giovedì 31 gennaio 2013

Plasmare l'essenza



"Perché a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza;
ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha."
(Vangelo di Matteo XXV, 29)

C'è una prerogativa che gli uomini presumono di avere e riguarda la presunzione di avere un'anima, infatti tutti credono che avere l'anima sia un diritto acquisito con la nascita, ma l'insegnamento cabalistico afferma che l'anima va conquistata. I cabalisti dicono che l'uomo riceve un feto d'anima che deve sviluppare, infatti la cosa più importante della vita materiale è quella di riuscire a sviluppare adeguatamente la nostra parte spirituale. Lo sviluppo spirituale e la completezza dell'Anima vanno guadagnate, perché il Creatore ha premiato l'uomo offrendogli la possibilità di completare la Creazione con il suo contributo. Per questo è scritto che ognuno avrà una ricompensa commisurata ai suoi sforzi e meriti, infatti così va inteso il Vangelo di Matteo nel punto in cui è detto: "a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha."

I maestri insegnano che l'Essenza è la scintilla divina che scese sulla Terra per entrare nel corpo che è formato con la sostanza fornita dai genitori. Per formare il corpo che dovrà ospitare l'anima sono scelte alcune qualità dei genitori, mentre altri tratti del loro carattere sono scartati perché dobbiamo avere la possibilità di sviluppare dei tratti nostri che siamo peculiari del nostro essere. Le caratteristiche di base dell'Essenza si notano fino a 3-4 anni, ma poi si sviluppa la Personalità che circonda l'Essenza come il guscio circonda il seme, perciò la Personalità assume il controllo della persona. Con l'educazione la vita inizia a condizionare l'Essere, infatti l'ambiente educa sfruttando la tendenza umana all'imitazione, perciò usa la lode oppure la paura.

Non riflettiamo molto sull'influsso esterno, ma noi siamo condizionati dall'ambiente e dal contesto in cui viviamo, infatti molte fantasie vengono formate dai drammi, dai film, dai romanzi e dalle attrazioni che abbiamo imparato ad amare. I valori dell'ambiente diventano i nostri valori, infatti ciò che siamo è condizionato da quello che ci viene ripetuto ossessivamente, da quello che assecondiamo e da quello che crediamo e in cui ci identifichiamo. L'educazione forma la base della Personalità che si struttura intorno all'Essenza, ma questa crescita è necessaria altrimenti l'Essenza non potrebbe evolvere, infatti deve avere l'aiuto della Personalità per maturare. L'educazione sfrutta alcuni tratti dell'Essenza e ne reprime altri, perché cerca di sopprimere quello che non ritiene opportuno, sebbene alcune peculiarità basilari non siano mai cancellate del tutto.

Con il progredire dell'educazione, il nostro Centro di Gravità si sposta dall'Essenza alla Personalità, perciò esso passa dall'interno all'esterno. Dalla radicale modifica di prospettiva il nostro "io" trae il vantaggio di una limitazione della sua volontà che rischierebbe di renderlo l'estraneo disadattato alle esigenze della vita. La limitazione dell'Essenza è funzionale alla solidità della sua struttura, infatti l'Essenza non potrebbe crescere se non trovasse il cibo speciale che gli offre la vita quando usa la disciplina per farla maturare. Se il corpo vuole cibo per vivere anche l'Essenza richiede il suo nutrimento, perciò un cibo psicologico diventa il nutrimento adatto per appagarla, perché lo spirito non si sazia con la materia.

Il corpo conserva uno Spirito che dovrebbe crescere con il corpo, ma avviene che il corpo sia vivo mantenendo un'Essenza atrofizzata o morta. Se nella materia prevale lo Spirito abbiamo un'Essenza che è attiva, poiché il Centro di Gravità dell'Essere è concentrato su di essa, ma il gioco cambia quando avviene lo sviluppo della Personalità. Se il nostro Centro di Gravità si concentra sulla Personalità essa diventa attiva mentre l'Essenza è resa passiva, perciò una forza esterna prevale rispetto all'interno. Questo dimostra che siamo troppo fragili se abbiamo un equilibrio che è basato sull'esterno, infatti quello che è basato sull'esterno diventa incerto come lo sono tutte le fortune che restano esposte ai capricci della sorte.

Se l'Essere vive identificandosi con quello che può subire i capricci della vita, tutto diventa insicuro, perché nulla resta stabile se è appoggiato sull'instabilità. Questo avviene per tutto quello che si basa soltanto sull'apparenza, infatti diventa fragile tutto quello che si basa su una struttura che potrebbe franare. Un Centro di Gravità deve avere una base solida, perciò le certezze vengono solo dal potenziamento dell'Essenza che è la nostra base essenziale, e che nulla può turbare. L'uomo deve staccarsi dai condizionamenti esterni se vuole sentirsi al sicuro anche se vede che la sua Essenza non è perfetta, perché la nostra natura essenziale resta la base più sicura anche se possiede delle imperfezioni. La nostra natura basilare possiede una struttura solida che viene alla luce quando tutte le restrizioni e le sicurezze cadono, e soprattutto nelle circostanze in cui la vita diventa meno sicura e controllata, perciò meno rassicurante.

In quei casi estremi sappiamo che le persone si adattano ai comportamenti che sono conformi all'uso della maggioranza, oppure che seguono le tendenze consone alla loro vera natura. La maggioranza non agisce secondo coscienza, ma agisce secondo l’aspetto esteriore che trascura i valori interiori, però il fatto non ci appare paradossale se vediamo come molte Personalità vivono senza avere più un'Essenza. Tutto dimostra che non si può agire in modo elevato se lasciamo l'Essenza al livello del suo sviluppo iniziale, e non possiamo pretendere di riuscire ad avanzare spiritualmente se lasciamo che tutto resti com'è. La cosa più difficile è adeguare lo sviluppo dell'Essenza al livello della Personalità, perché entrambi i lati dell'Essere vanno sviluppati assieme e armoniosamente.

Per evolvere dobbiamo strutturare una Personalità che sappia addestrare anche l'Essenza e farla crescere, ma è necessario avere anche un'Essenza di base che sia disposta ad imparare quello che la Personalità gli insegna. Il problema è che nessuno può essere forzato a crescere, perciò nessuna forza esterna può imporre uno sviluppo interno. Nessuno può essere forzato, perché ognuno cresce per suo impulso e per movimento spontaneo.

Se l'Essenza non può essere forzata, allora comprendiamo che è la Personalità che deve saper accudire l'Essenza usando l'amore se vuole che essa accetti di apprendere, infatti la Personalità deve saper offrire ciò che ha imparato, ma anche l'Essenza deve saper amare l'arricchimento che riceve. Il nostro primo passo avviene quando scendiamo dall'Ottava del Sole per venire sulla Terra a cercare una crescita maggiore. Il guaio è che dimentichiamo chi siamo, perciò ci accontentiamo di formare una persona che si arrabatta a sopravvivere nel mondo, perciò ci identifichiamo con una parte ridotta che crediamo essere tutto il nostro essere.

Questo è il motivo delle disarmonie e degli squilibri che vediamo agire nell'uomo, infatti l'ignoranza ci acceca e ci impedisce di vedere che siamo esseri formati solo a metà, perciò viviamo in una Personalità rigida che ignora di poter sviluppare un'Essenza. Un'educazione miope e severa forma delle persone dalla mente chiusa, perciò la mente così ristretta non accetta di diventare passiva per lasciare lo spazio adatto allo sviluppo dell'Essenza. Le esperienze della vita vanno affrontate con una struttura molto elastica e sensibile per capire la profondità del suo messaggio vedendo oltre la durezza della lezione, perciò la personalità deve formare un'intelligenza adatta per estrarre il senso più profondo dalle cose se vuole trovare l'insegnamento spirituale da fornire all'Essenza per farla a crescere.

