mercoledì 31 agosto 2011

La vita dell’anima


“Per quanto tu possa camminare,
e neppure percorrendo intera la via,
tu potresti incontrare i confini dell‘anima:
tanto profondo è il suo logos.”

(Eraclito di Efeso)

L’io vive nell’anima e la più alta manifestazione dell’io risiede nell’anima cosciente, perciò l’io s’irradia in tutta l’anima e poi influisce sul corpo: nell’io vive lo spirito. Lo spirito s’irradia nell’io e lo sceglie come suo involucro, così come l’io usa il corpo e l’anima come suoi involucri, perciò l’anima vive tra spirito e corpo.

Quello che l’uomo conosce tramite lo spirito si poggia sulla sensibilità della vita dell’anima, perciò è nell’anima che possiamo avere la fusione con gli elementi del mondo materiale. Il mondo si manifesta nell’anima indipendentemente dal fatto che la sua base sia il veicolo fisico del corpo, perciò quando l’anima apprende qualcosa, la rivelazione avviene a prescindere dalla base transitoria e mutevole che essa usa, perciò la rivelazione avviene a prescindere dal corpo fisico.

Quello che resta nell’anima, l’elemento che resta durevole nell’anima, si fissa a prescindere dal tipo di percezione che viene sperimentata concretamente, perché ciò che l’anima riconosce come verità è indipendente dal corpo.

L’anima, secondo Steiner, è posta tra “il presente e l’eterno in quanto sta in mezzo tra il corpo e lo spirito. Ma essa è mediatrice tra presente e eterno.” L’anima osserva il presente e lo conserva come ricordo e così lo sottrae all’azione del tempo e alla transitorietà accogliendolo dentro il suo essere spirituale: è l’anima che riesce a infondere durata a ciò che muta e che fugge con il tempo.

Essa non si affida agli stimoli sensoriali, che sono effimeri e passeggeri, ma determina la durata in modo autonomo, perciò l’anima imprime alle cose la sua impronta personale e tutto quello che prova lo esprime con le sue azioni. Usando il ricordo, l’anima conserva il passato e con l’azione predispone il futuro: quello che l’anima conserva non ha la necessità della presenza dell’oggetto fisico, perciò il ricordo delle cose è indipendente dalle cose stesse, in quanto il ricordo può vivere, nell’anima, di vita autonoma.

La vita dell’anima diventa tutto ciò che di durevole e di persistente essa conserva delle sue impressioni sensoriali, perciò anche la sua azione diventa durevole nel tempo, quando si manifesta nel mondo fisico. Ogni azione che facciamo cambia il corso delle cose, infatti se non avessimo fatto delle scelte e ne avessimo fatte delle altre, sicuramente una serie di fatti non sarebbero avvenuti, perciò tutto ciò che facciamo resta nel futuro.

Ciò che facciamo resta, come resta il ricordo di ciò che è avvenuto nel passato, perché esso è conservato nella memoria, infatti la parte che resta delle nostre azioni, non è percepito dalla coscienza ordinaria, essendo più potente della “memoria” a cui attribuiamo la nostra esperienza concreta. Ma l’io resta legato alle sue azioni, come resta legato alla memoria e al ricordo delle sue impressioni sensoriali, infatti l’io giudica diversamente gli avvenimenti, a seconda che i ricordi riguardo a certi fatti li possegga o meno.

Così avviene anche con le azioni, perciò l’io entra in diverse forme di connessione con il mondo, a seconda che abbia o meno già compiuta una determinata azione. L’io si trasforma continuamente entrando in connessione con le esperienze del mondo, perciò l’io si trasforma quando conquista il ricordo e già fin dalla sua formazione l’io congiunge la sua vita con il ricordo, infatti noi sentiamo la nostra vita, come una cosa profondamente nostra.

Nel caso delle azioni non avviene un fatto diverso, perciò l’azione è esercitata sul mondo e l’azione conquista il carattere e lo stile personale dell’anima. Ma, a questo punto si potrebbe anche pensare, dice Steiner, che anche la natura delle azioni che l’io compie tende a ritornare all’io, come avviene quando il ricordo tende a riaffiorare qualora una circostanza esteriore ne stimoli il risveglio.

Tutto quello che conserviamo nella memoria possiede questa tendenza, infatti tutto ciò che viene compiuto, e in cui resta impresso il carattere dell’anima si avvicina all’io e attende l’occasione propizia per riaffiorare. Forse il caso è raro, ma accade che avvenga, in quanto la potenzialità di questo impercettibile nesso con il mondo non può essere esclusa, perciò la possibilità va approfondita.

Il corpo dimenticherebbe se non ci fosse la memoria, perché la sensorialità ha un carattere mutevole e poco persistente, perciò il corpo non potrebbe conservare la rappresentazione del mondo, e ogni cosa sarebbero sempre nuova, perciò il ricordo serve anche a conservare il passato senza avere la necessità che l’esperienza venga nuovamente ripetuta.

Il passato andrebbe perso se non ci fosse il ricordo, perciò l’impressione sensoriale si organizza in modo da formare un’entità che è presente ieri come oggi, e questa entità è l’anima: è l’anima che imprime nel corpo il segno che diventa il ricordo, ed è l’anima che sa imprimerlo e che sa riconoscerlo quando lo vede nel mondo fisico.

Mentre l’anima accumula e conserva il passato, essa “aduna continui tesori per lo spirito” e il fatto che l’uomo possa distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, viene collegato al fatto che l’uomo, come soggetto pensante, sappia riconoscere la verità dello spirito. Lo spirito che vive nell’uomo non è limitato solo al presente, poiché l’anima riesce ad allargare lo sguardo dello spirito fino al passato, e quanto più passato viene accumulato, tanto più l’anima si arricchisce e così l’anima trasmette allo spirito quello che ha ricevuto dal corpo.

In ogni momento della vita, nell’uomo, esiste uno spirito che conserva le leggi eterne del bene e del vero in quanto sono connaturate nell’uomo, ed esse vengono unite al ricordo degli avvenimenti e delle esperienze che sono state acquisiste nel passato. Le azioni umane sono sempre condizionate da questi due fattori che ci condizionano, e se vogliamo comprendere uno spirito umano dobbiamo conoscere queste due cose, perciò primariamente dobbiamo sapere quanto delle leggi eterne gli è stato rivelato e quanti tesori del suo passato egli conserva in sé.

I tesori dello spirito non sono immutabili, infatti se la memoria scomparisse nell’uomo - e non avviene così - resta il risultato delle cose, perciò i frutti restano e diventano delle facoltà dell’uomo. Le facoltà che l’uomo acquisisce costituiscono le trasformazioni che lo spirito sa attuare sui tesori della memoria, infatti vengono abbandonate solo le singole esperienze, poiché lo spirito ne estrae il succo essenziale con cui può elevare le facoltà dell'uomo.

Nessuna esperienza viene senza portare un miglioramento, poiché ciò che resta come ricordo, viene usato dallo spirito per arricchire il contenuto della nostra vita e ampliare le nostre facoltà. Lo spirito si arricchisce in virtù delle esperienze e di ciò che ne abbiamo elaborato, sebbene nello spirito le esperienze non vengano accumulate come in un magazzino. Tutto fa crescere, perciò ci accresciamo se le nostre facoltà vengono ampliate e affinate da ciò che abbiamo imparato.

Buona erranza
Sharatan



sabato 27 agosto 2011

La serie delle distrazioni samsariche


“E’ ridicolo addossare le colpe dei nostri errori a cause esterne,
anziché alla facilità con cui siamo catturati da queste cause.”
(Aristotele)

Nel buddismo tibetano si afferma che la coscienza viene formata dai pensieri e che viene strutturata usando gli schemi mentali che sono ricavati dai nostri modi di vivere, e queste strutture servono per nascondere l’incapacità di essere e di esistere in modo autonomo. Gli uomini si distraggono inventandosi delle realtà fittizie che i tibetani chiamano “le sei sfere” e che sono costituite dalle emozioni, dai sogni a occhi aperti e dai pensieri che sorgono, che culminano e che si intrecciano uno all’altro. I pensieri sono chiamati i generali dell’ego, poiché di essi si serve l’ego per tenerci occupati e per impedirci di conseguire la consapevolezza di noi stessi.

I pensieri sono nevrotici perché hanno un corso irregolare, infatti variano nella loro carica emotiva e cambiano direzione continuamente, perciò si comportano come un destriero impaziente. La mente umana è visitata da pensieri spirituali, poi viene disturbata dalle questioni familiari, poi indugia in proiezioni rabbiose, essa elabora delle fantasie sessuali e poi passa a questioni ancora diverse, e tutto questo avviene in tutti e in ogni vita. Ogni contenuto mentale diventa funzionale per farci dimenticare la nostra impotenza se cerchiamo di ancorare il senso di noi stessi solo alla materia.

