mercoledì 27 gennaio 2010

Praticare la Via del Fuoco Sacro


“Se volgi lo sguardo al cielo
non vedi che Splendore di Fuoco.
Se volgi l’occhio a terra
non vedi che Fuoco condensato.
Se osservi entro te stesso
non vedi che Vortici di Fuoco.”


Così come possiamo osservare lo sviluppo di una stella in termini di maggiore o minore manifestazione di Fuoco e di Luce, così come dalla maggiore o minore radianza possiamo intuire lo stato esistenziale dei corpi celesti, così osserviamo l’individuo nei termini del Fuoco-Luce che da lui emana. Una forma o un corpo è costituita da una sintesi di fuochi che possono essere condensati in sé stessi o possono essere radianti verso l’esterno con l’espressione di qualità focali che gli sono proprie.

Ermete Trismegisto affermava che, per ottenere effetti meravigliosi, sono sufficienti il Fuoco e la Terra perché il primo è attivo mentre la seconda è ricettiva. Cornelio Agrippa, nel “De occulta philosophia” affermava che il fuoco esiste in ogni cosa e per ogni cosa, pur non essendo in alcuna cosa, poiché illumina tutto pur restando invisibile ed occulto laddove esso esiste e non si unisce alla materia, sulla quale pur sempre esercita la sua azione e, tramite la quale, egli si rivela.

La natura del fuoco è perciò invisibile ma smisurata e, per sua natura, è capace di azione, egli è mobile e suscettibile di comunicarsi a tutto ciò a cui si avvicina. Il fuoco rinnova le forze e conserva la natura, insegna Agrippa, ed esso è incomprensibile a causa del suo fulgore, con il quale acceca. Il fuoco muove ogni volta che viene mosso e ingloba tutti gli altri elementi naturali, pur restando nascosto e pur non avendo alcuna necessità di essi.

Il fuoco è adatto a crescere per sua propria natura e a comunicare la sua grandezza agli oggetti che riempie di sé: esso non diminuisce per quanto possa donarsi con molta abbondanza. Secondo Paracelso lo spirito pervade una “Veste di Fuoco” di cui basta una particella infinitesimale per distruggere la terra: perciò è assolutamente necessario meditare, contemplare e non temere gli spiriti del fuoco che animano tutta la natura vivente dell’Universo creato.

Nell’induismo si crede che la kundalini che giace alla base della spina dorsale sia il Fuoco non volgare che deve essere innalzato al cielo per ricongiungersi con il fuoco di Shiva. Nei Katha Upanishad si narra che Naciketas chiese al dio Yama di conoscere la Via del Fuoco che conduce al Cielo, e che Yama gli rispose: “Io ti insegnerò quel Fuoco, o Naciketas, che t’innalza al Cielo. Sappi che il fuoco è il mezzo per ottenere mondi infiniti; esso costituisce il loro stesso fondamento ed è nascosto in un segreto luogo.”

All’interno del corpo umano si dispiega un universo di fuoco in cui l’istinto è un getto di Fuoco che emerge all’improvviso, l’emozione e la passione sono come Fuochi liquidi di gioia o di dolore. La nostra stessa mente è come un Fuoco che Crea e che plasma, e infatti crea in modo armonico oppure disarmonico le strade del nostro destino.

Quando si pensa si accede al Fuoco akashico, e quando si esprimono desideri ed emozioni diventiamo Fuoco solare, mentre quando esplodiamo nell’istinto più radicale noi diventiamo come un Fuoco elettrico. Dagli occhi noi lanciamo dei Raggi di Fuoco, e nel movimento noi sprigioniamo delle Fiamme di Fuoco che restano avviluppate e arrotolate in sé stesse quando stiamo riposando.

Un ente materiale, così come possiamo considerare l’uomo è destinato, per sua stessa natura, a rendersi sempre più radiante così come nel regno minerale ogni elemento è destinato, nel corso del tempo, a divenire un corpo radioattivo. Per ottenere questo passaggio di alchimia fisica e spirituale, e per passare dalla coagulazione fino alla risoluzione, che è anche un atto di “condensazione della radianza” occorre perciò imparare l’Arte Sacra.

L’Arte di cui parla questo tipo di sapienza è quella della bontà del “saper morire” perciò del morire a noi stessi per ottenere la Bellezza del commensurarsi con la radianza e quindi accoglierla pienamente in noi. Una massa di fuochi condensati è un’Energia pura di fuochi concentrati che deve essere trasformata in un’Energia pura di Fuoco-Luce radiante, così che l’ente materiale è volto verso l’Immortalità.

Secondo la scienza ufficiale la massa può essere convertita in energia e viceversa, anche se la sapienza antica, che viene chiamata Arte Sacra, lo sapeva millenni fa e lo aveva insegnato da sempre, perché credeva a questa forma di Alta Verità. Chi si accosta all’Arte Sacra deve saper maneggiare il fuoco, e chi si accosta al Fuoco deve sapere che esso può imprigionare e può rendere mortali oppure può dare la liberazione e l’immortalità.

Se studiamo i nostri Fuochi condensati dobbiamo contemplare tutte le reazioni egocentriche ed esagerate che noi attiviamo come reazione psicologica oppure fisiologica, e che ci vede ridotti come delle stupide marionette a cui vengono tirati i fili, e che sanno reagire soltanto in modo automatico: vediamoci allora come dei poveri esseri ridotti ed impoveriti da forme di pensiero unilaterale.

Allora dobbiamo faticare molto per poterci osservare senza stupore e senza dolore per avere tenuto per tanto tempo tutto il nostro interiore Oro sepolto e mortificato sotto una cappa di piombo: perciò dobbiamo praticare la Via del Fuoco. Quando si parla di Via del Fuoco ovviamente non si fanno riferimenti al fuoco propriamente detto, ma si vuole concepire quello che l’induismo chiama Sadhana cioè la Via della Realizzazione della nostra Essenza.

Con la stessa accezione potremmo usare il termine di “Via del Suono” in cui il discepolo si realizza come suono e infine come Essenza non sonora. In sanscrito suono si dice “Svara” e luce si dice “svar”: perciò fuoco e luce sono uniti dalla loro essenza di affinità fonetica. Secondo la Cabala la Luce-Verbo emerse dalle profondità delle Tenebre, perciò praticando la Via del Fuoco noi pratichiamo la Via del Ritorno. Ogni discepolo di ogni tradizione, a qualunque ramo di sapienza dica di appartenere, pur sempre segue la sua Via del Fuoco.

La Via del fuoco afferma che questo piombo interno l’uomo può convertirlo in Oro perché il futuro è nelle nostre mani, e la radianza è sempre presente al nostro interno come una brace che si affievolisce ma che non si spegne mai. Solo a noi sta il potere di sprigionarla e di manifestarla: perciò la comprensione dei nostri fuochi interni ci rivela anche la sintesi della nostra vita.

Manifestando il fuoco del nostro talento possiamo conoscere il fuoco universale dell’Essere e una completa identità con l’Essenza del Fuoco che rivela la Realtà Suprema non manifesta. Parlando di Fuoco-Luce dobbiamo anche parlare di Suono, che non è la vibrazione di uno strumento musicale o il crepitio del legno nel caminetto, benché anche loro siano forme infuocate: la Via del Fuoco rivela che Luce-Fuoco e Suono sono identici perché “il Suono è Fuoco che vibra e che saetta.”

La Via del Fuoco non si scrive nei libri e non si apprende in forma intellettuale perché nasce, cresce e si sviluppa nel vivere con gioia e creativamente. La Via del Fuoco possiede 3 sentieri: vi è la Via alchemica in cui si assapora il Fuoco della Vita, vi è la Via del Bello in cui si gioisce del Fuoco onnipervadente e, infine, vi è la Via metafisica in cui il Fuoco diventa incolore perché è il prisma sfaccettato della varietà infinita della Manifestazione.

La Via del Fuoco si matura nella sperimentazione diretta e nella consapevolezza dell’Essere: Conoscere, Sperimentare e Vivere sono i suoi 3 pilastri fondamentali, che sono anche le 3 faville costituenti la Radice Sacra di una tale Via. L’ardore, l’ardire e l’ascendere sono i 3 pilastri della Via del Fuoco, che ci rivela l’Arte di Vivere in maniera armonica e ci rivela la Bellezza di concepire di essere nell’unità e di essere coronati dalla Beatitudine, così da poterci manifestare in completa e assoluta somiglianza con l’Ente Supremo, poiché è il nostro Padre Celeste.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 25 gennaio 2010

La Fiamma del Fuoco interiore


Quando una persona è presa da questo egoismo,
dall'interesse personale e dall'ego, diviene un demone!
(Mahatma Gandhi)


Se ci fermiamo a contemplare gli Spiriti del Fuoco, non dimentichiamo che la motivazione primaria dell’essere umano è il suo disperato bisogno d’Amore, che lo spinge ad attuare ogni sotterfugio per ottenere tale finalità.

