venerdì 30 settembre 2011

Sensibilità


“La materia ognuno l’ha sotto gli occhi,
il contenuto lo trova solo chi ha a che farci,
e la forma è un mistero per i più.”

(Johann Wolfgang von Goethe)

Comunemente si crede che le persone più semplici, più primitive e più ignoranti vivano meglio di quelle che sono più colte e raffinate, perché l’intelligenza e il gusto ci rendono vulnerabili alla durezza della vita. Si crede che l’eccesso di sensibilità sia causa di grande sofferenza, perché rende troppo consapevoli ed esposti alle trasformazioni politiche, economiche e psicologiche che avvengono nella vita. La cosa migliore dicono sia quella di restare ignoranti e insensibili, perciò molti diventano così anche se questo li porta a diventare come la pietra che è fatta di un materiale che non soffre, ma che non possiede alcuna caratteristica umana.

La sensibilità non è un difetto, ma è la dimostrazione più evidente dell’evoluzione umana, infatti l’evoluzione interiore è sempre proporzionale allo sviluppo di una grande sensibilità personale. La ricerca della sensibilità è rivolta verso l’alto, infatti la sensibilità non è nascosta nelle tendenze inferiori, perché è necessario risalire verso le dimensioni superiori della natura umana, e spingerci verso le dimensioni più sottili di cui è composta la natura degli angeli, degli arcangeli e delle gerarchie celesti superiori, al cui apice è il Signore che è l'unico che possiede la perfetta sensibilità.

Per quanto riguarda l’uomo, è certo che essere degli individui molto sensibili espone alla vulnerabilità, perciò ci espone ad una maggiore sofferenza, ma è anche vero che è solo accrescendo la sensibilità interiore che noi ci possiamo evolvere più velocemente. Dobbiamo pensare che nella natura umana esiste un livello inferiore e un livello superiore, ma finché non dominiamo le tendenze dell’egocentrismo della nostra natura non avremo nessuna sensibilità verso il mondo.

Avere maggiore sensibilità è naturale che possa arrecare sofferenza per la consapevolezza di ciò che vediamo e per l’incapacità di concepire l’ignoranza della parte più egoista e prepotente dell'umanità. Riuscire a formare un carattere che resti autonomo nei riguardi delle convenzioni del mondo è uno sforzo tremendo, e per vivere autonomamente dobbiamo rafforzare un carattere e avere forti convinzioni interiori. E’ questo il motivo per cui molti non riescono a vivere in disaccordo con le convinzioni, e non hanno la fibra necessaria per acquisire l’autonomia del pensiero, perciò non hanno il senso del loro valore personale, perciò dicono che non dobbiamo affinare la sensibilità.

La sensibilità è una facoltà che eleva, però va chiarito cosa si intende con il termine, per non correre il rischio di confondere sensibilità e suscettibilità, infatti nell'essere suscettibili si elabora il mondo con i centri inferiori, perché l'ego si è messo al centro dell’universo, e si indigna se non viene trattato con la considerazione adeguata al suo rango. Nelle persone permalose tutto ciò che contrasta e frustra il loro desiderio è un attacco, perciò reagiscono in modo molto aggressivo.

La sensibilità ci permette di approcciare al mondo in modo più impersonale e sottile, perciò tacitando la natura inferiore per fare emergere la sensitività interiore, perciò diventiamo più sensibili nel godere di ciò che amiamo, sappiamo provare la commozione e la meraviglia davanti alle bellezze della natura e alle opere d’arte. La sensibilità è una condizione che nobilita l’uomo, e la sensibilità accresciuta ci permette di percepire l’ordine divino che è inserito nel mondo, perciò impariamo a trascendere anche il senso di noi e della nostra percezione personale.

Coltivare la sensibilità permetterà all’uomo di non regredire, perché molti spingono per far regredire l’uomo al livello dell'animalità, molti non vogliono fare degli sforzi per evolvere, perciò non si educano ad una maggiore sensibilità, perciò troppi vivono sempre più delusi della vita e finiscono per indurirsi fino a calcificare. Molti soffrono per l’insensibilità del mondo, perciò vogliono stordirsi per sfuggire al male e alle ingiustizie, infatti si sentono inadeguati al mondo.

Diventa prioritario sviluppare una maggiore sensibilità per poter affrettare l'evoluzione, perché la materia psichica diventa più flessibile e più pura, e si aumenta il livello delle nostre vibrazioni in modo che, se ci eleviamo, anche il mondo diventerà diverso. Se percepiamo internamente il tocco del mondo divino, allora questo senso ci distacca dalla cecità del mondo, ma per sviluppare una sensibilità spirituale intensa e impersonale è necessario essere sensibili, perché sentiamo l'influsso che proviene dall’anima e dallo spirito: essere al riparo dall’ego non diventa un problema se eliminiamo ogni nostra natura inferiore.