Gurdjieff diceva che dal punto di vista astrale e planetario l'Essenza assomiglia ad un animale, e che tutti quelli che si fermano a questo livello primitivo restano degli individui molto limitati. L'umanità non esiste ad un livello superiore quando gli vengono sottratte tutte le maschere e gli orpelli con cui essa millanta la sua superiorità e la sua nobiltà. Ma il fatto drammatico a livello esoterico, diceva Gurdjieff, è che se l'uomo non accresce la sua Essenza è destinato a restare un enorme fallimento spirituale che equivale a restare uno zero. Il fatto serio è che l'insegnamento giunge dall'esterno solo se la Personalità è in grado di capirlo, infatti la conoscenza ha la forza che gli viene infusa dalla vita. Ma ciò che si vuole perseguire dipende dalla nostra volontà personale, perciò tutto dipende dal fatto che si voglia comprendere, perché l'Essenza è molto pigra come tutte le persone troppo primitive e infantili.

Gli uomini spesso capiscono la lezione e sanno che l'azione che vogliono fare è sbagliata ma la compiono ugualmente, e non perché non capiscono, ma perché non vogliono cedere al loro capriccio perciò mancano, infatti il concetto di "peccato" è collegato al fatto di mancare l'obiettivo maggiore per perseguire una minima comodità. I cabalisti insegnano che l'uomo può scegliere ciò che preferisce, ma tutto dipende dall'obiettivo che si è prefisso, infatti la scelta non dipende dall'avere un premio o un castigo, ma la ricompensa sarà quella che è collegata al livello spirituale che si vuole raggiungere.

In origine l'uomo possiede solo una debole scintilla di luce, ma può rinforzare il calore e la luce divina. L'animale umano ha la capacità di provare sensazioni e sentimenti, ha il suo carattere e anche l'opportunità di sviluppare una personalità migliore, perciò possiede tutte le opportunità di sviluppare una vita molto più evoluta di quella di altre specie animali. Il Creatore ci ha offerto la forza della mente unita al sentimento, perciò l'intelletto può aiutare il sentimento a scegliere come evolvere. L'uomo è superiore agli altri animali perché possiede un "punto nel cuore," infatti ha il dono della sensibilità spirituale che può usare per divenire il vaso adatto ad ospitare un'Anima.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 24 gennaio 2013

Dalla stessa stoffa d’illusione



“Ogni pensiero, ogni emozione, ogni parola, ogni azione contribuisce a modellare il paesaggio della nostra esistenza e quello degli altri; prepara anche il terreno per altri pensieri, altre parole, altre azioni. Non possiamo impedirci di creare continuamente il nostro mondo e quello degli altri.

Le nostre scelte, le nostre parole, i nostri atti, quindi il mondo nel quale viviamo, dipendono dai nostri pensieri. Tutto si decide nella mente. Dal momento che ogni tua scelta dipende dai tuoi pensieri, il tuo pensiero crea la tua vita, il tuo mondo. Presta attenzione a come i sentimenti e le idee che ti attraversano la mente finiscono per produrre la tua esistenza.

Gli stoici dicono che i nostri pensieri, le nostre rappresentazioni, i nostri giudizi siano l’unica cosa a essere veramente in nostro potere. A prima vista può sembrare poco, ma se consideriamo le cose con attenzione, il potere che potremmo acquisire sui nostri pensieri comporterebbe una liberazione di tutti gli aspetti della nostra vita.

Innanzitutto, siamo responsabili di ciò che pensiamo. Ma la responsabilità implica la libertà. Ora, non vi è nulla di più difficile che accedere alla libertà nel pensare, che sottrarsi all’automatismo inconscio delle rappresentazioni e delle emozioni. E’ molto più facile agire sul “mondo esterno” piuttosto che divenire padrone di sé, della propria esperienza di vita, qui e ora.

Il pensiero automatico o pensiero parassita, quello che noi subiamo, ci impedisce di vivere nell’attimo, di percepire il momento e di vivere felici. Questo pensiero ci impedisce di vivere la nostra vita. Per questo è così importante conquistare la libertà nel pensare. Il più semplice è il più difficile.

I nostri oggetti di avversione potrebbero essere i nostri oggetti di desiderio e i nostri oggetti di desiderio, oggetti di avversione. Per di più, questi oggetti esistono nel nostro mondo soggettivo solo perché diamo loro rilevanza. Ma questa rilevanza potrebbe essere distribuita altrimenti. Meglio, il nostro interesse potrebbe venir distribuito ovunque, e in tutti i rapporti, di modo che tali oggetti non avrebbero più particolare risalto sul fondo della nostra esperienza. Detto altrimenti, dovremmo essere disinteressati.

Dove sono i tuoi pensieri? Dove sei quando ti trovi fra i tuoi pensieri? I pensieri sono come sogni. Osserva come l’abituale gioco dei tuoi pensieri oscilla in maniera impercettibile nella deriva onirica nel momento in cui ti addormenti. Farai così l’esperienza diretta che sogni e pensieri sono tessuti dalla stessa stoffa d’illusione.

I pensieri hanno quasi la stessa natura dei sogni: sono automatici, si concatenano senza che noi possiamo realmente criticarli e generalmente non corrispondono a niente di reale. I pensieri ci “prendono”, ci travolgono, proprio come le immagini di un sogno. Sono ancora più sconnessi dei sogni notturni perché sono provocati e interrotti da percezioni in continua trasformazione, e si mescolano o si contrappongono a sensazioni effettive.

Freud afferma che i sogni sono l’espressione dei nostri desideri. Io direi, invertendo le parole, che i nostri desideri hanno la natura dei sogni. I nostri pensieri sono come sogni, semplici, chiari e normali all’apparenza, al punto che ce ne facciamo coinvolgere, ma sono in realtà incoerenti e menzogneri. I nostri discorsi e i concetti che questi veicolano sono anch’essi come sogni … e se le nostre parole vengono ascoltate è solo perché fanno presa sui sogni degli altri.

Le cose che pretendiamo essere “reali” sono costantemente definite, categorizzate, soggette a valori, prodotte e riprodotte dai meccanismi inconsci delle nostre associazioni mentali. Così come noi li percepiamo, i nostri oggetti di desiderio, di avversione, di gelosia, di invidia, di paura o di risentimento sono generati dalla nostra mente. Esistono anche per una zanzara o per un bue? Esisterebbero anche per un altro essere umano venuto da un’altra cultura e caratterizzato da una psicologia diversa dalla nostra? Manterrebbero la loro identità senza i nostri pensieri? Dunque, i nostri pensieri sono come sogni.

Per quanto i nostri sentimenti siano reali, è nell’illusione che proviamo desiderio e avversione, speranza e paura. Ci è possibile prendere il controllo del sogno che stiamo facendo, pur continuando a sognare? Dobbiamo svegliarci? Ma così non rischiamo di svegliarci da una vita ordinaria solo per entrare in un nuovo sogno, un sogno spirituale? Dobbiamo solo prendere coscienza che stiamo sognando, senza cercare di prendere il controllo di nulla?

Se i pensieri sono come sogni, allora le paure sono come incubi, da cui è possibile svegliarsi. Nel momento in cui avrai veramente realizzato che i pensieri sono come sogni da cui ti devi risvegliare, può essere che tutta la tua vita precedente ti appaia come un sogno da cui ti sei appena svegliato.

Mangiando uno yogurt (realtà) mi dico: “Loro hanno quello che io non ho” (pensiero). Soffro. Non mi godo lo yogurt, né la luce del giorno, né la fortuna di essere al mondo. Sono prigioniero di un incubo. Ma posso tornare al momento presente, liberarmi dal sogno, risvegliarmi. Così come posso risvegliarmi dai miei concetti, dai miei pregiudizi, dalle mie abitudini, dallo scenario generale della mia vita.

Cos’è dunque l’io se non un concatenamento di pensieri, un modo speciale di far sorgere emozioni e discorsi interiori, una specie di generatore di sogni dotato di particolari scenari emotivi e discorsivi? L’io è un fabbricante d’illusioni, un venditore di sogni. Il risveglio ci sottrae al torpore e al fascino dell’io. Smettiamo di essere prigionieri dei nostri pensieri. Osserviamo senza tregua la loro natura arbitraria, illusoria e ingannevole.

