lunedì 12 giugno 2017

Magnetismo personale



“Ovunque andiate, agite nella consapevolezza
di essere padroni di voi stessi.”
(Paramahansa Yogananda)

Perché quando alcuni parlano tutti ne sono affascinati, mentre altri possono trattare lo stesso argomento senza suscitare il minimo interesse? Con tutti i loro ovvi difetti, i dittatori esercitano un'influenza enorme. Qual è il segreto di questo potere? È il magnetismo. Siamo tutti divinamente dotati di un magnetismo personale. Perché, dunque, in alcuni è così evidente, mentre altri sembrano esserne privi? Perché pochissimi conoscono il modo di sviluppare il magnetismo, che nella maggior parte dei casi rimane allo stato latente.

Molte delle facoltà di cui il Signore ci ha dotati rimangono nascoste dentro di noi poiché non ne facciamo uso. Che cosa è il magnetismo? L'ipnotismo è stato definito magnetismo animale; è una specie di cloroformio mentale somministrato dall'ipnotizzatore. Il magnetismo spirituale, invece, è qualcosa di diverso: è il potere che l'anima ha di attirare o di creare ciò che le occorre per raggiungere un benessere e una felicità completi.

Il magnetismo di molti esseri umani non è molto evoluto; prevale in loro un magnetismo animale o fisico, soggetto all'ipnosi cosmica di maya, o illusione terrena, che si manifesta soprattutto sul piano materiale. Sono molteplici i fattori che influiscono sullo sviluppo del magnetismo. In primo luogo, la qualità e la quantità del cibo che ingerite. Un'alimentazione eccessiva e sbagliata nuoce allo sviluppo del potere magnetico perché ha un effetto negativo sulle energie vitali del corpo.

Ad esempio, coloro che appesantiscono l'organismo mangiando troppa carne indeboliscono il proprio magnetismo. La stessa cosa può dirsi di altri alimenti non adatti al corpo umano. Al contrario, gli alimenti puri come la frutta fresca, lo rafforzano. Per quanto concerne la quantità deve essere tale da farvi sentire un leggero appetito quando vi alzate da tavola. Non mangiate a sazietà. Appesantire lo stomaco riduce l'energia vitale con conseguente diminuzione del magnetismo.

Coloro che mangiano troppo non sono magnetici, mentre coloro che digiunano regolarmente accrescono il proprio potere magnetico. Dovete sempre dominare il corpo e non permettere mai che sia il corpo a dominarvi. Chi non è abituato a digiunare, teme che sia sufficiente rimanere un giorno senza mangiare per andare incontro a morte sicura. Invece, nel corso di un lungo digiuno scoprirete presto che la fame scompare e che non avete più voglia di mangiare.

È pericoloso digiunare a lungo se non sapete come regolarvi, ma conoscendo le modalità del digiuno, non si determina alcun problema. Un'eccessiva alimentazione rende schiave le forze vitali dell'organismo che, invece, vengono vivificate da un digiuno regolare, ad esempio da uno a tre giorni consecutivi, e accrescono il magnetismo del corpo. Voi siete l'anima, che per sua natura è di gran lunga superiore a un effimero corpo di carne.

Digiunando, scoprirete che è l'energia cosmica, o prana, a mantenere in vita il corpo. Questa energia intelligente, che si è lasciata condizionare dal cibo, impara così a fare maggiore assegnamento su se stessa. Con il digiuno educate l'organismo ad affidarsi di più all'energia cosmica. Anche Gesù ha sottolineato questa verità affermando: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio.»

La “bocca di Dio” è il centro sottile situato nel midollo allungato, attraverso il quale la divina energia vitale, la “parola” fluisce nel corpo dalla sorgente cosmica. Durante il digiuno attenetevi alla convinzione che non morirete di fame e che l'energia cosmica vi mantiene in vita. Vi sorprenderà constatare che l'energia fluisce nel vostro corpo naturalmente e non per mezzo del cibo. Dipendete dal cibo perché non conoscete l'esistenza del potere che costituisce il vero sostegno della vita….

Ma che cosa succede quando riempite di cibo lo stomaco di un uomo vivo? Le sostanze alimentari verranno assimilate, dimostrando così che non è il cibo a dare la vita. Il prana - la forza vitale intelligente racchiusa nel corpo che trasforma gli alimenti in energia - è stata resa schiava dalla nostra identificazione con il corpo stesso, al punto da ritenere di non essere in grado di sostenerlo senza fare ricorso al cibo.

Ma Gesù ci ha ricordato che le cose stanno diversamente. Il prana entra nel corpo insieme all'anima all'atto del concepimento, e nel corso della vita viene costantemente ricostituito attraverso la “bocca di Dio”. Il digiuno è uno dei modi in cui è possibile sviluppare l'autonomia dell'energia interiore. Il digiuno purifica il sangue e fa riposare i vostri organi; allora una nuova energia comincia ad emanare dagli occhi, dalle mani e dai piedi.

Non appena comprendete che vivete di energia cosmica e non di sostanze materiali, il corpo si magnetizza e in voi si manifesta un magnetismo di qualità diversa. Queste sono le grandi verità che cominciate a conoscere. Fra voi, il mondo che vi circonda e le persone con cui venite a contatto si determina un costante scambio di magnetismo.

Ad esempio, incontrando qualcuno, potreste avere la sensazione che vi stia accadendo qualcosa; state percependo, infatti, la sua vibrazione. Perché gli altri possano trasmettervi il proprio magnetismo debbono essere vicini a voi. Quando stringete la mano a qualcuno, si crea una sorta di magnete che determina uno scambio di magnetismo.

Se siete il più forte o il più positivo dei due trasmetterete all'altro le vostre vibrazioni; se invece siete il più debole assorbirete le sue. Ciò spiega perché alla gente piace, inconsciamente, stringere la mano a uomini e donne famosi. Ogni azione, positiva o negativa che sia, crea delle vibrazioni in tutto l'etere. Quando vi trovate nel loro raggio di azione, le vibrazioni attraversano il vostro corpo come le onde radio.

Se vivete o avete contatti con qualcuno che si comporta male, sentirete la vibrazione magnetica delle sue azioni negative, qualsiasi cosa facciate per evitarla. I deboli dovrebbero fare di tutto per sfuggire la compagnia di chiunque abbia abitudini cattive. Soltanto chi è dotato di un forte potere mentale può avere a che fare con persone del genere e aiutarle a cambiare, senza subirne l'influenza negativa. Questa è la legge.

Se una persona è dedita all'alcool e la forza magnetica della sua abitudine è più potente della vostra volontà di non bere, non frequentatela. Se avete rapporti con persone che hanno abitudini negative, dovete essere certi che il vostro magnetismo positivo sia più potente del loro magnetismo negativo. I sedicenti maestri e i cosiddetti riformatori che non si proteggono sviluppando prima un potente magnetismo spirituale, sono facili vittime delle vibrazioni negative di coloro che cercano di aiutare.

Quando stringo la mano a qualcuno, o comunque sto in compagnia di altre persone, trasmetto il mio magnetismo e, talvolta, se voglio percepisco le loro vibrazioni. Ma quando non voglio, evito di sintonizzarmi con tali vibrazioni e rimango al di là del loro raggio di azione. Poiché ho sviluppato un forte magnetismo, la mia forza magnetica è più potente, e posso quindi escludere tutte le vibrazioni indesiderate. Sono costantemente consapevole di questi misteri dell'esistenza.