Secondo i buddisti tibetani esistono sei diversi stili di distrazione samsarica che sono utili da conoscere, perché sono sei stili di comportamento che si collocano dentro una particolare visione della realtà e che tutti usiamo, perché sono modalità di vivere e sono delle tendenze che ognuno di noi possiede in un certo modo di camminare, di leggere, di dormire o di applicarsi nella vita. Gli uomini possono sperimentare sei modi di essere e di vivere che sono delle modalità che sono percepibili anche in diversi momenti, ma poi ognuno sceglie una modalità preferenziale per vivere e l'attinge da queste illusorie forme di esistenza samsarica.

Questi stili costruiscono l’immagine del nostro sé e della realtà che viviamo sebbene siano fondati su degli atteggiamenti emotivi transitori e vengono rinforzati solo dalle nostre concettualizzazioni mentali, ma essi vengono scelti, perché ci offrono un modo di essere e di vivere che allevia le nostre insicurezze interiori fornendoci la certezza di avere una condizione definita. Sperimentiamo sempre cambiando il modo di essere e cambiando il regno in cui viviamo, infatti il mondo è un continuo mutamento, perciò anche il nostro rapporto con il mondo diventa samsara cioè un “vortice” e un flusso di confusione in cui ci troviamo avviluppati, perciò impersoniamo sei modi di essere che sono: la sfera degli dei, la sfera degli dei gelosi, la sfera umana, la sfera animale, la sfera degli spiriti affamati e la sfera dell’inferno.

La sfera degli dei corrisponde alla fissazione mentale sull’ego che si trova un approccio spirituale di tipo materiale, perciò può ricercare solo degli oggetti che vengono percepiti come solidi e concreti anziché trasparenti o eterei. La sfera è connotata dalla lotta tremenda improntata sugli estremi di successo/insuccesso, perciò si percepisce la speranza di vincere alternata alla paura di fallire. Alla fine si desidera solo l’eccitazione della sfida, per cui si perde ogni riferimento rispetto all’oggetto da perseguire, in quanto si perde il senso di quello che si sta facendo e si dimentica persino la meta da conseguire.

In questo stato avviene che l’eccitazione si fissa e diventa irrilevante ottenere o meno l‘obiettivo, infatti si oscilla tra il piacere e il dolore che diventano dei sentimenti che si confondono nell’ego. Si avverte uno stato di esaltazione in cui ci si sente come un dio, perciò il sistema è saturato dall’eccitazione che è assieme piacere e dolore: tutto quello che otteniamo diventa celestiale, perché l’ego è tanto esaltato che anche quello che è orribile, spiacevole o aggressivo è visto come magnifico, perciò vediamo l'ego che ha smarrito ogni forma di intelligenza.

L'acquisizione dell'onnipotenza è fondata sull’ignoranza e sulla presunzione, perciò la suggestione è tanto potente che sviluppa l’incapacità di provare la compassione e l’empatia che permette la comunicazione tra gli uomini. L’ipertrofia dell’ego che si crede Dio nasconde l’inganno delle catene, perciò nel buddismo si usa l’immagine del baco da seta che tesse un filo che lo avvolge fino a soffocarlo. Si sviluppa una spiritualità che usa il materialismo per alimentarsi e il meccanismo permane anche nella vita pratica, in quanto si è alla ricerca di piaceri estremi sia livello fisico che mentale, e la fissazione avviene su degli obiettivi solidi e tangibili come la ricchezza, la bellezza, il potere, la paura o la virtù, etc.

L’aspetto inquietante riguarda il senso del piacere di cui si nutre l’ego e con cui si preserva dagli attacchi, poiché sia la speranza che la paura sono smarrite e tutto ciò che si ottiene diventa irrilevante e secondario, perché l’obiettivo non è essenziale, in quanto essenziale diventa la lotta e il piacere della competizione, perciò si ricerca la gioia di lottare per la vittoria, e la lotta e l’eccitazione che consegue nutrono il senso e la forza dell’ego. La sfera degli dei non comporta dolore in se stessa e nel suo percorso, ma diventa dolorosa nella fase finale, perché fa sperimentare la verità che ogni cosa si possa cercare, ma tutto ciò per cui si può lottare non può venire mantenuto in eterno.

Il senso di beatitudine che si sperimenta comporta l’ansia di essere in condizioni precarie perché instabili e momentanee, perciò comporta la preoccupazione di conservare la condizione felice. La situazione umana è karmica e comporta l’arrivo di contrarietà e imprevisti, perciò si perde la fiducia di poter conservare lo stato beato, infatti sorge la tensione interiore e la sensazione di essere stati truffati e di non poter restare nel mondo degli dei. Quando la situazione karmica comporta le situazioni e le situazioni ci mettono alla prova, inizia a crescere la rabbia e la violenza contro chi ci ha fatto conoscere gli dei, perciò si odia doppiamente chi ci può escludere dall’onnipotenza divina.

Nel regno degli dei gelosi o “asura” si sperimenta la paranoia, infatti gli asura pensano in modo strano essendo coloro che sospettano se li vuoi aiutare credendo di poter essere vittima di un raggiro ingegnoso, ma essi sono disposti ad accusarti di egoismo se non li vuoi aiutare. Aiutare un asura equivale a fare del bene a chi interpreterà l'aiuto in modo sempre sbagliato e vedrà ogni aiuto come un tentativo di opprimere, controllare o togliere spazio al suo territorio: se non riteniamo opportuno aiutare un asura, costui diverrà rancoroso e ci accuserà di pensare solo a noi stessi, perciò ogni azione che li coinvolge può essere pericolosa.

La mentalità asura è sospettosa, è collegata alla fretta, all’azione veloce, ai risultati immediati e alla fagocitazione, perciò il carattere è poco riflessivo. Essi sono occupati a fare continui confronti, perché ricercano la sicurezza, la stabilità e la certezza di poter fronteggiare i loro nemici, quindi la loro vita è una perpetua sfida tra loro e il resto del mondo, in quanto percepiscono la continua tensione di potenziali agguati e sentono la necessità di smascherare dei complotti. Per questo gli asura si rifiutano di imparare dal mondo, poiché tutto ciò che giunge dall’esterno è percepito come potenzialmente ostile o nemico.

Nel mondo degli uomini l'occupazione è la passione, poiché essa connota la tendenza intellettuale ad aggrapparsi a ciò che la mente identifica come felicità, in quanto l’uomo sente con acutezza una separazione da ciò che crede piacevole, perciò percepisce la perdita, la povertà, la penuria e sente la nostalgia per gli oggetti piacevoli. Si crede che gli oggetti possano offrire la felicità, però ci sentiamo indegni e inadeguati per avere la felicità, sebbene ci sentiamo indegli di avere la gioia, malgrado tutto si desidera attrarre ciò che si crede piacevole, raffinato e colto, perché l’uomo è molto selettivo, intelligente e pignolo, perciò crea dei canoni e degli schemi a cui attribuisce un valore, e rifiuta e critica ciò che non rientra in questi schemi.

C’è l'atteggiamento di rifiuto o di accettazione totale di ciò che si crede uno stile personale affascinante, perciò si desidera assomigliare a chi è più intelligente e affascinante di noi: tutto ciò che rappresenta la perfezione diventa un esempio da emulare, da possedere e dominare in una sorta di gelosia e di ambizione di voler diventare l’altro. L’essenza dell’uomo è quella di voler emulare l'ideale, infatti tutti vorrebbero essere un grande personaggio fornito di fama, potere e ricchezza, perché si amano i personaggi grandiosi che sanno costruire delle cose grandiose che durano nel tempo.

Ma, sentire che qualcuno è grandioso accentua l'inadeguatezza, perciò esiste il perpetuo confronto e il continuo paragone che alimenta un rete inestricabile di desideri e di sentimenti inappagati, perché il desiderio è unito alla frustrazione. La mente dell'uomo mette al primo posto la conoscenza, la cultura e l’accumulo di concezioni, di informazioni e di sapere, poiché l’intelletto è il centro del mondo umano dell'uomo, e il rischio diventa quello di pensare troppo e di ingolfare la mente al punto da non riuscire più a imparare.

Nel mondo degli dei c’erano pensieri che offrivano la beatitudine, nel regno degli asura c’era una mente persa e offuscata dalla competizione, invece la mente umana è un tumulto di pensieri vorticosi, perché la mente logica cerca le idee, i contenuti, le immagini mentali e ama essere sempre distratta dai pensieri. Il regno umano è molto pensante, è affaccendato e intellettualmente agitato, infatti l’uomo è alla continua ricerca di novità ambiziose e questo causa molta sofferenza, perché le ambizioni possono essere frustrate.