Ogni nostra vita si manifesta sotto una forma differente, ma tutte si stagliano nell’unica e traslucida materia dei sogni. Invece di giudicarli o di credervi, senti il tessuto onirico dei tuoi pensieri. Quando i pensieri vengono riconosciuti con chiarezza e distintamente come sogni nel momento stesso in cui sorgono, rimane la vivacità delle percezioni. Al posto degli oggetti, vibra un campo immenso di percezioni mutevoli e variate. Non cose, non concetti, non giudizi, non io e il mio corpo, ma un flusso ininterrotto e fremente d’immagini, di suoni, di sensazioni, senza un soggetto che percepisce né qualità percepite, lo scintillio senza fine del piano di esistenza.”

(Pierre Lévy - Il fuoco liberatore – Sassella ed., 2006)


giovedì 17 gennaio 2013

Mangiati dalla luna



"Un maestro è colui che offre le occasioni per istruirsi.
Un maestro non penserà mai per te:
ti fornirà delle occasioni per pensare,
che tu puoi cogliere o non cogliere.
Se le cogli, riconoscerai che ti è stato maestro,
altrimenti no." 
(René Daumal)

Con i "Racconti di Belzebù al nipote," Gurdjieff inizia il progetto di scrivere una serie di libri sul giusto pensiero intorno all'uomo, infatti nel sottotitolo dell'opera egli afferma che una critica imparziale sull'uomo è necessaria per avere una comprensione oggettiva e imparziale del soggetto studiato. Però si raccomanda di leggere almeno tre volte il libro per poterlo comprendere, perché la sua volontà è quella di colpire senza pietà la mente del lettore presentandogli una verità imparziale, oggettiva e spietata sulla natura umana e sull'origine dei guai del genere umano.

Gurdjieff usa la voce narrante di Belzebù, che è un personaggio celeste molto elevato seppure fornito di corna e di coda che, in gioventù, fu esiliato sulla Terra per scontare una dura punizione per aver creduto che il mondo fosse gestito in modo ingiusto e illogico. Punito per la sua presunzione e per non essersi fatto gli affari suoi, come sarebbe sempre meglio fare nella vita, Belzebù compì la grave trasgressione di essersi intromesso negli affari degli uomini per aiutarli.

Il fatto era stato un completo insuccesso, e aveva anche corso il rischio di scatenato una rivoluzione cosmica, perciò l'ingenuo e fiducioso protagonista viene condannato a stare con gli uomini che voleva difendere per verificare se la Legge Divina a loro ascritta fosse ingiusta o meno. Alla fine è perdonato dal Signore Sovrano dell'Universo per l'intercessione del Messaggero Celeste Ashiata Shiemash, perciò può ritornare a casa assieme al fedele servo Ahoon, e al piccolo nipote Hussein.

Durante il viaggio di ritorno, Belzebù racconta con linguaggio ironico e divertente un resoconto oggettivo e spietato della realtà dell'uomo ripercorrendo la storia occulta della Terra e del genere umano. L'obiettivo dichiarato è quello di istruire il nipote Hussein sulla vita, ma anche quello di ridestare la sua compassione per il destino penoso dei miseri bipedi. Belzebù racconta assieme l'origine della Luna e della percezione umana, perché le due cose sono correlate, poiché l'avvenimento riguarda i tempi in cui il Sistema solare era ancora in formazione.

A quei tempi, la cometa Kondur passò a fianco della Terra, ma il calcolo della sua traiettoria venne sbagliato dai Sacri Individui esperti di leggi di creazione e di conservazione del mondo, perciò questo errore procurò una collisione tra la cometa e la Terra, in cui l'urto causò il distacco di due parti del nostro pianeta che era ancora debole e neonato.

La fragilità del giovane pianeta comportò il danno del distacco di due pezzi della massa terrestre non irrimediabile, perché i frammenti non si dispersero nello spazio ma restarono ad orbitare intorno alla Terra. In questo modo nacque la Luna e un pianeta gemello che i popoli precedenti alla nostra era chiamavano Kimespai, cioè "colui che non lascia dormire". Questo secondo frammento conosciuto anticamente oggi non lo ricordiamo più, perciò non siamo più in grado di vederlo, avendolo ormai dimenticato.

Subito dopo il fatto venne nominata un'Altissima Commissione con lo scopo di monitorare il disastro, infatti si temeva che il guaio fosse solo rimandato, perché la Luna e il pianeta fratello potevano ancora fuggire per vagare nel Sistema Solare, e perturbare quell'ordine. Per impedire questa complicazione, l'Alta Commissione decise di usare le vibrazioni sacre, Askokin, emesse dalla terra e dagli esseri che vivevano su di essa per trattenere la Luna legandola all'orbita della Terra.

Questo fatto increscioso comportò anche la modifica della strategia elaborata dal Nostro Padre Comune, perciò venne modificato il Piano del Sole Assoluto, e venne modificato il destino iniziale stabilito per la Terra e per i suoi organismi. Originariamente era prescritto che il destino della natura, degli animali e dell'uomo fosse quello di spiritualizzarsi e di avanzare fino a raggiungere il perfezionamento che li avrebbe condotti nella Ragione oggettiva.

L'emergenza creata dall'origine della Luna e la necessità di usare buona parte delle sacre energie disponibili allo scopo, comportò che l'uomo si trovasse privato delle sue risorse. Infatti esse vennero usate per mantenere la Luna collegata alla Terra, perciò quel fatto increscioso implicò altre altre gravi ripercussioni. In quella delicata fase evolutiva anche gli uomini erano agli albori del loro sviluppo e crescevano assai bene, infatti avevano già ben sviluppato il loro cervello emotivo, che è il primo dei tre cervelli forniti agli umani.

I bipedi mostravano già una vivace percezione emotiva e un buon istinto meccanico, perciò si rischiava che potessero capire il danno che era avvenuto. Si rischiava molto, perché malgrado i bipedi fossero ancora molto primitivi avevano già acquisito il cervello che capisce il danno e la convenienza. Quei primitivi potevano già capire che una parte delle loro energie veniva usata per altri scopi, perciò potevano capire che erano sfruttati per riparare gli errori causati da altri.

Anche in quei tempi arcaici il fatto di essere strumentalizzati non piaceva a nessuno, perciò gli esseri superiori ipotizzarono che, se gli uomini avessero intuito la verità, si sarebbero ribellati. Tutti capiscono il principio di ribellione contro lo sfruttamento, perciò i bipedi potevano arrivare anche al punto di uccidersi a vicenda per la rabbia di non far prevalere quell'ingiustizia, perciò si rischiava una strage per la rabbia della vendetta e per l'amore della ripicca.

Sapere che il destino della Terra veniva condizionato dalle conseguenze del guaio fatto da altri e pagato dagli uomini poteva giustificare una ribellione per ragioni di principio, visto che diventare schiavi senza colpa è un destino che non piace a nessuno. Per evitare che i bipedi si autodistruggessero si decise di controllarli, perciò si decise di impiantare un nuovo organo che evitasse problemi, perciò si inventò l'organo che aveva la proprietà di far percepire la realtà alla rovescia.

L'organo inventato venne chiamato Kundabuffer e funzionava facendo in modo che ogni realtà esterna che l'uomo percepiva gli faceva provare interiormente solo sensazioni di piacere e di soddisfazione. Il kundabuffer venne applicato alla radice della coda, che ai tempi ornava il fondo schiena umano, perciò i tricerebrati girarono per un bel po' ornati da quel rimedio artificiale che gli forniva un bel senso di pienezza con l'intima soddisfazione di percepire un "intrinseco e pieno significato esserico."

L'impianto si rivelò un successo e si mostrò ben funzionante, perciò venne il tempo in cui la fase critica fu superata e si decise la sua rimozione. Sia l'innesto che l'espianto avvennero nei tempi più adatti, ma restarono nell'organismo umano delle conseguenze molto antipatiche causate dalla permanenza dell'organo artificiale. In effetti, all'atto della rimozione si notò subito che non si erano dissolte tutte le sue proprietà, perciò anche dopo l'espianto l'uomo mantenne la stretta dipendenza tra la sua soddisfazione interiore e l'ambiente esterno.