E gli esseri umani pensano di essere soltanto qualche chilogrammo di carne! È stato dimostrato che vivere circondati da vibrazioni rumorose troppo elevate riduce di sei anni la durata della vita. Quando siete nervosi, manifestate una maggiore ricettività alle vibrazioni fastidiose, che turbano ulteriormente il sistema nervoso. Quando siete calmi, invece, le vibrazioni irritanti non hanno alcun effetto.

Vi disturbano quando siete nervosi e irritabili, ma non appena vi calmate e vi sentite mentalmente forti non possono più influenzarvi. Trasformate le vostre vibrazioni e rafforzatele pensando:«Sono sereno» oppure: «Sono felice». Fate questa affermazione ogni giorno, e svilupperete la forza magnetica della pace e della felicità. Se ritenete che l'ambiente in cui vivete non sia compatibile con i vostri obiettivi cercatene un altro più congeniale.

Trasferendovi nell'ambiente adatto, contribuirete a potenziare il vostro magnetismo e a migliorare voi stessi. Frequentate le persone che incarnano l'esempio di ciò che vorreste essere. Se volete avere un forte potere magnetico negli affari, frequentate gli uomini d'affari. Se volete fare lo scrittore, frequentate coloro che hanno una vibrazione letteraria. Se volete diventare santi, frequentate le persone sante. I grandi santi non perdono tempo.

Dovete convincerli dell'ardente desiderio del vostro cuore. Allora si sentiranno attirati da voi e potrete “rubare” il loro magnetismo. Quando i santi vi sono vicini, assorbirete automaticamente la loro vibrazione. Tuttavia, potrete anche percepirne il magnetismo a migliaia di chilometri di distanza, perché le vibrazioni spirituali non hanno limiti.

Io ricevo continuamente le vibrazioni del mio guru Sri Yukteswar, anche se adesso è rinato su un altro piano. Quando era ancora in vita in India, io percepivo costantemente la sua vibrazione. In questo modo compresi intuitivamente che stava per lasciare il corpo; successivamente mi scrisse per dirmi che attendeva il mio ritorno in India. Io dissi al signor Lynn che dovevo andare dal mio Gurudeva; mi aspettava da quindici anni, e sapevo che se non fossi tornato allora, non l'avrei più visto. Tre mesi dopo il mio arrivo in India il Maestro abbandonò il corpo.

Dunque è vero che i santi possono trasmettere il proprio magnetismo anche se sono molto lontani, perché la loro forza magnetica è molto potente. Se volete essere un artista, dovete frequentare gli artisti e vivere tra loro. Ma le persone spirituali possono trasmettervi il loro magnetismo qualunque sia la distanza che vi separi. Naturalmente devono essere spiritualmente molto evolute per poterlo sprigionare e voi dovete essere ricettivi, per riuscire a percepirlo.

Se volete che le persone spirituali possano trasmettervi il proprio magnetismo, dovete sentirle vicine mentre meditate e mentre pregate; la consapevolezza della loro vicinanza vi permette di percepire il magnetismo di cui sono dotate. Inoltre, se vi recate nei luoghi dove sono vissuti i maestri, le loro vibrazioni ancora presenti in quelle località favoriranno la vostra evoluzione spirituale. Questo è il valore dei pellegrinaggi nei luoghi santi.

Quando sono andato in Terra Santa ho sentito una grande ispirazione e ho percepito profondamente la presenza del Cristo. Gesù si è incarnato in quella terra martoriata in un periodo di grandi difficoltà, per dimostrare che il suo magnetismo poteva vincere ogni male. Le sue divine vibrazioni pervadono ancora quei luoghi, con la stessa forza che avevano quando il Cristo era fisicamente presente.

Cercate di fare ogni giorno qualcosa di meritevole per sentire di aver contribuito in qualche modo, per sentire che la vostra vita ha un significato. Se ogni giorno porterete a termine qualcosa che pensavate di non riuscire a fare, svilupperete un forte magnetismo. Sorvegliate i vostri pensieri che ispirano tutte le vostre esperienze e vi elevano o vi degradano. Il vostro corpo è simile a una carrozza tirata da cinque cavalli: i sensi. Voi, ossia l'anima, siete il proprietario e il cocchiere di questa carrozza.

Se non usate le redini della mente per dominare i cavalli, perderete il controllo della carrozza che precipiterà nell'abisso delle malattie, delle sofferenze e dell'ignoranza. Dovete dominare i cinque cavalli dei sensi se volete che la carrozza vi trasporti felicemente per tutta la vita fino alla vostra vera destinazione: il regno di Dio. Conseguirete allora l'auto-dominio e così la vera felicita. Perché perdete tempo? È così facile buttare il tempo! Può essere sprecata un'esistenza intera.

Voi siete i padroni di tutti gli attimi della vostra vita. Usateli saggiamente affinché vi portino la salvezza. Consumare così la vita è l'offesa peggiore che possiate fare alla vostra anima. Sprecate tanto tempo e non avete nulla in cambio. Per rilassarsi è meglio uscire, andare a passeggiare o fare qualche esercizio fisico. Se volete sviluppare il vostro potere magnetico, non parlate troppo. Non parlate in continuazione.

I discorsi inutili dissolvono il magnetismo e, inoltre, sono pericolosi perché chi parla troppo finisce sempre per dire la cosa sbagliata. Le parole sono simili a piccoli proiettili che escono dal cannone della bocca e hanno il potere di far crollare gli imperi o, se vengono pronunciate da un saggio, di portare la pace. La persona che parla troppo è superficiale e poco magnetica.

Ma quando parla un saggio di poche parole, tutti lo ascoltano. Così era il mio guru. Quando parlava, le sue parole erano piene di significato e di forza, altrimenti rimaneva in silenzio. Quando due o più persone si incontrano, ciascuna di esse vuole essere ascoltata e nessuna vuole stare ad ascoltare. Imparate ad ascoltare di più, a rimanere in silenzio e a godere la compagnia degli altri.

Edison e uno dei suoi amici avevano l'abitudine di stare insieme quasi senza parlare, e quando si lasciavano dicevano: «Arrivederci, è stata una visita molto piacevole!» Dedicate tutta la vostra attenzione alla persona con cui parlate, e dite cose sensate. Quando parlate con l'anima, tutti saranno disposti ad ascoltarvi. Il potere del mondo intero e la verità di Dio ispireranno le vostre parole. E cambierete gli altri con le vostre parole.

Il magnetismo consiste in questo. Se desiderate sviluppare il magnetismo, dovete imparare ad analizzare i vostri sentimenti e a tenere ogni giorno un diario mentale. Scoprirete con stupore che avete sprecato tanto tempo senza fare nulla. Chiunque voglia diventare “grande” dovrebbe analizzare il proprio stato d'animo. Ogni sera, sedetevi in silenzio e domandatevi: «Che cosa ho fatto oggi?».

Ciò vi aiuterà a vedere con chiarezza come potete usare più saggiamente il tempo che avete a disposizione. Se vorrete usare questo suggerimento, diventerete una persona diversa. Non appena assumerete il controllo della vostra vita e farete ciò che dovreste fare, la forza di volontà e il magnetismo cominceranno a svilupparsi. Solo la volontà ci può salvare perché è l'elemento che controlla ogni cosa in questo universo.

