venerdì 29 ottobre 2010

Una discriminazione spirituale


“Ciò che è destinato a fare luce, deve bruciare!”

(Victor Frankl)



Un discepolo andò dal maestro zen Bankei, e gli disse:”Maestro, sono completamente schiavo della mia collera. Come posso guarire?” Il maestro rispose: “Mostrami questa collera, così che io possa esaminarla.” Il discepolo spiegò:”Non posso farlo. Lei adesso non c’è, ma anche quando arriva, non so mai per quanto tempo resta. Non saprei come mostrarla; essa giunge e parte senza che io possa dominarla infatti non posso trattenerla.” A quelle parole Bankei disse: “Se una cosa non viene governata è segno che essa non ti appartiene.

Questa collera di cui dici non fa parte della tua natura, essa non ti è stata donata dalla nascita, perciò non è una tua prerogativa. Ciò che non viene all’interno giunge dall’esterno, perciò essa va estirpata essendoti estranea. Il mio consiglio è che, quando la collera giunge tu afferra un bastone e colpisciti con violenza finché lei, non sapendo sopportare tanto dolore, sia costretta a fuggire per non tornare più.”

Questa storia zen contiene alcuni utili orientamenti per la nostra discriminazione. Per chi cerca la verità è utile sapere che le cose che sono nostre non ci possono essere tolte, infatti le nostre prerogative naturali sono destinate ad emergere sebbene la famiglia, la società, e gli usi di buona creanza ci spingano a reprimere le nostre tendenze. Noi facciamo una limitazione di noi per non dover affrontare l’infelicità, ma otteniamo in cambio una vita che non si celebra, poiché non ci nutre di tutto ciò che ci piace, perciò impariamo a vivere senza la gioia di vivere.

La manifestazione dell’energia conosce due movimenti, di cui uno che va verso l’esterno e uno che viene rivolto al nostro interno. La nostra cultura insegna le forme repressive e limitative del carattere perché esse rendono l’uomo passivo e ottuso, perciò più controllabile come uno schiavo che è prevedibile non essendo libero di fare ciò che vuole. Ma ciò che è nostro resta vivo nel nucleo profondo, in cui restiamo sempre immutabili in ciò che siamo: le nostre qualità e le nostre prerogative non scompaiono perché sono il nostro essere, siamo noi stessi.

In tutti vi è una dimensione in cui siamo eterni, poiché qui abbiamo le caratteristiche che non muoiono e che non nascono, e che sono nostre da sempre. Tutto ciò che crediamo di essere è una finzione, è un inganno: ciò che noi facciamo e pensiamo ci è stato programmato dall’educazione, perciò ricordare cosa siamo significa saper discernere ciò che resta invariabile nella nostra essenzialità più profonda. E’ molto raro che un essere umano mostri la sua vera natura, poiché l’uomo è abituato a dissimulare, perciò accettare di conoscersi per rischiare non è facile.

Il problema vero è il punto di vista da cui osserviamo, poiché la consapevolezza va correttamente orientata, infatti noi dobbiamo stare al centro del nostro nucleo più profondo per vedere meglio: se l’uomo viene visto come un cerchio, è evidente che il punto di equidistanza dell’essere è il centro della circonferenza. Nella parte periferica del cerchio vi è la zona di confine con il mondo, perciò vi giungono tante interferenze mentre, al centro, abbiamo la calma e la quiete per contemplare il paesaggio.

I nostri movimenti energetici si basano su forze che possono venire rivolte all’interno oppure all’esterno, perciò noi possiamo reprimere oppure manifestare le nostre tendenze fondamentali. La differenza tra i due movimenti è che la repressione causa una forzata compressione di forze vitali che vengono spinte sempre più in fondo all’inconscio diventando così delle forze negative che inquinano la persona e la sua vita.

Le persone reprimono e trattengono tutto quello con cui vengono in contatto senza discernere ciò che fa parte di loro e che va conservato discriminando ciò che è estraneo, perciò va assolutamente eliminato. Noi non sappiamo fare la selezione della parte migliore eliminando le negatività che giungono, infatti ingurgitiamo tutto nell'accumulo che avvelena l’organismo con malattie fisiche, mentali e spirituali da cui il mondo deve risanarsi, ma il lavoro di trasformazione non viene affrontato se l‘uomo non vi è obbligato.

Nei monasteri zen, quando un discepolo veniva colpito dal maestro con il bastone si alzava a ringraziare facendo sette inchini, perché il bastone del maestro offriva la sua considerazione all‘allievo. Venire colpiti equivaleva alla dichiarazione che quel discepolo poteva migliorare molto di più, perciò il maestro gli applicava la tecnica del dolore per stimolare il suo veloce miglioramento: nel colpire egli dimostrava la sua amorosa sollecitudine. Le persone tendono a fare dei miglioramenti superficiali perché il lavoro profondo si compie con il pungolo del dolore, perciò nessuno vuole essere cambiato a colpi di bastone.

Comunemente le persone sono superficiali perciò fingono di essere cambiate, ma il loro lavoro è fittizio perché la modifica del carattere è dura quindi si lavora sulla parte visibile millantando una bonifica che è giunta in profondità. Tale profondità è inesistente perché si resta intimamente sempre gli stessi nelle trasformazioni degli infingardi che fingono di essere i migliori. Questi sono i comportamenti di coloro che amano mentire agli altri e che si arrogano delle bonifiche che ripuliscono solo la superficie occultando tutto il resto, perché l’importante è apparire giusti!

Le bonifiche devono eliminare la tossicità che si accumula nell’animo come il frutto delle nostre imperfezioni e dei depositi emozionali degli altri. Avviene che l’uomo mangia in senso fisico, mentale e spirituale perciò deve smaltire il detrito di quel pasto se non vuole essere inquinato e ucciso dalle sue scorie. Molti non fanno lavori profondi, e non vogliono essere toccati da ciò che sorge dalla loro intimità, perciò lottano strenuamente contro la loro natura: essi reprimono le loro tendenze diventando infelici o folli.

Non ci stupisce se molti dicono che non possono cambiare perché il loro carattere non è forte ma, in realtà, questo è l’alibi dell’uomo cantastorie che si assolvere e si consola usando tutti gli alibi per non fare nulla, pur restando innocente dell‘omissione forzata. Trasformarsi non è facile ma il carattere è l’alibi, in quanto non serve alcuna forza, per cambiare è necessario solo il coraggio.

Buona erranza
Sharatan


mercoledì 27 ottobre 2010

Le identità delle incertezze


"Io sono un viandante, diceva Zarathustra al suo cuore.
Infine non si vive se non con se stessi."

(F. Nietzsche)

Zygmunt Bauman in “La società dell’incertezza” descrive con lucidità quelle che sono le caratteristiche sociali che rendono tanto opprimente il clima della società moderna. Noi siamo inquieti, poiché vediamo che il mondo reale e quello futuro non sono collegati alla nostra capacità di decisione e di controllo, perciò viviamo in un clima di “assedio della paura.”

A livello mondiale vediamo che uno dei fattori in gioco è l’evidenza che il mondo è privo di strutture e di logiche visibili e, conseguentemente, sono mancanti anche delle adeguate strategie politiche. I blocchi di potere, sebbene abbiano sempre dominato il mondo ora ci spaventano poiché, le azioni che essi compiono non posseggono coerenza e aumentano le nostre condizioni d’incertezza.

Non esistono più i paesi del terzo mondo perché esistono circa 10 paesi che si contendono il controllo del mercato mondiale mentre, gli altri popoli sono sotto il livello di minima sopravvivenza. Il concetto di “imbarbarimento derivato” è contenuto nell’immagine di una metropoli moderna che è assai ristretta e che si oppone alla periferia sterminata e miserabile che è costituita dal resto del mondo.

Una “deregulation” mondiale avviene anche a livello morale infatti, nella competizione del libero mercato, un’assoluta priorità è concessa all’irrazionalità umana e alla cecità morale, poiché esse sono funzionali alla mancanza di regole del mercato e alla sua competizione ottusa e sfrenata. L’impunità viene garantita a colui che gode della protezione del potere e del denaro, sebbene questo limiti le altrui libertà e le altre virtù: nel corso degli ultimi anni vi è stato un progressivo smantellamento di tutte le reti sociali che venivano sostenute dalle risorse collettive, e nessun valore è concesso a istanze che non siano economiche.