Purtroppo queste eccentriche e sbalorditive proprietà restarono perché esse avevano già cominciato a cristallizzarsi nell'indole del nascente organismo tricentrico, ancora molto plasmabile. Per questo motivo lo psichismo dell'uomo è divenuto così contorto, e l’uomo non sa vedere oltre la punta del suo naso. Per questo motivo, nell'uomo non si cristallizza nessuna opinione soggettiva personale, ma si coltivano solo le convinzioni che sono dipendenti dagli altri.

Ormai si era radicato l'influsso del kundabuffer, perciò gli uomini non sospettano neppure più di non sapere, e non si curavano neppure più di conoscere le semplici cose che si potrebbero apprendere con un minimo di "riflessione personale attiva." Ma questo non dipende solo dalle conseguenze dell'innesto nefasto, ma dipende anche dalla responsabilità personale. Gli uomini hanno creato anche altre condizioni anomale, e si sono creati un "dio malefico interiore" che funziona come una figura "auto-tranquillante."

Questa divinità viene nutrita con le qualità che sono coltivate nell'ambiente favorevole alle condizioni preferite da questi esseri anomali, perché essi amano le qualità negative chiamate orgoglio, amor proprio, vanità, presunzione, credulità, suggestionabilità e così via. La cosa eccezionale è che la condizione d'emergenza provvisoria ha procurato una durevole condizione di anormalità nel funzionamento dei cervelli umani.

Il loro sviluppo avvenne mentre c'era un organo che causò un disturbo che condizionò il processo di formazione, perciò lo sviluppo umano fu condizionato dalla qualità dei suoi nutrimenti. Da questo fatto risultò anche che fu rovesciato il "senso istintivo" della realtà di cui l'uomo gode, perciò il processo di auto perfezionamento venne gravemente turbato a causa di un tragico errore che non possiamo imputare all'uomo.

Per ovviare al problema il cielo, ancora oggi periodicamente ci manda dei Messaggeri Celesti che hanno l'incarico di ricordare all'uomo quello che veramente avvenne. Essi hanno l'incarico di risvegliare l'uomo per ricordargli che esiste una possibilità tra le due scelte della vita e della morte. Essi rivelano che esiste anche una terza opzione nella condizione umana, infatti esiste una fuga dal meccanismo che ci condanna a essere usati per alimentare la Luna con le nostre energie.

Se non ci fossero questi messaggi, l'uomo sarebbe condannato a vivere come un animale che è allevato e tenuto in vita finché non diventa grasso e ben pasciuto per essere sgozzato, perché l'uomo grasso è più saporoso da divorare. La Luna sa ipnotizzarci per poterci divorare meglio, perciò è necessario accettare il fatto che avvenne nel disastro iniziale, perché quello fu il momento in cui venne deciso che la forza dell'istinto umano serviva per alimentare la vita lunare.

Bisogna sapere come eliminare le tracce dell'organo kundabuffer che ci spinge a divinizzare la nostra persona, in quanto questo ci impedisce di comprendere che anche l'uomo fa parte del ciclo della vita cosmica. I maestri vengono per ricordare che dobbiamo sforzarci per uscire dal ciclo ipnotico in cui la Luna ci tiene avvinti a sé, perciò è necessaria molta sofferenza intenzionale per liberarci, e per rimettere in ordine i nostri centri interni.

Solo questa sofferenza sorretta dalla buona intenzione di fuggire può risvegliare l'energia sacra della comprensione, cioè l'Askokin, perché è l’unica forma di energia che può aprire la via della luce per la nostra coscienza dormiente. La comprensione è la sola forza che può liberarci dalla ingannevole luce della Luna che culla le nostre illusioni e ci rassicura con una vita vuota di senso e piena di meccanicità.

La Luna ha bisogno di tenerci addormentati, per asservirci meglio alle sue necessità di nutrizione, infatti ci tiene prigionieri come bestie destinate al macello, e noi accettiamo di restare chiusi nel suo recinto finché non siamo spinti come animali alla morte, perché l'illusione lunare funziona meglio con le menti che sono vuote e morte. Le parole illusorie sono vuote, perché devono tenere in vita delle persone che sono abituate ad ascoltare discorsi fatti con suoni privi di vita.

La Luna ama gli effetti delle azioni che paralizzano la volontà umana, infatti a questo siamo sempre più assuefatti crescendo e l’inganno è perpetuato dalla infanzia. Esso viene ereditato dai padri e tramandato ai figli con l'educazione, perciò questa incoscienza sostituisce la ricerca del vero significato di se stesso. I maestri vengono per dire che dobbiamo riconoscere il nostro vero destino, infatti il futuro dell’uomo è quello che fu definito dal Sole Assoluto.

L'Assoluto decise che l'uomo deve costruire se stesso e sviluppare il suo essere. Il nostro destino è quello di innalzare la nostra materia corruttibile fino a conquistare la condizione futura che ci farà superare anche la morte della materia. L'obiettivo e il fine del nostro destino è di vivere superando la dissoluzione dell’involucro materiale, perciò potremo superare anche la morte del corpo. Gli uomini del futuro vivranno come esseri spirituali che rivestono un corpo di luce che ha superato la corruzione della carne che sperimentiamo oggi sulla Terra.

Buona erranza
Sharatan



lunedì 14 gennaio 2013

Il portatore di luce



"L'umano deve morire in modo che il divino possa nascere. Non perché non vada bene, ma perché è il guscio che contiene lo spirito, è il bozzolo che trattiene le ali della farfalla.

Tuttavia, non devi attendere fino al momento della tua morte fisica per vedere morire l'umano. Esso può morire nel divino proprio adesso, se sei disposto a smettere di fare la vittima, di resistere, di difenderti, di nasconderti e di proiettare i sensi di colpa.

Non potrai volare finché non sarai disposto a rivendicare le tue ali. Quando lo farai, non potrai rimanere nelle oscure ombre della tua paura. La scelta è tua. Come farai a scegliere? Cosa vorrai diventare: vittima o angelo? Tra i due non c'è nulla! Ciò che sembra esistere è solo la carcassa umana: è l'essere che non ha ancora scelto, è il bruco che sogna le sue ali.

Solo quando saprai di essere il portatore di luce, allora l'oscurità potrà svanire. Ma prima di poter diventare il portatore di luce devi attraversare i tuoi luoghi oscuri: il portatore di luce non nega il buio, lo attraversa.

Nel momento in cui non esiste una cosa, in te stesso o negli altri, che temi di guardare, il buio non potrà più avere la sua presa su di te. Allora potrai attraversare il buio e potrai giungere fino alla luce. Fingere di essere un portatore di luce prima di avere affrontato le proprie paure significa essere un impostore, essere un guaritore malato, essere un ipocrita.

Tutti i guaritori non guariti, alla fine, devono scendere dal loro falso piedistallo. Dove la luce è una finzione, è solo il buio a prevalere. Per essere la luce devi saper accogliere il buio a braccia aperte. Il tuo buio e quello di ogni altro. Devi venire a patti con la mente ego e saperne vedere l'assoluta futilità.

Devi imparare a guardare la paura con l'amore nel cuore: devi saper guardare la tua paura, quella di tua sorella, quella dello stupratore o quella dell'assassino. Devi capire che tutte le paure sono uguali, perché tutte le paure sono prodotte solo dalla mancanza d'amore. L'amore è la sola risposta al tuo profondo senso di separazione. Non l'amore di qualcun altro, ma il tuo stesso amore.

Nel prendere in mano la fiaccola della verità e nel portare amore alle parti ferite della tua mente, ti riprendi il tuo potere. Rinuncia a essere una vittima. Non puoi più essere trattato ingiustamente, perché tu sei la fonte dell'amore, dell'accettazione e del perdono.