Nel regno animale diventa lampante il motivo per cui l’uomo non si percepisce per come è, infatti la mentalità animale è seria e impegnata a vedere solo ciò che vuole, perciò percepisce solo quello che gli interessa. In questo regno non si guarda al mondo, perché si vede solo il proprio obiettivo e si avanza senza curarsi di quello che abbiamo intorno, infatti è il regno associato alla stupidità, in quanto segue l’istinto che è cieco alla ragione. Volendo raggiungere un scopo non ci si preoccupa di poter fare del male o di distruggere, perché quello che interessa è quello che vogliamo, perciò ogni errore trova una serie di giustificazioni per mantenere l’integrità di sé stessi, e ogni critica trova una giustificazione e una scusa adatta.

La mentalità animale è ingegnosa, perché vede la meta e si disinteressa dei mezzi che usa per conseguirla: è una mentalità ostinata e testarda che è priva della consapevolezza panoramica che sa vedere la vita in tutti gli aspetti, perciò non sa vedere la sua stessa assurdità. Questa mentalità non sa vedere senza usare dei paraocchi, senza usare delle barriere e senza trovare degli alibi o delle scuse, perché l’essenza animale deve accontentare velocemente i suoi desideri e le sue istanze.

L’immagine che viene usata per rappresentare questo regno è quella del maiale che annusa e mangia tutto ciò che trova senza curarsi del fatto che possa avere cibi prelibati o immondizia, infatti il maiale consuma tutto quello che trova senza curarsi di scegliere e di discriminare la qualità del suo cibo. L’importante, per il maiale, è come mangia, infatti è un animale in attività continua che vive chiuso in un cerchio perenne, in quanto l'animale non vede gli altri come uno specchio, perciò non conosce nessuna apertura, nessun abbandono e nessuna forma di autoironia verso se stesso. Lui consuma una cosa poi passa alla cosa successiva e stritola tutto quello che gli sbarra la strada perciò avanza come un panzer, perché l’importante è andare avanti.

Nel regno dei "preta" o spiriti affamatisi si viene ossessionati dal desiderio di diventare ricchi, di espandersi e di consumare sempre più, perché si avverte una estrema povertà interiore, e nessuna cosa è sufficiente a rafforzare l’orgoglio e il senso di inadeguatezza che è presente. La mentalità degli spiriti affamati è rappresentata dall’immagine di un spirito dal corpo minuscolo e dalla bocca minima fornito di una pancia enorme che non riesce mai a riempire, perché la bocca è troppo piccola per ingoiare il cibo che può placare la fame insaziabile dal ventre enorme.

La fame è perenne, perché ciò che si mangia è la cosa che si desidera e il cibo è tutto ciò che si crede appagante perciò si ricerca insaziabilmente il cibo, la ricchezza, il potere, gli abiti, il sesso, gli amici, etc. E tutto diventa una cosa da consumare e viene percepito come una preda da assaporare e ingoiare, ma solo la conquista è appagante e poi sale l’inquietudine e si ricerca la nuova preda da fagocitare per saziare la fame inestinguibile. E' il regno della ricerca di continui svaghi intellettuali, spirituali, sessuali, perché l’intelletto brucia veloce non sapendo apprezzare con sensibilità e profondità: e così non abbiamo nessuna sazietà, perché nulla è appagante se si è incapaci di apprezzarlo.

Il regno infernale è pieno di aggressività e di odio che prevalgono sull’oggetto contro cui sono rivolti, perciò la rabbia porta incertezza e indecisione, perché la violenza e la rabbia riempiono l’ambiente che risponde con pari rabbia e ira. Tutti i sentimenti distruttivi sanno saturare lo spazio e tolgono l’aria, perché tolgono lo spazio in cui si può agire, infatti tutto si blocca e la vita diventa impossibile. L’aggressività può diventare tanto intensa che anche l'uccidere diventa insufficiente per placarla, perchè la rabbia mangia dall’interno e rende distruttivi e autolesionisti, e il dolore di vivere non diventa minore se siamo aggressivi e rabbiosi contro tutto, perché dopo aver distrutto si cerca ancora uno sfogo perciò la sofferenza diventa perenne.

Lo spazio riempito di rabbia e violenza è uno spazio che rende impossibile il vivere, in quanto il tormento della distruzione vuole sempre una maggiore distruzione, infatti l’immagine dell’inferno è il fuoco perché tutta la terra diventa come uno spazio incandescente quando scoppia un incendio che mangia l’ossigeno e impedisce la vita. Distruggendo il nemico riceviamo un colpo di ritorno, e ogni colpo inflitto raddoppia la potenza del ritorno, perciò il gioco di andata e ritorno diventa un rimbalzo di violenza e di odio crescenti, infatti il regno infernale chiude ogni spazio per la risoluzione e il rimedio dell‘errore.

Il paradosso dell’inferno è pensare che l’unico modo di eliminare l’isolamento sia quello di avere una violenza sufficiente a spezzare il cerchio, però questo non crea nessuna vittoria, perché quando si crede di avere vinto una guerra di supremazia ci si ritrova soli, in quanto colui che abbiamo sopraffatto è stato eliminato ed escluso dalla nostra vita. All’inferno si rimane soli, perché l’ira riempie tutto lo spazio, e a stare soli si sente freddo, perciò l’incendio dell’ira viene a riscaldarci, ma la crudeltà della mente infernale è che la rabbia ci lega alla solitudine e al ripetersi eterno di quel gioco crudele.

Buona erranza
Sharatan

martedì 23 agosto 2011

Esserci


L’atto stesso di aspettarti di essere qualcosa, ti preclude la possibilità di farne l’esperienza. Non puoi “aspettarti” di avere un’esperienza che stai già avendo. Se invece ti aspetti qualcosa da te stesso, significa che non ne stai avendo l’esperienza. O stai sperimentando qualcosa, oppure la stai aspettando. Non puoi fare entrambi le cose allo stesso tempo. L’aspettativa sposta nel futuro quello di cui vorresti fare esperienza. Ricordalo: aspettarti qualcosa allontana da te quella cosa.

Non aspettarsi di essere continuamente in uno stato di elevata coscienza può essere il segno più sicuro di trovarsi già lì. Perciò stai attento a non crearti immagini mentali di cosa debba essere la “coscienza elevata.” A volte può avere un aspetto molto normale. Per esempio quello di farti sentire “a posto” in qualunque stato di consapevolezza ti trovi.

Quando non ti senti “a posto” nello stato di coscienza in cui ti trovi, desideri qualcosa di più, e il desiderio di qualunque cosa finisce sempre per abbassare lo stato di coscienza, perché ti fa sentire che non hai ciò che desideri, e quindi non puoi essere completamente felice. E questa è la menzogna.

Tu e tutti gli altri esseri umani potete essere sempre totalmente felici, comunque stiano le cose. I maestri lo sanno. Essere felici qui e ora, e scegliere allo stesso tempo di cambiare la situazione, non sono due cose che si escludono a vicenda. La decisione di cambiare non deve nascere necessariamente dall’insoddisfazione, dal giudizio o dall’infelicità. Può nascere da una semplice preferenza.

La Pura Creazione non c’entra nulla con il giudizio. Ricorda, il Cambiamento è un processo chiamato Vita. La decisione di cambiare è la decisione di vivere. E’ la scelta di vivere intenzionalmente, di essere la Causa e non l’Effetto del modo in cui cambiano le cose. Potete aver creato la migliore torta di mele del mondo, e desiderare ugualmente di crearne una ancora più buona. Potete sapere molte cose sul mondo, e cercare ugualmente di saperne ancor più.

Questa è la crescita, e la spinta a crescere non è un’energia negativa, ma positiva. Non è un giudizio, ma è un’intenzione. Non nasce dall’insoddisfazione, ma dalla passione. La passione della Vita per ancora più Vita. Questa passione è dentro di voi, è l’impulso che si trova dietro ogni creazione. Perciò è scritto: non giudicare e non condannare. Ma da nessuna parte è scritto: non creare e non cambiare.

Voi non potete evitare di cambiare e lo stesso vale per la Vita che vi circonda. Ma anche se non potete fermare il cambiamento, potete controllare il modo in cui il cambiamento si produce. Potete verificare il modo in cui cambiano la vostra vita e il mondo. Il modo in cui cambiate la vostra vita e il mondo intorno a voi definisce chi siete, e chi scegliete di essere.

Potete modificare il mondo in due modi. Uno dei due lo salverà, l’altro lo distruggerà. La vostra specie sta decidendo proprio ora quale strada prendere. In questo, e in tutto il resto, vi state inventando tutto. Ovvero lo state creando sul momento, tu e tutti gli altri. Siete il Creatore e il Creato, l’Alfa e l’Omega, l’Inizio e la Fine.

Perciò devi dire a te stesso e agli altri la verità: tu non sei tutto il tempo in quello che hai definito uno “stato di coscienza elevato,” ma quando ci sei, sai perfettamente che ti stai inventando tutta la tua vita. […] Nel futuro crederete in un Dio che parla continuamente a Voi e attraverso voi. Non sarà più solo un Dio da pregare.