Un’altra valutazione, da fare sulla nostra natura personale, è la propensione umana ad indossare ogni tipo di maschera per ottenere ciò che desidera, fino al punto di divenire dei corrotti trafficanti esperti nei peggiori imbrogli e mercanteggiamenti, usati disinvoltamente, come se da loro dipendesse la vita stessa.

Senza voler dare a queste tendenze ataviche e primarie alcun tipo di connotazione morale, piuttosto fermiamoci a valutare come noi, in preda a tali moventi, siamo mossi dal nostro egocentrismo personale, che è il fuoco interiore incontrollato che rode la nostra anima.

Nel fuoco interiore che è alimentato dall’ego individuale, si racchiude l’istinto di morte dell’universo chiuso e avvitato in sé stesso, in cui le regole del gioco sono quelle che noi diamo, e alle quali spesso trasgrediamo, in cui siamo giocatori e bari nel contempo.

E’ in tale contraddizione che si consuma la tragedia umana poiché, sebbene gli universi entropici siano destinati alla distruzione fatale di loro stessi, l’uomo continua a costruirne sempre dei nuovi, nei quali poi si rinchiude per poter fare a meno di tutti gli altri uomini, ma nei quali poi trova solo la distruzione della sua Fiamma e del suo calore.

Fatalmente avviene che, in ogni universo che si satura della sua stessa energia, già dalla nascita è segnata la morte, così avviene per l’uomo che ama solo se stesso, poiché l’energia del cuore non fluisce all’esterno per sfogare così la sua forza e la sua energia vitale, e così egli soffoca il suo Fuoco interiore nella carenza di vero Amore.

Se impariamo a guardare la vera qualità e il voltaggio del nostro fuoco interiore, dovremo armarci del coraggio del maestro taoista che, davanti al fuoco dell’inferno, si gettò nel punto in cui le fiamme erano più alte, cioè nel cuore del problema.

Se lo facciamo, vedremo che il Fuoco diventa un distruttore non appena si riempie troppo di sé, proprio come avviene nell’ego universale dell’umanità che è costituito dalle varie cellule egoiche degli individui che ne costituiscono il corpo collettivo quando, con cieco egoismo si antropizza con violenza tutta la natura.

Così noi umani egoisti, ed in preda al fuoco della passione cieca veniamo consumati dal desiderio ardente di attrarre qualcosa, e così diventiamo quella bramosìa di volere calamitare tutta la realtà di cui ci sentiamo l’unico Sole centrale.

Ma questo è un Sole falso che non riversa il suo calore, perché il vero Sole non è quello che attrae, ma è quello che offre speranza e luce: il vero Sole è quello che genera lo splendore dell’universo che, con la sua luce e il suo calore nutre, genera e rigenera.

Sarà utile capire che, nella spiritualità, si debba parlare anche di questa tendenza così estrema di sole invertito ed usurpatore, di un sole egoista e ladro, dell’essere dissimulatore e dell’egocentrico che si nutre solo della sua ipertrofia individuale ed energetica. Dobbiamo conoscere tutte le imperfezioni della nostra personalità inferiore, cioè quelle che si nutrono delle scorie e delle indegnità, e anche quelle che possono farsi attrarre dalla parte inferiore della materialità.

Facciamo però attenzione allo sguardo con cui contempliamo le nostre indegnità, perché sarà lo stesso disprezzo verso noi stessi che potrebbe sorgere, che potrebbe andare ad alimentare il potere del demone che divora il fuoco che brucia. Ricordiamo perciò, che tutte le imperfezioni della nostra personalità inferiore si nutrono delle loro stesse scorie per cui, se da noi emana il disprezzo personale per noi stessi, restiamo ancor più legati a quelle vibrazioni di così infima natura. Così facciamo il loro gioco, e non l’interesse nostro!

Certamente contemplare il nostro volto peggiore a noi non piace, ma lo dobbiamo fare se vogliamo identificare tutte le nostre paure e le nostre impotenze. Allora impariamo a vedere i nostri errori, e le nostre macchie interiori, come tappe di un cammino e di una evoluzione su cui siamo impegnati a lavorare, e che dobbiamo proseguire fino all’obiettivo finale di piena Rigerazione a noi stessi, per cui gli errori sono solo dei passi , e non sono la nostra vera e reale Essenza, che deve essere ancora risvegliata e manifestata.

Quindi impariamo ad amare anche questi difetti, e vediamoli come degli stati passeggeri verso un maggiore passaggio di Luce nel nostro vaso spirituale, perciò non dobbiamo avere paura di guardare e di ammettere a noi stessi le nostre imperfezioni, perché la paura genera aggressività verso noi stessi e verso tutti gli altri, ed è madre della violenza che è nemica dell’Amore.

Impariamo a guardare con maggiore comprensione e con amore, a quei nostri imperfetti e titubanti passi di evoluzione, e impariamo a guardarli con l’infinita tenerezza con cui si guardano i principianti di un’Arte quando cercano d’imparare a praticarla.

Il calore della comprensione verso i nostri moventi più ignobili, ci farà comprendere che il Fuoco che nasce da un ego ipertrofico è un fuoco sbagliato, poiché nasce da un naturale sentimento di inferiorità da cui siamo travagliati, cioè dal fuoco delle passioni e delle emozioni a cui non sappiamo dare una corretta Emanazione.

Dobbiamo allora sapere che coloro che conoscono la nobiltà della propria essenza, e la luminosità del proprio futuro cammino, non devono mai dimostrare niente a nessuno perciò camminano sicuri per la loro strada fissando solo l’obiettivo finale. Essi sono noncuranti dei confronti o dei paragoni con il resto del mondo, ma non perché siano superiori o migliori, ma perché sono mossi dalla loro visione di Vita da realizzare e conseguire.

Se siamo concentrati sulla nostra vera Essenza interiore, e siamo sicuri della progressiva Evoluzione della nostra natura, noi possiamo divenire un vero e perfetto microcosmo, in cui anche la più piccola cellula è equilibrata ed allineata in Armonia suprema con sé e con gli altri.

Le sapienze scrivono che esiste anche una chimica ed una biologia dello spirito, come esiste anche una fisica spirituale che funziona al di là di ciò che è visibile, e alla cui percezione si può giungere con la respirazione cosciente e con la contemplazione della Bellezza e della Verità.

La malattia interiore che nasce dal fuoco che ci brucia senza requie, può diventare anche l’angoscia che viene alimentata dalla forte tensione interiore, la quale è la responsabile delle macchine da guerra e da sopravvivenza in cui si trasformano tanti uomini insicuri e prepotenti.

Nel mondo vediamo tanti uomini pronti a scattare alla minima provocazione con violenza feroce e con crudeltà, e che diventano degli uomini violenti e assassini: uscire fuori da questa tensione significa smettere di fare del male a noi stessi e agli altri, e riuscire migliorare il nostro mondo personale e tutto il piccolo mondo che ci circonda.

Perciò con il respiro facciamo uscire da noi ogni forma di tensione, facciamola fluire insieme alla menzogna della nostra invincibilità e dell’inviolabilità sacra del nostro orgoglio personale: che venga espulsa con l’aria viziata e saturata, ed anche con l’ansia che ci cattura, e che può contrarre e soffocare anche le nostre fibre muscolari.

La perturbazione del nostro sbilanciato Fuoco interiore si nutre di paura, di angoscia e di tensioni muscolari, di pensieri confusi come vespe ronzanti, e che diventano dei motori lanciati a tutta velocità verso gli strati più profondi delle nostre strutture.

Essi diventano delle macchine da corsa, dei vortici che s’innestano sulla struttura del nostro albero energetico, e che turbinano nell’aria e nella struttura sottile che viaggia all’interno del nostro corpo. Ritorniamo a guardare per ricordare che il braciere in cui ardono i nostri rancori, le nostre impotenze e le nostre paure, non è un fuoco inestinguibile, ma lo sapremo fare se solo riusciamo ad elevarci per riuscire a contemplare di quali elementi sia composto veramente il nostro Fuoco interiore.

Impariamo così a saltare in alto per divenire un esperto di fiamme spirituali, di quelle fiamme che bruciano dentro di noi fin dalla più tenera infanzia: perché è nell’infanzia che noi ci ribelliamo. E’ allora che noi ci rivoltiamo e diventiamo violenti, quando qualcuno è stato ingiusto con noi, perché qualcuno non ci ha dato ragione, o perché disturba i nostri punti di vista, o perchè ci ha usato delle violenze.

Osserviamo con affetto e compassione il dolore di quei bambini disperati perché sentono che gli altri hanno strappato dalle loro mani quello che pensavano fosse loro, e che invece gli viene negato o usurpato.

Dobbiamo continuare a guardare con affetto e compassione a quei bambini feriti , che siamo noi ma anche gli altri, che non sanno capire perchè qualcuno li ha ingannati, derubati, feriti profondamente, o solo scombussolati: troppo spesso essi non riescono a capire che “l’altro” non è una parte di sé stesso, ma questo gli adulti lo possono fare molto meglio.