Se non esercitate la forza di volontà, sarete creature deboli, facilmente influenzabili dall'ambiente che vi circonda. Lo sviluppo della volontà è il segreto del magnetismo. Gli uomini di successo sono uomini molto volitivi. Quando svilupperete la volontà per quanto la vita possa abbattervi, vi risolleverete e direte: «Ho successo. Posso vincere». Usate la volontà per realizzare qualcosa. Questo è il modo di sviluppare il magnetismo. (Paramahansa Yogananda)

martedì 6 giugno 2017

Continuità



“Voi sperimentate ciò che credete.”
(Jiddu Krishnamurti)

La mente detta e interpreta l’esperienza, la invita o la respinge. La stessa mente è il risultato dell’esperienza, ed essa può sperimentare o riconoscere soltanto ciò che le è familiare, ciò che essa conosce, a qualunque livello. La mente non può sperimentare ciò che non è già noto. La mente e la sua reazione sono di maggior significato dell’esperienza; e contare sull’esperienza come su un mezzo di comprendere la verità significa incappare nell’ignoranza e nell’illusione.

Desiderare di sperimentare la verità è negare la verità; perché il desiderio condiziona, e il credere è un’altra cappa del desiderio. Sapere, credere, convinzione, conclusione ed esperienza sono tutti ostacoli alla verità; essi sono la struttura stessa dell’io. L’io non può essere libero se non c’è effetto cumulativo dell’esperienza; e la paura della morte è la paura di non essere, di non sperimentare.

Se ci fosse la sicurezza, la certezza della sperimentazione, non ci sarebbe paura. La paura esiste soltanto nel rapporto tra il cognito e l’incognito. Il cognito cerca sempre di catturare l’incognito; ma può catturare soltanto ciò che è già cognito. L’ignoto non può mai essere sperimentato dal cognito; il cognito, ciò che è stato sperimentato deve cessare perché l’ignoto sia.

Il desiderio di sperimentare la verità deve essere ricercato e compreso; ma se c’è motivo nella ricerca, allora la verità non viene in essere. Può esservi ricerca senza un motivo, conscio o inconscio che sia? Con un motivo c’è ricerca? Se già sapete ciò che volete, se avete formulato un fine, la ricerca è un mezzo per conseguire quel fine, che è proiezione dell’io.

La ricerca si volge al piacere, non alla verità; e i mezzi saranno scelti in base al piacere. La comprensione di ciò che è non ha bisogno di motivi; il motivo e i mezzi impediscono la comprensione. La ricerca, che è consapevolezza senza scelta, non si svolge a qualche cosa; è essere consci del desiderio di un fine e dei mezzi per conseguirlo. La consapevolezza senza scelta porta la comprensione di ciò che è.

È strano quanto noi desideriamo la permanenza, la continuità. Questo desiderio assume molte forme, dalla più rozza alla più sottile. Quelle più evidenti, le conosciamo bene: nome, forma, carattere, e così via. Ma il desiderio più sottile è molto più difficile a scoprirsi e a comprendersi. L’identità come idea, essenza, sapere, divenire, a qualunque livello, è difficile a percepirsi e ad essere messa in luce.

Noi conosciamo soltanto la continuità e mai la non-continuità. Conosciamo la continuità dell’esperienza, della memoria, degli eventi, ma non conosciamo lo stato in cui questa continuità non è. Lo chiamiamo morte, ignoto, mistero e così via, e dandogli un nome speriamo in qualche modo di catturarlo, che è ancora il desiderio di continuità.

La coscienza di sé è esperienza, il dar nome all’esperienza e quindi il registrarla; e questo processo è in atto a varie profondità della mente. Noi ci aggrappiamo a questo processo di auto-consapevolezza nonostante le sue gioie passeggere, i suoi conflitti senza fine, la sua confusione e dolore. Questo è ciò che sappiamo; questa è la nostra esistenza, la continuità del nostro stesso essere, l’idea, il ricordo, la parola.

L’idea continua, tutta o in parte, l’idea che crea l’io; ma questa continuità porta forse libertà, nella quale soltanto c’è scoperta e rinnovamento? Ciò che ha continuità non può mai essere altro che ciò che è, con certe modificazioni; ma queste modificazioni non gli danno nulla di nuovo. Può assumere un mantello diverso, un diverso colore; ma è sempre l’idea, il ricordo, la parola.

Questo centro di continuità non è un’essenza spirituale, perché è ancora entro il campo del pensiero, della memoria e quindi del tempo. Può sperimentare soltanto la sua stessa proiezione e attraverso l’esperienza autoproiettatasi dà a se stesso ulteriore continuità. Così che, fino a quando esista, non potrà mai sperimentare al di là di se stesso.

Deve morire, deve cessare di dare a se stesso continuità attraverso l’idea, la memoria, la parola. La continuità è decadenza, e c’è vita soltanto nella morte. C’è rinnovamento soltanto con la cessazione del centro; pertanto rinascita non è continuità; pertanto la morte è come la vita, un rinnovamento d’istante in istante. Questo rinnovamento è creazione. (Jiddu Krishnamurti, La mia strada è la tua strada, Arnoldo Mondadori Ed.)

venerdì 2 giugno 2017

La lettura



“Una biblioteca è come un alveare
nel quale sia custodito il miele:
essa contiene parte del prodotto migliore,
più dolce e nutriente dell’esperienza umana.”
(A. C. Grayling)

Sembra che alcuni medici prescrivano, ai propri pazienti affetti da depressione, stress e ansia, non farmaci ma libri. I pazienti vengono indirizzati da un biblioterapeuta che prescrive elenchi di letture adatte alla condizione di ciascuno. A ispirare questo genere di letture fu l’osservazione dei bibliotecari che i lettori, nel restituire un libro preso in prestito, spesso si confidavano raccontando come la lettura li avesse fatti star bene, divertendoli o distraendoli dalle loro preoccupazioni.

Ci sarebbero fin troppe cose da dire s questo fatto sorprendente. Qualcuno, cinicamente, chiederà: ma dove siamo arrivati se, per leggere un libro, la gente ha bisogno di farselo prescrivere dal medico? Quand’è che abbiamo dimenticato che la lettura, per mille ragioni, è una delle principali risorse della vita?

Nella prossima tappa del processo di medicalizzazione dell’esistenza umana - o forse come risposta alla passiva incapacità della gente di pensare o agire in modo autonomo- i medici finiranno forse per prescrivere un pasto agli affamati e un buon sonno alle persone stanche? C’è qualcosa di giusto in queste esclamazioni, ma è improprio indirizzarle ai medici. Piuttosto andrebbero dirette al fallimento della nostra cultura, che non è riuscita a mostrare alla gente quali ricchi tesori, in termine di piacere e utilità, e quale espansione degli orizzonti possa derivare dalla lettura.

Un’educazione alla lettura implica una guida su come reperire qualsiasi libro o genere di libro; si tratta di una guida molto facile da offrire: occorrono cinque minuti (e molto meno se vi limitate a dire: «Chiedi al bibliotecario», il che inoltre è un ottimo consiglio. Basta una piccola esperienza in qualità di lettori per avere accesso a quel grande paese in cui ci si libra come aquile sulla storia, sulla commedia, sulla tragedia e su tutta la gamma delle esperienze umane e, se la lettura è attenta, si raccoglie in ogni momento molto di ciò che l’abbondante offerta mette a disposizione. La parola chiave qui è: «Attenta».

La cosa migliore che qualsiasi tipo di istruzione e di educazione possa lasciarci in eredità è l’abitudine a riflettere e a porci domande. La lettura può essere svolta in modo passivo, riducendosi così a un passatempo che non lascia nella mente nessuna traccia a parte una piacevole distrazione dal presente. Molti libri sono scritti abilmente per non pretendere altro, e non c’è nulla di male in questo. Ma per avere da essa qualcosa di più, la lettura deve essere un’esperienza attiva, e non passiva. È difficile dire che cosa renda tali i buoni libri, perché ne esistono di diversissimi.