Quando ciò accadrà, ogni cosa nel vostro mondo cambierà, perché vedere Dio in questo nuovo modo vi farà vedere anche gli altri in modo nuovo. Infatti, se crederete davvero che Dio parli a tutti e attraverso tutti, non potrete evitare di vedervi l’un l’altro in una luce diversa. E vedendovi in una luce diversa riuscirete a vedervi come la luce e la via, e non potrete trattarvi come avete fatto finora. Questo cambierà tutto. Questo semplice spostamento di percezione cambierà ogni cosa.

Eppure da un punto di vista teologico e filosofico, si tratta di un movimento molto piccolo. Siete già convinti del fatto che Dio è il Tutto nel Tutto. In futuro semplicemente includerete anche voi stessi in questo Tutto. Dove pensare di essere voi, in rapporto a tutto ciò che è? Ne fate parte, si o no? Allora se Dio è Tutto nel Tutto, e voi fate parte del Tutto, è ovvio che Dio è in voi e voi siete in Dio, e non può esserci separazione tra voi.

Finché non riuscirete a vedere Dio nel volto del vostro nemico, non riuscirete a vederlo in nessun luogo. Perché in verità, non esiste il “nemico.” Esiste solo una parte di voi che è in contrasto con l’altra parte. Dio non esiste, per voi, se lo vedete solo nelle persone che vi piacciono. Dio non è reale, se lo scoprite solo nelle cose con cui siete d’accordo.

Il vero maestro sa e capisce che Dio esiste in tutte le cose, attraverso tutte le cose, e non è assente da nulla e da nessuno. Le persone agiscono in un modo che non è vantaggioso né per sé né per gli altri perché hanno dimenticato Chi Sono. Perché è stato loro insegnato a farlo. Le vostre antiche storie parlano della separazione del Divino da voi, e la maggior parte delle storie moderne ripete ancora oggi ai giovani una versione o l’altra di questa separazione.

Fa tutto parte del ciclo del dimenticare e ricordare, che è la Vita Stessa. Ho già detto che vi muovete in circolo, dalla pienezza del conoscere al vuoto del dimenticare, per tornare di nuovo alla pienezza. Dall’Unione alla Separazione all’Unione. Dalla Coscienza Totale all’Incoscienza e di nuovo alla Coscienza Totale. Questo movimento è l’andare e il venire, l’apparire e lo scomparire, l’essere e il non essere, e quello che voi chiamate il vivere e il morire.

(Neale Donald Walsch - Il Dio di domani)



giovedì 18 agosto 2011

L’accoglienza dello spirito


“Gesù disse: Se la carne si forma dallo Spirito è una meraviglia
ma se lo Spirito nasce dalla carne
è la meraviglia delle meraviglie.
Ma di questo io mi stupisco:
come tanto grande ricchezza
abbia preso dimora in tanta povertà!”

(Vangelo di Tommaso v. 29)

Quando sappiamo di essere delle entità separate da tutte le altre ci sperimentiamo come entità particolari, perciò ci percepiamo come entità corporee fornite di sensibilità animica individuale, e questo è il sintomo che il corpo e l’anima hanno sviluppato la consapevolezza di avere un io. Se il centro del corpo fisico è il cervello, il centro dell’anima è l’io, perciò l’io rappresenta l’uomo intero, infatti ogni uomo considera il suo io come tutto il suo vero essere.

L’io è l'entità invisibile che vive nella parte più profonda del nostro mondo, perciò la percezione dell’io costituisce un fatto molto interiore e personale. Le sensazioni riguardo al mondo sorgono all’interno a causa delle stimolazioni sensoriali che giungono dal mondo, mentre i sentimenti sono prodotti dalle nostre reazioni essendo la manifestazione della nostra risonanza interiore, perciò anche la volontà è collegata al mondo esterno, infatti la volontà ci spinge e noi reagiamo usando l'azione per modificare l’esterno.

Nell’io individuale agisce la volontà che denomina e struttura ciò che l’uomo possiede nella parte più intima di sé stesso, perché l’io crea il suo mondo, infatti dicendo “io” alludiamo a ciò che non è in relazione con l’esterno, ma parliamo di ciò che è nostro e trattiamo un ambito che è esclusivo dell’individuo singolo. Con l’accrescimento, l’io acquista un maggiore controllo sul corpo e sull’anima, perciò la sua maturazione diventa visibile nella colorazione dell’aura poiché, tanto più l’io diventa maturo e tanto più varia, sfumata e ricca di colori diventa anche la sua aura.

L’influsso della maturazione dell’io è esplicito se guardiamo l’aura usando l’occhio del veggente, poiché l’io e l’aura sono invisibili, infatti l’io è custodito nel “recondito santuario” interiore e sfugge all’analisi dell’occhio fisico. L’io vive nell’anima raccogliendo e assorbendo i raggi della luce eterna che è contenuta nell’uomo, perciò nell’io si accumula l’esperienza del corpo e dell’anima, in quanto nell’io sono contenute tutte le memorie, perciò l’io contiene tutte le risorse che abbiamo accumulato nell'esistenza individuale.

L’io si pone davanti allo spirito in attitudine ricettiva e si rende disponibile affinché lo spirito si possa manifestare, infatti lo spirito penetra nell’io e gli fornisce la natura e il valore eterno che possiede, in quanto l’io riceve la natura e il valore di ciò che accetta, poiché l’io assorbe ciò a cui si collega. Il corpo fisico viene sottomesso dalle leggi del mondo minerale, il corpo eterico viene sottomesso dalle leggi del ciclo vitale, l’anima viene sottomessa dalle leggi animiche, perciò con l’accoglienza dello spirito ci sottomettiamo anche alle leggi dello spirito.

Se il nostro corpo nasce, cresce e muore, se l’elemento eterico è più permanente ma poi svanisce, tutto questo avviene perché i mondi concreti sono collegati ai valori dello spazio e del tempo, infatti questi mondi nascono e muoiono mentre, all’opposto, esiste il mondo dello spirito che non è provvisorio o effimero, perché è collocato al di sopra di quei mondi. L’io vive nell’anima e la pervade agendo sul corpo, infatti lo spirito che si è ridestato nel corpo, lo illumina e lo pervade in modo totale, perciò l’anima diventa il bozzolo dello spirito che, a sua volta, la elegge come suo ricettacolo.

Il mondo spirituale plasma l’io usando l’azione che dall’interno si proietta verso l’esterno, mentre il mondo fisico agisce usando l’azione esterna che preme l’interiorità dell’uomo. L’uomo possiede una struttura composta da cerchi inseriti uno nell’altro, perciò lo spirito vive nell’io che ne è il bozzolo, e l’io è incluso nel corpo e nell’anima: l'unità che ne risulta costituisce il sé spirituale.

Distinguere tra il sé spirituale e l’anima diventa facile sapendo che l’anima cosciente accede alla verità senza subire il condizionamento delle sue simpatie e antipatie personali, mentre il sé spirituale abbraccia solo la verità che sa accogliere e contenere, perciò la verità a cui il sé può accedere è quella che corrisponde alla sua disposizione e ricettività personale. Nel sé spirituale, dice Steiner, vive la “manifestazione del mondo spirituale entro l’io come dall’altro lato, la sensazione è una manifestazione del mondo fisico entro l’io.” Tutte le manifestazioni del mondo fisico influiscono sull’uomo causando delle sensazioni interiori, mentre le manifestazioni dello spirito si esprimono usando le intuizioni interiori.

Se il mondo fisico si esprimesse solo con le sensazioni fisiche non saremmo degli individui differenziati, infatti il mondo fisico è percepito anche dall’animale, ma una percezione superiore sorge quando la sensazione fisica è fecondata dalle intuizioni provenienti dai mondi superiori: e questa è la prerogativa degli esseri evoluti. Lo sviluppo si valuta dal modo con cui l’io vive nel mondo fisico e da come usa le intuizioni spirituali che fecondano l’anima, infatti l’intuizione è la via tramite cui l’io vive nell’anima sapendo restare recettivo allo spirito. La percezione sensoriale offre la consapevolezza di essere ancorati al nostro mondo concreto, mentre l’intuizione dona la consapevolezza del legame con il mondo spirituale, perciò entrambi i mondi vanno usati per creare una consapevolezza totale: dobbiamo saper usare i materiali spirituali come usiamo gli oggetti concreti del mondo fisico.

L’io “apre le porte da due lati” quando usa i materiali del mondo fisico fondendoli con le sue intuizioni spirituali, in quanto li usa filtrandoli con la sua modalità individuale. Il mondo materiale si offre per formare il sé donando all’io le sue materie e le sue forze per formare l’involucro fisico in cui l’anima vive e cresce, perciò il corpo è fornito di organi per sperimentare sia l’esterno che l’interno, perché gli organi possono agire nel mondo. Ugualmente avviene che il mondo spirituale offra le sue sostanze e le sue forze per edificare l’involucro spirituale in cui l’entità spirituale possa vivere e sviluppare una personale individualità spirituale.