In tutte le situazioni vediamo che, nel mondo esiste una grande diseguaglianza tra i continenti, tra le nazioni e all’interno degli stati, quindi vi sono enormi ingiustizie nella distribuzione delle risorse economiche. Nel mondo di ieri vi era una fiduciosa aspettativa nella possibilità di costruire un futuro che si poteva decidere e rendere felice, ma questa sensazione di autoregolamentazione oggi sembra svanita: oggi sono in aumento le masse di diseredati umiliati da condizioni di povertà opprimente.

Questa è una sensazione penosa, poiché la massa dei nuovi poveri che si è creata è costituita da persone che, precedentemente, non avevano problemi nel godere della libertà di consumo: oggi molti sentono che nessuno possiede una condizione sufficientemente sicura non poter essere sconvolta in poche ore. Oggi nessuno vive sentendo che la sua casa è stata costruita su una roccia incrollabile: tra i diritti umani sta scomparendo il diritto al lavoro a cui segue la decadenza del diritto alla casa e alla salute.

Nessuna abilità o nessuna qualità ci mette al sicuro, quindi sono crollati anche tutti i diritti ai meriti che venivano acquisiti esercitando con perizia e con coscienza il proprio lavoro: con questi valori crollano anche tutti i diritti alle dignità personale con un disastro che può avvenire in modo brusco, e senza diritto di preavviso. Ogni rete di protezione, i rapporti interpersonali e quelle che Bauman chiama le “trincee di seconda linea,” cioè i rapporti familiari e quelli parentali, tutti i rapporti di buon vicinato sono stati smantellati o fortemente indeboliti: l'uomo è sempre più solo e isolato nelle relazioni.

Queste trincee protettive erano i luoghi in cui cercavamo il conforto alle fatiche delle dure lotte per la vita e alle angosce che la vita può riservare ad ognuno come l’insuccesso, il lutto e la malattia: di questa demolizione è responsabile il consumismo che si è esteso a tutti i rapporti e alle relazioni interpersonali, infatti noi vediamo nell’Altro un mezzo potenziale per ottenere delle gradevoli esperienze in quanto anche l'Altro è un oggetto da consumare voracemente.

Nella velocità moderna non possiamo coltivare legami che siano duraturi, perciò nelle relazioni non possiamo rivendicare dei diritti di solidarietà, e neppure l’obbligazione di ricambiare ciò che non si è mai ottenuto. Lo stesso messaggio che i media diffondono è quello del più totale disimpegno, e ciò che si diffonde maggiormente è una immagine sciocca e futile del mondo, in cui tutto resta indeterminato, poiché tutto è possibile e tutto è permesso.

Se il mondo è inconsistente tutto può accadere, perciò tutto deve essere consumato, e nessuna traccia deve essere conservata nella memoria, perciò l’individuo assume mille facce sociali, egli cambia continuamente le sue maschere, e consuma i legami in incontri veloci che fanno divenire la vita un susseguirsi di fotogrammi, infatti viviamo nelle immagini veloci e negli episodi leggeri che si disperdono senza lasciare traccia.

Nel mondo moderno non esistono i progetti con cui gli uomini antichi tentavano di costruire le trame e i tessuti delle loro esistenze, perciò oggi non esistono neppure quei tenaci obiettivi su cui, nell’antichità si fondavano le esistenze personali. L’uomo delle incertezze è un individuo che possiede una identità a palinsesto, in cui i suoi vari aspetti vivono ognuno in funzione di se stesso senza essere integrati in un insieme coerente e fornito di senso.

Una buona identità si costruisce con pazienza e con gradualità come si costruisce un buon edificio, perciò ogni cura si mette nelle strutture portanti, e poi si arricchisce l’abitazione con la nostra migliore applicazione di gusto e con tutto l'amore che possiamo usare: della nostra identità noi siamo i nostri costruttori.

L’identità che il mondo dell’incertezza stimola nell’uomo è quella dell’assenza del ricordo in quanto, dimenticare ciò che non ci piace è la base del benessere in un mondo oberato dall’ingiustizia perciò, la velocità con cui sappiamo cancellare e resettare tutto il nostro sistema dimostra la nostra capacità di adattamento per la sopravvivenza.

Queste sono le incertezze moderne e sono alcune ragioni per cui viviamo infelici ed autolimitati malgrado tutti i progressi e gli accrescimenti della conoscenza infatti, l’uomo antico si costruiva delle identità e delle vite personali che avevano una loro coerenza ed un loro senso, mentre noi abbiamo dimnticato come si deve fare per essere come loro. Il mondo in cui viviamo e il significato della nostra vita sono in una zona di confine tra ciò che è vero e quello che è solo simulazione, noi siamo tra ciò che è verità e ciò che è commedia perché tutto è sensazione senza sostanza: tutto ciò non ci fornisce sufficiente sostanza ed essenza per nutrire la vita.

Oggi cresce sempre più il caos e sfuma ogni confine tra ciò che è ordine e ciò che è disordine, e in ogni dove sfumano le differenze tra quello che è normalmente accettabile e ciò che non dovremmo mai accettare: l’identità dell’uomo attuale ha delle fondamenta fragili, instabili e volubili perché la nostra identità non è fornita dalle strutture del mondo. In realtà l’identità viene costruita e poi ricostruita in modo diverso e continuamente, perciò la personalità umana non possiede una durata e una stabilità definite.

Tutto ciò forma delle persone fragili, nervose, irritabili e pericolose, perciò la modernità crea delle personalità snervanti e fastidiose per la convivenza umana e, tutto ciò si accresce se abbiamo elementi “stranieri” ed estranei, infatti essi rendono le zone di confine ancora più confuse alle insicure identità moderne. Tutti vogliono una identità sociale sicura e legittima da vivere in uno spazio personale in cui si può progettare una vita che abbia solo una parte minima di interferenze.

Tutti vogliono una base di certezze in cui le regole non si ribaltano all’improvviso e senza motivo, infatti vogliono agire ragionevolmente e vogliono la speranza di un futuro migliore. Nei tempi delle incertezze si vive il dilemma in merito alla identità personale, questo diventa un problema ed è il motivo per cui vediamo degli uomini e delle donne che vanno alla deriva soffrendo di carenze energetiche che gli impediscono di costruirsi come persone affidabili e costruttive.

Con una adeguata conoscenza e con la cura con cui diventiamo i costruttori di noi stessi, noi possiamo costruirci una identità che diventa un’ancora che ci aiuta a mantenerci nei pressi della terraferma quando attracchiamo al porto. Nei tempi in cui nulla sembra sicuro non possiamo trascurare questo obiettivo primario per l’individuo che vuole discendere il corso della sua vita navigando sulle acque di quel fiume restando saldamente fondato e resistente, perciò sicuro almeno in sé stesso.

Buona erranza
Sharatan

sabato 23 ottobre 2010

Nell’armonia dei mondi


“Secondo gli indotti l’anima è nel corpo,
ma secondo i sapienti, con più verità,
il corpo è nell’anima.”

(Meister Eckhart)


Secondo Yogananda ogni giorno noi dovremmo risvegliarci rendendo grazie perché possiamo vedere la luce del sole, dovremmo ringraziare perché possiamo godere di tutte le cose che abbiamo, cioè del fatto che siamo vivi, del fatto che possiamo avere un letto e una casa confortevole in quanto possiamo avere il necessario per vivere, e perché abbiamo delle persone che ci amano. Tutte queste cose dovrebbero dimostrare l’armonia che il Dio della luce ha infuso nella nostra vita, affinché essa diventi l’armonia del suo amore.

Noi dovremmo pregare Dio affinché ci conceda dei beni che non finiscono, e che non possano svanire come la neve al sole ma, dovremmo pregare per avere dei beni eterni e una ricchezza più grande di tutti i beni materiali. Cosa c’è di più seducente di una vita intensa e gioiosa in cui si gode di un’armonia che rafforza ancor più la nostra voglia di vivere? E’ solo nella disarmonia di una vita che non si riesce ad apprezzare e che non si celebra, poiché ci lascia insoddisfatti, che l’uomo conosce la sua maggiore infelicità.