Nella maggior parte dei casi essi hanno però in comune la capacità di indurre il lettore a pensare e sentire emozioni, lo elevano e lo disturbano, spingendolo di conseguenza a considerare il mondo da una prospettiva leggermente diversa. In breve, purché la lettura sia attiva, i buoni libri stimolano l’attività intellettuale del lettore. La lettura non rende le persone automaticamente migliori o più sagge. Quando ha quel effetto è perché i lettori hanno lavorato da sé, cercando il materiale necessario nelle proprie reazioni alla pagina stampata.

Tuttavia, a parte l’esperienza pratica della vita - esperienza che è la principale maestra di chiunque -, ben poche cose reggono il confronto con i libri quale miniera da cui cominciare quel genere di ricerca.Leggere significa penetrare in altri punti di vista: è come essere osservatori invisibili di circostanze che potrebbero non realizzarsi mai nella propria vita. Significa incontrare persone e situazioni che, per genere e quantità, vanno ben oltre le possibilità dell’esperienza individuale.

Di conseguenza la lettura non solo promuove la comprensione di sé, ma arricchisce l’individuo offrendogli una via d’accesso per capire bisogni, interessi e desideri che potrebbe non condividere mai, ma che ciò nondimeno motivano gli altri. In tal modo gli consente di comprendere gli interessi altrui, tollerarli e perfino simpatizzare con essi. Tutto ciò plasma il nostro comportamento verso gli altri e, per estensione, rappresenta anche la base della comunità civile e della fratellanza fra gli uomini.

Sulla mia scrivania tengo una fotografia della Biblioteca di filosofia del monastero Strahov di Praga. Inquadrata dalla galleria superiore, la foto coglie la tranquilla bellezza della sala invasa dalla luce che penetra dalle finestre del lucernario della parete di destra, e mostra una lunga lama di luce che investe una fila di scaffali illuminando la ricca varietà di rilegature in pelle che vi sono schierate. Sotto, al piano terra, tre tavoli sono disposti comodamente distanziati, e fra di essi si trova un’ingegnosa macchina antica che permetteva la consultazione contemporanea di diversi volumi, una “ruota da libri” che farebbe invidia a ogni studioso.

La scena esprime in modo meraviglioso tutto quanto ha a che fare con i libri e la lettura, nonché con lo studio e con il pensiero, là dove i libri emergono come distillato degli sforzi dell’uomo, del tempo e perfino del mondo stesso, qui condotto a un equilibrio riflessivo avvolto nella quiete e nel ritiro.

Se, in un angolo, ci fosse un armadio con un letto e tutto l’occorrente per farsi un tè, poco importerebbe di venir rinchiusi là dentro, e che qualcuno buttasse via la chiave. Cinicamente si potrebbe sostenere che questa biblioteca, così splendida ed evocativa, non sia altro che un obitorio di libri, una curiosità del passato esposta allo sguardo ottuso del turista frettoloso , o forse un punto di vendita per le cartoline che oggi rappresentano il suo unico prodotto.

Ma io penso che questa sia un’opera d’arte e che rappresenti qualcosa di nettamente opposto alla regola- agitata, volubile e difettosa- di gran parte della vita umana e dei suoi compromessi. Una biblioteca è come un alveare nel quale sia custodito il miele: essa contiene parte del prodotto migliore, più dolce e nutriente, dell’esperienza umana. Un commentatore del IV libro delle Georgiche, dove Virgilio parla delle api e dell’amore perduto, sottolinea come solo quattro cose resistono agli insulti del tempo: l’oro, la luce del sole, l’ambra e il miele. (A. C. Grayling, Il significato delle cose, TEA ed.)

martedì 30 maggio 2017

Assalti Frontali ft. Emad Shuman - La Fine dei Sospiri (Beirut Rmx)




La fine dei sospiri


[Verso 1: Militant A]

Io un po' d'oro ce l'avevo ma l'ho dato tutto ai bisognosi
Adesso c'è la nuova guerra che nessuno si riposi
Il cuore batte nella notte, pieno di emozioni
Siamo divisi in grandi e piccole fazioni

Io sto coi poveri e mi guardo nelle tasche vuote
Tutti vogliono da me, un tuono mi scuote
Li cerco in giro, organizzo il contrattacco
Devo migliorarmi in questa notte di bivacco

Mi vieni in mente tu che dici: "lotta che sei in gamba"
Mi ci sento, lo divento, tengo su una banda
Mi dici: "più ti chiudono, più tieni il sogno aperto"
Non devi dirmi altro, ne sono ricoperto

Tiro fuori dalle tasche le mie mani e so che faccio
Se all'età che ho, ho ancora il mitra in braccio
Contro gli arricchiti sulla nostra pelle, i vampiri
Sembra la fine del mondo, ma è la fine dei sospiri

[Rit.: Pol G]

Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi, di voi (contrattacco)
Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi (sorprendervi), di voi

[Verso 2: Militant A]

E se mi trovo emarginato e mi guardo le spalle
Sento il mio cuore che rimbomba nella valle e dice:
"Io sono libero e allora che c'avete tutti?
I modelli da seguire sono solo dei trucchi"

E un modo di amarci per davvero chi ce l'ha?
Di costruire un mondo meno triste e di complicità
Con un gesto, una carezza e perché no?
Bisogna essere felici nella vita se si può

Nella vita si dimentica più che si ricorda
Prova a sentirti come una bambina sorda
Tutti parlano e parlano intorno e di cosa
Non capiscono che è lei la perla più meravigliosa

Ogni problema è un'occasione
Quanta ricchezza crea un gesto d'inclusione
Io ti difenderò per sempre dagli incompetenti
Voi non siete dei baroni, siete solo dei pezzenti

[Rit.: Pol G]

Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi, di voi (contrattacco)


[Militant A]

Voi non mi fate paura, la mia vita è più dura
Non mi fate paura, voi siete inganno e tortura
Ma non mi fate paura
Non mi fate paura, noi siamo letteratura

[Verso 3: Militant A]

E se finisco in un buco freddo che chiamano cella
Posso sentirmi dirmi: "Calma, che la vita è bella"
Può capitare di finire in gattabuia
Può capitare che la notte sia più lunga e buia

Capita a chi cammina per il mondo dritto
Davanti all'ingiustizia è inevitabile il conflitto
Quello è un posto fatto apposta per farti sentire solo
Tu non sei solo, non sei solo

Adesso ho il cuore più leggero, ne so il motivo
E' il bisogno di risollevarci in modo collettivo che ci guida
Io amo questa vita insieme agli ultimi
Ma non siamo proprio gli ultimi

Qualcosa lo sappiamo fare senza tante scene
Noi insegniamo a vivere senza catene
Piano piano si diventa bravi
A scegliere armi giuste per non essere mai schiavi

[Rit.: Pol G]

Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi, di voi (contrattacco)
Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi (sorprendervi), di voi

[Rit.: Militant A]

Voi non mi fate paura, la mia vita è più dura
Non mi fate paura, voi siete inganno e tortura
Ma non mi fate paura
Non mi fate paura, noi siamo letteratura

[Pol G]

Io non ho paura di voi (ho bisogno di, ho bisogno di)
Io non ho paura di voi (con-, con-), di voi (contrattacco)

[Outro: Militant A]

Con-, con-, contrattacco
Ho bisogno di, ho bisogno di
sorprendervi.