Il corpo fisico si forma nel mondo della materia per sviluppare una individualità distinta dalle altre, perciò anche lo spirito deve sviluppare una entità spirituale unica e distinta: e l’assonanza è valida sia nel livello inferiore che in quello superiore, dice Steiner. Nel mondo concreto, la materia struttura il corpo subendo il condizionamento della qualità dell’origine e della nutrizione dell’organismo, infatti avviene che l’uomo tragga anche dal suo ambiente spirituale la natura e la struttura della spiritualità a cui è maggiormente affine e assonante.

Lo spirito è l’alimento eterno dell’uomo, ma l’uomo nasce sottomesso alle leggi fisiche, mentre lo spirito nasce dalle leggi eterne della verità e del bene, perciò anche nel mondo spirituale si sviluppa l’entità spirituale autonoma che diventa uomo spirituale. Poiché il corpo risente delle forze e degli elementi con cui entra in contatto tramite il corpo, il corpo fisico è delimitato dalla pelle fisica, così il corpo spirituale è racchiuso nei confini della sua “pelle spirituale.” La pelle spirituale racchiude e delimita il corpo spirituale e crea l’essere spirituale che percepisce lo spirito contenuto nel mondo formando l’involucro aurico spirituale. Questa pelle spirituale sa espandersi seguendo il progresso e l’evoluzione dell’essere umano, perché lo spirito possiede la capacità di espansione illimitata.

L’uomo spirituale vive nell’involucro spirituale come l’uomo fisico vive nell’involucro materiale, perciò il corpo spirituale è vivificato dalla forza vitale dello spirito come l’involucro fisico è vivificato dalla forza vitale fisica. Come il corpo fisico è dotato del corpo eterico anche il corpo spirituale è fornito del corpo che è composto dalla sostanza eterica che delimita lo spirito vitale. Anche l’entità spirituale dell’uomo è tripartita nella struttura di livello superiore, perciò l’uomo spirituale possiede lo spirito vitale che sviluppa il sé spirituale.

La costituzione dello spirito e la qualità della sua aura sono percepite solo dall’occhio del veggente che ha ridestato l’organo di percezione superiore. Il veggente vede la parte spirituale dell’aura umana e vede come questo involucro riesca ad accogliere l’alimento che giunge dal mondo spirituale superiore, perciò egli vede come lo spirito si accresca progressivamente, in virtù della nutrizione offerta dal mondo spirituale: infatti si vede l’involucro che si dilata e si accresce mentre l’alimento viene assorbito.

Chiaramente l’accrescimento considerato non è inerente alla figura fisica che può avere la dilatazione condizionata dalla struttura del corpo fisico, in quanto l’accrescimento riguarda la dilatazione che può raggiungere l’essere spirituale che diventa illimitata essendo infinita la potenzialità offerta dallo spirito. Il nutrimento che lo spirito sa contenere è trattenuto all’infinito, poiché lo spirito dura in eterno avendo un valore che non viene corrotta dal tempo e dallo spazio. Anche l’aura possiede due parti compenetrate una nell’altra, e una assume il colore e la forma che gli sono impresse dal mondo fisico, mentre l’altra parte conserva la conformazione che è condizionata dalla qualità della sua esistenza spirituale.

Anche l’io segue la medesima divisione, poiché una parte di esso attinge dal mondo concreto che crea l’involucro fisico e che gli offre il nutrimento dei suoi materiali, mentre dall’altra è sviluppata se l’io si rende ricettivo affinché lo spirito possa penetrare nell’anima per infondergli il senso della vita e per indicare l’obiettivo che deve perseguire per sviluppare. L’io “sfolgora nell’anima” mentre riceve lo spirito perciò partecipando al mondo spirituale, l’io diventa il signore del mondo degli appetiti, dei desideri e delle brame, e nella misura in cui questo avviene, anche il sé spirituale si mostra con il suo corpo astrale che è trasformato.

Tutto questo avviene quando l’io accoglie interiormente, cioè nel suo sé, l’uomo spirituale e avviene quando la forza dello spirito è compenetrata nel corpo fisico impregnandolo totalmente, sebbene il corpo che è stato così trasformato non possa essere percepito dai sensi fisici. Ogni parte che è spiritualizzata diventa osservabile solo se è esaminata dagli organi spirituali, infatti anche il corpo fisico che è compenetrato dalla massima potenza spirituale, si offre ai sensi fisici solo nella semplice struttura fisica. Sebbene il corpo ci tenga ancorati al mondo della materia, con l’accoglienza dello spirito possiamo usare le ali dello spirito per trascendere il mondo e per diventare Colui che vive in tutti i mondi.

Buona erranza
Sharatan


venerdì 12 agosto 2011

La struttura dell’uomo


"Di chi trascura la verità nelle cose piccole,
è meglio diffidare nelle grandi."
(Albert Einstein)

Siamo attratti dalle materie del mondo perché siamo sedotti dagli oggetti e la realtà si imprime in noi, perché le cose ci suscitano delle impressioni interne a cui uniamo dei sentimenti piacevoli o spiacevoli, perciò impariamo dal mondo che ci fornisce delle cognizioni sulla realtà, scopriamo i segreti della natura e indaghiamo sulle relazioni che esistono tra l’uomo e il mondo. In noi esistono tre campi distinti in modo netto, perciò il fatto di conoscere solo tramite l’uso dei sensi fisici diventa innegabile, ma è pure innegabile che il mondo esterno assuma un significato personale per il pensiero umano, infatti si aspira al dominio del mondo come un traguardo a cui dover tendere incessantemente.

Siamo uniti al mondo in tre modi, infatti abbiamo tre diversi aspetti insiti nella nostra struttura costitutiva: con il corpo sperimentiamo la realtà oggettuale, con l’anima entriamo in relazione con le sensazioni che le cose ci lasciano internamente, e tramite lo spirito che è la nostra componente divina, ci viene rivelato il senso che le cose nascondono il loro: in questo modo è chiaro il ruolo del corpo, dell’anima e dello spirito. Tramite il corpo entriamo in relazione con le cose, perché il corpo è costruito con le medesime materie del mondo perciò il corpo risuona insieme a loro, infatti sperimentiamo il mondo con i sensi e con essi possiamo conoscere anche noi stessi.

Non sappiamo percepire l’esistenza dell’anima perché essa è inaccessibile ai nostri sensi, perciò racchiudiamo in noi il nostro mondo animico e solo tramite lo spirito entriamo veramente nel mondo, poiché il mondo esterno viene riversato all’interno, perciò con lo spirito usciamo dai confini corporei quando sappiamo vedere le cose e vediamo in loro la struttura e il linguaggio dello spirito. Il linguaggio delle cose riguarda la loro natura interiore perciò questo ambito non appartiene all’uomo, in quanto la verità delle cose appartiene alle leggi dello spirito che ha infuso il suo ordine nel mondo. L’uomo può dirsi cittadino di tre mondi, dice Steiner, perché usando i sensi appartiene al mondo esterno percepito con i sensi, usando l’anima crea un mondo personale interiore, ma è solo se usa lo spirito può elevarsi in un mondo che è superiore ai primi due.

Le differenze dei tre mondi naturali sono presenti anche nella nostra struttura e riguardano le tre prospettive che possiamo usare per conoscere, infatti possiamo conoscere forme minerali, vegetali e animali così come possiamo conoscere la natura dell’uomo, poiché l'uomo “è imparentato con queste tre forme di esistenza.” Siamo affini ai minerali essendo costruiti con le stesse materie della pietra, come il mondo vegetale cresciamo e produciamo frutti e come gli animali percepiamo gli oggetti se li colleghiamo con i sentimenti che essi suscitano, perciò dobbiamo saper usare il mondo per fare esperienze.

Dobbiamo riconoscere la parentela con i tre regni naturali, poiché sono collegati a tre diversi modi di essere che sono innati nella struttura umana. Ma l’uomo è superiore all’animale, in quanto possiede “una struttura vigorosa e armoniosamente sviluppata di tutta la persona” e perché possiede un cervello che offre “la condizione prima e indispensabile per la conquista delle cognizioni superiori.” Nell’uomo non esistono solo le strutture dei tre regni inferiori, ma esiste anche la struttura specificatamente umana, sebbene siamo come minerali essendo visibili e tangibili, rassomigliamo ai vegetali per il ciclo della vita, e come gli animali abbiamo una sensibilità che plasma il nostro mondo interiore, ma l’esperienza umana è una condizione unica nel creato.

Anche la costruzione del mondo interiore è una condizione unica degli uomini, infatti ognuno costruisce il suo mondo sebbene la sensorialità sia la stessa per tutti gli uomini perciò ognuno ha la sua percezione particolare del mondo. La percezione si unisce al sentimento e riecheggia nell’uomo, ma la stessa esperienza può suscitare piacere o dolore, perciò ognuno ha la sua percezione animica. Al nostro interno abbiamo un secondo mondo che uniamo a quello esterno per agire sul mondo, ma dobbiamo usare la volontà per orientare l‘azione. La volontà ci spinge all’esterno per manifestare al mondo ciò che avviene al nostro interno, infatti “il fare” dell’uomo porta “l’impronta del suo mondo interiore,” dice Steiner.