La maggiore sensibilità spirituale ci apre alla luce, alla bellezza e alla felicità del mondo, e ci mette al riparo dal buio e dal dolore, perché chi è sensibile non è mai vulnerabile o indifeso, poiché la stessa sensibilità lo sa portare oltre la volgarità e la bruttezza del mondo. Niente può sporcare, perché siamo al livello che è superiore al mondo, al livello in cui si percepisce che la natura umana fa fatica ad uscire dall’ignoranza, perciò le cose si vedono in modo diverso. Diventare sensibili con la prospettiva del divino mette al riparo dal male del mondo, perché è la sensibilità stessa che diventa la migliore difesa.

Essere sensibili significa essere recettivi solo a ciò che è buono, che è bello e che è affine alla nostra natura, perciò siamo estranei a tutto ciò che è diverso, perciò sviluppare la sensibilità è mandare dei messaggi verso il cielo, perché sappiamo che qualcuno ci risponde se bussiamo. Molti usano dei mezzi chimici per proteggersi dal dolore, e si nascondono per paura di soffrire nell'evolvere, ma usano la via di fuga sbagliata.

La fuga è saltare verso il cielo, è nell'aumentare la capacità di percezione del mondo, perché nell'accrescere lo spirito si entra nel Sé superiore che pulsa nel cuore, che pensa con la nostra mente e che vive nell’anima, perciò i centri vibrano veloci uscendo dall'inerzia, e diventiamo immuni dalle pesanti vibrazioni dell’ignoranza e della bruttezza. E questo non significa che diventiamo insensibili a ciò che è ingiusto, e che volteremo lo sguardo dall’ingiustizia, perché la sensibilità ci fa vedere anche le sfumature più nascoste della natura delle cose.

Credere che essere imperturbabili significa non versare delle lacrime di compassione, di stupore o di felicità significa affermare che si vive solo per essere pietra, perché l’uomo vero trasforma le sue lacrime in una pioggia divina quando le usa per annaffiare il giardino che cura nel suo cuore, perciò piangendo ci si fortifica e si affina la sensibilità. Le lacrime dell’inganno e dell’amarezza offrono un sollievo illusorio e momentaneo, perché indeboliscono la voglia di vivere, infatti chi diventa insensibile sente ostilità verso la vita, perciò chiude tutte le porte che sono rivolte verso il mondo.

L’insensibilità non è una via ragionevole, perché anche se fossimo in grado di essere pietra, dimentichiamo che anche il granito viene spezzato usando lo strumento adatto, infatti essere granito non impedisce alla vita di spezzarci, perciò siamo esposti al rischio che volevamo fuggire vivendo nella privazione della gioia e della bellezza del mondo. Forse la pietra è più dura della persona con una carne sensibile, perciò è chiaro che i sensibili soffrono, ma il dolore in loro funziona come un pungolo che li spinge a saltare sempre più in alto.

Molti cercano le anestesie mentali perciò sopiscono la mente e il cuore con i medicinali, con le bevande, con le droghe o con le esperienze più estreme bruciando una vita che vogliono felice. La sofferenza è più accettabile se siamo lucidi e se guardiamo in faccia il dolore, perché sappiamo riflettere sul mondo e non restiamo delle vittime inconsapevoli. La sofferenza è l'accelleratore dell’evoluzione, perché la beatitudine e il benessere ci renderebbero troppo inerti e passivi, mentre la vita usa delle energie che si muovono nella trasformazione, perciò soffriamo per poter riscoprire nuovamente il valore delle cose e il senso della vita.

Dietro a ogni dolore c’è un messaggio inespresso che ci indica la qualità e la virtù che dobbiamo sviluppare, perciò i maestri dicono che nel guardare con distacco, il dolore diventa più accettabile e la sofferenza si riduce, fin quando scompare. Se vediamo il mondo con sensibilità diventiamo esseri dalla pelle molto delicata e questo richiede dolore, perché ogni evoluzione è dolorosa, in quanto per essere diversi bisogna uccidere ciò che eravamo, perciò ci richiede il coraggio di diventare superiori anche al dolore dell’egocentrismo.

Chiaramente non pretendiamo di diventare un Dio, perciò se ci offendo e ci feriscono ne soffriamo, com’è naturale sia, ma non soccombiamo al dolore riflettendo sul fatto che non abbiamo perso molto se perdiamo chi non ci ama, e che il danno è molto minore del vantaggio che abbiamo acquisito. Conservare il dolore, l’amarezza e l’offesa ci rende come una palude che accumula ciò che è negativo fino alla totale putrefazione, perciò è necessario diventare la sorgente che fa scorrere l’acqua ristagnante per rinnovarla offrendogli un nuovo corso, infatti entriamo nell’eterno fluire che rinnova continuamente il mondo.