E quando diventiamo grandi guardiamo le ragioni ed i moventi de “l’altro” con un occhio migliore, ma dobbiamo diventare molto più umani di quanto un umano possa manifestare, ed arrivare ad una super-umanità di comprensione divina.

Colui che ci è nemico, diventa per noi amico nel farci vedere la parte malata di noi, quella che necessita di migliore cura e che non trova pace, perché deve fare una maggiore evoluzione e maturazione. Guardiamo quale tasto abbia toccato, con quale pista di rancore abbia scavato in noi, come abbia potuto ritrovare le nostre migliori debolezze, e come abbia tirato il colpo mortale al nostro orgoglio personale, perché il dolore che noi proviamo è sempre causato dalla ferita mortale dell’orgoglio.

E’ solo la volontà della Rigenerazione della nostra natura che ci donerà la libertà e il coraggio di trovare tutte le nostre vere ragioni: e così scopriremo che, al di là di tutte le ragioni e di tutte le filosofiche confutazioni, la radice dei nostri mali e dei nostri tormenti è causata dalla ferita del nostro smisurato egoismo interiore.

Colei che piange è la lesa maestà al nostro Sole invertito interiore, quello che vuole essere il solo peso e la sola misura di tutte le cose dell’universo, di cui lui occupa il posto centrale: piange solo la vanità personale, che si duole perché il creato non si asserve alla sua dominazione totale.

Per l’orgoglio di essere feriti ed umiliati si contrae la nostra Anima, e la nostra enorme sete di potere e di dominazione non può contenere il sentimento straripante che è l'essenza dell’Amore, ma attrae solo dei falsi simulacri che si ammantano di tale parvenza, perché l’Amore è una forza che si dilata e che si spande tutto intorno in donazione generosa di sé stessa, quindi non sopporta le restrizioni.

Nell’amore non vi è mai sopruso o dominazione, e nessuna relazione amorosa è mai basata sulla volontà di schiavitù e di umiliazione dell’uno o dell’altro, e se di tali sentimenti soffriamo, non di Amore si parla, ma solo di forte bramosìa di possesso, o di eccessiva passionalità, o di malcreate emozioni e di forte rancoroso dolore per il suddetto delitto di lesa maestà.

Impariamo perciò che ci sono delle ribellioni giuste che vanno attuate quando la nostra dignità e la nostra sopportazione vengono messe a dura prova, e che esse non possono essere demandate ad altri. Ribellarsi è giusto se dobbiamo difendere la giustizia e la dignità, ma nel perseguire e nel manifestare la nostra indignazione, non deve essere il nostro calore esteriore che viene messo in mostra e in attività, ma piuttosto una ferma decisione e una manifestazione calma e tranquilla della giustezza delle nostre ragioni.

Perciò la nostra forza non deve diventare mai violenza perché, se un orrore va fermato, ciò non può essere fatto usando un altro orrore, e non perpetuando un errore assommato ad altri errori fatali. Se ci sono delle giuste ribellioni che esse non provengano dalla passione o dalla emotività più ottusa che diventa una furia cieca ed oscura, e che la nostra passione divenga pura espressione di tranquillità e di pace, così da poter domare i nostri peggiori Spiriti di Fuoco.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 22 gennaio 2010

La dolcezza dell’Acqua di vita


Il karma non è altro che la conseguenza negativa della cristallizzazione o della fluidificazione delle nostre tensioni, delle rigidità o delle fluidificazioni che sappiamo imprimere alla nostra vita. Nel karma noi osserviamo la maturazione o l’immaturità del frutto della pratica del Perdono. Il karma è anche il risultato della solidificazione o della dissoluzione delle tracce ataviche delle memorie ancestrali: esso dimostra l’accordo o il disaccordo delle manifestazioni che la vita assume sia dentro che fuori di noi.

Se vediamo il nostro karma come una serie di debiti o crediti che abbiamo stipulato con gli altri, allora ci sbagliamo: il karma è un conto in sospeso che noi abbiamo verso noi stessi. Perciò la vera e giusta prospettiva di valutarlo è quella che lo vede come un processo dinamico su cui agiamo noi stessi, con il tocco delle nostre dita e con il sudore della nostra fronte. Saputo questo, usiamo il nostro karma per riprendere il colloquio che avevamo lasciato in sospeso con noi stessi.

Nel karma non va contemplato il senso di colpa, che si riflette nella nostra pesante eredità spirituale, immaginata come un funereo paesaggio interiore oppresso da pioggia e da nebbia, e mancante della luce del sole: piuttosto sforziamoci di vedere in esso tutte le forme di bellezza che abbiamo saputo coltivare.

Perciò vediamo in esso il credito attivo, quindi quello che abbiamo guadagnato nel corso dei nostri soggiorni planetari da cui riportiamo solo il vero elisir di Essenza Divina, cioè la Luce che brilla in noi e che non perderemo mai: ricordiamoci sempre che nessun raccolto andrà mai perduto!

Per questo va liberato il sangue, sia fisico che interiore, dalla sua spiacevole predilezione a coagularsi, cioè dalla tendenza ad intasare i canali di circolazione della vita con l'impurità di aggregazioni, che aumentano il loro volume fino alla frattura per cui non abbiamo riparazione o reintegrazione. Strano destino essere uccisi dall’uso improprio dell’Amore, e annullati dalla rottura di un tale vaso!

Per fare il riepilogo del conto, al gioco della contabilità di noi, tracciamo delle colonne chiare e precise con le due voci di entrate ed uscite interne a noi stessi, ma senza ipocrisia e senza fretta, ricordando solo che l’elenco va ultimato prima della fine della vita. Vediamo senza ipocrisia tutte la serie di difficoltà, e tutte le tensioni che noi scarichiamo in tutti gli ambiti del vivere nostro, e che sono come dei trombi che ostruiscono i canali della vita.

Il solo impegno che avremo nella contabilizzazione di noi, sarà l’abbandono della pigrizia mentale e dell’orgoglio personale che usiamo per mischiare le carte al tavolo in cui l’uomo diventa il baro di sé stesso. Senza barare, pensiamo poi quelle qualità e a quelle circostanze in cui vediamo la Forza del nostro vero cuore e della nostra reale sensibilità, ed offriamo a queste capacità tutto l’elenco dei nostri debiti da riparare.

Offriamo alla nostra Forza e alla nostra Potenza interiore le nostre cose peggiori e le nostre infermità presentandole come il paesaggio funesto ed abbandonato che abita nell’interiore, che poi è la Terra da restaurare, da risanare, da rigenerare e da far rifiorire nel corso della vita: celebriamo così la preziosa opportunità di operare la risalita della Scala, e la nostra piena Reintegrazione.

Se offriamo così le nostre pene e i nostri dolori all’Amore, affinché li risani, dimostriamo di avere il senso del nostro valore e una piena fiducia della bontà della vita nei nostri riguardi: così ci affidiamo all’Amore che dorme in noi, che è Forza e Dolcezza di Vita.

Se abbiamo immaginato il karma come un foglio di rancori o di recriminazioni, allora è giunto il momento di piegare il foglio e di bruciarlo, e poi di offrire quelle ceneri al fiume della vita.

E’ solo così che sblocchiamo i canali che si erano intasati perchè, invece del conto dei rancori iniziamo a contabilizzare quali gioie e quante forme di Amore ci può offrire l’esistenza umana, quando ci sblocchiamo dalla disperazione e ci apriamo ad una speranza di cose migliori.

L’acqua che rinnova il mondo è in forma femminile, ma non nel senso comune che riveste tale concetto, ma nella capacità femminile universale di fluidificazione e di generazione dei frutti della terra: perciò la nuova era che verrà sarà l’avvento dell’Acquario, che vuole elevare il valore dell'essere umano alla comunione con gli angeli!

L’era che sta arrivando è già pronta nella crisi della rigidità dei valori maschili, che sono deviati nel monologo di durezza ed autosufficienza, che sono soffocati nella corazza di rigidità che rema contro il corso melodioso della vita.

Sarà la Saggezza e l’Amore dei valori femminili veri che sapranno vedere le due facciate dell’Amore, non come divisioni, ma come parti della porzione di un’onda, in cui il concavo ed il convesso non sono due cose diverse, ma costituiscono la reale natura dell’onda.

Saranno le qualità del miglior principio femminile che porteranno al rinnovamento del paesaggio interiore ed esteriore della Terra, e alla rigenerazione del paesaggio dell’essere d’argilla. In queste qualità ammiriamo allora la Fiducia nella vita e la capacità d’Intuizione, l’elasticità mentale e l’Umiltà di sentirsi una cosa piccola e importante perchè vera semenza divina.

Da questa intensa riflessione nasce la possibilità d'inondare il nostro paesaggio interiore con il grande fiume della vita, ma solo se facciamo rifiorire l’Ascolto nel nostro cuore così, che la nostra argilla vivificata dall’acqua, non possa mai più seccare.

