giovedì 8 novembre 2018

Un’antica storia cinese



In un’antica storia cinese si tramanda che, durante un grande raduno, una festa traboccante di rumori, di danze, di canti e via dicendo, un uomo cadde in un pozzo. A causa del frastuono, nessuno se ne accorse. A quell’epoca, in Cina i pozzi non erano protetti da un muro: erano all’aperto, senza protezione; nel buio potevi scivolare e caderci dentro. L’uomo si mise a gridare:«Salvatemi!»

Un monaco buddhista passò nei paraggi e, udendo quell’uomo, guardò in basso. «Meno male che mi hai sentito. Tutti sono così presi dalla festa e il frastuono è enorme … avevo paura di morire.» Il monaco buddhista rispose: «Infatti morirai, perché ciò che ti è successo dipende da una cattiva azione del passato; adesso hai ricevuto la punizione: accettala e consegui la libertà! È meglio così: nella prossima vita, ricomincerai ripulito da ogni colpa e non dovrai più ricadere in un pozzo».

L’uomo replicò:«In questo momento non ho bisogno di saggezza e di filosofia …» ma il monaco se n’era già andato. Quindi arrivò un vecchio taoista. Poiché aveva sete si chinò sul pozzo. Quell’uomo stava ancora urlando in cerca di aiuto, e il taoista disse:«Questo non è virile. Bisogna accettare tutto ciò che viene: ecco cos’ha detto il grande Lao Tzu.

Quindi, accettalo e rallegrati di quanto ti è successo! Stai urlando come una femminuccia. Sii uomo!». L’altro rispose:«Sono disposto a farmi dare della femminuccia, ma, per favore salvami! Non sono coraggioso. Dopo potrai dire tutto quello che vorrai, ma prima tirami fuori». Il taoista replicò:«Noi non interferiamo mai negli affare degli altri. Crediamo nell’individuo e nella sua libertà.

Cadere nel pozzo e morirci è una tua libertà: tutto ciò che posso fare è darti un consiglio. Anziché morire urlando e piangendo - questo sarebbe da sciocchi - muori come un saggio. Accettalo, sii felice, goditi questo stato di cose, intona una canzone e lascia questo mondo: tutti prima o poi moriremo, quindi a che pro salvarti?». E se ne andò.

Arrivò un confuciano, e l’uomo intravide una speranza, perché i confuciani sono più terreni, più concreti. «Sono fortunato che tu sia passato di qui, uno studioso di Confucio. Ti conosco, ho udito il tuo nome. Adesso fa’ qualcosa per me, perché Confucio insegna: ‘Aiuta gli altri’». Il monaco confuciano rispose:«Hai ragione, ti aiuterò. Andrò di città in città e protesterò, fino a convincere il governo e mettere un muro intorno a tutti i pozzi del paese. Non avere timore».

L’uomo rispose:«Ma quando i muri di protezione saranno eretti e la tua rivoluzione avrà avuto successo, io sarò morto». Il confuciano replicò:«Tu non conti, io non conto, gli individui non contano: solo la società è importante. Cadendo nel pozzo, tu hai sollevato un problema importantissimo; adesso lotteremo per risolverlo. Sta’ calmo, rassegnati: faremo in modo che ogni pozzo abbia un muro di protezione, così nessuno potrà più caderci dentro.

Viceversa, salvando solo te, cosa si salverebbe? Il paese ha milioni di pozzi e milioni di persone possono caderci. Dunque, non pensare a te stesso; elevati al di sopra di questo egoismo. Io servirò l’umanità. Tu hai già reso un grande servizio cadendo nel pozzo; adesso la mia parte è costringere il governo a erigere muri di protezione». E il confuciano se ne andò.

Il quarto uomo che passò di lì era un missionario cristiano che portava con sé una borsa. Immediatamente l’aprì, tirò fuori una corda e ne gettò un capo nel pozzo. Prima ancora che l’uomo avesse aperto bocca, il missionario gli aveva gettato la corda. Colmo di meraviglia, l’uomo esclamò:«La tua religione sembra la più vera».

Il missionario rispose:«Senza dubbio. Noi siamo attrezzati per ogni emergenza. Sapendo che la gente cade nei pozzi, porto con me questa corda per salvarla. Infatti, solo salvando gli altri posso salvare me stesso. Però mi preoccupa ciò che ha detto il confuciano; non si dovrebbero mai costruire muretti intorno ai pozzi, altrimenti come potremo mai aiutare l’umanità?

Come faremmo a tirare fuori coloro che sono caduti? Prima devono cadere, solo così noi possiamo salvarli. Noi viviamo per aiutare gli altri, ma come prima cosa deve esistere questa opportunità; se non sussiste, come potremo mai metterci al servizio degli altri?».

Di certo, tutte queste religioni che predicano il “servizio” desiderano che l’umanità resti povera e bisognosa di essere aiutata, è un loro interesse … La povera gente è necessaria, assolutamente indispensabile; altrimenti, che ne sarebbe di questi grandi servitori dell’umanità? Cosa accadrà a tutte queste religioni e ai loro insegnamenti?

Come potrà la gente guadagnarsi il diritto di entrare nel Regno di Dio? Queste persone povere e sofferenti vanno usate come una scala: e questo lo chiami altruismo? Queste religioni sono sempre contrarie hanno bisogno che questi problemi restino. È un bisogno profondamente egoista, interessato; implica perseguire uno scopo.

Quando servi qualcuno e ti senti meglio, hai ridotto l’altro a un verme, a un essere subumano. Sei così superiore da aver sacrificato i tuoi interessi ma, anziché “servire” i poveri li stai semplicemente umiliando. Se possiedi qualcosa che ti dona pace, gioia ed estasi, condividilo. E ricorda che quando condividi, lo fai senza motivo.

Non sto dicendo che tramite la condivisione raggiungerai il paradiso, non ti sto dando alcuno scopo; sto dicendo che la condivisione in sé ti appagherà. L’appagamento è nella condivisione in sé, non esiste scopo al di là di essa; è fine a se stessa. Ti sentirai riconoscente verso la persona che ha accettato di condividere con te, non avrai la sensazione che abbia un debito nei tuoi confronti: non hai “servito” nessuno. (Osho, Liberi di essere, Mondadori ed.)

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