Non tutti gli uomini riescono a vedere il mondo alla stessa maniera, infatti c’è chi vede il mondo usando degli occhi che colgono la bellezza e la poesia in tutto ciò che è stato creato, poi ci sono coloro che vedono il mondo come un’arena, e come un campo di battaglia in cui si lotta, si fa violenza, si sfrutta e si uccide. Nel mondo di ogni persona può esserci bellezza e poesia, oppure la lotta e il conflitto ma, il mondo è lo stesso, quindi sono i nostri condizionamenti che ne modificano la percezione.

Tuttavia, sia pure nelle medesime circostanze, ognuno vede il mondo alla sua maniera e, in questo contesto, l’essere umano vive in due mondi, poiché in ogni uomo vi è un mondo esterno e un mondo interiore. Il mondo esterno è quello in cui viviamo, e in cui si svolge la nostra esistenza materiale ma, è il mondo interiore quello da cui ha origine la nostra felicità oppure la nostra infelicità. Nel disegno divino questi due mondi devono essere in armonia, e questa caratteristica è innata nell’ordine delle cose, infatti i due mondi vanno sincronizzati affinché lavorino insieme.

Se tra i due mondi vi sono delle disarmonie è perché si chi fa un cattivo uso del meccanismo della sincronia che regola tutti i mondi in cui vive l’essere umano. Gli uomini sono limitati in quanto presumono che le proprie percezioni siano reali, perciò nel valutare le cose essi credono che vi siano delle disarmonie nell’ordine del mondo invece, tale difetto è dentro coloro che non sanno vedere consapevolmente la realtà.

Solo colui che può vedere, colui che può udire, solo colui che possiede la discriminazione che può penetrare il velo dell'apparenza, solo questi sa contemplare l’intima armonia che vi è nell'ordine che non sappiamo cogliere nel mondo. Chi ha un cuore aperto possiede la sensibilità adeguata per percepire l'armonia divina che è sottintesa nell’universo infatti, secondo Yogananda, sono gli occhi inesperti, gli occhi impreparati, e le menti desincronizzate dalla Mente divina che non sanno andare oltre la lotta che vediamo nel mondo per comprendere il significato profondo, che si nasconde in ciò che valutiamo come disarmonie.

Per comprendere l’ordinamento che riunisce i due mondi umani è necessario l’uso dell’intuizione, in quanto le cose sono assai diverse da come appaiono: se noi guardiamo le cose in senso unilaterale non possiamo vederle bene, perché conosciamo in modo parziale, e ci fissiamo su dei particolari che costituiscono le singole tessere di un mosaico di cui non si conoscono i contorni. Nessuna nota, neppure la più raffinata, sa risuonare bene se non viene inserita in tutta la sinfonia, e non s'incastra perfettamente nello spartito musicale di cui fa parte.

Tutto è stato fuso in un ritmo universale, e poterlo contemplare è un dono divino infatti, nella Bhagavad Gita, il dio Krisna lo concede ad Arjuna che si rifiutava al suo dovere di ksatriya, cioè di guerriero, perciò si rende necessario che il dio infonda il potere di percepire la trama dell’unità universale che si cela dietro le apparenze multiformi. Come è giusto che gli animali diurni vivano nel giorno, così è altrettanto giusto che ci siano degli esseri che prediligono la notte: così avviene che, vi sono coloro che sanno percepire l’armonia della loro anima, perciò essi conoscono anche l’armonia del mondo.

Similmente avviene che vi è colui che non conosce l’armonia interiore, perciò egli non può sentire nè diffondere alcun'armonia nel mondo esteriore infatti, colui che possiede una mente caotica diffonde solo disarmonia e caos intorno a sé: chi non gode della pace interiore non può donare quello che non possiede. Dicono che tutto ciò avviene in quanto, è il tipo di energia che noi abbiamo accumulata che viene proiettata intorno: è questo il motivo per cui una presenza può pacificare oppure può disturbare tutto il nostro mondo.

Spesso l’uomo è irrequieto perchè la sua mente non possiede la quiete necessaria per comprendere se sta inseguendo dei miraggi, oppure se persegue ciò di cui ha bisogno per essere felice. Nella vita è necessario essere centrati al nostro interno per ascoltare la fonte della nostra vera natura: qui il pensiero intuitivo emerge per armonizzare i pensieri caotici all’asse dei nostri autentici desideri: è qui che sgorga la nostra autentica volontà.

Dicono che i veri maestri spirituali sanno calamitare l’anima dei discepoli per elevarla diffondendo una pace beata in cui essi restavano sospesi, e che da tale viaggio dentro l'aura divina, si ritornava profondamente trasformati: questa è la sensazione della carne che viene elevata dallo spirito divino. Quando la nostra incarnazione sarà vissuta pienamente sapremo fondere l'anima allo spirito tramite la centratura del corpo che, nel fondersi nell'anima si eleva per ospitare lo Spirito divino.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 21 ottobre 2010

L’incarnazione


“Il percorso spirituale consiste nel nascere, nascere senza sosta, nell’incarnarsi completamente, nel coincidere con la vita fino a che il mondo diviene la palpitazione della propria esistenza.

La cosa più difficile è scendere nel mondo, accettare finalmente la nostra incarnazione. Siamo fuggiti per troppo tempo, ed è sempre la nostra nascita che rifuggiamo.

Continuando a rifiutare di nascere e di morire in ogni istante, rifiutando l’incarnazione, lasciamo libero corso ad una sofferenza che non può essere affrontata altro che sul proprio terreno.

La “realizzazione” - o la perfezione spirituale - si compie nella materia. Si tratta molto di più di una discesa che di una salita.

Si può santificare il mondo solo abitandolo totalmente, fino ai più reconditi pertugi del corpo, della materia, della sofferenza.

Per la grande opera di trasformazione, niente è troppo vile o è troppo basso.

La presa di contatto con l’oscuro, la materia, la sofferenza è la “prima nobile verità” del Buddha. I cristiani hanno scelto per emblema il corpo di un Dio morto torturato.

L’incarnazione significa che siamo divini fin dall’origine,
e la resurrezione significa che ci risvegliamo a questa divinità.

Ma, fra le due… questo incendio.”


[Pierre Lévy - Il fuoco liberatore, Sassella, 2006 p.103-104]



sabato 16 ottobre 2010

Il raffinamento dei tre poteri


"Tieni presente che qui il lavoro non è fine a se stesso,
ma è solo un mezzo."

(Georges Ivanovic Gurdjeff)

Secondo Gurdjeff, ogni animale lavora in base alla sua struttura, e in base alla sua costituzione, perciò ognuno evolve in base alla sua natura. Tra coloro che lavorano al loro raffinamento e alla loro evoluzione, non tutti riescono allo stesso modo, poiché la differenza tra le persone non è sulla quantità ma sulla qualità del lavoro che essa compie. Ad esempio, un verme lavora al livello di un animale con reazioni meccaniche, per cui da un verme non possiamo aspettarci altro che questo, poiché ha solo un cervello di tipo meccanico.

Vi sono animali che vivono e che reagiscono solo agli stimoli delle emozioni, poiché questa è la loro natura, in base alla quale si vive facendo una reazione agli stimoli che attivano emozioni. Vi sono anche animali che reagiscono in base alle stimolazioni intellettive, e non possiamo farci nulla, perché questi animali hanno solo due cervelli: la qualità del nostro lavoro dipende dal tipo di cervello che la sovraintende.

Secondo Gurdjeff esistono animali con un solo cervello, altri con due, ma solo l’uomo è dotato di tre cervelli, per questo all’uomo che vuole raffinare se stesso si richiede un lavoro intenso e faticoso, e al limite delle sue capacità. Il lavoro umano ha valore solo se l’uomo possiede l’audacia di spingersi fino a tali limiti della sua natura strutturale, poiché le capacità umane possono avere il supporto del pensiero e del sentimento, cioè di prerogative che non sono presenti in alcuna altra specie animale.

Nel lavoro umano vi è la necessità di attivare un funzionamento che vede in azione tutti e tre i tipi di cervello, infatti dobbiamo avere sia delle reazioni meccaniche, che delle reazioni emotive, ma dobbiamo avere anche il vantaggio di una discriminazione mentale della realtà. Effettivamente è una concezione assai facile da comprendere, ma è assai più difficile da applicare a livello integrato tramite i nostri tre centri percettivi: tutto ciò è normale.