L’anima si contrappone al mondo rivelando ciò che gli è proprio poiché insito interiormente, infatti essa forma il suo mondo interno con gli stimoli che il mondo gli impone, perciò il corpo è la base che sviluppa la componente animica, sebbene l’anima non sia condizionata solo dal corpo. Non siamo strutturati per vagare nelle sensazioni e per essere spinti dagli istinti casuali, perciò dobbiamo saper riflettere sulle nostre percezioni e sulle nostre azioni: riflettendo sulle percezioni acquisiamo la cognizione delle cose e riflettendo sulle azioni scopriamo il senso della vita.

L’uomo acquisisce il concetto di “uomo” se conosce sé stesso e se agisce orientato da un giusto pensiero, infatti l’anima deve assolvere a queste due necessità di conoscenza. Alle leggi del corpo siamo sottomessi dalla forza dell'impulso vitale, ma alle leggi del pensiero ci possiamo sottomettere per libera scelta, infatti abbiamo la libertà di scegliere la qualità del nostro pensiero. Come il corpo è diverso dall’anima così l’anima è diversa dallo spirito, infatti non possiamo raggiungere lo spirito se restiamo invischiati nei sentimenti e nelle esperienze del corpo, e se restiamo ancorati eccessivamente al mondo esterno o al mondo interno.

L’anima è la base per l’esistenza dello spirito, perciò indagando sulla natura dell’uomo e nella riflessione sul sé, conosciamo le differenze tra il corpo, l'anima e lo spirito. L’uomo comprende veramente sé stesso quando capisce l’importanza di “essere” e la qualità del suo pensiero, poiché sa differenziare il suo “fare” nel mondo, perciò il cervello è strutturato per analizzare la realtà. Il corpo è strutturato perché il cervello sia il “coronamento” dell’uomo, infatti la mente è lo strumento dello spirito, e nella sua struttura vi è la “base corporea dello spirito pensante.”

Molti credono che alle cognizioni superiori si giunga usando il calore della passione e la forza del sentimento, poiché credono che la mente sia fredda e che spenga il fuoco del sentimento, infatti così avviene nel mondo concreto delle cose concrete ma, nel mondo dello spirito, avviene all’esatto opposto. Non esiste alcuna forza che è superiore alla passione insita nei pensieri che giungono dai mondi superiori, perché essi sorgono “da sé” ma vengono conquistati solo con un “energico lavoro di pensiero.” Lo spirito non si lascia assoggettare dalla passione e dalla mente, poiché è lo spirito che li domina e li sottomette entrambi, infatti egli è il loro padrone.

Tutto nell’uomo è conformato per sviluppare le sue peculiarità perciò il cervello deve pensare, in quanto possiede la struttura minerale riflessa nell’apparato fisico cerebrale, ma il cervello nasce, cresce e percepisce usando anche le sensazioni e i sentimenti, perciò riflette anche le strutture dei regni vegetali e animali. Ma l’uomo è diverso dal minerale poiché nasce dall’organismo vivente, perciò il discendente si ricollega agli antenati continuando il ciclo vitale e completando l'evoluzione della specie. Le forme minerali hanno una struttura che usa solo le sue risorse, mentre gli organismi viventi si migliorano producendo dei discendenti, perciò la loro struttura congenita viene ottimizzata dall’evoluzione ulteriore.

La materia si modifica, ma la specie resta inalterata nella struttura e nella qualità della forza vitale, e la forza formatrice è invisibile per i sensi fisici che vedono solo la materialità del mondo concreto. E’ necessario avere l’apertura di un “organo di percezione superiore” che sa vedere la forza vitale che è oltre la forma, perciò dobbiamo imparare a vedere “la figura spirituale piena di vita” che si nasconde nell’uomo. Essa corrisponde al corpo eterico o vitale che è l’entità autonoma e reale che vitalizza il nostro involucro materiale, e che viene prodotta delle forze che creano anche il corpo fisico: coloro che hanno aperto “l’occhio spirituale” sanno vedere l’aura dell'uomo,così come l’occhio fisico vede un colore concreto.

Un corpo dimostra sempre la struttura per cui è stato creato, perciò anche il corpo eterico dimostra la struttura che lo collega allo spirito. Il corpo eterico infonde l'alito vitale perciò, dopo la morte, mentre il corpo fisico ritorna nel mondo minerale, il corpo eterico ritorna nella forza vitale dell’Anima Universale, perciò dicendo corpo eterico superiamo il senso del “corpo” come forma fisica, ma pensiamo a ciò che di animico oppure di spirituale può assumere forma. Il corpo eterico esce dall’uomo perché la sua forma oltrepassa quella del corpo fisico, e si muove con l’azione che gli viene impressa dalle sensazioni perché l’interno risponde sempre all’esterno, perciò le sensazioni raggiungano il cervello e con le sensazioni interiori creano l’anima umana. La percezione fisica è collegata alla forza vitale, perciò crea un’esperienza interiore ricca di afferenze e di reazioni che danno origine ai nostri sentimenti: e questo lavoro è svolto dall’anima senziente.

Anche l’anima è reale ma è invisibile ai sensi malgrado sia originata dalla percezione del corpo, perciò diventa visibile solo per l’occhio spirituale che vede nel mondo interno come l’occhio fisico vede il paesaggio esterno. La conoscenza dell’interiorità umana differisce negli uomini poiché chiunque può vedere al suo interno, ma vedere l’interno degli altri è possibile solo per il veggente che possiede un apparecchio percettivo superiore che è aperto. Il veggente non vede l’altro come questi percepisce sé stesso, ma lo vede filtrato dalla sua percezione, perciò un veggente percepisce “una manifestazione, una rivelazione del mondo della sensazione.”

L’anima senziente dipende dalle sensazioni del corpo e dalle sue tendenze istintuali, perciò viene sottomessa dalla forza del corpo da cui ricava l’energia che infonde nella sensazione interiore, perciò l’anima senziente dipende dalla corporeità umana. Il corpo agisce indirettamente sull’anima limitandola nell’involucro carnale, infatti l’anima è vincolata nei confini del corpo: il corpo limita l‘anima, ma l’anima va oltre il corpo, perciò sopravanza il corpo usando la sua forza potente che supera la forza del corpo. Tra il corpo fisico e quello eterico da un lato, e l’anima senziente dall’altro s’inserisce anche un corpo animico senziente, infatti avviene che la parte più raffinata dell’eterico si unisca alla parte più pura dell’anima senziente, ma può avvenire anche che la parte più grossolana possa prevalere e scegliere di essere unita al corpo fisico.

Anche l’anima ha la volontà di poter scegliere se unirsi al corpo oppure usare il pensiero per ascendere allo spirito. Ogni nostro processo fisico è anche la manifestazione di un processo vitale, infatti le sensazioni e le percezioni sorgono dall’anima, ma la sensibilità interiore viene condizionata dall’esperienza esterna. Anche l’anima senziente risente del corpo fisico, perciò usa l’uomo come un animale, perciò lo costringe con la forza degli istinti e delle passioni e usa le sue simpatie e le sue antipatie per averne il controllo.

Tutta la civiltà materialistica, dice Steiner, va pensata assolutamente così, in quanto fa una continua creazione di bisogni a cui trova modo di offrire soddisfazione, infatti costruisce dei servizi creando dei desideri e condizionando il pensiero, infatti il materialismo sfrutta le tendenze inferiori dell’anima senziente. Una grande massa di risorse mentali sono impiegate a questo scopo, e la costruzione di mezzi di trasporto e di comunicazione sempre più veloci, come il telegrafo e il telefono, sono stati creati per “soddisfare i bisogni dell’anima senziente.”

Anche l’anima senziente può scegliere se usare il livello superiore o l’inferiore, perciò può scegliere se collaborare con il sentimento o con il pensiero, infatti sceglie se vuole sviluppare creando l’anima razionale che nasce dall’evoluzione dell’anima senziente. Un organo di visione superiore sa vedere che è molto più evoluta di un anima che è schiava dei suoi capricci, perciò con il pensiero l’uomo s’innalza oltre la vita personale e conquista qualcosa che oltrepassa l’anima, perché le leggi del pensiero danno origine all’universo. L’uomo conosce la sua natura quando sa di essere incluso in questo ordine superiore, ma la verità non è soltanto presente nell’uomo, perché è innata nell’ordine del mondo,in quanto la realtà è indipendente dal sentimento umano.

