Nansen, il grande Maestro zen, stava invecchiando ed era alla ricerca del suo successore. Di fatto era già pronto a lasciare il suo corpo, ma era trattenuto dall’attesa di un adeguato discepolo a cui lasciare il frutto della sua vita, e a cui consegnare l’essenza del suo insegnamento. Nansen era circondato da migliaia di allievi, per cui la sua attesa sembrava molto strana e molti si chiedevano cosa aspettasse a consegnare la chiave della sua saggezza ad uno dei tanti sapienti che lo circondavano.
Nansen sapeva che, tra i suoi discepoli, vi erano dei grandi studiosi, uomini molto acuti ed intelligenti, delle persone stimate per la loro attività intellettuali, persone in grado di ragionare e destreggiarsi con la logica, ma che erano assolutamente incapaci di capire il vero amore. E l’amore è del tutto incomprensibile a coloro che lo vogliono comprendere solo con la forza della loro mente. Erano studiosi esperti di matematica, ma del tutto alieni all’arte della metafora, tutti i suoi migliori allievi erano degli esperti nella prosa, ma completamente inadatti ad aprirsi ai misteri della poesia.
Così Nansen giaceva a letto, ammalato e vecchio, e cercava di sostenere il suo corpo fiaccato dalla vecchiaia per farlo rimanere ancora in vita un altro poco. Un giorno entrò nella sua stanza il suo futuro successore, Joshu. All’ingresso di lui, nessuno dei due profferì parola. Nansen non aprì bocca e tantomeno Joshu, ma al suo ingresso qualcosa avvenne egualmente. Era un forestiero e uno sconosciuto, eppure il solo modo con cui era entrato era stato sufficiente perché entrambi divenissero più vigili.
Il Maestro Nansen gli chiese: “Da dove vieni?” e lo fece con un filo di voce perché era tanto vecchio e malato che voleva risparmiare le sue energie ad ogni costo. Dopo giorni di silenzio, questa fu la frase che riuscì a dire a Joshu. Alla domanda Joshu rispose: “Dal tempio di Zuizo” che, nel buddismo zen, indica in forma retorica, il sommo della beatitudine. A quella risposta, Nansen rise di cuore, anche se non rideva più da mesi, e gli chiese: “Hai visto raffigurata la beatitudine?” Ma Josho spiegò meglio: “Non ho visto la figura della beatitudine, ho visto un Buddha incarnato”.
A quelle parole Nansen si alzò dal suo letto, dopo che per più di un anno vi era rimasto immobile, e andò vicino a Joshu. Gli chiese: “Hai già un Maestro?” Joshu rispose senza esitazione: “Ho un Maestro!” Nansen chiese: “Chi è il tuo Maestro?” E intanto si sentiva come se tutte le sue malattie fossero scomparse e come se fosse tornato giovane e vigoroso. La sua voce era tornata giovane e squillante, e vibrava chiara, piena di energia e vitalità, per cui chiese: “Dimmi chi è il tuo Maestro.”
Joshu scoppiò in una bella risata e disse: ”Sebbene l’inverno abbia superato il culmine, fa ancora molto freddo. Mio maestro, posso suggerirti di prenderti buona cura del tuo corpo?” E questo fu tutto. Allora Nansen disse: “Ora posso morire in pace. E’ arrivato un uomo che riesce a comprendere il mio linguaggio. E’ arrivato un uomo in grado di avere incontri non superficiali, ma in profondità." Joshu ripetè ancora: “O mio Maestro, ti prego, prenditi buona cura del tuo corpo.”
Con queste semplici parole era avvenuta una iniziazione, perché il modo con cui Joshu aveva detto: ”Sebbene l’inverno abbia superato il culmine, fa ancora molto freddo” dimostrava che sapeva parlare per metafora, e che comprendeva l’arte della poesia, ma Joshu conosceva anche le vie dell’amore, per questo aveva aggiunto.” Mio maestro, posso suggerirti di prenderti buona cura del tuo corpo?” Per questo aveva invitato Nansen a coricarsi di nuovo, perché non era opportuno che si strapazzasse prendendo freddo e trascinandosi fuori dal letto, essendo un uomo dall’età ormai avanzata. La ricerca era finita, il Maestro ed il discepolo si erano incontrati.
Esistono due modi per ascoltare le cose. Un tipo di ascolto è quello di colui che critica, di colui che nel suo intimo continua a pensare, a valutare, a soppesare se una cosa sia giusta o meno al proprio carattere, se sia in accordo alla sua cultura, se sia adeguata a lui, se entra in sintonia con il suo modo di essere. Ma questo non è il modo giusto per ricevere un insegnamento.
Esistono poi coloro che riescono a sentire con l’empatia, ci sono coloro che entrano in sintonia con le cose, che si aprono e sanno ascoltare in modo totale; solo questi sanno arrivare oltre il cuore fisico e giungere nel cuore spirituale, che è nascosto in profondità.
Entrare in empatia con le cose è il solo modo per comprendere qualcosa di esoterico, perché il divino è gentile e non fa rumore, arriva in modo silenzioso e delicato, e solo restando ricettivi all’ascolto ne siamo consapevoli. C'è una bella frase di un mistico sufi, Bayazid-al Bistami, che dice: “La conoscenza di Dio non si può ottenere cercandola; tuttavia solo coloro che la cercano la trovano.”
Buona erranza
Sharatan
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