Se accettiamo questo tipo di struttura della natura umana possiamo comprendere perché nel mondo vi sono degli esseri che non hanno il livello umano, infatti questi non funzionano con tutti e tre i cervelli umani. E’ assai difficile lavorare da uomini, avverte Gurdjeff, però esiste la possibilità d’imparare a farlo, perché “chi lavora in modo corretto lavora anche meglio.” Colui che lavora da uomo vive con la partecipazione del sentimento e del pensiero in tutto ciò che fa, infatti quello che noi facciamo oggi non è uguale a quello che facevamo ieri, in quanto nulla è mai uguale a se stesso nell’essere umano.

L’uomo ha tre tipi di potere, ognuno con la sua natura indipendente, ognuno con le sue leggi, e ognuno con la sua costituzione: ma tutti e tre i poteri hanno la medesima origine. Il primo potere è quello fisico, in cui la qualità e la quantità della performance sono dipendenti dalla struttura della macchina umana. Il secondo è il potere psichico, in cui è inserita la funzione della volontà umana, e che dipende dal centro intellettivo umano, e dalla qualità e dalla ricchezza di materiale che vi è contenuto.

Il terzo potere è quello morale che si acquisisce tramite l’educazione ricevuta, e dall’impronta dei caratteri ereditari che possediamo, e che provengono dalla nostra eredità atavica. Il potere fisico e quello psichico si formano con facilità, e altrettanto facilmente possono essere modificati se lo vogliamo, invece il potere morale si “modifica con molta fatica", perché la sua formazione è più lunga: essa viene consolidata nel tempo e con il tempo.

Se l’uomo è dotato di media intelligenza e di una volontà appena seria, egli può modificare le sue opinioni mentali, e perciò mutare anche i suoi atteggiamenti mentali ed esteriori ma, per il cambiamento della nostra natura morale è necessario un lavoro più intenso e prolungato. I tre poteri umani sono tutti materiali, e si reggono su delle leggi secondo le quali, i poteri sono direttamente proporzionali alla loro qualità, e alla quantità che li producono. Tutto dipende sempre dai materiali e dei dati di cui si dispone.

Sia per l’aspetto fisico che per quello psichico si può ricevere delle influenze, e un certo numero di concezioni e di sentimenti per cui si può cambiare nel corso del tempo facendo un esercizio di accrescimento consapevole, perciò ci discipliniamo nel corso della nostra vita. E’ per questo che si dice che il potere fisico e il potere psichico sono relativi, in quanto l’uomo può cambiare se lo desidera, e può fare un accumulo di energie e di risorse che dedica al potenziamento di queste facoltà.

Diciamo, afferma Gurdjeff, che il produttore di energia non può cambiare ma, pur permanendo identico, esso può aumentare il suo rendimento sia fisico che intellettivo. Con le dovute differenze, è vero che tutti e tre i poteri possono essere modificati tramite il risparmio e la spesa oculata delle nostre risorse: se impariamo questi principi e questi criteri già abbiamo fatto un bel guadagno. Se impariamo a lavorare come uomini ci rifiutiamo di reagire in modo dissociato ed esclusivo di uno solo dei nostri cervelli, noi diventiamo i padroni di tutte e tre i tipi di reazione.

La realtà può intervenire in noi, ed è fatale che accada, ma noi possiamo fare in modo che la nostra reazione non dilaghi come un’inondazione, perché così vi è una parte che fa la padrona sulle altre due. Dobbiamo sapere che tutto ciò che ci tocca, lo fa senza che noi ne siamo consapevoli, perché il tipo di reazione umana è sempre attivata automaticamente: in questo aspetto noi siamo come degli automi, poiché reagiamo automaticamente. Tutto ciò che ci colpisce nella vita lo fa con il nostro consenso, anche se esso si esercita inconsapevolmente.

Tutto ciò che ci tocca lo compie poiché ci colpisce in base a noi stessi, e questa è una relazione di tipo meccanico dovuto al magnetismo della natura umana. Le cose non dovrebbero avere il potere di toccarci tanto profondamente, poiché esse non hanno fondamento reale, ma sono prodotte dal riflesso dei nostri fantasmi mentali interiori: questo è un tipo di esercizio con cui si rafforza il potere morale e il senso di sé dell’essere umano.

Il principio del lavoro umano è che dobbiamo fare lavorare una sola delle nostre componenti alla volta, senza mettere in gioco anche le parti che non sono coinvolte nel contesto su cui stiamo agendo, poiché le altre parti ne verrebbero risucchiate e saremmo coinvolti integralmente. Il pericolo è che, nella macchina umana non si riesce a restare imparziali, così da ragionare con calma e con oggettività, senza sentirsi punti sempre nella carne viva dei nostri difetti.

E’ possibile liberarsi da queste tendenze facendo uno sforzo, poiché è solo così che le conversazioni che incontriamo, nel corso della vita, possano essere costruttive e fruttuose: se non impariamo dagli interlocutori che incontriamo sarà come se avessimo versato “il vuoto nel nulla” di un vivere insensato e sterile. Ogni uomo possiede un suo repertorio di stati interiori che è assai limitato ed abituale che gli fornisce una conoscenza meccanica però, per delle conoscenze nuove sono necessari degli atteggiamenti nuovi.

Ognuno comprende usando un atteggiamento interiore di questo tipo, perciò ripete tutto come se fosse un pappagallo, e questo accade perché il lui funziona un solo centro cioè la mente, il sentimento o l’aspetto morale, ma essi non sono integrati nel loro funzionamento, poiché dei centri va garantito un funzionamento autonomo e maturo, ed è solo così che sappiamo partecipare integralmente. Gli uomini devono imparare un nuovo modo di ascoltare che metta in gioco tutti i nostri cervelli, e non ci dobbiamo accontentare di una semi-comprensione della realtà.

Per quanto riguarda il sentimento morale esso è assente nelle persone che sanno comportarsi come gli hanno insegnato a fare, e come il timore di una sanzione li costringe ad agire: nel nostro senso morale noi restiamo a lungo degli schiavi, ed è questa l’ultima elevazione che facciamo nella nostra struttura. Il sentimento morale nasce in noi sulla base dell’esperienza personale, sulla base delle qualità interiori, sulla scorta delle osservazioni personali e sulla natura dell’interiore sentimento di giustizia, su tutto ciò noi fondiamo una morale che orienta la direzione della nostra vita.

Se il sentimento morale dell’uomo comune è automatico e passivo, nell’uomo integrato esso non viene mai imposto dagli atteggiamenti che vede negli altri, in lui la morale è indipendente dal condizionamento esterno, in quanto si nutre del saldo sentimento e della nostra interiorità più profonda. Nella vita dobbiamo avere una morale basata su solide leggi interiori e su salde convinzioni da cui possiamo sempre trarre le risorse per evolvere, poiché esse rappresentano il nostro "spirito” più elevato.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 13 ottobre 2010

Il buio della violenza


In questi giorni è utile riflettere su quanto la violenza sia insita nell’essere umano, infatti negare che l’uomo abbia questa tendenza prodotta dalla sua arroganza mentale potrebbe essere un rischio con cui sottovalutiamo una delle tendenze più basse che abbiamo. Se valutiamo l’atto più estremo di violenza, cioè la guerra, sappiamo dagli storici che, nell’Ottocento, abbiamo circa 5 milioni e mezzo di morti mentre, nel Novecento, si hanno dai 14 ai 16 milioni di vittime per la 1. Guerra mondiale, e dai 37 ai 44 milioni di morti nella 2. Guerra mondiale: nel corso di un secolo abbiamo avuto l’incremento del 1000 % della cifra delle vittime.

Chiaramente le cifre sono in ribasso sul numero reale, per cui dobbiamo aggiungere le cifre dei morti delle persecuzioni etniche, delle stragi interne ai paesi, perciò i calcoli sulla 2. Guerra mondiale assommano a 58 milioni di vittime. Se a questi numeri uniamo le vittime indirette della 1. Guerra mondiale arriviamo alla vertiginosa cifra di 167 o 188 milioni di persone per cui, la violenza umana sembrerebbe un dato innegabile. Certo è ironico che la nostra civiltà abbia saputo tecnologizzare anche lo sterminio in modo tanto efficace.