Per farlo va ucciso l'egoismo personale, perché per ascoltare veramente l’altro non dobbiamo semplicemente aprire la mente, ma saper sviluppare l’orecchio interiore fino a farlo giungere nel profondo del cuore. E’ solo nel cuore che entriamo nel flusso dei canali di vita, perché riposiamo nel centro della Mezza misura e nel nostro giusto posto e non dobbiamo renderne conto a nessuno, se non a noi stessi.

Riposiamo allora nel posto giusto, ma non come guardiani di alcuna verità, vediamoci piuttosto in una maestosa contemplazione della nostra entità Reale, perchè siamo in beata contemplazione nel luogo di Pace dell’Oceano della tranquillità. E' questo lo stato in cui assaporiamo l’abbraccio di Brahaman: è così che veniamo cullati dall’Anima del Mondo.

Se pensiamo che l’abbandono alle nostre resistenze interne e alle riserve mentali che sono necessari per sviluppare il nostro vero ascolto, significhi avere fatto un'abiura al contatto con la realtà più concreta, allora siamo ancora prigionieri della grossolana illusione, perchè un ascolto superiore aiuta ad avere una visione più efficace e più giusta di condurre la vita, e non è mai fonte d'inganno.

Con la parte femminile che si risveglia nel nostro cuore, riusciamo a stimolare e riequilibrare anche la parte maschile irrequieta che si agita in noi, e che non ci permette requie: per questo motivo ogni nostra fiducia deve sempre essere attiva. L’acqua funziona come legante e come solvente perché unisce due parti che sono state separate dalle false concezioni di uomo e di donna come elementi di opposizione, e come elementi che soffrono di incrementi d'impurità e di entropie di relazioni.

Se vogliamo continuare con la metafora delle maschere, e se vogliamo perseguire ancora la vita del “voler sembrare per essere” dobbiamo abbandonare la via dell’Acqua della vita, perché in questa via essere uomo o donna non ha importanza, ma viene riconosciuto lo sforzo del recupero della Reale Essenza aldilà degli abiti con cui si ammanta la nostra illusoria Realtà, e fuori dalle false concezioni sulla natura dei generi.

La pietra angolare che spezza i modelli imposti è l’Amore di Sé, prima pietra di ricostruzione del nostro vero Tempio interiore, che è un tipo di giusto orgoglio che non alberga nel cuore delle pecore, e dei pavidi che la società seleziona, privilegia e predilige. E' colui che ama questo amore interiore che trova in sè tutte le risorse per vedere che non siamo solamente uomo o donna, ma siamo una splendente scintilla dell’Uno che, finalmente, si ridesta alla Vita.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 20 gennaio 2010

Il canto dell’acqua della vita


“Se ti offrono cibo avvelenato, non lo mangiare”
(Detto buddhista)


Gli insegnamenti spirituali che insegnano a reintegrare e pacificare l’uomo, invitano a saper fluidificare la nostra vita. Se conosciamo ed amiamo la terra che ci compone, che è l’umile argilla, capiremo bene l’invito a non pietrificare la nostra materia interiore, perché questo ci allontana dalla nostra vita e dall’Amore della Luce.

Amare e rispettare una materia pesante non significa immobilizzare la sua essenza perché l’Acqua può penetrare la Terra, ed è l’Acqua che può diventare un elemento di purificazione quando, filtrata dall’argilla, riesce a separare tutte le impurità. Nell’acqua si trova l’allentamento delle tensioni che opprimono l’uomo della nostra civiltà troppo tecnologica ed inumana: nell’acqua si risolvono quelle forme di sclerosi interiore che immobilizzano ogni sentimento.

L’acqua a cui dobbiamo pensare non è il liquido da cui dipende la nostra vita e che ricerchiamo quando abbiamo sete, ma è l’elemento interiore che attua la pulizia degli organi che mantengono sano il nostro corpo: reni, vescica ed organi escretori.

Tali organi non sono parti volgari del corpo ma sono al servizio del nostro organismo materiale, tanto che l’osservazione delle urine, nelle antiche medicine, serviva per identificare quali miasmi interiori incrostasero ed opprimessero l’uomo fino a scatenare delle malattie che minacciano la salute.

L’organismo umano è meraviglioso se solo sappiamo vedere le splendide tecnologiche interiori con cui la Divinità ha progettato il veicolo materiale in cui siamo celati: perciò in noi ammiriamo tutte le meraviglie della Materia.

L’acqua che deve filtrare sarà perciò l’Energia dell’esistenza, perché l’Acqua di Vita è un modo di vedere, di comprendere, di assorbire e di ritrasmettere il flusso che l’Universo mette a disposizione dell’uomo perciò, senza il flusso di questa energia, il corpo umano fatalmente s’intasa.

La vita che fluisce in noi non va tenuta prigioniera, ma va lasciata libera di circolare perché è questa la sua natura fondamentale: solo così potremo ascoltare il canto dell’Acqua della Vita. La fonte dell’acqua proviene dal cuore della terra, nelle cui viscere resta celata e sepolta sotto le macerie dei nostri sentimenti, ed è per questo che in noi giace il potere di poterla riportare alla luce del sole.

Se cominciamo a pensare a come beviamo la nostra acqua materiale, vedremo come siamo abituati ad assorbire la nostra Acqua interiore e spirituale: fermiamoci allora a valutare come compiamo l’atto del bere, e vedremo che noi siamo abituati ad assorbire solo un composto molecolare apprezzato in modo superiore solo quando la sete che cui tormenta è veramente ardente ed insopportabile.

Nel modo che abbiamo di aprirci allo Spirito dell’Acqua riveliamo il ricordo che noi abbiamo del significato interiore della Fiamma che può molto di più, e che ci aiuta a pilotare il nostro risveglio: perciò l’acqua che noi assorbiamo è una presenza sacra che ci riporta alla Vita.

L’acqua interiore va accolta nel più profondo del nostro Essere, perché siamo solo noi i padroni del nostro cuore, e siamo solo noi che possiamo aprire il cancello alla coscienza luminosa dei fluidificanti Spiriti dell’Acqua.

E’ dalla nostra capacità e disponibilità interiore, è dalla nostra capacità di accoglienza che dimostriamo se abbiamo fiducia in noi stessi, perciò ricordiamo che la vita ha deciso di animare ogni uomo perché l’uomo è degno di questo onore.

Nel ripetere il nostro invito all’accoglienza dell’elemento fluidificatore, all'accoglienza dell’elemento che scioglie la tensione e che cancella ogni nostro dolore, ricordiamo che è necessario il fragore di una risata di gioia.

Il simbolo dell’Acqua è il simbolo della gioia ritrovata, dell’allegra risata, della gioia di sapere, della potenza dell’Energia che circola in noi riempiendoci di potenza, e della volontà di riconoscere un “qualcosa” di gioioso che illumina le nostre giornate senza che sia necessario dovergli dare per forza un nome o una definizione.

La risata fa parte dell’Essenza dell’acqua perché è un agente di diluizione, perchè è un agente di pulizia interiore che rimuove tutti gli elementi di serietà drammatizzanti ed inutili che restringono i nostri canali di vita. La risata e la gioia aiutano a rimuovere le scorie che la nostra psiche ha accumulato a causa delle amarezze e dei dolori della vita.

Esiste perciò un Fuoco dell’Acqua che è il fuoco dell’Amore, il fuoco dell’energia che può elevarci interiormente, e che può scuoterci dall’immobilismo interiore delle nostre terre riarse. L’acqua che la Terra ci porta diventa bollente perché deve scongelare la nostra apatia e riattivare la circolazione delle energie interiori, delle idee e delle azioni, così che la vita si fluidifica e, nel contempo, riesca a pacificare sé stessa.

Nella circolazione interiore ed esteriore viene implicato il non-giudizio di ciò che è diverso da noi, e quindi il rispetto di tutte le forme di manifestazione e di molteplicità di correnti che alimentano il flusso del vivere. La saggezza del rispetto non significa l’accettazione passiva di tutto, perché la passività è madre delle ingiustizie, ed è il falso distacco di tutti coloro che vogliono vivere con un cuore pigro: la passività è prerogativa delle amebe dello spirito.

Pur senza giudicare, la saggezza può benissimo coabitare con la disparità di opinioni che ognuno può coltivare su qualsiasi cosa, e sul modo migliore di condurre la propria vita: secondo la propria opinione, la mente saggia può approvare o non approvare, ma con un’azione che sia priva di disprezzo, di odio, di gelosia o di collera, può manifestare l'espressione rilassata dell'essere che vuole la libertà di tutti.

Distinguere tra giudizio ed opinione è un compito difficile e, nello sbagliare, il confine è sottile, perciò solo la Volontà di Amare riesce a distinguere con facilità quando il pugno si stringe senza usare la riflessione e quando, invece, si riesce a dire ”si può vedere” e si rilassano così le pulsioni di morte insite nel giudizio crudele qualora divenga il nostro unico metro mentale.

