive Bauman in “Paura liquida”- che si corre il rischio di venire esclusi, perché la modernità prevede solo vittorie o sconfitte. La nostra vita è diventata talmente “liquida” che vediamo solo forme di sicurezza estremamente “volatili.”
In “La società dell’incertezza” Bauman scrive che, quando Sigmund Freud, nel 1929 scrisse “Il disagio della civiltà” tracciò il primo esempio di analisi della civiltà moderna. Freud disse che la civiltà si costruisce solo al prezzo della repressione delle pulsioni dei singoli uomini a scapito del vantaggio della comunità. Per questo motivo la civiltà è sempre il prodotto dall’auto-compressione delle pulsioni dei singoli uomini. La vita civile ci propone un’unica scelta: il soddisfacimento delle nostre pulsioni e la conseguente affermazione della totale libertà da ogni vincolo, oppure la repressione delle nostre pulsioni al fine di godere di una maggiore sicurezza sociale.
Freud disse che non abbiamo altre alternative, perché la libertà e la sicurezza sono su due versanti opposti e inconciliabili. Il principio di piacere conseguente al libero soddisfacimento delle pulsioni primarie viene sempre contrapposto al principio di realtà che è alla base della costruzione dell’ordine sociale. La civiltà e la civilizzazione impongono il grande sacrificio implicito in questo fatto, e non può essere diverso. Bauman dice che è necessario partire da questo aspetto messo così bene in evidenza da Freud e che, pur agendo con il massimo impegno, esistono delle “difficoltà che sono intrinseche alla natura della civiltà” e da cui non si può prescindere.
Questa vecchia regola vale ancora oggi solo che, attualmente, i guadagni e le perdite per gli uomini e per le donne post-moderne si vengono sempre più a restringere, per cui siamo costretti a rinunciare a buona parte della nostra libertà senza vedere aumentare la parte di sicurezza che ne dovrebbe conseguire. In qualche modo, nel mondo odierno, la perdita sembra essere diventata maggiore del guadagno che ci aspettiamo di ricevere - dice Bauman - e “il ritorno della certezza moderna non sembra imminente.”
A livello politico vediamo che i totalitarismi rinforzano il vantaggio del sacrificio della libertà individuale in cambio dell’emancipazione della responsabilità personale. L’individuo è stato messo al sicuro dall'assumere responsabilità e viene affrancato dall'onere delle conseguenze delle sue azioni, perciò si conquista “il diritto di mettere a riposo la propria coscienza”. Il punto, nota acutamente Bauman, è che questa possibilità di scelta non ci viene data, perché il mondo moderno così “diversificato e polifonico” registra il crescente “aumento dell’incertezza.”
La ormai nota e ripetuta “scomparsa del lavoro” non fa che aumentare il divario tra chi può e chi è stretto nell’impossibilità: il divario tra i ricchi e i poveri. La povertà vede gli esclusi dal banchetto del consumismo e la massa di esclusi sta aumentando progressivamente. Vediamo una crescente “criminalizzazione” della povertà che è enfatizzata dalla riduzione del welfare state, perché i sussidi sociali vengono tagliati sempre più. Di conseguenza, gli esclusi vengono sospinti dietro “muri invisibili” dice Bauman, perciò anche i teorici del liberalismo iniziano a credere che la garanzia di un reddito minimo che sappia garantire una sussistenza dignitosa sia un obiettivo liberal. Il diffondersi di troppi disagiati non farebbe che aumentare l’insicurezza dei più agiati.
Una vera politica postmoderna che aspiri a creare una comunità politica vitale ha bisogno di venire guidata, dice Bauman, dal triplice principio di: Libertà, Differenza e Solidarietà. Ma, mentre i primi due principi possono essere ancora perseguiti individualmente nel mondo postmoderno, quello che in questo mondo non si può avere senza l'appoggio da parte dello stato sociale è la solidarietà. E senza la solidarietà nessuna libertà sarà mai sicura, perché le differenze esasperate e le politiche dell’identità portano all’interiorizzazione dell’oppressione, perciò l’unica alternativa è diventare consapevoli che stiamo correndo questi rischi.
L’identità è il problema centrale dell'epoca moderna, perché quando qualcuno cerca di cambiare identità ad ogni costo, rischia di perdere il controllo. Il problema vero è sia quello di costruire una identità, ma è anche quello di mantenerla solida e stabile: questo problema riguarda tutta la post-modernità. Un’identità si può creare solo quando si è certi della propria appartenenza, e cioè quando siamo in grado di inserirci nella varietà di stili cognitivi e di comportamenti che vengono accettati socialmente, e anche quando le persone che ci circondano accettano questo nostro posizionamento ritenendolo giusto e socialmente appropriato.
L’identità è entrata nella pratica moderna già come un compito individuale, scrive Bauman. I concetti di costruzione dell’identità e quello di cultura cioè l’ammissione che l’individuo sia incapace o incompetente a costruirsela individualmente perciò l'ammissione della necessità di una crescita collettiva e dell’importanza di maestri e di guide esperti e competenti pronti ad aiutarci, non possono che essere due aspetti collegati e interconnessi. L’identità sradicata che si nasconde dietro la libertà di scelta individuale - dice Bauman - e la conseguente dipendenza da un maestro oppure da una guida esperta sono sempre collegate.