L’eliminazioni violenta dell’avversario è una tendenza arcaica dell’essere umano, e non è affatto vero che in questo aspetto l’uomo assomiglia alla specie animale. Conrad Lorenz, in base alla sua esperienza pluridecennale su varie specie animali, afferma in “Il cosiddetto male” che l’animale ha formidabili zanne, artigli e altre armi naturali di distruzione per cui potrebbe infierire sul suo nemico fino a finirlo, ma lui se ne astiene. Nessun animale cerca di danneggiare seriamente il suo nemico nel corso del combattimento, infatti è sufficiente che il nemico sia vinto.

La lotta per il dominio, nelle specie animali, è sempre una forma rituale in cui si deve definire la supremazia nel gruppo, ma non è necessario eliminare fisicamente il nemico, invece l’uomo trova inconcepibile iniziare la guerra senza pensare di vincere distruggendo l’esercito dell’avversario. Comunque possiamo dire che l’uomo moderno ha creato infinite forme di distruzione con le sue tecnologie che si spingono fino alle guerre chimiche e batteriologiche, infatti l’uomo ha sempre fretta sia nel conseguimento del suo bene come del suo male.

La lotta esiste da sempre nella storia umana, e il conflitto è insito nella convivenza sociale, infatti nei tempi antichi si condivideva un sistema di regole in cui, il rispetto per l’avversario era considerato un fatto naturale che non era necessario scrivere, poiché ognuno lo osservava naturalmente, e tutti seguivano dei principi di eroismo, di correttezza e di onore. L’onore era una qualificazione morale suprema che poteva essere perseguita indipendentemente dalla condizione di nascita, per cui era una virtù sommamente ambita.

Leggendo l’Iliade di Omero vediamo due campioni che si fronteggiano per definire le sorti della guerra di Troia, e nessun conflitto avviene mentre Ettore e Achille si fronteggiano anzi, entrambi gli schieramenti avversari seguono immobili l’esito del duello tra gli eroi. In molte guerre antiche esiste la regola del duello dei campioni avversari, infatti gli antichi strateghi avevano ben compreso come una guerra è un fatto psicologico prima che cruento, come pure conoscevano l’importanza dell‘atteggiamento mentale con cui si affronta una battaglia: in tanti esempi vediamo delle guerre interminabili che danneggiano le forze di entrambi gli avversari.

Nel modo con cui l’uomo affronta una guerra si definisce la sua eccellenza morale e fisica, per cui dobbiamo rivedere l’ideale dell’eroe forte e sprezzante con cui l’uomo crede di affermare se stesso, per cui ricorre alla violenza per vincere con delle ragioni che non hanno altra forza che la forzata imposizione o dell’eliminazione fisica dell’avversario. Noi dovremmo invece ricordare che la violenza è una manifestazione di debolezza di chi non ha altre risorse per affermare le sue ragioni per cui, il codardo opprime i deboli e gli indifesi.

Spesso noi crediamo che, nei tempi antichi, vi fosse la mancanza di progresso mentre, piuttosto, tante forme di inciviltà peggiori sono maggiormente diffuse nella nostra società che definiamo civile e avanzata. Indubbiamente, stimolare il senso dell’onore è stato anche strumentale al potere per assicurarsi il braccio di valorosi idealisti, eppure gli ideali della cavalleria medievale erano diffusi come il massimo culto di generosità e capacità di fare bei gesti, come ideale gentile e corretto. Vi era, nell’animo del cavaliere, una cortesia quasi femminile, affermano gli storici, infatti la difesa dell’onore della donna amata era il solvente con cui il duro animo del combattente si raffinava della sua asprezza.

Senza dubbio, l’onore e le regole cavalleresche diventavano un escamoutage sociale per contenere le guerre troppo cruente in tempi in cui la vita umana era tanto labile e incerta, per cui l’istinto umano veniva moderato con un argine sociale e morale. Nessuno onore vi era nel ricorrere a gesti che non fossero nobili, infatti il conflitto doveva avvenire in contesti in cui vi fossero regole certe ma, è evidente, che è sempre stato difficile far rispettare le regole all’essere umano: infelice e sfortunata è la società che dimentica di riflettere sui problemi dell’etica, e sul rispetto delle regole.

In tanti esempi dei tempi antichi noi vediamo generali che rinunciano alle posizioni di vantaggio personale per non contravvenire alle regole di correttezza, e non cadere nella condizione di vergogna e di disonore militare. Nell’uomo moderno vi è la commiserazione leggendo di queste ingenuità, per cui irridiamo ai ridicoli idealisti che accettano di rischiare per un’idealità superata: oggi perdere l’onore non è un difetto se ciò che si ottiene è vantaggioso, infatti si insegna che è sufficiente stabilire un prezzo per ottenere tutto ciò che si vuole.

Si crede che l’onore sia una frivolezza, che le regole siano un noioso intralcio, e che le qualità morali siano delle stupide limitazioni formali, infatti viviamo in un mondo di enorme aridità spirituale in cui i duelli avvengono con i media e i giornali, ma sono più incivili delle sanguinose guerre antiche. L’uomo ha tecnologizzato anche i suoi conflitti, e li ha ottimizzati al punto che possiamo diffondere la violenza con la velocità di un incendio tra le stoppie. Forse siamo evoluti ma, nei tempi primitivi, se il nemico cadeva da sella, l’altro combattente scendeva dal suo cavallo per duellare in parità, e si continuava a lottare entrambi appiedati.

Nel vivere odierno vi è la riduzione delle caratteristiche umane migliori che vengono ridicolizzate, perchè desuete, e si globalizza anche la nostra pochezza morale e umana. In realtà il nostro mondo che soffre dell'enorme miseria intellettuale e morale che rende l’uomo un essere pericoloso per i suoi simili. La condizione d'ignoranza etica può divenire una deriva inquietante per il nostro futuro: io credo che dobbiamo sempre prendere l’esempio dai migliori e non dai peggiori di noi, poiché sono i maestri, e non i furfanti che vengono per insegnare.

Io credo che l’uomo ignorante diventa un arrogante, che l’essere immorale sia un uomo anti sociale, che l’individuo che ricorre alla violenza e alla prevaricazione sia un debole che può reagire in modo incontrollabile, proprio perché non ha la forza della determinazione interna, e che un utile strumento per riflettere sulla stupidità della violenza umana è il saggio di Luigi Zoja “Contro Ismene: considerazioni sulla violenza” con cui impariamo che non possiamo insultare impunemente gli animali attribuendogli dei difetti di cui solo la specie umana dovrebbe vergognarsi.

Buona erranza
Sharatan

sabato 9 ottobre 2010

L’aratura del campo autunnale


“Si sopravvive di ciò che si riceve,
ma si vive di ciò che si dona.”

(Carl Gustav Jung)

Nella spiritualità si insegna che la schiavitù è lo stato servile in cui un essere ha tagliato tutti i ponti con la sua identità, e con la libertà di esprimere ciò che egli è. Qualsiasi condizione in cui l’essere è passivo, qualsiasi circostanza in cui si impedisce all’individuo di agire liberamente è un esercizio arbitrario del potere del forte sul più debole. Per scuotere un dominio è necessario che sia lo schiavo a sentire che la catena è troppo stretta, e che il suo giogo è troppo oppressivo: nessuna liberazione e nessuna trasformazione viene mai imposta dall’esterno.

L’arte del volo spirituale richiede un dissodamento dei terreni interni con l’aratro della sofferenza che traccia i suoi segni sui tessuti dell’individuo. Con l’aratura si lavorano i campi per preparali alla semina che verrà in autunno, perciò la terra riceve la punizione del rivoltamento delle sue zolle, e del setacciamento delle sue fibre per eliminare i sassi e le radici dannose che sono nascosti sottoterra. Con l‘aratura noi prepariamo le meravigliose fioriture che verranno in futuro, e che saranno la giusta ricompensa del nostro lavoro.

Ci viene insegnato che la contrazione e la forzatura dei nostri movimenti energetici, e dei nostri atteggiamenti interiori impongono una desincronizzazione dell’ordine costituito, e inceppano il meccanismo ripetitivo con cui la realtà resta invariata volendo permanere al suo livello di funzionamento. Ci viene detto che il principio di inerzia equivale alla morte dell’organismo vitale, infatti esso è carente di fluidità, e la fluidità è la qualità costitutiva del cambiamento evolutivo.