Da dove viene l'amore? Viene da te. Tu sei la via, la verità e la vita, come lo sono stato io. Non devi più cercare il divino là fuori. Nel benedire te stesso, tutti sono perdonati. Quando giungerà sulla terra il Regno dei cieli? Non appena aprirai il tuo cuore e quando attraverserai le tue paure.

Quando verrà il Messia? Non in un futuro, ma adesso! Adesso finisce la separazione, finisce la proiezione, adesso risuona la campana a morto per la paura. Adesso! Non mettere la salvezza nel futuro o la salvezza non verrà mai. Chiedila ora. Accettala ora. Il Regno di Dio si manifesta solo in questo istante.

Quando verrà il Regno dei cieli? Quando questo momento ti basterà. Quando questo posto ti basterà. Quando questo amico ti basterà. Quando questi eventi e circostanze saranno accettabili. Quando non smanierai per qualcosa di diverso da quello che hai davanti.

Tu, amico mio, sei il Cristo, il Messia, sei colui che porta la salvezza. Sei colui che porta l'amore che hai domandato agli altri, sei colui che porta la liberazione dalla violazione del sé e dalle relazioni violente. Sei il solo che sia in grado di entrare a pieno nella tua esperienza, di possederla e di sollevarla. Tu sei il portatore della luce."
(Paul Ferrini)

giovedì 10 gennaio 2013

Un centro di coscienza e di espressione



"L'uomo seleziona solo a proprio beneficio;
la natura solo a beneficio dell'essere che accudisce.
Ogni carattere selezionato viene sfruttato a fondo
e l'essere si viene a trovare nelle migliori condizioni di vita. "
(Charles Darwin - La selezione della specie)

Gurdjieff dice che la verità è una conquista del singolo uomo, infatti nessuno può comprendere al posto di un altro. Gli uomini acquisiscono delle nozioni e possono trasmettere queste conoscenze ai loro simili, essi possono indicare la strada per fuggire, ma non possono trasmettere la comprensione. Per comprendere, è necessario che colui che parla sappia cosa dice, ma anche chi ascolta deve saper comprendere il senso di ciò che viene detto.

Chi ascolta non deve ascoltare passivamente, ma deve cooperare, cioè deve saper ascoltare in modo attivo. Non esiste un linguaggio adatto a comunicare la comprensione, perché il linguaggio si è cristallizzato nelle parole, e le parole sono sempre legate al contesto che gli viene attribuito dai popoli e agli usi e costumi che sono più in voga al momento. Le parole dovrebbero essere plastiche, cioè dovrebbero potersi trasformare assieme al tempo e al mutare della mente dei popoli, perciò dovrebbero essere plasmabili, ma questo non può essere.

A causa di tutti questi motivi, la comprensione appartiene solo al singolo uomo, perciò nessuno può insegnare quello che ognuno deve cercare in modo autonomo. Nessuno può insegnare ad un altro come diventare buono, altruistico e pacifico, ma si può incitare a cercare in noi stessi la chiave per conoscersi e per cambiare la propria interiorità. Nessuno può imporre il cambiamento negli altri, infatti ognuno può cercare soltanto di modificare se stesso.

Molti credono di riuscire a cambiare il mondo usando la politica, l'economia o con la rivoluzione, ma l'unica via che resta praticabile è quella dell'ampliamento della coscienza personale che avverrà solo quando l'amore e la tolleranza entreranno nel cuore dell'uomo. Finché l'uomo resterà un essere egoista, il suo egoismo troverà mille strade astute per perpetuare lo sfruttamento e il suo opportunismo crescerà, perciò la prepotenza del forte prevarrà sempre sull'essere debole.

Solo il singolo individuo può persuadere se stesso che è necessario iniziare a pensare in modo nuovo. Solo il singolo può convincersi che è meglio pensare ponendo l'amore, la comprensione e la tolleranza reciproca come valori primari, perché non ci conviene continuare a valorizzare il profitto se questo continua a produrre solo dolore. Bisogna sapere che l'evoluzione cosmica segue un corso che possiede il suo ritmo, perciò anche l'uomo segue un ritmo evolutivo, ma il percorso individuale può avere una velocità diversa dall'evoluzione cosmica generale.

Gurdjieff avverte che l'evoluzione individuale viene determinata dalla condotta dell'essere individuale, perciò può anche avvenire che un essere possa anticipare l'evoluzione della sua razza. Avviene perciò che un singolo possa anticipare l'avanzamento evolutivo del gruppo, ma se questo avviene, costui dovrà imparare a trovare solo nel suo intimo la fonte della sua gioia. Se questo avviene, e se questo soggetto diventa l'anticipatore troppo precoce dei tempi futuri, allora sarà votato alla solitudine.

Chiaramente vive più felicemente chi sa evolvere procedendo parallelamente con l'evoluzione generale, infatti ogni cosa segue l'evoluzione progressiva, però costui potrà amalgamarsi più facilmente agli altri, e potrà fluire più armoniosamente con l'avanzare della vita, arrendendosi facilmente alla trasformazione che avviene. E' necessario saper vivere esaminando con molta attenzione tutto quello che ci circonda, ma è necessario anche comprendere e assecondare la natura e la qualità dei nostri più intimi impulsi.

Questa è la strada che coniuga più armoniosamente la libertà personale e la semplicità dell'adattamento, perché è una strada che non vede alcuna resistenza al naturale evolvere delle cose, perciò ci aiuta a vivere facendo un facile superamento di quello che si è concluso. Chi non riesce a conciliarsi con il naturale flusso del mutamento che muove il mondo subisce il dolore di questa frattura interiore, perché resta ancorato al passato e alla ricerca inutile di quello che non esiste più.

La vita materiale è il mezzo migliore per evolvere, però tutto quello che diventa inutile va abbandonato come se fosse una cosa morta che va archiviata tra ciò che muore. Tutto quello che muore si è concluso perché ha finito il suo corso, infatti non ha più nessuna utilità per il nostro avanzare, perciò dobbiamo imparare a nascere ogni giorno come se fossimo ogni giorno un essere nuovo.

L'uomo è alla continua ricerca della verità, perché la ricerca offre la possibilità di trovare condizioni di miglioramento, perché se non fosse possibile migliorare vuol dire che il destino dell'uomo sarebbe quello di vivere immobile, ma l'inerzia è la condizione che è posseduta solo dalle cose morte. Il desiderio di conoscere ci spinge sempre a progredire, e agisce così in tutte le specie animali, infatti la ricerca di nuove possibilità di vita comporta anche un migliore adattamento all'ambiente.

Queste due cose sono sempre correlate, infatti senza una trasformazione di condizioni ambientali l'evoluzione si fermerebbe, e la vita sarebbe un caso sempre più raro e vedrebbe solo individui poco resistenti. L'adattamento alla vita non avviene solo per quello che riguarda l'involucro fisico, ma avviene anche in tutti gli altri veicoli, perciò la fase iniziale della trasformazione è molto entusiasmante, ma poi interviene l'abitudine per cui l'intensità dell'entusiasmo diminuisce.

Avviene così in tutte le cose, perciò il fenomeno è osservabile nel cosmo ma anche in ogni novità, sia che parli del nuovo lavoro, dell'arrivo di una passione o anche di una cosa che ci regalano. L'uomo è spinto alla ricerca della novità, e la ricerca di innovazioni maggiori ci spinge sempre verso un progresso, infatti gli innovatori sono la forza vitale delle società. Quando un'istituzione si chiude all'innovazione è segno che è destinata a morire, perché essa entra nell'entropia essendosi privata del beneficio di risorse per rinnovarsi e arricchirsi.

Tutto ciò che si ferma è destinato a morire, perché tutto deve progredire, infatti il sopraggiungere di nuove condizioni comporta anche l'apporto di nuove forze, sebbene i rivoluzionari vengano accolti con fastidio, perché vengono a disturbare un ordine che si è costituito. Ma, proprio per il fatto che essi disturbano quell'ordine esistente, solo gli innovatori possono aprire le vie delle nuove cognizioni, perciò impediscono che le cose preesistenti possano crollare per consunzione.