Nelle acque del corpo umano vi è anche il sangue, che è la memoria fisica e vitale della nostra stirpe e dalla nostra famiglia. Il sangue è la lastra sensibile di tutto ciò che accade nell’universo personale di ognuno di noi, poiché è un grande ricettore di tutto ciò che circola nel corpo.

Il sangue è il memorizzatore delle paure e delle pulsioni interiori, è uno dei motori della natura animale, cioè dell’aspetto irrazionale che agisce in ogni essere umano. Un sangue che circola con calore nel corpo umano e che fluisce con vigore negli organi è un regalo che la natura offre alla Coscienza che si incarna, ed è il supporto indispensabile nell’esperienza della Materia.

Ma tutto ciò che si muove velocemente ha la necessità di essere purificato e lavato bene perché ogni infima pulsione si inscrive nella linfa interiore che scorre nel piccolo albero umano perciò esso, con il trascorrere degli anni, si trasforma in un serbatoio interiore che portiamo sempre con noi e che passiamo ai nostri figli.

La feccia che si può cristallizzare nei circuiti del sangue corrisponde alla calcificazione di tutte le angosce e dei riflessi primari di protezione o di aggressione. Questi elementi possono frenare la nostra liberazione dalle tensioni interiori: perciò riflettiamo sempre sugli elementi di cui ci nutriamo poiché essi sono il riflesso speculare della qualità del cibo psichico che privilegiamo.

Il nostro sangue, avverte la letteratura spirituale, può venire lavato dal più meraviglioso agente disinquinante, che è l’elemento liquido da cui è costituita ogni forma di vita, e che viene conosciuto con il nome di Perdono.

Il perdono spezza le catene del carnefice e della vittima, cancella il volto orrendo del rancore, della collera e dell’odio: esso porta la comprensione del male di cui soffre l’altro, ed apre alle rive della compassione; perciò nel Perdono vi è la più elevata forma di Amore, perciò esso è la vera Fonte di Vita.

Buona erranza
Sharatan


lunedì 18 gennaio 2010

Rifondare la nostra terra


Nella letteratura spirituale si afferma che il ritorno a noi stessi può avvenire solo se nasce da un impulso interiore che è simile a quello del musicista che, messo davanti ad uno strumento, sente l’impulso irrefrenabile di suonare una melodia superba. Solo coloro che possono concepirsi come persone amabili, e perciò degne d’amore, riescono a concedersi la possibilità di far crescere quella Luce interiore che sentiamo risplendere in noi.

Se non sappiamo rispettare le sembianze che la vita ci ha dato in questa esistenza, e se non sappiamo rispettare il posto che ci è stato assegnato per trascorrere la nostra vita, dovremmo almeno imparare a rispettare la Forza che esprimiamo attraverso tutto il nostro essere. Il rispetto della nostra forza interiore, e delle nostre potenzialità attive, è la parte di noi che va onorata perché essa non dipende dalle maschere di cui l’individuo deve ammantarsi per vivere nella società umana.

Se questa Essenza di Luce e di Forza qualcuno la vuole chiamare Dio è libero di farlo, se lo reputa giusto per le concezioni che egli vuole onorare, però ognuno può provare a concentrarsi sul Presente e sul potere del Soffio che, malgrado tutte le incredulità, comunque anima l’uomo. Nella nostra Riconciliazione interiore è necessario accettare tutto, e sul tutto è implicato anche il valore di ciò che ci sembra impossibile o incredibile ad essere creduto.

Nella Riconciliazione a noi stessi, e per accoglierci veramente in modo integrale, è necessario abbattere le barriere mentali del limitato o dell’impossibile, ma poi dobbiamo continuare a lavorare facendo un’opera di astrazione costituita dal rifiuto di identificarsi con coloro che vengono sballottati dalla vita come vascelli in preda alla tempesta.

Per fare tutto ciò si deve accettare di fare un’analisi e una esplorazione delle nostre fondamenta e delle nostre radici, cioè dobbiamo saper ripiantare le radici delle nostre terre interiori, che sono la Terra che alberga in noi stessi. Siamo diventati tanto pesanti perché abbiamo dimenticato il valore della Terra che è in noi, e che non è una Terra concepita come pianeta materiale, ma come un Principio di Forza e Materia.

Certamente noi abbiamo la terra sotto i nostri piedi, e la stessa terra con i suoi frutti materiali ci offre nutrimento riempiendoci lo stomaco e l’intestino, di noi che siamo esseri originariamente plasmati con argilla: conoscere il significato dell’elemento terrestre significa anche capire che essa non è un’elemento ignobile, seppure coloro che ricercano l’elevazione la considerino come un fastidioso fardello da cui distaccarsi per poter saltare in alto.

Respingendo la Terra manifestiamo la nostra paura di crescere e di affrontare l’esistenza materiale, e dimostriamo di concepire l'esistenza solo come un’esperienza di punizione. Accettare la possibilità di dialogare con le forze dell’elemento terrestre che racchiudiamo in noi, e accettando tutto ciò che reputiamo basso e pesante, diventa così un lavoro da estendere a tutto l’intero corpo e alla nostra esistenza. Questo dialogo è indispensabile se vogliamo scoprire ciò che si nasconde in noi: l’elemento terrestre, che è la base stessa del nostro essere, viene associato all’aspetto materno ed è il simbolo della matrice, cioè del ventre in cui siamo nati tutti.

Ciò che sperimentiamo dell’esistenza è principalmente ciò che calpestiamo con i nostri piedi, sebbene possiamo concepire anche l’immensità del cielo stellato o lo splendore dell’universo, per cui tutto questo dovrebbe consentirci di costruire delle concezioni migliori di quelle che proclamano un’esistenza penosa ristretta nel cavo di un corpo di carne, come foriera di angoscie e di mortificazioni.

Nell’impegno di Riconciliazione dobbiamo operare cercando di riconoscere la presenza del sacro in ogni piccola cosa, perché il mancato riconoscimento della Terra divina e viva che è esistente in noi, è la causa del senso di separazione e dell’incessante alimentazione del dualismo mentale che crea tutte le angoscie esistenziali che travagliano la nostra vita.

Il nostro sguardo illusorio ci fa vedere il sacro solo nelle cose più elevate, perciò lo ricerchiamo solo nella solitudine del deserto o nell’alto di un rifugio segreto in cima ad una montagna, ma lo sguardo nuovo della Rigenerazione saprà capire che il sacro si nasconde anche nel buio più assoluto e nelle tenebre più profonde della notte dell’anima: il sacro vero, quello che offre la piena Rigenerazione, deve essere riconosciuto in ogni momento e in ogni istante della vita.

E' su questo punto che si apre l’osservazione della maniera e della partecipazione che noi sappiamo dare ai nostri atti quotidiani. Osserviamo allora se le nostre azioni sono affrontate con coscienza e con partecipazione amorosa o se, piuttosto, le incombenze quotidiane siano per noi fonte di animosità, di noia, d’invidia e di rancore. Alle nostre azioni dovremmo invece attendere con più gioia, cioè con un'energia armoniosa, con un’energia dolce e rigeneratrice che nasce dal cuore, e che ci permette di assaporare e assimilare ogni singolo momento che viviamo sulla terra.

Molte forme di dolore umano provengono dalla banalizzazione e dal disprezzo del nostro soggiorno nell’involucro terrestre, senza ricordare che è proprio questo soggiorno in un corpo di carne che offre significato e valore alla vita dell’uomo. Forse dovremmo maggiormente valorizzare il suolo che calpestiamo e che ci offre i frutti che nutrono il nostro corpo, e che così ci permette di continuare la vita per sperimentare la conoscenza e l’amore, restando ad abitare nel veicolo terrestre materiale.

La Terra ha avuto molti abiti diversi e molti tipi di civilizzazioni che poi sono scomparse, perciò ci offre l’esempio delle varie qualità che si possono sviluppare nell’elemento denso: se la terra argillosa viene plasmata in vasi che possono avere forme e dimensioni diverse, quale tipo di sperimentazione personale può offrire l’argilla della natura umana?

La sfida del soggiorno terrestre e dell’elemento umano è quella di sperimentare questi tipi di trasformazioni, perchè noi abbiamo l’incarico di scoprire il modo migliore di vivere nella nostra terra esteriore ed interiore. Riflettiamo perciò che, ad uno stesso lavoro e ad un medesimo strumento, possono corrispondere mille diverse possibilità di apertura, ma queste sono verificabili solo a seconda della natura e delle necessità di colui che le sperimenta.

Perciò ogni mattina dovremmo alzarci al nuovo giorno con il proposito di usare uno sguardo nuovo per vedere il mondo, le persone e le cose. Su questo impegno non ci sarà dimenticanza laddove il nostro livello di asfissìa alla condizione umana sia veramente arrivato al livello di colmo: soltanto colui che è stato sul punto di soffocare per asfissìa conosce il vero valore dell’aria pura, e di essa riesce ad apprezzare la fragranza e la preziosità.