L’amore per la vita ci rimanda indietro tutto l’amore di ciò che è buono e che è bello, e ci rimanda indietro l’amore degli esseri e dell’universo che si offrirà al nostro amore: sarà l’amore che nutriremo per il mondo che ci proteggerà dall’odio dal mondo. L’amore rigetta tutto ciò che è negativo e mantiene forti e vitali, perciò è importante capire che la nostra società abusa di calmanti, di farmaci e di esperienze estreme per tentare la fuga dal mondo, ma la fuga è momentanea, perché diventiamo le vittime che sono condannate senza saperne la ragione.

La vita resta com’è e le persone sono come vogliono essere, perciò capire che le cose non cambiano per non urtare la nostra sensibilità, mostra un’evoluzione di coscienza, per questo dobbiamo imparare che siamo noi che dobbiamo cambiare la prospettiva, e l’unico modo è quello di acquisire una sensibilità superiore. Il primo passo è diventare coscienti del nostro valore, e dei momenti che vengono a farci capire che è la maggiore sensibilità e la nostra capacità di saper provare dolore davanti alle ingiustizie del mondo che ci rende degli esseri superiori.

Il cielo non è adatto per chi è pigro o freddo verso il mondo, perché il cielo non ama chi è vuoto e superficiale, non trovando sufficiente materiale con cui poter costruire, infatti il cielo vuole chi ama e percepisce con acuta sensibilità. Il cielo dona la luce in modo diverso dai modi che noi pensiamo giusti e opportuni, perciò glorifichiamo i momenti in cui ci giunge l'illuminazione di questa maggiore sensibilità.

Con l’accresciuta sensibilità sappiamo che le cose belle vivono in noi perché sono inscritte nel nostro inconscio, ed è questa la risorsa che conserviamo e che costituisce la radice della nostra essenza, ma noi abbiamo le bellezze che abbiamo accumulato selezionando solo ciò che la sensibilità ci ha fatto vedere. Ogni volta che riviviamo noi ricordiamo ciò che vive in noi, anche se le persone fanno l’opposto e conservano solo il ricordo delle occasioni in cui sono state ferite, umiliate o spezzate dalla vita, e poi incolpano la loro sensibilità, mentre invece dovrebbero vederlo solo come il frutto dell'enorme suscettibilità che esiste nell’egocentrismo umano.

Buona erranza
Sharatan


martedì 27 settembre 2011

La vita nel sonno


“In sogno esistono chiaramente i sei sentieri illusori.
Ma quando ci svegliamo nulla esiste più,
neppure le migliaia di fenomeni.”

(Yoka Daishi)

Secondo la scienza spirituale dormiamo perché i diversi corpi di cui siamo formati si stancano uno dell’altro: il corpo fisico è affaticato dagli sforzi muscolari che compie nelle attività quotidiane e dalla gestione dei pensieri e dei sentimenti che imprimono delle modificazioni nell’equilibrio biochimico. L’uomo sano rigenera le forze con il riposo, infatti anche i pensieri e le emozioni riducono le nostre forze e l’indebolimento si ripercuote su tutto il corpo fisico che, quando è troppo stanco, non riesce più a pensare e agire: per adempiere a questa necessità il corpo fisico si rigenera con il sonno.

Il nostro corpo astrale è affaticato dal lavoro di far muovere le parti fisiche dell’organo pensante, perciò del cervello e per rigenerare le sue forze ha la necessità di separarsi per un lungo periodo dal corpo fisico. Quando è a livello astrale, perciò nel suo elemento, il corpo astrale non avverte alcuna fatica e potrebbe lavorare per decenni del nostro tempo senza essere minimamente affaticato. L’uomo subisce una forte perdita energetica quando si impegna a gestire le sue emozioni, perciò la fatica è maggiormente subita dall’involucro fisico che la riversa sul corpo astrale.

Quando siamo addormentati il nostro corpo astrale esce mentre la pressione dell’ambiente fa entrare della materia astrale indifferenziata dentro il corpo fisico, perciò la materia amorfa assume la forma dell’involucro. Quando il corpo astrale ritorna nell’involucro materiale che lo contiene, la materia astrale amorfa viene espulsa senza problemi: durante il sonno usiamo il corpo astrale lasciando il fisico nel riposo, infatti il corpo fisico è presente ma l’uomo non è più dentro di esso.