Quando una società o una struttura crede di non dover imparare più nulla di nuovo è destinata a finire, perciò per innovare è necessario avere il coraggio e la volontà di abbandonare le vecchie certezze per cercare un'altra verità. Comunemente non si accetta di lasciare la via che corrisponde alle nostre aspettative e ai desideri, perciò nessuno vuole abbandonare di sua volontà il contesto a cui si adatta meglio.

Solo chi sente delle limitazioni e delle barriere al suo pensiero e al suo modo di essere sa lasciare il rifugio che non sente più sicuro per andare a cercare altrove una verità migliore. Da tutto questo si comprende come solo quegli uomini che cercano e vogliono una verità più autentica e piena di quella che esiste possono arricchire la verità che la società o la comunità possiede.

Esaminando l'evoluzione umana vediamo che, inizialmente, l'uomo non ha la coscienza di sé, perciò è un essere che funziona con l'attivazione dei centri di sensibilità e dell'istinto. Nello sviluppo iniziale l'uomo non si discosta molto dallo sviluppo delle altre specie animali. L'incarnazione interviene per costruire tutti i veicoli idonei a essere definiti degli animali superiori, perciò ci incarniamo come uomini per superare lo stadio animale e per costruire gli strumenti adatti a manifestare l'essenza profonda di noi stessi.

Con l'incarnazione perfezioniamo la nostra individualità, perciò viene il momento in cui si raggiunge il livello in cui l'uomo diventa cosciente di sé stesso, perciò viene il momento in cui si diventa un centro di coscienza e di espressione. Prima l'essere umano era completamente dipendente dall'ambiente esterno, perciò tutte le sue reazioni erano condizionate dalle condizioni esterne, e le sue risposte erano automatiche.

Con il primo livello di evoluzione si apre la nuova dimensione dell'io, perciò l'uomo entra nel mondo della separazione in cui tutto è suddiviso tra ciò che è "mio" e ciò che è "altro da me". Questo mondo è popolato da una grande quantità di stimoli che sorgono con prepotenza sotto l'impulso dell'egoismo, dell'avidità e della brama di possesso. Queste forze sono tutte le qualificazioni di cui l'io si nutre per potersi percepire come essere che è separato dal mondo esterno.

Tutte le forme di manifestazione che emergono, inizialmente vengono in modo violento, perciò molte filosofie le paragonano ai demoni furiosi dal temperamento violento e dal carattere insaziabile. Tutto ciò che produce l'io possiede i tratti della violenza, della ferocia e dell'insaziabilità, perché queste qualità sono tipiche dell'egocentrismo che si vuole impone anche se deve usare il furto, l'omicidio e la ferocia.

Anche dalla dolorosa nascita dell'individualità vediamo che l'indole dell'uomo non differisce dall'animale quando egli cerca di soddisfare il suo desiderio. Chiaramente l'uomo deve superare questo livello primitivo, perciò interviene l'elemento che deve riequilibrare questo comportamento primitivo. Le azioni di un individuo così poco regolato potrebbero ripercuotersi sull'ambiente che lo circonda e colpire gli esseri che gli sono vicini.

Secondo una legge di natura, esiste una limitazione, infatti esiste una inibizione naturale che viene collegata alla libertà d'azione delle persone, infatti il libero arbitrio viene sempre dosato in modo che l'essere meno evoluto venga maggiormente condizionato e inibito nella sua piena espressione. Gurdjieff avverte che esistono sempre delle forze positive e negative che permettono l'azione equilibrata che vediamo quando interviene un pareggio di forze.

Secondo la legge che regola le forze, quando agisce una forza positiva e prepotente nella richiesta, interviene una forza pari di segno negativo con azione inibitoria, e questa opposizione che ristabilisce l'equilibrio sorge dall'ambiente. Seguendo questa legge naturale vediamo che ogni cosa ha una polarità positiva e una negativa, e tutto possiede questo lato che è visibile per gli effetti. Ogni cosa, ogni forza e ogni potere possiede questa opposizione di polarità che è necessaria per poter avere l'equilibrio che ripristina l'omeostasi di cui la natura necessita.

Tutta la natura ha una doppia polarità necessaria per dosare, perché più la forza rischia di essere preponderante e maggiore deve essere l'inibizione che essa deve ricevere. Se abbiamo compreso il ragionamento impariamo perché più l'essere si evolve e maggiore diventa il grado di libertà di cui egli può fruire, infatti ad ogni essere è concesso il livello di libertà di cui riesce a fruire senza abusarne e senza danneggiare il suo prossimo.

Perciò vediamo che la libertà diventa sempre maggiore mano a mano che si procede nell'evoluzione, perciò vediamo come ogni organizzazione religiosa, sociale e politica con i suoi divieti e le sue sanzioni sorge per tenere sotto controllo gli esseri poco evoluti. Vediamo che i comandamenti e le leggi sono funzionali per impedire che la distruttività di esseri poco evoluti possa prevalere. Gli esseri poco evoluti spiritualmente sono tenuti sotto controllo con la minaccia delle punizioni e con la paura di subire un castigo più doloroso del piacere che potrebbero trovare.

La paura e la minaccia sono necessarie per limitare l'arbitrio dell'individuo che non possiede l'evoluzione spirituale che gli impedisce di nuocere senza bisogno di usare le sanzione e il controllo. Le istituzioni sono un riduttore che da l'autocontrollo che l'individuo non sa attivare in modo autonomo, perciò le organizzazioni fanno conquistare collettivamente ciò l'uomo singolo non sa conquistare.

Lo stesso avviene nelle organizzazioni spirituali, perciò ci si avvicina ad esse credendo di ottenere una evoluzione più veloce, perciò si crede che le adesioni siano sufficienti per arrivare alla meta, ma è l'ego molto vitale e prepotente che aspira a diventare più grandioso. Questo spiega perché si può diventare solo un informatore per i simili, ma nessuno si può atteggiare a maestro. Ognuno può conversare di questi concetti, ma nessuno può essere guru di altri.

Nessuno può avere seguaci e nessuno può giurare che l'altro comprenda, infatti la convinzione di avere completato l'indottrinamento dimostra solo la megalomania dell'ego. Chi si sente guru o maestro deve sapere che molti predicatori e discepoli di Cristo son morti da tempo, ma nessuno morì di morte naturale circondato da cari affetti familiari. L'evoluzione di ognuno è quella che è, ed è quella che ognuno sa conquistare e di cui risponde solo davanti alla sua coscienza, perciò non esiste qualcosa che la possa aumentare.

La cosa più paradossale è che l'avanzamento spirituale comporta un proporzionale avanzare del livello di difficoltà e di responsabilità che la promozione comporta. I maestri dicono che, se viene accresciuto il nostro valore si diventa anche più responsabili, perché l'accresciuta reputazione richiede un lavoro più duro per mantenere il livello di prestigio, infatti non si può più ridiscendere al livello inferiore.

Chi possiede questo credito possiede un'assegno firmato con una grossa cifra in bianco, perciò deve essere molto accorto sul modo con cui vuole usare il suo credito perché, in cielo, questa fiducia totale si concede pure, ma solo a chi da prova di non volerne approfittare. Nel caso che diciamo, in cielo avviene al contrario di quello che accade in terra dove sono usate tutte le scappatoie legali e illegali per salvare gli imbroglioni e i truffatori, infatti lassù non è così facile imbrogliare.

Buona erranza
Sharatan



sabato 5 gennaio 2013

Le nostre vite in vendita di Michael J. Sandel



"Nelle società sviluppate ormai la logica di mercato non è applicata solo allo scambio dei beni materiali, ma governa sempre di più l’esistenza in ogni suo aspetto. Ci sono cose che il denaro non può comprare, anche se di questi tempi non sono molte. Oggi quasi tutto è in vendita.

Facciamo qualche esempio.