E’ nel cambiamento che viene celebrata la vita: qui entra in gioco la nostra totale disponibilità ad accogliere le meraviglie e le gioie che ci può riservare il futuro, qui noi dimostriamo l’apprezzamento per le cose, e per le persone di cui ci circondiamo. E’ questo il luogo in cui sperimentiamo il livello delle cariche energetiche a cui siamo assonanti poiché, lasciare andare la realtà che noi conosciamo richiede una totale disponibilità a mettersi in gioco con spirito energico e volitivo.

Il lasciare andare si riferisce sia alla nostra personalità ordinaria di essere duale, ma si riferisce anche alla realtà conosciuta che limita il nostro sviluppo, e tutto ciò deve essere sostenuto da una ferma volontà di attuare quello che si pensa, usando la determinazione per proseguire con slancio verso la meta futura. Nessuno diventa migliore se non per merito di un duro lavoro con cui accresce le sue qualità facendo uno smussamento della sua materia grezza.

Sembrerà ridicolo, ma sviluppare la volontà è una delle capacità più straordinarie dell’essere umano, anche se sembra quasi impossibile comprendere l’efficacia di avere una volontà matura. Ognuno sarebbe equilibrato se non sorgesse l’incapacità di contenere lo scontento e il vuoto in cui viviamo, perciò nessuno comprende la necessità di sviluppare una volontà autonoma dagli avvenimenti. Questa è la condizione dell’essere umano che si lascia usare dalle emozioni invece di utilizzarle da padrone trasformandole in convinzioni che ci sappiano vitalizzare, autoalimentandosi del nostro Fuoco interno.

E’ chiaro che sarà la fame a farci comprendere la bontà dei cibi più semplici, come pure la carestia sa insegnare l’economia delle risorse di cui possiamo disporre, perciò è nella privazione che avvertiamo la necessità della trasformazione. Noi diamo tutto per scontato, ci lasciamo andare all’inerzia del vivere ripetitivo, finché qualcosa irrompe per distruggere le certezze della nostra normalità: questo è il punto in cui il dolore viene vissuto come un paradosso spirituale.

Per molti è un controsenso concepire come Dio possa infliggere le sofferenze all’uomo, infatti abbiamo dimenticato la concessione del libero arbitrio con cui l’uomo persiste in quello che vuole finché non decide di cambiare lavorando sui suoi atteggiamenti. Quando siamo disallineati dal percorso della nostra vita e dalla volontà del nostro desiderio, è allora che interviene un “evento correttivo” che si manifesta come prova fisica o morale, per insegnarci che dobbiamo cambiare il nostro percorso: questo è il solo uso utile del dolore, infatti soffrendo aumentiamo la comprensione.

Nell’essere umano convive la perfezione spirituale futura con l’adombramento della materialità corporea come conseguenza del compromesso che esiste tra le forze terrestri e quelle celesti che convivono in noi: è questa scissione che causa la sofferenza umana. L’apertura del cuore e l’abbandono della schiavitù che condiziona la mente ridesta la sensibilità femminile delle donne, e la parte femminile che vive nel maschile, infatti la spiritualità richiede l’accettazione della fragilità dell’essere sensibili e recettivi.

Ma nell'uomo esiste l’orgoglio che pietrifica ogni sentimento, infatti non accettiamo di sentirci fragili, poiché l’ego viene colpito nella sua invincibilità e nella sua prepotenza impositiva. L’amore con cui viviamo la vita non richiede alcun combattimento e nessun avversario da sconfiggere, ma richiede solo il coraggio di fare dei cambiamenti: è l’uomo che teme di perdere il controllo delle situazioni, e di restare privo delle sue certezze, quindi rinuncia ad agire per uscire dal suo torpore esistenziale.

E’ chiaro che nessuna via spirituale che sia dedicata al buon vivere può avere la meta ottimale nella sofferenza e nel dolore, infatti queste devono essere delle condizioni ridotte nel tempo, in quanto sono delle strategie transitorie. Nessuna disattenzione riguardo al ruolo che spesso l’Io egoista ed egocentrico si riserva di ricoprire, qualora restiamo a crogiolarci nel dolore come il masochista che si costruisce i più raffinati strumenti di tortura per prolungare il suo piacere distruttivo.

Il dolore è come un solco che viene tracciato dall’aratro che dissoda i campi poco curati, infatti essi divengono sterili per le concrezioni accumulate come sassi, sterpi e rovi: nel dolore vi è il segno che si sta preparando qualcosa di migliore, e che noi ci stiamo dissodando per un rinnovamento profondo. Molti insegnano che soffrire aiuta a crescere se conosciamo le cause del nostro dolore, infatti Gurdjieff diceva che solo il demente ignora il motivo del suo soffrire, poiché dimostra di avere una minore sensibilità dell’animale che si gira a guardare l'avversario che lo attacca.

Il dolore va osservato per conoscere il luogo da cui origina, ma poi lasciarlo dissolvere, perché esso deve servire solo per il risveglio. Nulla a cui neghiamo la presa può toccarci, infatti il dolore è come l’aratro che traccia la mappa delle nostre fragilità e delle nostre carenze, esso è un metodo per accellerare l'apprendimento. Scrivono che nulla è più sublime della fragilità e della disponibilità che dimostriamo quando usiamo la comprensione delle ragioni, e la compassione per le carenze sia nostre che altrui ma, alla condizione di lasciare andare il dolore che l'accrescimento di consapevolezza comporta.

Se noi siamo uno strumento musicale è possibile che le corde interne si siano indurite a causa del loro prolungato inutilizzo perciò, quando le riattiviamo sentiamo del dolore, così come lo sentiamo q1uando usiamo il duro giudizio per considerare i nostri errori, e questo avviene poiché la durezza non è adatta alla via spirituale che cura con l’amore. Nessuno di noi è eccezionalmente importante e nessuno è privo di significato, poiché ognuno è stato assegnato al suo posto giusto nell’ordine dell’universo, anche se la rifrazione materiale acceca la vista.

Nessuno può avere ragione nel suo giudizio se non conosciamo la meta finale, e se siamo accecati dagli aspetti irrilevanti della nostra personale realtà. Al sorgere del dolore osserviamo il luogo da cui originano i nostri timori, i nostri dubbi e le nostre incertezze per rendere omaggio allo spirito che accetta di confrontarsi con la sfida della materia, e alimentiamo il desiderio di conoscere ciò che preme per uscire alla luce del sole.

La pazienza che noi usiamo nel nostro lavoro, e l’accettazione di una lunga pratica come necessaria per apprendere non sarebbero possibili senza l’impulso del dolore che stimola l’ulteriore salto evolutivo, infatti gli “avvenimenti correttivi” che intervengono nella vita servono per inceppare il meccanismo in cui siamo inseriti e per rompere l’inerzia, affinché sia riprogrammato il sistema. E’ chiaro che solo l’anima individuale conosce il momento giusto in cui si sente pronta per ridestarsi, infatti ci svegliamo quando il nostro tempo è maturo.

Dobbiamo sempre ricordare che noi restiamo nella cecità finché non decidiamo di avviare il lavoro poiché, la volontà di traslazione spirituale compete al libero arbitrio individuale, e la vera ascesa deve essere compiuta nell’unione di corpo, di mente e d’anima. La nostra meta è nel godimento del vivere materiale con il più elevato spirito divino, ed è questo il miglior modo di vivere per l’essere spirituale che noi siamo.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 4 ottobre 2010

Il raffinamento dell’anima


“L’uomo è vero uomo
solo quando diventa “tabernacolo” di Dio.”

(Mahatma Gandhi)


Dicono che uno degli scopi della vita sia quello di sviluppare la nostra autonomia spirituale, e ciò lo otteniamo eliminando l’egocentrismo personale, infatti nessuna ricerca è priva di lotte e di sforzi per ottenere il controllo della nostra natura inferiore ma, troppo spesso, la spiritualità diventa presunzione, poiché viene nutrita dalla volontà di potenza, e dalla bramosia del dominio che si crede di conquistare. E‘ tipico della natura umana credersi importanti ed eccezionali, perciò la nostra presunzione vuole esercitare una superiorità in cui ci sentiamo incoronati, come delle divinità sopra la massa umana ma, ogni desiderio e ogni volontà di dominio sugli altri, e ogni presunzione della nostra superiore importanza personale, costituiscono il serio pericolo per il ricercatore spirituale.