L’alienazione



“Il problema fondamentale è l’alienazione da noi stessi,
l’alienazione dai nostri sentimenti,
dagli altri esseri umani e dalla natura,
l’alienazione dal mondo dentro e fuori di noi.”
(Erich Fromm)

Alla metà del secolo scorso, Erich Fromm studiò il problema della salute mentale dell’uomo moderno. Usando un approccio di impostazione socio-psicologica egli esaminò i disturbi psicologici dell’uomo “normale” e concluse che la “normalità” è correlata allo stato dell’uomo socialmente adattato. Fromm mise in relazione il contesto sociale in cui l’individuo vive con la qualità della sua salute mentale e affermò che il comportamento umano risente delle esigenze economiche e sociali.

Questo metodo di indagine, in passato, gli aveva consentito di evidenziare il carattere autoritario degli anni ’30, il carattere mercantile degli anni ’40 e il carattere necrofilo degli anni ’60. Facendo l’analisi dei processi produttivi e studiando il risultato del processo di adattamento degli individui, Fromm concluse che vi era il fondato sospetto che la società pretendesse dall’individui degli atteggiamenti psichici che potevano indurre dei processi patologici. La condizione del mondo moderno induce una crescente incapacità di avere un rapporto diretto con la realtà.

Fromm usò il concetto di “alienazione” che Marx aveva collegato solo ai processi produttivi e all’economia, e usò quel concetto per studiare il comportamento sociale umano e le ripercussioni della modernità sulla salute mentale. Negli anni ’70, Fromm affermò che la società moderna soffriva di una crisi profonda. Tale crisi era “unica nella storia dell’umanità” perché era la “crisi della vita stessa.”

Fromm scrisse che il nostro futuro dipenderà essenzialmente dal fatto che si prenda consapevolezza di ciò, e ci si metta al servizio di un nuovo “umanesimo” che saprà mettere l’uomo al centro del nostro interesse. La questione fondamentale è l’alienazione da noi stessi, e questo significa che siamo diventati estranei a noi stessi o che il mondo esterno ci appare estraneo. Fromm era persuaso che, in ogni società, gli uomini vengono plasmati - in larga misura - dalle condizioni economiche e sociali in cui vivono.

Usò Marx sebbene considerasse troppo dogmatico il marxismo, e le sue teorie poco attente ai fattori umani coinvolti nei processi economici. Respinse la pretesa degli stalinisti di essere gli unici depositari delle teorie marxiste, e sostenne che le teorie di Marx possono dare molto alla psicologia. Notò che “la nostra è una società incentrata sul mercato.” Ma il nostro tipo di mercato è molto diverso da quello delle società rurali e dei piccoli paesi delle regioni sottosviluppate.

In quei contesti mercantili, il rapporto tra chi vende e chi compra è basato sulla conoscenza diretta. Il mercato diventa un contesto di scambio, un luogo in cui si va per fare due chiacchiere e per rinsaldare i rapporti. La società di mercato è regolata in modo diverso, perché il mercato non è governato dal venditore ma tutto viene definito dal “pubblico mercato delle merci” nel quale i prezzi e la produzione sono determinati dalla domanda.

Il prezzo e la permanenza delle merci sul mercato sono determinati dall’andamento del mercato stesso che, dentro certi limiti, deve continuamente cercare un equilibrio per governare “la domanda e l’offerta.” Ma questo meccanismo si collega con i processi psicologici degli individui, perché il mercato richiede che tutti gli oggetti siano presentati come delle merci.

Ma c’è una grande differenza tra un oggetto e una merce, perché l’oggetto possiede un determinato valore d’uso, mentre la merce ha un valore di scambio. Quando l’oggetto appare sul mercato assume un certo valore economico, perciò l’oggetto inizia ad essere pensato sotto forma di denaro o di astrazione. Il valore economico degli oggetti implica che gli oggetti siano pensati nella forma astratta di denaro.

Ognuno di noi, dice Fromm, se ci pensa bene si accorge che gli oggetti vengono pensati non più come degli oggetti, ma come delle merci. Gli oggetti non vengono più considerati per il loro valore d’uso, o per la loro bellezza e utilità, ma assumono un valore sempre più astratto. Gli oggetti non vengono più considerati per le loro caratteristiche concrete ma in modo astratto. Questo “processo di astrattizzazione” è collegato al meccanismo produttivo e alla nostra economia.

Con questo processo “vanno perdute praticamente tutte le qualità specifiche, concrete, e ogni cosa assume la stessa caratteristica quantificabile che si esprime in forma astratta,” scrive Fromm. E lo stesso processo si estende e si manifesta anche nella percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo. Di conseguenza, viene “dimenticata e ignorata la concretezza di quella persona, che pure era una persona particolare, unica, com’è unico ogni essere umano.”

L’atteggiamento mercantile si manifesta quando le persone che lavorano non vendono solo la loro forza fisica e le loro capacità ma, nella nostra società, esse vendono anche la loro libertà. Per restare rispettabili occorre mostrarsi gradevoli e avere un buon ambiente familiare. Ma, in questo modo, il singolo non si percepisce più come un individuo concreto, ma è come una merce ovvero uno che deve “vendersi bene sul mercato.”

Nella nostra società l’individuo fa dipendere il suo valore solo dal fatto di essere più o meno commerciabile, perciò la sua fiducia in sé stesso dipende dal fatto che sia commerciabile. La percezione di noi stessi non è più determinata dall’apprezzamento delle nostre qualità concrete, della nostra intelligenza, dalla nostra onestà, dalla nostra dolcezza, dal nostro umorismo e così via.

La percezione del nostro valore e il senso di sicurezza che ne deriva dipendono dalla capacità di venderci. Per questo l’uomo moderno è insicuro e dipendente dal successo, oppure diventa insicuro quando non ha successo. Il comportamento economico e il nostro modo di produrre esercitano un’influenza enorme sulla struttura della nostra personalità. Anche il linguaggio accentua l’astrazione, perché il linguaggio - di sua propria natura - deve sintetizzare tutte le qualità intrinseche delle cose rappresentandole con una parola.

Anche il linguaggio facilita l’astrazione dalle vere esperienze, infatti le parole diventano sempre più lontane dalle esperienze concrete. Questa perdita di contatto con la realtà, secondo Fromm, investe anche il mondo dei sentimenti. Viviamo in un vuoto affettivo e - per tirare avanti - riempiamo il vuoto con il sentimentalismo.

Il fenomeno del sentimentalismo è tipico nell’individuo distaccato, chiuso in sé stesso e privo di relazioni significative perciò viene a trovarsi in una condizione particolare. Egli prova emozioni ma senza riferirsi a nessuno in particolare, perciò diventa sentimentale: i sentimenti traboccano ed emergono altrove. Ecco allora il ricorso a parole roboanti quali: «onore», «Patria», «rivoluzione» ma queste parole sono astratte e avulse da ogni reale significato.

In effetti, alcune persone possono vedere immani tragedie a pochi passi da loro e restare impassibili. Costoro non hanno alcun rapporto con il mondo che le circonda quindi vivono nel vuoto dell’astrazione, nell’alienazione della realtà dei sentimenti. Ma, dato che sentono pur sempre qualche sentimento, non possono far altro che risvegliare il sentimentalismo, perché non sanno esprimere dei veri sentimenti.