- Una cella moderna: novanta dollari a notte. A Santa Ana, in California, e in qualche altra città degli Stati Uniti i criminali non violenti possono pagarsi una cella pulita e silenziosa, dove non sono disturbati dagli altri detenuti

- L’accesso alle corsie riservate al car pooling per gli automobilisti che viaggiano soli: otto dollari. Minneapolis, San Diego, Houston, Seattle e altre città statunitensi hanno cercato di ridurre il traffico consentendo a chi viaggia da solo di transitare nelle corsie di car pooling , con tariffe che variano in base al traffico

- I servizi di una madre surrogata indiana: ottomila dollari. Le coppie occidentali in cerca di uteri in affitto si rivolgono sempre più all’India, dove i prezzi sono meno di un terzo di quelli statunitensi.

- Il diritto di sparare a un rinoceronte nero in via d’estinzione: 250mila dollari. In Sudafrica i proprietari di ranch possono vendere ai cacciatori il diritto di uccidere un numero limitato di rinoceronti. Il governo lo ha permesso con l’obiettivo di dare ai proprietari un incentivo per allevare e proteggere le specie in via d’estinzione

- Il numero del telefono cellulare del vostro medico: a partire da 1.500 dollari all’anno. Un numero crescente di “medici concierge ” offre consulti via cellulare e appuntamenti in giornata ai pazienti che pagano tariffe annuali tra i 1.500 e i 25mila dollari

- Il diritto a emettere una tonnellata di anidride carbonica nell’atmosfera: 10,50 dollari. L’Unione europea gestisce un mercato delle emissioni di anidride carbonica che permette alle aziende di comprare e vendere il diritto di inquinare

- Il diritto di immigrare negli Stati Uniti: 500mila dollari. Gli stranieri che investono 500mila dollari e creano almeno dieci posti di lavoro a tempo pieno in un’area a elevata disoccupazione hanno diritto a una green card che li autorizza al soggiorno permanente.

Non tutti si possono permettere queste cose. Oggi, tuttavia, ci sono molti nuovi modi per fare soldi.

Se avete bisogno di guadagnare del denaro extra, ecco alcune alternative originali.

- Affittare la vostra fronte per esporre una pubblicità commerciale: diecimila dollari. Nello Utah una madre single che aveva bisogno di soldi per far studiare il figlio ha ricevuto diecimila dollari da un casinò online per farsi tatuare permanentemente sulla fronte l’indirizzo web del locale (le pubblicità con tatuaggi temporanei fruttano meno).

- Fare da cavia umana nelle sperimentazioni farmacologiche per una compagnia farmaceutica: 7.500 dollari. La paga può variare in base all’invasività delle procedure usate per testare gli effetti dei farmaci e al malessere procurato

- Combattere in Somalia o in Afghanistan per una compagnia militare privata: fino a mille dollari al giorno. Lo stipendio varia in base alle qualifiche, all’esperienza e alla nazionalità.

- Stare in fila per una notte al Campidoglio di Washington per tenere il posto a un lobbista che vuole assistere a un’udienza del congresso: da 15 a 20 dollari all’ora. Alcune società offrono questo servizio assumendo anche persone senza fissa dimora per fare la coda.

- Leggere un libro (se siete un alunno di seconda elementare in una scuola di Dallas che non ottiene grandi risultati): due dollari. Per promuovere la lettura, le scuole pagano i bambini per ogni libro che leggono.

Viviamo in un’epoca in cui quasi tutto può essere comprato e venduto.

Negli ultimi trent’anni i mercati – e i valori di mercato – hanno governato le nostre vite come mai era successo prima. Non siamo arrivati a questa condizione attraverso una scelta deliberata: è come se ci fosse capitata. Dopo la guerra fredda i mercati e le teorie sui mercati hanno goduto, comprensibilmente, di un prestigio incontrastato. 

Nessun altro sistema di organizzazione della produzione e distribuzione dei beni si è dimostrato altrettanto efficace nel creare ricchezza e benessere. Tuttavia, proprio mentre un numero crescente di paesi adottava i meccanismi di mercato per il funzionamento dell’economia, succedeva qualcos’altro: i valori di mercato assumevano un ruolo sempre più importante nella società e l’economia diventava un dominio imperiale.

Oggi la logica del comprare e del vendere non è più applicata solo ai beni materiali, ma governa in misura sempre più ampia la vita nella sua interezza. Gli anni precedenti alla crisi del 2008 sono stati un momento di esaltazione della fede nei mercati e della deregolamentazione, un’era di trionfalismo dei mercati.

Questo periodo è cominciato all’inizio degli anni ottanta, quando Ronald Reagan e Margaret Thatcher hanno proclamato il loro convincimento che fossero i mercati, e non i governi, ad avere in mano le chiavi del benessere e della libertà. Questo convincimento è continuato negli anni novanta con il pensiero liberal di Bill Clinton e di Tony Blair, che ha attenuato ma allo stesso tempo consolidato la fiducia nei mercati come mezzo principale per garantire il bene comune.

Oggi questa fiducia vacilla. La crisi non solo ha instillato il dubbio sulla capacità dei mercati di distribuire in modo efficiente il rischio. Ha anche suscitato la diffusa percezione dell’allontanamento dei mercati dalla morale e della necessità di farli riavvicinare in qualche modo. Ma non è ovvio cosa significhi tutto questo o cosa dovremmo fare.

Alcuni sostengono che il lassismo morale al centro del trionfalismo dei mercati sia stato generato dall’avidità, che ha portato a prendere dei rischi in modo irresponsabile. Secondo questo punto di vista, la soluzione è tenere a freno l’avidità, esigere dai banchieri di Wall street più integrità e responsabilità, e approvare regole sensate per evitare che la crisi del 2008 si ripeta. Nel migliore dei casi questa è una diagnosi parziale. 

È certamente vero che l’avidità ha giocato un ruolo nella crisi, ma c’è in ballo qualcosa di più grande. Il più grave cambiamento degli ultimi trent’anni non è stato l’aumento dell’avidità, ma l’estensione dei mercati e dei valori di mercato a sfere della vita tradizionalmente governate da norme diverse.

Per affrontare questa situazione, bisogna fare qualcosa di più che inveire contro l’avidità

serve un dibattito pubblico per capire qual è il posto dei mercati. Consideriamo, per esempio, l’aumento del numero di scuole, ospedali e prigioni con fini di lucro o l’esternalizzazione della guerra a società private (in Iraq e in Afghanistan, i soldati delle società private sono di fatto più numerosi di quelli dell’esercito statunitense).

Consideriamo il declino delle forze di pubblica sicurezza a vantaggio delle società di sicurezza private, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove le guardie private sono quasi il doppio degli agenti di polizia.

Oppure consideriamo il marketing aggressivo sulla prescrizione di farmaci delle aziende farmaceutiche nei confronti dei consumatori, una pratica ormai diffusa negli Stati Uniti e proibita invece nella maggior parte degli altri paesi (se vi è capitato di vedere le pubblicità televisive durante i telegiornali della sera negli Stati Uniti, siete autorizzati a pensare che la prima emergenza sanitaria nel mondo non sia la malaria, la cecità luviale o la malattia del sonno, ma un’epidemia di disfunzioni erettili)

Consideriamo anche le dimensioni della pubblicità commerciale nelle scuole pubbliche, la vendita dei diritti di denominazione per parchi e spazi pubblici, i confini sfumati tra informazione e pubblicità (che probabilmente diventeranno ancora più labili ora che i quotidiani e le riviste lottano per la sopravvivenza), il lancio sul mercato di ovuli e spermatozoi “griffati” per la riproduzione assistita, la compravendita del diritto di inquinare da parte di aziende e paesi, il sistema di finanziamento delle campagne elettorali negli Stati Uniti, che porta quasi ad autorizzare la compravendita delle elezioni.

Trent’anni fa l’uso del mercato per garantire salute, istruzione, incolumità pubblica, sicurezza nazionale, giustizia, tutela dell’ambiente, divertimento, riproduzione e altri beni sociali era in gran parte sconosciuto
Oggi, in pratica, lo diamo per scontato. Ma il fatto che stiamo andando verso una società in cui tutto è in vendita ci deve preoccupare. Per due ragioni: una riguarda la disuguaglianza e l’altra la corruzione.