Tutti iniziano a conoscere la realtà usando le stimolazioni sensoriali che creano dei contenuti mentali, e degli schemi di pensiero, tutti conosciamo il mondo tramite il “sentimento” che noi proviamo rispetto alla condizione del nostro vivere umano, perciò dobbiamo accettare di vivere in modo duale facendo la scommessa che esista una futura evoluzione della natura umana che noi dobbiamo ancora compiere, perciò questa è la scommessa del lavoro sul nostro Spirito.

La vera evoluzione umana riguarda la possibilità di trascendere la materia vivendo felicemente nel mondo, perciò esercitare sia la volontà che il desiderio umano in modo pieno ed elevato, poiché l’uomo viene vivificato dal desiderio essendo nutrito di passioni e di ideali, come la pianta si nutre di sole e di acqua, quindi senza l’energia del fuoco interno l’uomo trova la morte, infatti gli ideali e i desideri sono il fuoco interno che ci spinge e ci vitalizza essendo la linfa della nostra vita, in quanto forniscono l’energia necessaria per la nostra dinamicità evolutiva futura.

Credere che sia giusto abiurare agli istinti naturali, credere in una vita che non voglia un completo sviluppo fisico, mentale e spirituale dell’essere umano, significa non avere fiducia nel Padre che ci ha donato quelle prerogative affinché siano sviluppate e godute dai suoi figli, perciò equivale a dichiarare di disprezzare dei doni divini. La vera realtà spirituale è capire che niente va mai rinnegato di noi, perciò il guardare nella parte più intima di noi richiede uno sguardo fluente e svincolato da ogni giudizio, poiché dobbiamo scavare e ripulire dei materiali che giungono in superficie, perciò sono sporchi di terra.

Nel lavoro di scavo della miniera interna dobbiamo essere vigili nell’osservare ciò che ricopre le strutture, perciò dobbiamo saper guardare oltre le apparenze e le finzioni con cui l’uomo viene abituato a vivere, per giungere fino alla ossatura profonda del nostro essere interno. In tutti esistono delle incrostazioni che ci ricoprono, e che sono prodotte dagli anni di finzioni, in cui l’individuo si abitua a mascherare la sua vera natura infatti, con lo scorrere del tempo, tutti perdiamo l’innocenza infantile con cui manifestavamo pienamente cosa siamo, e dimentichiamo di agire senza avere paura di giudizi, o di condanne.

L’essere umano dissimula poiché ha perso la sua innocenza, perciò diventa falso e malizioso, infatti i contatti su cui preferisce sintonizzarsi diventano come egli li desidera, perciò se ricerca delle finzioni è ciò che la vita gli consegnerà mentre, se desidera evolvere, l’uomo ricerca e ottiene delle realtà spirituali potenti ed elevate per il conseguimento della sua più elevata e nobile natura interiore di origine divina.

Nel lavoro sull’anima, l’uomo eleva tutte le sue componenti, infatti l’uomo che accetta una simile ristrutturazione della sua natura diventa consapevole delle energie che giacciono nascoste in se stesso, perciò l’Io lavora contemporaneamente sull’anima e sulla rettificazione del suo destino. E’ l’Io che struttura l’anima, e questo sforzo è l’unico che deve essere fatto sulla natura umana, poiché l’uomo deve salire sempre più nel suo livello evolutivo per fare il suo percorso, che ne sia consapevole o meno perciò, la ricerca del senso facilita la nostra ascensione.

Resta all’uomo il compito di lavorare con il suo Io sull’anima per scoprire e raffinare il nostro nobile nucleo interiore, che è il nostro elemento primario per scoprire il “germe” da cui ottenere i nostri migliori frutti. Steiner afferma che l’uomo può divenire padrone della sua anima lavorando tramite l’Io in essa, e portare alla luce ciò che vi è nascosto, e lo ottiene scavando oltre quello che è manifesto dall’individuo operando un raffinamento che porta al livello del corpo astrale.

E’ qui che l’Io si riunisce alla sua parte astrale, perciò si riunifica alla sua essenza nascosta creando un corpo astrale riunificato detto “Sé Spirituale” che la saggezza orientale chiama anche "Manas,” e che ha la duplice funzione di sensazione e di azione che riesce a centralizzare in sè stesso con piena consapevolezza interna, poiché dotato di capacità razionale e analitica superiore.

Il Sé Spirituale è la parte costitutiva più elevata della natura umana, ed è l'elemento che è sempre presente in noi come il germe, perciò se il Sé Spirituale lavora su questa nostra semenza interiore, essa cresce sempre più in modo che l’uomo impara a padroneggiare il superiore corpo astrale, poiché ne apprende le forze nascoste primigenie che vi sono celate, e con questa evoluzione riesce ad ascendere ancor più, fino a padroneggiare il Corpo eterico umano.

Nella valutazione del tipo di lavoro da compiere al livello eterico superiore, è evidente che questo è il lavoro più duro che possa essere compiuto, infatti qui Maya è coperta solo da un velo mentre, nel livello inferiore, aveva due veli che nascondevano la verità. Nel corpo eterico vediamo le nostre verità più antiche e più profonde nascoste a livello astrale, perciò se pensiamo che il nostro temperamento, e il nostro carattere non possano cambiare, è evidente che non percorriamo alcun cammino spirituale infatti, un Io determinato può modificare anche questi elementi costitutivi dell’individuo.

Le forze che sostengono le parti definite "temperamento" sono collocate e appartengono alle forze vegetali che abitano in noi, poiché tutto il mondo vegetale è deputato alla nutrizione, alla germinazione, alla crescita e alla fruttificazione: perciò esse sono delle energie con tendenze generative e conservatrici, infatti sono inserite nella nostra noce interiore. E’ evidente che l’Io non può lavorare sulle tendenze in modo positivo, se non modificandone le parti negative e distruttici perciò, facendo il lavoro sul corpo inferiore noi purifichiamo anche le qualità dell’anima, e similmente si lavora sul corpo eterico quando l’Io svolge la sua attività di raffinamento.

Dicono che il raffinamento più elevato si ottenga quando iniziamo ad apprezzare la creazione delle opere d’arte e con lo sviluppo della nostra creatività personale, perciò facendo l'apprezzamento di tutto ciò che è Bellezza poiché essa è una prerogativa divina. Per elevarci a Dio è necessaria la ferma volontà della mente, del cuore, dell’anima e dello spirito: facendo una tale ascesa il nostro Spirito si qualifica sempre più come Spirito Vitale che è la corrispondente tonalità superiore dell’inferiore “corpo vitale” umano.

Questa tonalità superiore in Oriente la chiamano “Buddhi” ed è la parte più sottile e pura dell’organo interno umano, essa è la sede della sua intelligenza superiore. Questa attività discriminativa riesce a mostrare ciò che si nasconde oltre ogni velo di apparenza, perciò essa penetra oltre lo spettro delle rifrazioni offerto dalla sfaccettata materialità, e riesce a vedere la luce dell’Atman che è la Pura Coscienza, cioè il disegno divino che è il progetto superiore e giusto voluto dal Padre per tutte le sue creature.

E’ questo il livello in cui vi è la possibilità di divenire la guaina di un Sé che è la più Pura Coscienza, perciò l’involucro umano viene avvolto in un bozzolo di beatitudine: è questa la meta che dovremmo raggiungere al fine della corsa di tutte le vite che viviamo, essa è la Fonte di Luce e di Amore che ci aspetta all’arrivo. Al livello superiore di tale raffinamento siamo Atma, cioè l’Uomo-Spirito che è nascosto sotto i tre veli delle guaine, in quanto tale natura è sempre attiva e pronta al risveglio cercato dal nostro libero arbitrio personale.

Il maggior lavoro che l’uomo possa fare su se stesso è questa azione di riunificazione del suo Io e della sua più profonda essenza costitutiva, poiché è l’unione che ridesta il nostro più antico ed elevato Spirito, che è poi la riunione dei tre componenti inferiori e superiori. Nella spiritualità si dice che si sviluppano allora i 7 livelli di cui è costituito il vero essere umano, 7 come i colori da cui viene il bianco splendente, e come le 7 note musicali con cui componiamo le migliori melodie divine, come furono 7 i giorni necessari a Dio per creare l’universo, e per riposare della fatica della sua Creazione.