Se noi fossimo amabili verso noi stessi non arriveremmo alla sofferenza e al soffocamento prima di rendercene conto: tutte le sapienze affermano che la sofferenza non è una tappa obbligata e non c’è nessun tributo penoso ed obbligato da offrire alla nostra vita. Mettere uno sguardo profondo sulle cose che la vita ci offre, ed accettare di lavorare con il Principio energetico terrestre usando uno spirito di fusione, è la via suggerita dalla volontà dell’Amore e dell’Armonia: per adeguarsi è necessario far tacere lo spirito di orgoglio e di egocentrismo con cui troppo spesso guardiamo la nostra vita e la nostra condizione personale.

Questi sentimenti armoniosi vanno tributati primariamente a noi stessi, ma poi vanno anche saputi offrire agli altri, ma facciamolo con rispetto ed affetto, e senza presunzioni di conoscenze, usando solo la spontaneità e la semplicità del cuore. La terra che è nostra madre e anche nostra matrice deve essere un'occasione di elevazione, ma lo scopriremo se sapremo coscientemente lavorare con i suoi veri valori.

Spesso vediamo la realtà come una scacchiera di quadrati bianchi e neri, perchè usiamo uno sguardo ottuso che non sa concepire come la vera realtà sia quella che l'Amore contempla come armoniosa fusione di opposti, in cui il vero valore è nell’armonia del centro dove ogni differenza e ogni contraddizione scompaiono: come nel centro del ciclone in cui regna l’assoluta quiete.

Nella vita è necessario sapere che la sperimentazione della nostra terra interiore può rivelare cose che non amiamo, o cose che riusciamo ad amare solo malamente, oppure vediamo territori di cui abbiamo timore di esplorare i confini, forse perché in loro vi sono abitanti che ci disturbano e che destano il nostro timore. La vita non ci chiede di abbattere ciò che non comprendiamo o ciò che ci sbarra la strada, ma ci chiede di risolvere e/o di comprendere quello che ci disturba o che rende troppo amaro il nostro vivere.

La vita ci chiede di scoprire quali siano le qualità che dobbiamo coltivare ed i fattori di disturbo che dobbiamo armonizzare, ed è questa la ragione per cui siamo sulla terra: laddove fatichiamo a comprendere questo messaggio è perché le circostanze e le persone che ce lo potevano suggerire non le abbiamo sapute accogliere e conoscere veramente con il cuore. Fino ad oggi forse ignoravamo il messaggio di vita del quale noi siamo i portatori.

La terra ci offre di vestire molteplici abiti con cui abbigliarsi per avere la risoluzione al quesito. Allora vedremo che non sono la vita e l’esperienza nel veicolo corporeo a tracciare solchi nel corpo e nell’anima, ma siamo noi stessi che abbiamo rivolto a noi lo sguardo e la prospettiva sbagliate. Tutto è importante ma nulla è mai troppo serio, perciò meditiamo su come aprire nuovi orizzonti e ricordiamoci che un essere che soffre è un insulto alla forza della vita ed è una piaga insanabile nel ventre della Terra.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 14 gennaio 2010

La scintilla del fuoco interiore



“Oriéntati verso il fuoco centrale in cui
ogni anima è una scintilla”
(Pierre Lévy)


La disponibilità a ricevere la Conoscenza è sempre un atteggiamento encomiabile, però è necessario andare oltre le parole scritte per diventare qualcosa di meglio di un ricettacolo di conoscenze. Un vaso che si accontenta di ricevere sarà sempre e solo la metà di sé stesso, finchè non accetta di scuotere e di annullare tutte le false certezze su cui ha basato la sua ragione d’essere: finchè si resta nell’atto della dissezione si è incapaci di amare veramente e fino in fondo.

Scuotere le proprie armature mentali, non significa conoscere il sapere occulto o le conoscenze esoteriche, e non ha senso cercare di conoscere rituali complicati o misteriosi alla ricerca di poteri mirabolanti: queste sono le strade dei falsi guru e delle conoscenze illusorie. Per i tempi confusi e conflittuali che viviamo, non ha alcun senso scendere in campo per combattere una guerra contro noi stessi, anche se l’intenzione è quella di eliminare la corteccia dura che racchiude il nucleo della nostra vera Essenza.

Non ha senso far combattere il nostro lato di luce contro il nostro lato d'ombra, ma è più giusto avviare la costruzione di un Ponte che reintreghi le strutture interiori, per potere ricollegare le mappe interiori del nostro Essere essenziale e latente.

Solitamente ci si accontenta di nutrire lo Spirito tramite la somministrazione di concetti filosofici, e ci si limita a deliziarci con le voci dei maestri più conosciuti per la loro illuminazione, ma non ad agire adeguatamente e praticamente in quella direzione, tanto meno si riesce ad imprimere una tale direzione al corso della nostra vita reale e concreta.

Questa ricreazione intellettuale diventa una puerile strategia per continuare ad alimentare le personali illusioni sulla nostra vera Essenza, e diventa una terapia presuntuosa che ci propiniamo per adulare la nostra orgogliosa mente, ma non ci offre la dose sufficiente d'audacia per accendere il nostro cuore fino al punto di spingerlo ad una corretta Azione di Riparazione interiore.

Se però vogliamo veramente imparare, primariamente si rischiede il coraggio di riconoscere il nostro errore, e poi si richiede ancor più la ferma determinazione di rimetterci veramente in discussione fino dalle fondamenta della nostra origine, e ricominciare dalla vera radice di noi stessi.

Se poi vogliamo anche vivere con una gioia maggiore, non dobbiamo aspettare che essa ci giunga per grazia divina procurata facilmente da altri per conto nostro, perché mentre noi aspettiamo il Messia, restiamo degli esseri comatosi, aggrappati alle false illusioni con cui abbiamo creato il nostro falso mondo: il nostro personale Mondo delle illusioni.

E tutto ciò avviene perché le parole dei saggi antichi o moderni possono solo creare delle concezioni mentali e delle affascinanti credenze, ma non infondono delle profonde certezze interiori, e riescono a millantare solo le lusinghe delle illusorie apparenze: tutto perchè raramente le teorie vengono penetrate e praticate veramente.

Allora è necessario smettere di imparare, ma iniziare a conoscere e comprendere, cioè a vivere veramente ciò che leggiamo e diciamo decisamente, e per farlo dobbiamo solo sapere ascoltare il nostro cuore per potere così ascendere al vero concetto di Divino Amore.

Forse non si riesce a concepire la possibilità di saperlo fare veramente, ma le catene dell’anima si spezzano solo se l’individuo vuole, e se egli accetta di esplorare tutto il suo essere interiore, fin dalle cantine fino alle soffitte: questo è il significato della Risalita della Scala delle dottrine gnostiche e cabalistiche, qualora venga applicato alla nostra vita reale.

Il rimetterci in discussione diventa allora un’occasione migliore della pratica della paura, e della lamentela interiore dell’uomo pavido e inferiore: questa è la completa Reintregazione alla nostra Essenza interiore, questo è il vero ritorno alla Casa del Padre Celeste, che è poi lo stato dell’Adamo interiore.

Una piena volontà di riforma, ed un impegno cosciente rivolti al pieno Amore, saranno poi felicemente contaggiosi in tutti i campi della nostra vita, se noi sapremo praticarli coscientemente e semplicemente, ma soprattutto se crederemo al miracoloso potere risanante dell'Armonia e dell'Amore.

Allora pratichiamo un nuovo e dolce sentimento di piena resa alla bellezza della vita, e pratichiamo un totale abbandono all'infinita dolcezza e bontà del nostro Padre Celeste, perché siamo sempre stati i suoi figli beneamati.

Il conforto di questo infinito Amore lo troveremo nella scintilla di fuoco interiore che è la scintilla di Vita e Forza della Divina Essenza, a cui potremo sempre attingere per dissetarci, soprattutto quando le tempeste della vita ci spingono alla deriva e quando ci colpiscono duramente le più feroci ingiurie della vita.

Noi tutti viviamo nel malessere perché non siamo in grado di sperimentare dei livelli superiori di consapevolezza e di conoscenza interiore, perciò il primo impegno da assumere, per praticare il vero risveglio, è quello di attuare un patto con la nostra Riconciliazione interiore: la fine della guerra contro noi stessi.

Anche l'alibi di volere aspettare di essere pronti a farlo diventerebbe solo un trucco ulteriore per dilazionare il protrarsi del nostro sonno mortale, nell'inutile attesa di convincerci di essere persone veramente amabili, e perciò degne di amore. Ma per farlo, e per praticare un'evoluzione superiore, è sufficiente tendere la mano per offrire l'affetto a noi stessi, e poi riversare questa Luce anche su tutti gli altri, su coloro che incontriamo nel corso della nostra vita, nel corso dell'umana erranza.