Consideriamo innanzitutto la disuguaglianza

In una società in cui tutto è in vendita, la vita è più difficile per chi dispone di mezzi modesti. Più cose il denaro può comprare, più i soldi (o la loro mancanza) contano. Se il solo vantaggio della ricchezza fosse la possibilità di comprare yacht, auto sportive e vacanze esclusive, le disuguaglianze di reddito e di ricchezza importerebbero meno di quanto importino oggi. Man mano però che il denaro arriva a comprare sempre più cose, la distribuzione del reddito e della ricchezza assume un ruolo molto più rilevante.

La seconda ragione per cui dovremmo esitare a mettere tutto in vendita è più complessa. Non riguarda la disuguaglianza e l’equità, ma gli effetti corrosivi dei mercati. Assegnare un prezzo alle cose che contano nella vita può corromperle, perché i mercati non si limitano a distribuire beni, ma esprimono e promuovono determinati atteggiamenti nei confronti dei beni che vengono scambiati. 

Pagare i bambini affinché leggano i libri può spingerli a leggere di più, ma può anche insegnargli a considerare la lettura come un lavoro e non come una fonte di soddisfazione interiore. Assumere mercenari stranieri per combattere le nostre guerre può risparmiare la vita ai nostri cittadini, ma può anche corrompere il significato di cittadinanza.

Spesso gli economisti presumono che i mercati siano inerti, cioè che non abbiano ripercussioni sui beni che scambiano. Ma questo non è vero. 

I mercati lasciano il segno. Talvolta i valori di mercato escludono altri valori di cui varrebbe la pena tener conto. Quando decidiamo che certe cose potrebbero essere comprate o vendute, decidiamo – almeno implicitamente – che sia appropriato trattarle come merci, come strumenti di profitto e di consumo. 

Ma non sempre questo ci permette di dare valutazioni corrette. L’esempio più ovvio è l’essere umano. La schiavitù è orribile perché tratta gli esseri umani come una merce da comprare e vendere all’asta. Questo trattamento non considera gli esseri umani come persone che meritano dignità e rispetto, ma come mezzi di guadagno e oggetti da usare. Questo vale anche in altri casi.

Non permettiamo che i bambini siano comprati o venduti, indipendentemente da quanto possa essere difficile il processo di adozione o da quanto siano disposti a fare gli aspiranti genitori. Anche ammesso che i potenziali acquirenti dovessero trattare responsabilmente il figlio, la nostra preoccupazione è che un mercato dei bambini esprimerebbe e promuoverebbe il modo sbagliato di valutarli. Giustamente i bambini non sono considerati beni di consumo, ma vite che meritano amore e cure. 

Consideriamo, inoltre, i diritti e i doveri dei cittadini. Se siamo chiamati a fare il giurato in un processo, non possiamo pagare qualcuno perché prenda il nostro posto. Così come non è permesso ai cittadini di vendere il loro voto, anche se ci sono altri pronti a comprarlo. Perché no? Perché crediamo che i doveri civici non siano una proprietà privata, ma una responsabilità pubblica. Esternalizzarli significa degradarli, valutarli nel modo sbagliato.

Questi esempi evidenziano un aspetto più generale: alcune delle cose che contano nella vita sono degradate se vengono trasformate in merce. Allora, per stabilire qual è il posto del mercato e a che distanza andrebbe tenuto, dobbiamo decidere in che modo valutare beni come la salute, l’istruzione, la sfera familiare, la natura, l’arte, i doveri civici. Sono questioni morali e politiche, non solo economiche. Per risolverle, dobbiamo discutere, caso per caso, il significato morale di queste cose e il modo corretto di valutarle.

È una discussione che non abbiamo affrontato all’epoca del trionfalismo dei mercati e come conseguenza, senza rendercene conto e senza mai decidere di farlo, siamo passati dall’avere un’economia di mercato a essere una società di mercato. 

La differenza è questa: un’economia di mercato è uno strumento – prezioso ed efficace – per organizzare l’attività produttiva, una società di mercato è un modo di vivere in cui i valori di mercato penetrano in ogni aspetto dell’attività umana. Un luogo dove le relazioni sociali sono trasformate a immagine del mercato. Il grande dibattito assente nella politica di oggi è quello sul ruolo e sulla portata dei mercati. 

Vogliamo un’economia di mercato o una società di mercato? Quale ruolo dovrebbero svolgere i mercati nella vita pubblica e nelle relazioni personali? Come possiamo decidere quali beni devono essere comprati e venduti e quali governati da valori non di mercato? Dov’è che la signoria dei soldi non dovrebbe esistere? 

Anche se foste d’accordo sul fatto che occorre affrontare grandi questioni relative alla moralità dei mercati, potreste dubitare che il nostro dibattito pubblico sia all’altezza del compito. È una preoccupazione legittima. 

In un’epoca in cui il dibattito politico consiste soprattutto in confronti televisivi dai toni accesi, in un livore fazioso negli interventi alla radio e in battaglie al congresso alimentate dalle ideologie, è difficile immaginare un dibattito pubblico caratterizzato da un ragionamento su questioni morali difficili come il modo giusto di valutare la procreazione, l’infanzia, l’istruzione, la salute, l’ambiente, la cittadinanza e altri beni.

Eppure, credo che una simile discussione sia possibile, ma solo se siamo disposti a estendere i termini del nostro dibattito pubblico e a confrontarci più esplicitamente con le diverse idee di benessere.

Nella speranza di evitare faziosità, spesso pretendiamo che i cittadini si lascino alle spalle le loro convinzioni morali e spirituali quando entrano nell’arena pubblica.

Ma la riluttanza ad ammettere in politica discussioni sull’idea di benessere ha avuto una conseguenza imprevista: ha contribuito a spianare la strada al trionfalismo dei mercati e alla perdurante tenuta della logica di mercato. 

A suo modo, la logica di mercato svuota anche di argomentazione morale la vita pubblica. Parte del fascino dei mercati si spiega con il fatto che non giudicano le preferenze che soddisfano. Non chiedono se alcuni modi di valutare le cose siano più nobili o più validi di altri. 

Se qualcuno è disposto a pagare per il sesso o per un rene e un adulto consenziente è disposto a vendere, l’unica domanda che l’economista si pone è: “A quale prezzo?”.

I mercati non rimproverano, non discriminano tra preferenze lodevoli e preferenze spregevoli

Ognuna delle parti di un affare decide autonomamente quale valore attribuire ai beni al centro dello scambio. Questo atteggiamento nei confronti dei valori sta al cuore della logica di mercato e spiega gran parte del suo fascino. 

Ma la nostra riluttanza a impegnarci nell’argomentazione morale e spirituale, insieme con la nostra adesione ai mercati, ha avuto un prezzo elevato: ha svuotato di energia morale e civile il dibattito pubblico e ha dato un contributo alle politiche manageriali e tecnocratiche che affliggono oggi molte società. Un dibattito sui limiti morali dei mercati potrebbe consentirci, come società, di decidere dove i mercati sono utili al bene comune e dove non devono stare.

Per analizzare a fondo il posto che spetta ai mercati, è necessario ragionare insieme, pubblicamente, sul modo giusto di valutare i beni sociali a cui diamo un prezzo. Sarebbe folle pretendere che un dibattito pubblico moralmente più solido, anche se al suo meglio, possa condurre a un accordo su ogni questione. 

Produrrebbe però una vita pubblica più sana. E ci renderebbe più consapevoli del prezzo che paghiamo vivendo in una società in cui ogni cosa è in vendita."

(*Michael J. Sandel, Internazionale (fonte originale The Atlantic) insegna filosofia politica all’università di Harvard. Questo articolo è un estratto del suo saggio Quello che i soldi non possono comprare, che sarà pubblicato in aprile da Feltrinelli.)

Da: http://comune-info.net/2012/12/le-nostre-vite-in-vendita/