Con il pensiero andiamo oltre la nostra vita personale e oltre le nostre peculiarità, perché le leggi che reggono il pensiero seguono la logica dell’universo: questo è il fatto più importante che l’uomo deve conoscere della sua struttura, infatti nell’uomo vi è l’esigenza della verità, ma essa non va collegata ai gusti dell’anima, perché la verità non usa una prospettiva unica. L’uomo ama la verità da cui ricava forza e gioia, perciò collega anche la verità delle cognizioni e alle sensazioni, ma la verità ha un significato autonomo insito nelle cose e indipendente dai gusti personali. Nella ricerca di verità l’anima si unisce a ciò a cui attribuisce un maggiore valore personale, ma il valore della verità non nasce dal capriccio dell’anima, poiché ciò che ha un autentico valore resta eterno e immutabile nel tempo, perciò è eterna e universale.

Questo fatto non è in contrasto con l’esistenza di verità transitorie che vengono superate, perciò l’uomo deve sapere che la verità intera appartiene solo a Dio, ma questo non nega il valore della ricerca della verità che può infondere “un’eterna ispirazione.” Se la verità fosse collegata al sentimento umano avrebbe una prospettiva personale e non sarebbe di soddisfazione alle aspirazioni dell’umanità, perciò essa possiede una essenza autonoma che è indipendente dalla nostra volontà.

Il bene è superiore alla volontà del singolo, perché non è sottoposto all’arbitrio dalla passione e del sentimento, infatti sia il bene che la verità sono le padrone della passione periò sottomettono anche il desiderio. Il piacere e il dolore sono prerogative dell’uomo, e l’uomo migliora se nobilita le sue passioni e le sue inclinazioni personali, perciò il bene e la verità si scelgono liberamente e non perché veniamo costretti con la forza. La verità è insita nella struttura umana, infatti l’assonanza diventa permanente se essa resta sempre presente e se diventa più potente dalla nostra volontà: quando l’anima attua la piena adesione interiore a ciò che è bene e che è vero, l’uomo s’innalza oltre l’anima senziente e sviluppa l’anima cosciente in cui può risplendere lo spirito.

Nell’anima cosciente che matura l'adesione totale risplende “una luce che è imperitura,” perciò l’anima partecipa all’elemento spirituale supremo, così come anche lo spirito accetta l'unione con l‘anima cosciente. Nella struttura umana vediamo come le forze del corpo agiscono sull’uomo traendolo verso il basso con l’azione che lo limita e lo costringe sempre più ancorato alla terra, mentre lo spirito attrae chimando l'uomo verso l’alto, perciò colmandolo di tutto ciò che è di bello e di buono può esistere, quindi diventa necessario sviluppare una sempre maggiore capacità ricettiva, perché sono tante le cose belle che possiamo avere in futuro.

Buona erranza
Sharatan



domenica 7 agosto 2011

Ciò che dorme...


“Noi abbiamo uniformato la diversità,
proprio per esserci voluti conformare all’uniformità”

(Blaise Pascal - Pensieri)

Nella tradizione orientale vi è una metafora che paragona l’uomo a una casa occupata da molti servitori che hanno abolito ogni ordine e che sono allo sbando, perciò disattendono a tutti i loro doveri. Nessuno fa quello che dovrebbe fare e tutti cercano di diventare i padroni di casa approfittando del disordine, ma questo riesce solo per breve tempo e poi tutto ritorna nell’anarchia. La cosa migliore sarebbe che i servitori si riunissero e nominassero un sovrintendente delegato che agisca per un tempo determinato e che riassegni ognuno al suo lavoro, perciò costringa i servi a fare il loro dovere.

Così la cuoca ritornerebbe in cucina, il giardiniere tornerebbe a curare il giardino e lo scudiero dovrebbe accudire i cavalli, e tutti dovrebbero accudire alla casa. Così la casa viene ripulita e riordinata perciò, quando giunge il padrone, tutto è pulito e addobbato a festa per onorare l’arrivo del vero signore. Il paragone della casa che prepara l’arrivo del padrone è una metafora che viene ripresa anche nei Vangeli e che riecheggia queste antichissime conoscenze.

L’uomo è come una casa in preda all’anarchia infatti, quando si trova alle prese con se stesso cioè quando si valuta, egli crede che tutto di sé gli sia chiaro e conosciuto, ma l’uomo è una macchina dalla struttura molto complessa, dice Gurdjieff, sia per la qualità della marcia, sia per le future potenzialità. Se fossimo sinceri e concreti dovremmo ammettere che l’uomo non conosce tutte le sue funzioni e non ne conosce neppure lo scopo, perciò dovremmo pensare che poter conoscere l’uomo sia come imparare a guidare l’automobile, l’aereo o il missile.

Tutti possono vedere questi macchinari e tutti li vedono muoversi, ma pochi sanno guidare un missile o un aereo, sebbene tutti possano essere trasportati dall’aereo o dal missile: questa cosa appare ovvia, ma diventa difficile da rapportare alla condizione umana.

Pensiamo che la natura ci abbia donato la conoscenza necessaria fornendola in modo istintivo, senza sapere che l’istinto non è sufficiente per osservarsi e per riflettere su noi stessi. Dovremmo sapere come poterci conoscere meglio per poterci ottimizzare al meglio innalzando le nostre capacità, perciò potremmo ottenere, a parità di condizioni iniziali, un risultato assai migliore.

Uno dei primi errori che facciamo riguarda il fatto di pensarci come degli “io” permanenti e immutabili, perciò la prima illusione umana è nel concetto dell’io: l’io è volubile e cambia velocemente, perché l’uomo chiama “io” ogni frutto dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti e delle sue emozioni, perciò si commette l’errore di pensarsi come una medesima e identica persona, mentre gli io sono molteplici.

Secondo Gurdjieff, l’uomo è una pluralità, perciò l’uomo diventa una legione di servitori anarchici che vivono nella casa interiore, e ogni io crede di essere la Totalità, ma ogni pensiero e ogni desiderio che si manifesta in modo prepotente vive sempre separato dalla vera Totalità.

La Totalità, nella condizione umana consueta, non esiste e non si esprime se non nel senso del possesso di un involucro fisico, qualora sia privo di menomazioni fisiche. L’uomo non ha un solo io, ma ospita una legione di io che è pari al numero dei suoi desideri, dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri, e ogni io riesce a prendere il controllo momentaneo della situazione.

Un io prende il sopravvento e diventa un tiranno per un giorno, finché viene detronizzato da un altro io, che ne prende il posto e diventa il successivo dittatore. Noi abbiamo infiniti io che ci popolano e che vivono separati dalla Totalità, per la semplice ragione che sono sempre impegnati a farsi guerra tra loro oppure sono immersi in isolamento totale e ignorano che possa esistere qualcosa oltre il loro mondo.

Ad ogni istante, l'io pensa e crea la sua realtà, perciò la realtà dell’io è indifferente al mondo reale, ma l’io crede che ciò che viene originato dall’emozione, dal sentimento e dal pensiero sia vero, perciò l'io crede di essere un Io permanente e integro.

E non c’è niente nell’uomo che possa aiutarlo ad interrompere il continuo flusso di creazione e morte, perciò l'io perpetua il ciclo nutrendolo di illusioni e di menzogne. L’uomo non si conosce e non vuole esaminare coscientemente la sua natura, infatti non vuole conoscere la verità sulla qualità dei suoi io, perché non ha il coraggio di confrontarsi con loro per conoscere la loro potenza effettiva.

Chiaramente alcuni io sono più forti di altri, perché sono stati formati dalla “forza degli avvenimenti o dagli stimoli meccanici esterni. L’imitazione, l’educazione, le letture, l’ipnotismo della religione, le caste e le tradizioni o la seduzione degli ultimi slogans” creano degli io molto resistenti e forti che sanno imporsi e che sottomettono altri io che sono più deboli.

Ma la forza che li ha generati è come quella di chi incide dei rulli fonografici, dice Gurdjieff, infatti le incisioni provengono da movimenti esterni all’uomo, e vengono imposti all’uomo, perciò lo sottomettono all’influenza del mondo, infatti gli impongono di reagire in modo automatico e meccanico: tutto avviene senza l'intervento della volontà umana.

Per questo possiamo affermare che l’uomo non è un’individualità, ma che è fatto da una moltitudine di io e che ognuno di loro si arroga il diritto di parlare in nome della Totalità, perciò dice di pensare, di agire, può fare promesse, e può essere in accordo o in disaccordo, poiché crede di essere una Totalità.

Questo spiega perché l’uomo fa sempre delle promesse e dichiara dei propositi che non attua mai, infatti decide sempre, ma poi mantiene molto raramente. Immaginiamo che un io faccia una promessa a sé stesso, ma è un io sconosciuto che è apparso improvvisamente e che sembra un pazzo, perché per vanità e per divertimento, firma assegni e contrae grossi debiti, ma poi scompare in modo improvviso, così com‘era giunto.

Chiaramente l’intenzione era solo quella di fare uno scherzo per divertirsi con la burla, ma il peso di mantenere la promessa e di saldare il debito deve essere mantenuto, perciò paga chi resta, e coloro che restano devono onorare gli impegni presi dall'io sconosciuto e poco riflessivo.