Questa offerta di Amore e comprensione è il primo passo per accrescere la luminosità interiore della nostra anima, ed è l'inizio dell'apprendimento della Via dell'Amore: questa è la prima esperienza che dobbiamo fare per iniziare la vera Riconciliazione con il nostro Paesaggio interiore.

Buona erranza
Sharatan

martedì 12 gennaio 2010

Gli errori della nostra mente


Accade di poter confondere la via da seguire con le concezioni intellettuali, dimenticandoci ingenuamente che il vero messaggio della trasformazione è quello di avere il coraggio di affrontare la vita che viene indicata dalla Via, cioè di fare la pratica delle nostre concezioni. Se lo valutiamo attentamente, anche in noi stessi possiamo scoprire di avere fatto l’errore di confondere la pratica con la tecnica, mentre essa è la Via, perciò la Via è nell’azione.

Non sono certo le idee che abbiamo letto ad essere errate, mentre sono sbagliati gli atteggiamenti mentali con cui noi affrontiamo le idee, e quindi l’incapacità di seguire le pratiche. Siamo sempre occupati a discutere con una presuntuosa disinvoltura sulle cose da fare, sulle nostre “prove di spirituale illuminazione”, sulle corrette prediche e sulle altre amenità con cui ci impegniamo a delineare altri confini ed altre catene alla nostra anima.

Perciò anche leggere libri, ascoltare conferenze, cercare dei guru o delle iniziazioni, è perfettamente inutile se non diventiamo consapevoli della quantità di tempo che abbiamo vissuto come esseri inconsapevoli ed addormentati: siamo degli esseri addormentati a noi stessi e alle nostre consapevolezze più profonde. Questo livello d’ignoranza diventa rimediabile soltanto se sappiamo capire che la Sapienza è la conoscenza delle varie prospettive, mentre la Saggezza è la consapevolezza di ciò che ci serve veramente: nel gioco della vita spesso si rovesciano i ruoli del Sapiente e del Saggio, e su questo punto è necessario avere occhio di lince e mente di volpe.

Se la conoscenza di noi stessi si basa su sterili pre-concezioni, come possiamo percorrere la Via se non vediamo neppure che ci stiamo sopra? Non solo siamo sulla Via sbagliata, ma abbiamo anche il passo impantanato dal fango dei nostri schemi di presunzione perciò, nel conoscere noi stessi, scappiamo terrorizzati e ci rifiutiamo di vedere la terribili realtà di una vita trascinata diventando il simulacro di noi stessi: il simulacro di ciò che pensiamo di essere e non di ciò che siamo veramente.

E’ normale che alla pratica spirituale si possa approdare quando la nostra vita viene trascinata da reazioni emotive esagerate, da concezioni sbagliate e dalla nostra accorta auto-somministrazione di storie fittizie con cui siamo stati allevati fin dalla nascita. Queste concezioni, instillate con il seme familiare, diventano le radici con cui continuiamo a vivere gli errori della nostra mente, perché sono le nostre più intime memorie cellulari, sono i semi delle nostre radici.

Sono gli schemi abituali con cui mettiamo in azione la nostra vita, quelli che ci impegnano in strategie ridicole che dovrebbero difenderci dal dolore e che, invece, lo moltiplicano. Crediamo di poter gestire con questa scorta di presunzioni la condizione penosa dell’incertezza esistenziale e del senso della Vita. Come se le illusioni potessero avere il passo e la precedenza sulla nostra vera Realtà e sulla nostra più profonda Essenza!

Qualsiasi sia la causa che possiamo scegliere, e ognuno la potrà percorrere con la più assoluta coerenza, resta sempre assolutamente sbagliato il principio di voler controllare il mondo, e di offrirsi alla chiusura offerta da un’illusoria sicurezza. Ben presto saremmo soffocati ed uccisi dal senso d’insoddisfazione causato dal falso vivere: avvelenati da un surrogato di vita.

Se siamo fortunati di poterlo fare, allora dobbiamo benedire tutto ciò che ci offre l’opportunità di comprendere il punto letale in cui ci siamo impantanati, allora possiamo riuscire a sbloccare quello che ci lega al surrogato della vita, cioè all’illusione del nostro essere. Perciò, togliere l’illusione significa arrendersi al significato dell’Essenza, e quindi rimettere in discussione dei presupposti basilari illusori, su cui restiamo arroccati anche per una vita.

Questo è il processo più doloroso, fatto di verità terribili che fanno bene, e che vanno digerite come fossero medicine che ci fanno guarire dalla condizione umana errata, cioè dalla mancanza di consapevolezza della nostra vera natura. L’onestà con cui sappiamo rispondere a questa domanda su chi siamo e cosa vogliamo, sul senso del nostro vivere, tutto questo fa la differenza tra l’errare nel dormiveglia angoscioso, per la mancanza di coraggio, e il coraggio di scoprire la vera Via da percorrere.

Conoscere il nostro vero volto ci offre l’enorme sofferenza di comprendere come gli altri ci vedono, ci offre l’immagine del volto di ciò che siamo stati, e di ciò che cerchiamo di cambiare. Sul cambiamento del nostro essere ognuno deve essere nocchiere, capitano e marinaio, perché nessuno è superiore a tutto questo e nessuno è esentato dalla responsabilità di programmare il proprio risveglio. Tutti conoscono delle crudeli strategie che usano per combattere la lotta che offre la morte nel corso della vita: abbandonare la crudeltà verso noi stessi è il vero libero arbitrio, e lo facciamo solo programmando il nostro risveglio.

Non credo che possiamo correggerci o emendarci dal concetto di imperfezione, sebbene la tentazione possa venire, mentre è necessario comprenderci e lavorare per accreditare a noi stessi la nostra stessa natura, ma dobbiamo convincercene intimamente: nessuno può correggere né modificare il proprio Essere o quello degli altri, perché nessuno di noi è un meccanismo difettoso. Siamo solo strutture spirituali che devono risvegliarsi alla pratica della nostra stessa natura, per assaporarne la vastità, anche se l’interno di noi contiene sempre luci ed ombre.

Nel guardare queste false consapevolezze di pensiero e di strategie dobbiamo accettare anche il dolore emotivo che emerge, e che è la causa della loro origine: il dolore profondo che viene dalle memorie cellulari della nostra illusoria Essenza. Dobbiamo partire da questo punto per rigettare i pensieri surrogati e per poterci aprire alla vera vita, che consiste nel saper fare esperienza della nostra vera Essenza.

Sul percorso degli altri credo che sia evidente che nessuno può cambiare sé stesso senza il suo esplicito consenso quindi, a maggior ragione, non si deve presumere di ricattare e/o forzare le altrui aperture o scelte spirituali a nessun costo. D’altro conto come possiamo confutare le scelte altrui se la confusione sulla nostra vita è tale che ci affacciamo alla finestra per chiede un maggiore silenzio, senza saper capire che la confusione non viene da fuori, ma che è dentro?

Buona erranza
Sharatan

domenica 3 gennaio 2010

Il cambiamento delle terre interiori


Nei giorni passati c’è stato il vertice di Copenaghen. Mi sono astenuta dal parlarne, ma non avrei mai fatto la cronistoria della fine del mondo. Ma io dico: Chi lo dice che sono preoccupata del mondo? Chi ha mai detto che finisce il mondo? Chi ha mai pensato che la Terra possa essere in pericolo? Non sono mica sciroppata, sono lucida e dico: La Terra sarà in grado di difendersi sempre, avrà ancora pazienza, e io lo spero vivamente, lei saprà ancora essere gentile e potrà ancora tentare di parlare per farci capire, che adesso basta!

L’uomo deve cambiare, ma non per salvare il mondo, ma per la sua personale incolumità, e che la storia insegna che il mondo non è mai finito, si è solo profondamente trasformato e anche molte volte riciclato. I miti universali, che sono le storie collettive del mondo, ci insegnare a valutare che tante volte la terra si è trovata costretta a sopportare uno sviluppo sbilanciato e che ci ha pure provato ad avvertire, ma poi basta!

Anche la Madre Terra può diventare come un cane pacifico, che dopo avere tanto sopportato una pulce fastidiosa, ad una presenza ora divenuta pericolosa, decide di fare una botta di testa, e dice: “Basta!” Basta alla pulce, e se la deve scrollare, perché ne è troppo infastidito. Deve trovare un altro ospite da poter beneficiare. E allora le pulci vengono scrollate e la terra produce nuovi figli e nuovi frutti, anche diversi da prima, che lei spera migliori, comunque da mettere in prova, a cui offrire il riparo per praticare l’evoluzione.