La figura dell’uomo come pellegrino sulla terra è un’immagine antica, infatti già s. Agostino diceva che: “siamo pellegrini nel tempo” e questo fatto vale sia per il passato che per il tempo odierno; ma c'è anche una grande differenza. Quando gli uomini del passato si ritiravano nel deserto affermavano la loro libertà primaria, viva e nuda, perché assumevano uno stile di vita che vedeva il raggiungimento di una completa assenza di legami. In qualche modo gli eremiti che si ritiravano a vivere nel deserto affrontavano un’esperienza di sradicamento totale.
Gli eremiti del passato si svincolavano dai bisogni dei loro corpi e dalle conseguenze delle loro azioni passate, ma anche dai disagi provocati dal contatto con l’anima dei loro simili. Il loro cammino verso Dio comportava l’annullamento della precedente identità e la totale auto-ricostruzione di sé. Invece, il mondo moderno è diventato molto ostile ai pellegrini, perciò chi si trova ad affrontare l'esperienza del pellegrino nel mondo odierno, trova ben poche occasioni di poter preservare la sua identità. In un mondo come il nostro, in cui le identità possono essere indossate e dimesse con la stessa velocità dell’attore che fa molti cambi di costume per esigenze di scena, il lavoro di costruzione di sé diventa un compito molto difficile.
Una vita da pellegrino, nel mondo moderno, diventa un vero orrore perciò questa scelta di vita non risulta mai una scelta vincente, conclude Bauman. Le regole del gioco cambiano sempre, perciò la strategia vincente è quella di giocare velocemente e di chiudere la partita prima possibile. Chiudere velocemente significa rinunciare agli impegni, significa rifiutarsi di stabilizzarsi, significa non vincolarsi a nessun luogo, non giurare perseveranza e non assumere impegni di fedeltà verso nessuno.
Ma significa anche non controllare il futuro, significa rifiutarsi di ipotecarlo, perciò significa rinunciare alle responsabilità e comporta di abolire il tempo e di vivere solo in un tempo presente e continuo. Bauman dice che, nel mondo post-moderno è avvenuto tutto ciò, perché sono scomparsi i lavori che consentivano di poter fare progetti per il futuro, e il mercato fluttua e cambia a velocità incredibile per cui restiamo completamente disorientati dai mercati che appaiono e che scompaiono a velocità impensabile. La stabilità e la fidatezza dei rapporti umani hanno le stesse caratteristiche, infatti l’amore stona qualora sia pensato “per sempre” poiché “l’unico e il solo” sono elementi troppo stonati per l'amore che è entrato in vigore in questi tempi moderni.
Nessuna strategia di vita stabile e coesa può essere costruita nel mondo post-moderno, infatti si indicano come “vincenti” solo le strategie in cui si invita a non programmare, e un fatto omologo avviene in ogni ambito della nostra vita. A tutto ciò si aggiunge la regola di non procrastinare quando si può ottenere qualcosa, perché tutto il mondo è diventato “un attimo fuggente.” Nessuno di questi stili di vita si può ritenere originale, tipico oppure inventato nei tempi moderni, ma la cosa più rilevante è che tutte queste caratteristiche, in passato, erano tipiche solo di frange di marginali, mentre invece oggi sono diventate stili di vita adottati dalla maggioranza delle persone.
Tutte le società producono stranieri, scrive il grande sociologo, perché diventano stranieri tutti quelli che non si conformano alle modalità uniche e irripetibili che vengono affermate e promosse socialmente. Tutti quelli che riescono a sradicare le convinzioni morali, estetiche e cognitive della società in cui sono inseriti diventano degli elementi di disturbo, perciò diventano degli elementi che diffondono l'ansia e la preoccupazione. Tutti costoro diventano degli ostacoli sulla via della realizzazione di una condizione di benessere personale, e la linea di confine che demarca lo spazio che c'è tra “me” e lo “straniero” devono essere molto tangibili e ben visibili.
Questo è il motivo per cui tutte le società conosciute creano degli “stranieri” cioè degli “individui destinati a rimanere ai margini” ovvero al di fuori degli “schemi di una esistenza ordinata e dotata di senso.” E tutti questi esclusi, in seguito, verranno accusati di causare i disagi più fastidiosi e insopportabili della società, per cui diverranno i “capri espiatori” dei disagi della società. In realtà, la causa della dimensione dell’incertezza andrebbe vista dietro l'intero sviluppo del mondo attuale, perché l’incertezza proviene dalla deregulation universale che vede l'affermarsi della competizione di mercato spinta fino all’eccesso, nella libertà sconfinata che si concede al capitale a scapito di tutte le altre libertà.
L’incertezza moderna proviene dallo smantellamento dello stato sociale che comporta un aumento esponenziale di masse di poveri che sono costretti a vivere al di sotto della soglia di povertà. E l'unica novità che riguarda la modernità se la paragoniamo alla condizione del mondo del passato, dice Bauman, è che tutto questo non è più limitato solo al "terzo mondo" ma che, tutto questo, attualmente sta avvenendo anche nella parte “civilizzata” del mondo. La morte di Bauman ci vede privati di un grande maestro e i veri maestri sono diventati sempre più rari e preziosi, per cui dovremmo ritenerci fortunati di averne avuto, tra noi, uno del suo livello.
Buona erranza
Sharatan
Nessun commento:
Posta un commento