Buona erranza
Sharatan

sabato 2 ottobre 2010

Nella struttura dell’umano


“Essere ciò che siamo e diventare ciò che siamo capaci di essere,
questo è l’unico scopo della vita.”

(Robert L. Stevenson)


Gli spiritualisti credono che le energie si raggruppano per omogeneità, e che vi sono dei tipi differenti di energia a seconda del regno di cui esse sono la rappresentazione infatti, esse dimostrano una dotazione e una sensibilità di maggiore o di minore livello energetico: e tutto ciò è condizionato dal modello costitutivo degli organismi, e dalla modalità di manifestazione della loro vera essenza fondamentale.

Si crede pure che le forze che sono possedute da un organismo vivente possano essere non manifestate, ma che restino permanenti in esso diventando latenti ma, pur tuttavia, esse non vengono mai distrutte, infatti nessuno può toglierci ciò che è nostro per diritto e per prerogativa naturale. Rudolf Steiner diceva che, nell’essere umano, noi possiamo osservare tutta la gamma di sviluppo della natura infatti, nella struttura del microcosmo umano noi vediamo la scala evolutiva del progredire del mondo naturale e del superiore Macrocosmo universale.

Nell’osservare l’uomo ne vediamo il corpo fisico, che è la parte manifesta e corporea in cui l’umano è assonante con il mondo minerale, in cui esso ne condivide le componenti atomiche fondamentali come l’ossigeno, l’azoto, etc., ma soprattutto vediamo meglio tale similitudine nell’opera di dissoluzione con cui il corpo fisico, dopo la morte, si dissolve per ricongiungersi alla Madre diventando “humus” che è il nutritivo delle vite vegetali future.E’ chiaro che, in tale prospettive di ragionamento, vanno sempre considerati i due versanti che vi sono intrecciati, di cui, uno esplicito nelle cose visibili, ed uno implicito poiché meno percepibile dai nostri sensi ordinari.

La parte occulta del corpo fisico è il “corpo eterico” o “corpo vitale” con cui s’intende ciò che da una forma determinata, e che offre la struttura alle sostanze e alle forze proprie del regno minerale ospitato nel nostro fisico. Molti affermano che questa energia minerale è la “forza vitale” che viene aggiunta al corpo insieme alle sostanze, e alle energie fisiche dell’individuo come la forza magnetica si aggiunge al ferro, nel magnete: infatti il regno minerale è costituito da un’aggregazione magnetica di atomi e di molecole.

Dobbiamo poi ricordare che viene definito che, nell’uomo, lo sviluppo delle sue facoltà avvenga a detrimento di altre, perciò tutte le nostre prerogative naturali vanno sempre coltivate con l'intento della lunga pratica e con l'acquisizione della pazienza nel ricercare la vera saggezza di vita: al momento più giusto ciò che è nostro si manifesterà nella realtà psichica e materiale. Il corpo eterico è un corpo impenetrato nell’elemento fisico essendone la struttura architettonica, infatti esso è l'immagine della “forma” della nostra fisicità.

Tutte le nostre forme fisiche si mantengono stabili in forza e in virtù del magnetismo che scorre nell’elemento eterico, e che è un fluire di vortici energetici che fanno circolare correnti e movimenti di energie: così il corpo eterico fornisce una struttura che duplica il corpo fisico e le sue funzioni, e questo avviene ad un livello simile a quello del regno vegetale, poiché tutto ciò che ha vita produce fiori e frutti.

Il corpo eterico vitale è recettivo alle energie dell’acqua e del fuoco, cioè recepisce il voltaggio e il livello di sensibilità primarie di queste forze cosmiche come, nel mondo vegetale, le piante rispondono rigogliose se vengono sottoposte al calore del Sole, e annaffiate con acqua per cui è con la fusione di acqua e di fuoco che la natura risplende.

Il terzo elemento della struttura umana è l’attività che si esplica nel terzo veicolo che è situato nel corpo astrale, e che può essere compreso vedendone l’assonanza con il regno animale, infatti l’astrale è sensibile sia all’azione del fuoco che dell’acqua, ma è anche sensibile al suono e al rumore, perciò l’animale manifesta sia la mente che l'intuizione, infatti gli animali sono più evoluti dei vegetali. Negli animali vi è la risposta agli stimoli ambientali esterni, come vi è la soddisfazione delle necessità primarie, e dell’istinto riproduttivo.

L’essere umano è responsivo a tutti i tipi di energie animali, ma è molto recettivo all’energia del fuoco nella sua forma più evoluta: infatti è solo quando l’uomo riesce a padroneggiare tutte le sfumature dei regni inferiori nella gamma più vasta ed elevata che l'individuo può divenire cosciente. In questo modo l’uomo diventa responsivo alle forze più nobili ed elevate, poiché egli si sottomette solo alla Forza che è emanata dall’Entità primaria che lo ha generato, e che lo mantiene in vita, ma di nessun altro è schiavo, poichè sa vivere come padrone della sua vita.

Nei vari livelli di struttura vediamo tutte le prerogative dell’esistenza, infatti il corpo fisico ci permette di poter vivere, il corpo eterico ci permette di avere coscienza, e il corpo astrale ci permette il ricordare. Colui che sperimenta ciò che è permanente nell’impermanenza delle vicende umane viene chiamato “Io” ed è “Tat tvam asi” poiché “Tu sei quello. “ Anche nelle concezioni psicologiche si afferma che vi è origine dell’Io quando le esperienze permangono al nostro interno diventandone il suo “sentimento.”

Un Io sorge quando le sensazioni interne non hanno la necessità che l’esperienza si ripeta concretamente come nel passato, infatti non è necessario ripetere per essere capaci di apprendere dalle esperienze e, se non ci fosse il ricordo, la vita umana sarebbe un vivere fatale in perenne oblio di noi stessi. Come il corpo fisico non potrebbe vivere se il corpo eterico non gli infondesse l’energia vitale, similmente il corpo eterico cadrebbe nell’incoscienza se non fosse illuminato dal suo corpo astrale ma, anche l’astrale vedrebbe il trascorrere del tempo senza imparare nulla, quindi il vivere sarebbe una corsa senza destinazione e priva di senso.

Ma l’Io impedisce che l’oblio crei la condizione spirituale che corrisponde alla morte del veicolo fisico, e che è simile alla mancanza del ristoro del sonno per ricostruire le risorse del corpo eterico. Non di meno si dimentichi il fatto che, vi è anche la necessità del riallineamento progressivo dei tre veicoli, in modo che non via sia mai un indulgere inconsapevole, poiché va agito conoscendo il senso delle nostre azioni.

Il corpo astrale si attiva al risveglio della conoscenza con l’occhio spirituale che usiamo, perciò non abbiamo la necessità di guardare gli oggetti per creare delle forme mentali, ed è così che noi saliamo ad una creatività mentale superiore e divina. E’ l’anima che percepisce il senso dell’esperienza, e che conserva il "ricordo" nel trascorrere del tempo, e questo dimostra come vi sia un legame tra il corpo astrale e l’anima. Entrambi questi elementi sono importanti per le strutture umane per la nascita dell'individualità che avviene con la fusione del corpo animico con l’anima seziente producendo il corpo astrale umano.

E’ tramite la fusione di scintille che l’Io risale i gradini dell'evoluzione, e dirige in modo attivo la sua energia seziente usando materialmente le esperienze che ha raccolto nel mondo, perciò l’Io impara a discriminare ciò che è permanente, e ciò che non ha alcun valore sostanziale, e andrà nei campi dell’oblio. Allora sarà chiaro che vi è una triplice attività nella conquista dell'acuta consapevolezza per riuscire ad elevare i tre veicoli umani.

La forza e la qualità energetica evolutiva che noi possiamo acquisire è comparabile a quella che l’anima razionale riesce a contenere praticamente, fino al livello in cui anche la capienza del vaso fisico diventa irrilevante perché si riesce a contenere in modo più concentrato ed astratto un materiale che è divenuto estremamente rarefatto. In questa modalità si vive pienamente senza necessità di apporti materiali vedendo tutte le sfumature che rendono eccezionale anche la nostra realtà ordinaria.

Buona erranza
Sharatan