Allora sarà chiaro che la pulce può essere l’uomo, e che la vita continuerà anche se la sua forma esteriore sarà diversa, ma cosa sarà poi un diverso? Il diverso è relativo, per cui se fossimo dinosauri troveremmo assai ridicolo un essere come l’uomo perché piccolo e anche pelato, molto cerebrale ma poco potente e poco adattabile. Solo che, dopo il dinosauro, l’uomo è arrivato per diventare il centro del creato. E se fosse ora la nostra volta? Se fossimo noi i dinosauri poco adattabili, da dovere scrollare?

E’ da tanto che delle persone molto importanti stanno avvertendo sulla pericolosità di arrivare al punto di non ritorno, sulla nostra necessità di inventare uno sviluppo sostenibile, per la Terra certo, ma per primo per l’uomo. Dovrebbe essere un imperativo urgente trovare il modo di conservare il nostro ambiente, ma solo per non avere la fine dell’uomo. Conservare la Terra dovrebbe divenire il primo imperativo dell’egoista ed egocentrico organismo umano!

Credo che l’uomo meriti di poter continuare ad esistere, certo vedo le miserie, ma vedo anche la sua straordinaria grandezza, vedo tutti quei Giusti che camminano nel mondo, sono sempre stati presenti. Certo sono pochi e anche mal pubblicizzati ma sono veramente nostri grandi benefattori, uomini politici e uomini di scienza, intellettuali e poeti che ci dicono di sviluppare piuttosto il meraviglioso dell’uomo e non il terrifico ancestrale.

Allora ho trovato una lettura illuminante nell’opera di Annick De Souzenelle, che nel suo “Manifesto per un cambiamento interiore” avanza una tesi interessante e per questo la propongo a tutti coloro che possono comprenderla adeguatamente, la offro al mondo e la diffondo, e poi ognuno faccia come meglio crede, la maturerà nel suo profondo: nell’Abisso del suo Nulla.

Innanzitutto va specificato che il manifesto risponde puntualmente a “Il mio manifesto per la terra” di Michail Gorbaciov in cui si afferma che l’uomo per salvare la terra deve salvare il suo Adamah interiore, che è poi lo stato della terra interiore. Il mondo esterno è l’aggettivazione del mondo interiore, riflette Gorbaciov, del grande Adamo che è tutta l’umanità: essi sono i poli della stessa realtà. Se noi non applichiamo la nostra restaurazione di questo mondo interiore, tutto ciò che noi potremo tentare sulla terra, quella fisica e materiale, sarà sterile e senza esito, sarà inutile.

Gorbaciov ci fa riflettere sull’urgenza di fare un cambiamento dei cuori e degli ideali spirituali e morali dell’umanità. Basta con l’odio e la divisione, passiamo dal concetto di avere a quello di essere, facciamo entrare un nuovo registro di valori e una nuova epica, ma da subito, se vogliamo salvare l’uomo. Su questo punto risponde Annick, con la sua volontà di volere sviluppare questo concetto di Gorbaciov, perchè sensibile della “coscienza acuta, che lei ha, della cura che va portata alle nostre terre interiori.”

Annick De Souzenelle è una scrittrice che si dedica allo studio simbolico delle Scritture, ed è una ricercatrice spirituale che predica un ritorno urgente ed indispensabile all’Essenziale. Lei dice che la punta della sua penna è un Niente, ma anche inteso come ‘Ain cioè il primo Nome Divino rivelato, precedente alla Creazione, il sigillo dell’Innominabile. Se “Dio creò tutto dal niente” allora ‘Ain è anche l’interrogativo: Dove? Ma il Creato si basa sul cuore di ogni cosa che Egli fonda, a cui apprendiamo molto presto di appartenere.

Questo Niente è una piccola cosa, e lo possiamo pensare come una semenza, in ebraico ed in arabo Zer’a, cioè un seme. E’ Zer’a è veramente zero, molto più che il termine Siphr, etimologia comunemente ammessa per indicare lo zero, che è un assoluto nulla su cui si basano tutte le matematiche. Presenza di un’assenza! dice Annick.

L’immagine di questa estrema potenza la fornisce l’omeopatia quando mostra un corpo che viene diluito, dinamizzato, e poi ancora diluito fino a che di esso non resta niente; è allora che si manifesta una specie di memoria ancestrale di esso, che agisce con forza insospettata, con potenza. Ma dov’era quel corpo di cui abbiamo prima valutato solo il guscio duro ed inoperoso, solo il guscio duro e aspro della scorza?

Rimandato a quello che è il più impalpabile, al più sottile di se stesso, addirittura al totale annientamento, nella sua inconoscibile Essenza esso ora agisce potentemente. Presenza di un’assenza! dice Annick, su come si manifesta l’inconoscibile semenza. E allora bisogna penetrare la polpa, andare aldilà del guscio, raggiungere il cuore delle cose, aprire il nocciolo e liberare l’energia, ma questo non si può fare per la sola via esteriore ed ordinaria, se non proseguendo sulla metafora dell’esilio e della caduta.

Mentre nella via interiore, in cui l’uomo è capace di fare la sua Creazione, la “semenza” del Niente lo porta al cuore di se stesso e lo fa entrare in risonanza con il cuore dell’Universo. E’ questo il cammino che abbiamo perduto, poveri Adamo senza memoria e senza guida. Ma è anche questo che il discorso di Annick chiama a ricordare, perché noi possiamo sempre ricordarlo e farlo entrare in sinergia con noi per ritrovare ciò che è la “traccia” del nostro vero cammino.

Le scritture sapienziali ce lo dicono a chiare parole, insistono con il dire che noi ce ne siamo solo dimenticati, che siamo addormentati in un sonno che è un coma mortale per la parte Divina di noi, che siamo in grado di recuperare all’oblio, che noi possiamo ricordare coloro che siamo stati, da dove veniamo e dove siamo destinati ad andare. Noi così possiamo percorrere la traccia mnestica del nostro vero essere, fino alla nostra vera Essenza Divina.

Tutto questo, dice Annick, rientra nel campo delle virtù necessarie e delle cure che noi dobbiamo prestare al “guscio” degli esseri e delle cose, dobbiamo usare uno sguardo nuovo e usare altri occhi, dobbiamo andare al centro del creato per cancellare la nostra chiusura carceraria e spezzare le catene dell’esilio e della caduta, come pure finirla con la menzogna della dannazione della stirpe di Adamo.

Dobbiamo allora morire a noi stessi e poi avere nuovi occhi per cambiare lo sguardo, e rivestire altri occhi, trovare nuove orecchie e acquisire una sensibilità raffinata per tutti i registri del reale, accordare la scala d’armonia sacra che verrà dal nostro cuore. Insomma recuperare la figura del vero Uomo-Adamo che viene plasmato dalle mani divine, prima della caduta e che, anche nell’esilio della condizione umana, non è mai morto e mai muta, perché è dormiente sotto il guscio.

Ecco il concetto di risveglio che si chiede all’Uomo-Adamo, che da collettivo diventa anche del singolo individuo: Adamo-Eva deve alimentare la linfa della Conoscenza, che è poi l’Albero del Bene e del Male.

Il 28 marzo del 2008, sui giornali sono comparse delle notizie e poi è venuta una smentita da parte di Michail Gorbaciov. Lui dice.”Nei giorni scorsi alcuni media hanno sparso fantasie, non riesco a trovare nessun’altra parola, sul mio cattolicesimo segreto, citando la mia visita al Sacro Convento Friary, dove giacciono i resti di san Francesco. Per concludere, e per evitare ogni equivoco, lasciatemi dire che sono stato e rimango un ateo.”

E’ vero che per vari decenni sono circolate voci su Gorbaciov, relative al suo essere cristiano, ma lui è stato battezzato da bambino nella Chiesa ortodossa russa. La sua visita ad Assisi, ha spiegato, era quella di un turista, non di un Pellegrino, per cui voleva solo visitare chiese e luoghi di culto ortodossi, cattolici, protestanti, ebraici e mussulmani. L’ambasciatore Usa presso il Vaticano, Thomas Melady, ha rivelato di avere scoperto intorno al 1990, che Gorbaciov aveva avuto meeting segreti con Giovanni Paolo II per due anni, prima della caduta del comunismo.

Ora, si chiede Robert Moynihan, direttore di una rivista statunitense: “Se Gorbaciov è un ateo, perché si sarebbe consultato con Giovanni Paolo II prima che con molti altri? E perché si è inginocchiato alla tomba di san Francesco, invece di restare in piedi e prendere delle foto, come un turista non-pellegrino avrebbe fatto?” Ma che ne vuoi sapere tu, dico, caro Robert, se anche fosse un infiltrato, io mi dico, che ci sarebbe di male? Qualcuno lo dovrà pur fare un discorso d’Amore ammantandosi con il potere. Ma forse il più piccolo non viene meglio protetto da uno che è più grande e potente? Ma poi tu che parli Robert, tu chi sei veramente?

Buona erranza
Sharatan


venerdì 1 gennaio 2010

La lampada di Aladino



"Il futuro appartiene
a coloro che credono
nella bellezza del loro sogno"

(Eleanor Roosevelt)