Questa è la tragedia della vita umana, quando un piccolo io accidentale si arroga un potere che non sa esercitare e poi lascia che la totalità paghi a vita, il prezzo delle scelte fatte da un io più folle e incosciente degli altri: per questo rammentiamo sempre la metafora della casa governata dai servi pigri riflettendo sulle qualità dell'uomo, raccomanda Gurdjieff.

Ricordiamo che l’uomo è costituito da due parti che sono l’essenza e la personalità. La personalità è “ciò che non è suo,” cioè tutto ciò che gli giunge dall’esterno e che egli apprende perciò riflette, poiché le tracce delle impressioni e delle sensazioni esterne restano incise nella nostra memoria.

Per questo si dice che tutto questo non è dell’uomo, in quanto tutto quello che apprendiamo dal mondo, e quello che ci viene insegnato vengono creati dall’imitazione, ma poi diventano il nucleo della nostra personalità. Il bambino non ha nessuna personalità, infatti il bambino è una pura essenza, in quanto tutti i suoi desideri, i suoi sentimenti e i suoi gesti, e tutto quello che lui ama oppure rifiuta vengono manifestati in modo pieno e con totale sincerità.

Il bambino è innocenza perché non conosce la menzogna e la dissimulazione, infatti il bimbo esprime se stesso così com’è, per questo è la manifestazione dell’essenza dell’uomo, infatti sono l’educazione e l’imitazione che vengono imposte tramite l’azione di forze esterne volontarie o involontarie che modificano la sua struttura.

Nella formazione interviene anche la resistenza che il bambino sa opporre al mondo esterno, con cui lui cerca di mantenere una discriminazione tra ciò che è suo e quello che non gli appartiene per “dissimulare ciò che è suo, ciò che è reale,” perché la personalità è una menzogna e può soffocare e uccidere l’essenza dell'uomo.

Mentre la personalità si accresce, l’essenza si manifesta sempre più raramente, perciò diventa sempre più debole, infatti l’essenza si arresta nella sua crescita a un’età molto tenera e, in qualche caso, non si può accrescere più e diventa come un feto malformato che viene abortito, perché un essere malformato non può sopravvivere.

Spesso accade che uomini maturi e sviluppati abbiano un’essenza che somiglia a quella del bambino di 5 anni, per cui tutto quello che vediamo in loro non è veramente loro ossia non gli è proprio, perché la loro personalità non corrisponde all’essenza che dovrebbero avere: l'essenza immatura si manifesta con istinti ed emozioni, perciò usa modalità espressive ed emozioni semplici che sono inadeguate alla personalità matura.

In altri casi accade che l’essenza e la personalità possano crescere insieme, vivono in armonia e si aiutano in modo reciproco, ma sono casi rari soprattutto in uomini molto colti e intelligenti. A livello di opportunità, l’essenza si coltiva meglio in uomini che vivono nelle condizioni naturali, perché crescono in condizioni più dure e imprevedibili, infatti crescono in situazioni in cui vi è sempre lotta e rischio.

Però, sempre a livello generale, in costoro si manifesta una personalità che non è molto sviluppata, perché possiedono molto che è veramente loro, ma sono carenti di ciò che non è loro, in altri termini diciamo che sono carenti di conoscenza e di cultura. La cultura crea la personalità ma, ne viene anche condizionata, perché la cultura ne è anche il prodotto, perché la cultura è il risultato di ciò che produce la persona.

Noi non ci riflettiamo mai, però nella nostra vita, tutto quello che chiamiamo civiltà, scienza, cultura, filosofia, politica e arte sono delle creazioni prodotte dalla personalità dell’uomo e questo ci fa intuire le potenzialità future. L’elemento che nell’uomo “non è suo,” è molto diverso da quello che gli è proprio, perché esso può sempre essere perduto, può venire alterato e può essere sottratto con mezzi naturali o artificiali.

Nelle scuole orientali, dice Gurdjieff, esistono dei metodi e dei mezzi con i quali si può agire sulla personalità e sull’essenza, infatti si può separare la personalità dall’essenza tramite l’ipnosi, con l’uso di narcotici particolari oppure facendo degli esercizi specifici per attuare l’operazione. L’esperienza viene fatta anche per addormentare una delle due parti, perciò si usano dei metodi per agire su una delle due parti mentre l’altra resta addormentata, in modo da poter studiare e sviluppare al meglio tutte le potenzialità.

Può avvenire che un uomo brillante e pieno di idee, pieno di simpatie e antipatie, di amore e d’odio, di desiderio e di volontà, e che sia fornito del suo punto di vista particolare sulle cose, si possa risvegliare di colpo e possa trovarsi vuoto di tutto, perciò si trovi privo di emozioni riguardo alle cose stesse.

Tutto quello che lo aveva turbato gli appare privo di significato, perciò tutto quello che cercava e sentiva precedentemente ora lo lasciano indifferente, perciò egli diventa consapevole dell’inutilità e della superficialità delle sue parole abituali. Le cose per cui era disposto a lottare e morire sono diventate sciocche, vuote e insensate, perciò sono diventate indegne di attenzione e di considerazione.

In questi casi accade, ma questi sono casi rarissimi, che avvenga la manifestazione di un’essenza già ben sviluppata e matura, anche se la personalità che la nasconde non lo è, ed è la circostanza in cui “l’essenza riunisce in sé tutto ciò che è solido e reale dell’uomo,” e questa rarità avviene perché l’essenza è restata primitiva, perché è rimasta selvaggia e infantile oppure, più semplicemente, perché l’essenza è molto stupida.

Lo sviluppo dell’essenza è il vero frutto del lavoro su sé, e nel lavoro a cui si accenna, vi è un momento molto importante in cui l’uomo riesce a discriminare tra la sua personalità e la sua essenza: il vero Io dell’individualità può crescere solo a partire dall’essenza, perché l’individualità è l’essenza che è diventata adulta e matura.

Ma, per fare accrescere l’essenza è necessario che la personalità cessi di fare pressione sull‘essenza, e la personalità fa continue pressioni ed ostacola la manifestazione dell’essenza, perché essa è la verità che vive nell’uomo. La personalità si nasconde dietro l’essenza e l’essenza si nasconde dietro alla personalità, perciò esse si nascondono a vicenda.

Nell’uomo di media intelligenza e di media cultura la personalità costituisce l’elemento attivo, mentre l’essenza è l’elemento passivo, perciò dobbiamo rovesciare la situazione altrimenti tutto resterà sempre uguale e l’evoluzione diverrà impossibile.

Perché un lavoro su di sé abbia successo è necessario che l’essenza e la personalità siano entrambi sviluppate, sebbene si creda che abbiano maggiori opportunità di svilupparsi gli uomini che vivono a contatto con la natura, ma questo è falso, perché la loro personalità è poco sviluppata. Per crescere interiormente l’uomo deve avere un certo sviluppo della sua personalità, perché l’insufficiente livello di evoluzione implica la mancanza di sapere, perciò la mancanza di materiale su cui lavorare.

Il materiale è costituito dalle afferenze che ci giungono dall’esterno, perciò il problema è nella carenza di esperienze che possano ampliare le sensazioni e le emozioni, poiché migliorano la qualità e l'efficacia delle nostre reazioni, ed è con questa manipolazione che si avvia il lavoro su sé. Senza una base di sapere consapevole non possiamo combattere le abitudini automatiche, perciò non abbiamo alcuna motivazione per reagire alla condizione usuale ed evolvere.

Nell’uomo colto che vive lontano dalle condizioni naturali perciò vive in modo artificiale avviene l’eccessivo sviluppo dell’individualità a spese dell’essenza, perciò questo diventa un male come il caso dell’uomo naturale. Quando un’essenza è poco sviluppata occorre un grosso lavoro preparatorio perché tutto sia riavviato

Ma avviene anche il caso in cui l’essenza sia stata corrotta, oppure abbia contratto un difetto irrimediabile, e sono casi che incontriamo molto spesso. In queste persone è avvenuto uno sviluppo anormale della personalità, perciò si è bloccato lo sviluppo dell’essenza a un livello talmente infimo che essa è diventata una cosa informe: questa condizione è diventata irrimediabile.

Accade sovente che l’essenza muoia mentre la personalità e il corpo restano vivi e se potessimo vedere totalmente avremmo la visione di intere metropoli in cui vivono delle persone che sono morte interiormente, però la visione di grandi città abitate dai morti viventi sarebbe insostenibile e la mente potrebbe vacillare dall'orrore, infatti molti sono morti schiacciati dal peso della verità.

Ma questa visione totale è assai rara e usualmente non avviene, perché per poter vedere è necessario essere sulla Via, in quanto normalmente tutto è sistemato in modo che gli uomini possano vedere solo ciò che gli piace o che vogliono vedere, perciò questa situazione diventa contemporaneamente sia un bene che un male: è un bene per l’uomo che vuole dormire ma diventa un male per coloro che vogliono ridestarsi.

Buona erranza
Sharatan