Essi ricorrono alle frasi fatte legate a particolari contesti e, se piangono, non lo fanno perché provano una reale infelicità ma piangono solo per avere uno sfogo. Essi vivono nel vuoto e quando il sentimento che possiedono cerca uno sfogo, questi individui "disturbati" prendono al volo l’occasione per sfoggiare quel sentimentalismo vuoto che è così frequente nella cultura moderna.

Buona erranza
Sharatan

domenica 28 maggio 2017

Il rafforzamento dell'ego



“Si lotta in continuazione, inutilmente.
Lotti per cose che accadrebbero
comunque naturalmente. Lotti inutilmente.
Desideri cose che sarebbero tue,
se non le desiderassi.”
(Osho)

Esistono alcune difficoltà lungo il sentiero della meditazione: la prima è l'ego. La società, la famiglia, la scuola, la chiesa, tutti coloro che ti circondano fanno in modo che tu divenga egoista. Perfino la psicologia moderna si fonda sul rafforzamento dell'ego. La psicologia e l'educazione moderne pensano che se una persona non ha un ego solido non sarà in grado di lottare nella vita, luogo in cui esiste una competizione tale che, se fossi un umile, verresti messo in disparte, non riusciresti mai a farti avanti.

Hai bisogno di un ego d'acciaio, molto forte, per vivere in un mondo tanto competitivo, solo così puoi avere successo. In qualsiasi campo - può essere il mondo degli affari, la politica, una professione qualsiasi - devi avere una personalità capace di imporsi, e gli ingranaggi di tutta la nostra società funzionano per produrre nel bambino quel tipo di personalità. Fin dalla più tenera infanzia, iniziamo a dirgli: «Sii il primo della classe», e quando il bambino diventa il primo della classe, tutti lo elogiano. Cosa fate? Nutrite il suo ego fin dai primi passi.

Gli date un'ambizione: «Puoi diventare il presidente del paese, puoi diventare primo ministro». E il bambino inizia il suo viaggio nella vita con queste idee, e il suo ego si ingrossa sempre più, con ogni suo successo. L'ego è il male più grave che abbia colpito l'umanità, sotto tutti i punti di vista. Se hai successo, il tuo ego si ingrossa, e questo è un pericolo, perché in questo caso dovrai rimuovere una grossa pietra sul tuo sentiero, perché diventerà un ostacolo.

Viceversa, se l'ego è piccolo, se non hai avuto successo, se hai dimostrato di essere un fallimento, il tuo ego diventerà una ferita. In questo caso farà soffrire, creerà un complesso di inferiorità, e anche così creerà un problema. perché sai di essere un fallimento, sai di non farcela: questa è diventata l'idea fissa nella tua mente. Hai fallito in ogni situazione, e la meditazione è qualcosa di così vasto... non potrai mai farcela.

Quindi, se l'ego è grosso ti sarà di impedimento. E se è molto piccolo ti segnerà come una ferita, e sarà anche in questo caso un ostacolo. In ogni situazione umana l'ego è uno dei problemi da affrontare a priori. Nel ventre della madre ogni bambino è profondamente estatico. Certo, ne è inconsapevole, non ne sa nulla. E così unito alla sua beatitudine che non esiste nessuno in lui in grado di riconoscere quell'estasi.

La beatitudine è il suo essere, e non esiste distinzione alcuna tra colui che conosce e la cosa conosciuta. Ovviamente, il bambino non è consapevole di essere estatico. Si diventa consapevoli solo quando si perde qualcosa. È così; è difficilissimo conoscere qualcosa se non la si è perduta, perché quando non la si è persa, si è così partecipi che non esiste distanza: l'osservatore e la cosa osservata sono fusi l'uno nell'altra; la cosa conosciuta e colui che conosce sono un'unica entità.

Ogni bambino vive immerso in uno stato di beatitudine profonda, anche gli psicologi lo ammettono: sostengono che l'intera ricerca religiosa non è altro che un modo per ritrovare il ventre della madre. Usano quel fatto per criticare la religione, ma per me non è affatto una critica. È la semplice verità. Certo, la ricerca della religione è una ricerca del ventre. La ricerca della religione è una ricerca per rendere questa intera esistenza un ventre.

Il bambino è in profonda sintonia con la madre. Il bambino non è mai fuori fase con la madre: non sa di esserne separato. Se la madre è in salute, lo è anche lui; se la madre è malata, lo è anche lui. Se la madre è triste, lo è anche lui; se la madre è felice, lo è anche lui. Se la madre balla, il bambino balla; se la madre sta seduta in silenzio, il bambino è in silenzio. Il bambino non ha ancora limiti propri: questa è beatitudine allo stato puro, ma dev'essere perduta. Quando il bambino nasce, viene improvvisamente balzato fuori da questo equilibrio.

All'improvviso si trova sradicato dalla terra, dalla madre. Perde i suoi ormeggi senza però sapere chi egli sia. Quando era nel ventre della madre, non era necessario che lo sapesse. Non gli serviva: era ogni cosa, in quanto non esisteva distinzione alcuna. Non esisteva un "tu", per cui non si poneva il problema di un "io". La realtà era indivisa. Era advaita allo stato puro, pura non-dualità. Ma quando viene al mondo, il cordone ombelicale viene tagliato e il bambino inizia a respirare per conto proprio; all'improvviso tutto il suo essere diventa una ricerca per conoscere chi egli sia.

È naturale. Ora inizia ad acquistare coscienza dei propri confini, del suo corpo, dei suoi bisogni. A volte è felice, a volte è triste, a volte si sente appagato, a volte è insoddisfatto; a volte ha fame e piange, e non vede comparire la madre; altre volte è allattato al seno della madre, e di nuovo gode di quella intima unione. Ma ora sorgono in lui molti stati d'animo, e col tempo inizierà a percepire la separazione. È avvenuto un divorzio, quel matrimonio si è rotto. 

Egli era sposato in forma assoluta, con la madre; ora sarà sempre separato. E deve scoprire chi egli sia. Per tutta la vita, si continua a ricercare ciò che si è: è la ricerca fondamentale. Come prima cosa il bambino diventa consapevole del "mio", quindi di "me", poi di "te", e infine dell'"io". Si procede sempre così. È un processo ben preciso, segue sempre questo ordine. Come prima cosa, egli diventa consapevole del "mio". Osservalo, perché anche tu sei costruito così, il tuo ego è strutturato in questo modo. 

Come prima cosa il bambino diventa consapevole del "mio": questo giocattolo è mio, questa è mia madre. Inizia a possedere. Come prima cosa entra in gioco il possessore; la possessività è un elemento fondamentale. Per questo tutte le religioni invitano a diventare non-possessivi, perché con il possesso ha inizio l'inferno. Osserva un bambino: è molto geloso, è possessivo, tutti i bambini cercano di sottrarre tutto agli altri, e al tempo stesso proteggono i propri giocattoli. Inoltre, certi bambini sono violenti, assolutamente indifferenti ai bisogni altrui. 

Se un bambino sta giocando e ne arriva un altro, vedrai subito un Adolf Hitler, un Gengis Khan, un Nadir-Shah: si aggrapperà ai suoi giocattoli, sarà pronto a lottare, a scagliarsi sull'altro bambino. Sorge un problema di territorio, di dominio. Come prima cosa entra in gioco il possesso, questo è il veleno base. E il bambino inizia a dire: "Questo è mio". Una volta che il "mio" è entrato in gioco, si entra in competizione con chiunque. Una volta che il "mio" ha fatto la sua comparsa, la tua vita si trasforma in competizione, in lotta, in conflitto, in violenza, in aggressività. La fase successiva è "me". 

Quando hai qualcosa che puoi rivendicare come tuo, all'improvviso grazie a quella rivendicazione, sorge l'idea di essere il centro di quei possessi. I possessi diventano il tuo territorio, e attraverso quei possessi sorge una nuova idea: "mio". E quando ti assesti nel "me", riesci a vedere con chiarezza di avere dei confini, e quanti si trovano al di fuori di quei confini sono "tu", "l'altro": l'altro acquista evidenza, e a questo punto le cose iniziano ad andare in frantumi. L'universo è uno solo, è un'unità. Nulla è diviso. 

Ogni cosa è collegata a tutte le altre; si tratta di un'incredibile interrelazione. Tu sei collegato alla terra, sei collegato agli alberi, alle stelle; e le stelle sono collegate a te, agli alberi, ai fiumi, alle montagne. Ogni cosa è interconnessa. Nulla è separato, nulla può esserlo. Non può affatto esistere una separazione. Ad ogni istante respiri - inspiri, espiri - e in continuazione esiste un ponte che ti collega all'esistenza. Mangi, e l'esistenza entra in te; defecando, diventa concime: la mela sull'albero, domani entrerà a far parte del tuo corpo, e una parte del tuo corpo verrà espulsa come concime, e diventerà nutrimento per l'albero... è un processo continuo di “dare e prendere”. 

Non ci si arresta neppure per un istante. Quando il processo si ferma, sei morto. Cos'è la morte? Separazione. Essere uniti è vivere, essere fuori dall'unità significa essere morti. Per cui, più pensi: "Sono separato", meno sarai sensibile, più sarai morto, ti trascinerai, spento. E più ti senti collegato, più questa intera esistenza è parte di te e tu ne sei parte. Quando comprendi che noi siamo connessi gli uni agli altri, ecco che all'improvviso la visione cambia. 

In questo caso questi alberi non sono alieni, stanno continuamente preparando nutrimento per te. Quando inspiri, immetti ossigeno nel tuo organismo, quando espiri, espelli anidride carbonica; gli alberi inspirano anidride carbonica ed espirano ossigeno: esiste una continua comunione. Noi siamo in sintonia. La realtà è una unità, e con l'idea di "me", "te", usciamo dalla realtà. E quando in noi prende piede una concezione errata, l'intera visione della vita viene stravolta... "Me", e quindi "te", e alla fine sorge in quanto riflesso, l'"io". L'"io" è la forma di possessività più sottile e più cristallizzata. Una volta che si esprime l'"io", si è commesso un sacrilegio. 

Quando dici "io", ti stacchi radicalmente dall'esistenza, non è una rottura reale, altrimenti moriresti; ma nelle tue idee tu sei completamente staccato dalla realtà. D'ora in poi vivrai lottando in continuazione con la realtà. Lotterai contro le tue stesse radici. Lotterai contro te stesso. Ecco perché Buddha dice: «Lasciati andare alla deriva». Puoi farlo solo se abbandoni l'idea dell'"io", altrimenti non ce la farai. La lotta persisterà. Ecco perché diventa tanto difficile il primo passo nella meditazione. Se vi dico di stare semplicemente seduti in silenzio, non potrete mai farlo; ed è una cosa semplicissima. 

Tutti pensano che sia la cosa più semplice; non dovrebbe essere necessario insegnarlo. Dovrebbe essere sufficiente sedersi, per essere in silenzio. Ma non lo puoi fare, perché l'"io" non può concederti neppure un solo istante di rilassamento. Se ti concedesse un momento di rilassamento, riusciresti a vedere la realtà. E quando si arriva a conoscere la realtà, si dovrà lasciar cadere l'"io". In quel caso non può durare. Per cui, l'"io" non ti concede mai un attimo di vacanza. Anche se vai sulle colline, in vacanza, neppure là l'"io" ti permette un istante di riposo. 

Prendi con te la radio, la TV, porti con te tutti i tuoi problemi e ti tieni occupato. Sei andato fin là per rilassarti, ma persisti nel tuo comportamento senza cambiare nulla, non ti rilassi. L'"io" non si può rilassare. Esiste attraverso la tensione. Produrrà tensioni nuove, nuove preoccupazioni; non smetterà mai di produrre nuovi problemi, non ti concederà riposo alcuno. Basta un solo minuto di riposo e l'intera costruzione fondata sull'"io" inizierà ad andare in pezzi, perché la realtà è così bella rispetto alle brutture dell'"io". 

Si lotta in continuazione, inutilmente. Lotti per cose che accadrebbero comunque naturalmente. Lotti inutilmente. Desideri cose che sarebbero tue, se non le desiderassi. Di fatto, desiderandole le perdi. Ecco perché Buddha dice: «Scorri con la corrente. Lascia che ti conduca all'oceano.» "Mio", "me", "tu", "io": questa è la trappola. E questa trappola crea infelicità, nevrosi, pazzia. E questo è il problema: il bambino deve attraversare questo processo, perché non sa chi egli sia e ha bisogno di una identità, forse falsa, ma di certo migliore di un'assoluta mancanza di identità. 

Ha bisogno di una identità: deve sapere con esattezza chi egli sia, per cui si crea un falso centro. L'"io" non è il tuo centro reale. E un falso centro: utile, fatto per crederci, prodotto da te, ma non ha nulla a che vedere con il tuo vero centro. Il tuo centro reale è il centro di ogni cosa. Il tuo vero Sé, è il Sé di ogni cosa. Al centro, l'intera esistenza è unità: così come là dove nasce la luce, il sole, tutti i raggi sono uniti. Più ti allontani, più quei raggi si allontanano l'uno dall'altro. Il tuo centro reale non è solo il tuo centro, è il centro del Tutto. Ma noi abbiamo creato piccoli centri privati, fatti in casa, manufatti da noi. 

Ne esisteva la necessità, in quanto il bambino nasce senza confine alcuno, senza la minima idea di chi egli sia: è una necessità dettata dal bisogno di sopravvivere. Come potrebbe, altrimenti? Gli si deve dare un nome, un'idea di chi egli sia. Certo, questa idea viene dall'esterno: qualcuno ti dice che sei bello, altri che sei intelligente, altri che sei vivace. E tu collezioni ciò che la gente dice. E da tutte quelle frasi raccogli un'immagine di te. Non guardi mai dentro di te, non guardi mai chi sei. Questa immagine sarà falsa, perché nessuno potrà mai sapere chi sei, e nessun altro potrà mai dire chi sei. 

La tua realtà interiore non è disponibile ad altri che non sia te stesso. La tua realtà interiore è impenetrabile ad altri che non sia te stesso. Solo tu puoi essere nel tuo centro. Il giorno in cui scopri che la tua identità è falsa, raccogliticcia, frutto di opinioni altrui e da te collezionate... una volta, pensaci: siedi in silenzio e pensa a chi sei. Sorgeranno molte idee. Continua a osservare da dove spuntano e ne scoprirai la fonte. Qualcosa proviene da tua madre, e sono la maggior parte, l'ottanta se non il novanta per cento. Qualcosa proviene da tuo padre, qualcosa dai tuoi insegnanti, qualcosa dai tuoi amici, qualcosa dalla società.

Limitati a guardare: riuscirai a suddividere le varie fonti. Nulla è frutto del tuo sentire, neppure l'uno per cento. Che identità è mai questa, se tu non hai dato il benché minimo contributo? E tu sei il solo che avrebbe dovuto dare forma a tutta la tua personalità. Il giorno in cui scopri questo, la religione acquista importanza. Il giorno in cui scopri tutto questo, inizi a cercare una tecnica, un metodo che ti aiuti a entrare nel tuo essere; a conoscere con esattezza, nella realtà, dal punto di vista esistenziale, chi sei.

Non ti accontenti più di una collezione di immagini prese dall'esterno, non vuoi più che gli altri riflettano la tua realtà: vuoi affrontarla direttamente, nella sua immediatezza; vuoi entrare nella tua natura, e sentire da lì. Perché chiedere a qualcun altro? E a chi potresti chiederlo? Gli altri sono ignoranti per ciò che concerne loro stessi, quanto lo sei tu di te stesso. Non si conoscono: come potrebbero conoscere te? Guarda come vanno le cose, come continuano a funzionare, come succedono: una cosa falsa conduce a un'altra. 

Tu sei praticamente raggirato, ti lasci imbrogliare. Sei preso in giro da persone che possono non averlo fatto consapevolmente. A loro volta possono essere stati presi in giro da altri. Tuo padre, tua madre, i tuoi insegnanti, possono essere stati frodati da altri: i loro padri, le loro madri, i loro insegnanti. E a loro volta hanno raggirato te: farai la stessa cosa con i tuoi figli? In un mondo migliore, dove la gente sarà più intelligente, più consapevole, si insegnerà ai bambini l'idea che questa identità è falsa: «È necessaria, noi te la diamo, ma solo per un periodo di tempo provvisorio, in attesa che tu, in prima persona, scopra chi sei.» 

Non sarà la tua realtà. E prima scoprirai chi sei, meglio sarà. Prima potrai mettere da parte questa idea, meglio sarà, perché da quel momento soltanto sarai realmente nato, e sarai realmente vero, autentico. Diventerai un individuo. Le idee che raccogliamo dagli altri ci forniscono una personalità, e ciò che arriviamo a sapere dall'interno ci fornisce una individualità. La personalità è falsa, l'individualità è reale. La personalità è acquisita, imprestata; la realtà, l'individualità è autentica, nessuno te la potrà mai dare. 

Nessuno potrà mai dire chi sei. Per lo meno una cosa nessun altro potrà mai darti: la risposta all'interrogativo: «Chi sono?». Tu dovrai scendere, scavare nelle profondità del tuo essere. Strati su strati di identità, di identità false, devono essere rotti. E quando si entra dentro di sé c'è paura, perché sopraggiunge il caos. In qualche modo con la tua falsa identità te la sei cavata. 

Ti sei adattato. Sai che ti chiami così o cosà; hai delle credenziali, dei diplomi, delle lauree, attestati universitari, dottorati, hai prestigio, denaro, una tradizione. Hai modi particolari per definirti. E possiedi un'idea, per quanto possa funzionare, ma funziona. Entrare dentro di te, significa mettere da parte questa definizione utile... sorgerà il caos. Prima di arrivare al tuo centro, dovrai superare una fase molto caotica. Ecco perché si ha paura. 

Nessuno vuole entrare dentro di sé. La gente continua a insegnare: “Conosci te stesso”; noi li ascoltiamo, senza mai sentirli. Non ci facciamo mai caso. Si intuisce che lasciando libero il caos ci si perderà in esso, se ne resterà invischiati. E a causa della paura di quel caos, continuiamo ad aggrapparci a tutto ciò che esiste all'esterno. Ma in questo modo sprechiamo la nostra vita. (Osho B. Rajneesh, La meditazione prima e ultima libertà, Mediterranee ed.)

mercoledì 24 maggio 2017

Giustificazioni



“Ormai nessuno ha più tempo per nulla.
Neppure di meravigliarsi, inorridirsi,
commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi.
Le scuse per non fermarci a chiedere
se questo correre ci rende felici sono migliaia,
e se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.”
(Tiziano Terzani)

È evidente che la crisi, che attualmente il mondo sta attraversando, e eccezionale, e senza precedenti. Ci sono state crisi di vario genere in diversi periodi storici, crisi sociali, politiche, nazionali. Le crisi vanno e vengono; le recessioni economiche, i periodi di depressione sopraggiungono, subiscono dei mutamenti e continuano sotto altra forma.

Lo sappiamo bene, queste cose ci sono familiari. Ma certamente la crisi attuale è qualcosa di diverso. È diversa prima di tutto perché non ha a che fare con cose tangibili, oltre il denaro, ma riguarda le idee. È una crisi eccezionale perché ha a che fare con la mente. Servendoci delle idee, pianifichiamo i delitti.

Ovunque nel mondo giustifichiamo il “me”, l’io, come mezzo per raggiungere un obiettivo che riteniamo legittimo. Una cosa simile non ha precedenti. Un tempo il male veniva riconosciuto per quello che era, ed un delitto era un delitto; ma ora lo si considera un mezzo per raggiungere un nobile risultato.

Che sia una sola persona o un gruppo di persone a commetterlo, per giustificarlo basta dire che serve a raggiungere obiettivi che porteranno dei benefici all’umanità. Ma questo significa che sacrifichiamo il presente al futuro: non importa se vengono impiegati mezzi deleteri, quando lo scopo dichiarato e di produrre un risultato che si ritenga benefico per l’umanità.

Questo implica la convinzione che, usando mezzi sbagliati, si possano ottenere giusti risultati; così abbiamo bisogno di un processo mentale per giustificare l’uso di mezzi sbagliati. Abbiamo costruito una imponente struttura di idee per giustificare il male, e sicuramente questo non ha precedenti. Il male è male, non può produrre il bene. La guerra non è un mezzo per ottenere la pace...

Abbiamo bisogno di ubriacarci per sapere che cos’è la sobrietà? Abbiamo bisogno di odiare per sapere che cos’è la compassione? Dovete fare la guerra, dovete distruggervi la vita per sapere che cos’è la pace? È evidente che il nostro modo di pensare non ha alcun senso: voi date per scontato che sia un’evoluzione, una crescita, un passare dal male al bene, e vi abituate a pensare secondo questo schema.

Certo, fisicamente esiste una crescita, una piantina diventerà un grande albero. Esiste il progresso tecnologico: Il progresso della tecnologia è andato avanti per secoli, consentendoci di passare dalla ruota all’aereo a reazione. Ma esiste un progresso psicologico, un’evoluzione psicologica?

Ci stiamo chiedendo se esiste una crescita, un’evoluzione del “me”, che partendo dal male consenta di arrivare al bene. Mediante un processo evolutivo che avviene nel tempo, il “me” che è il centro del male, può diventare buono e nobile? Evidentemente no. Quella struttura psicologica che è il “me”, che è il male, rimarrà sempre qualcosa di cattivo. Ma noi non vogliamo rendercene conto.

E crediamo che, col tempo, possa avvenire un cambiamento, una crescita che consenta all’io di realizzarsi. La nostra speranza, il nostro desiderio è che l’io, col passare del tempo, diventi perfetto. Ma che cos’è l’io, che cos’è il me? È un nome, una forma, un cumulo di ricordi, di speranze, di frustrazioni, di desideri, di sofferenze, di tormenti, di gioie passeggere.

Vogliamo che il “me” continui ad esistere finché diverrà perfetto; così diciamo che al di là del “me” c’è un “me superiore”, un Sé superiore, un’entità spirituale che è eterna. Ma siccome questa entità “spirituale” è frutto del nostro pensiero, rimarrà sempre confinata nel tempo. Dal momento che la pensiamo, è il prodotto della nostra mente. (Jiddu Krishnamurti, Il libro della vita, Astrolabio ed.)