Il corpo astrale è identico a quello fisico, sia nella struttura che nella fisionomia, perché l’attrazione tra le particelle eteriche e quelle fisiche dura per tutta la vita, perciò l’influsso continua ed è presente anche nel sonno. Ma il corpo astrale immaturo ha una consistenza più densa al centro che sfuma verso i bordi dai contorni irregolari nella forma che è quella di una sfera ovoide: ma la sua struttura è condizionata dallo sviluppo evolutivo dell’organismo che lo ospita.

Un corpo astrale che è poco sviluppato, perché appartiene ad un individuo molto primitivo, possiede dei contorni molto irregolari ed è poco denso, infatti possiede poca memoria astrale. Esso è incapace di allontanarsi troppo dal corpo fisico cui appartiene, perciò anche nel sonno del corpo fisico egli giace addormentato nascosto nel suo guscio materiale. L’uomo spiritualmente primitivo usa il corpo astrale per far transitare le sue emozioni ma, quando dorme, il corpo astrale immaturo non è in grado di trattenere le sue impressioni senza l’aiuto del mondo esterno, perciò non sa esprimersi in modo astrale.

Le sue sensazioni sono legate solo al livello astrale inferiore, perciò sono eccitate solo da forme-pensiero transitorie e di natura inferiore. Il corpo astrale immaturo non sa cosa fare quando l’uomo non evoluto dorme, perché non sa selezionare gli stimoli da cui viene eccitato, perciò può anche restare a fluttuare pigramente sopra la sua forma fisica che si rigenera nel sonno. Ecco perché nell’uomo poco evoluto i principi superiori sono addormentati nello stato comatoso del suo corpo fisico: infatti l’uomo primitivo ama l'inerzia totale.

In altri casi, se il corpo astrale è poco organizzato ma più attivo, esso può fluttuare nelle regioni astrali in cui riconosce degli individui che gli sono affini, perché prediligono le medesime esperienze e si unisce agli amici per fare bisboccia. L’uomo più evoluto ha la forma del corpo astrale più definita e più simile a quella del corpo fisico, perciò la sua forma è più netta: l’uomo più evoluto non è inconsapevole del corpo astrale, perché sa pensare molto più attivamente, però durante il sonno conserva il ricordo degli avvenimenti che vive di giorno. Anche quando dorme egli resta assorbito nelle preoccupazioni, perciò seppure potrebbe vedere dell'altro, resta immerso nella nebbia dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni anche mentre è addormentato.

Solo se l’uomo è molto evoluto mentre il corpo fisico dorme, la parte astrale sa uscire dal corpo fisico portando con sé la sua coscienza, infatti il corpo astrale diventa identico al corpo fisico sebbene sia più efficiente del corpo materiale. La ricettività dell'astrale evoluto è massima, infatti esso è reattivo a tutti i tipi di vibrazione raffinata del suo elevato livello evolutivo. Nel corpo astrale evoluto non esistono reazioni per le vibrazioni dei piani astrali inferiori, perché è un corpo molto sveglio che ha la comprensione totale e istantanea di ciò che lo circonda, infatti l'astrale ha una percezione molto più evoluta di quella fisica.

Nel viaggio astrale incontriamo gli amici viventi oppure i nostri cari che sono morti, e si può comunicare con tutti gli esseri che sono svegli nel livello astrale che visitiamo. Possiamo incontrare dei maestri da cui siamo istruiti oppure delle persone a cui offrire aiuto, possiamo avere dei contatti con entità superiori, perciò durante il sonno l’uomo molto evoluto può compiere un'attiva e proficua vita astrale. Nel mondo astrale vivono le passioni e le emozioni, perciò per chi è molto passionale è la dimensione ideale per provare passioni ed emozioni eccelse con un'intensità che è insostenibile per l'involucro fisico.

Il corpo fisico subisce la fatica delle emozioni che diventano spossanti, però la fatica è inesistente nell'astrale, infatti si provano delle passioni, delle emozioni e una beatitudine immensa. Nella stessa maniera avviene anche per il dolore e per la sofferenza, che nel livello astrale possono diventare atroci e inenarrabili, ma nell'astrale abbiamo il vantaggio di poter mutare le emozioni in modo più veloce che nella vita fisica. Dominare il dolore della mente nel mondo fisico può essere un compito insostenibile, perciò qualcuno soccombe, ma nel mondo astrale è sufficiente avere la volontà di non voler soffrire, e istantaneamente il dolore scompare, perché il potere della volontà e della mente è immenso e superiore alla materia fisica.

Entrare nel mondo astrale con piena e totale coscienza equivale a gettare un ponte tra il mondo fisico e quello spirituale, perciò annullare il divario esistente tra la coscienza astrale e quella della vita ordinaria: nell’uomo molto evoluto che possiede la piena coscienza si attua una potenza totale percepita sia di giorno che di notte. Nella spiritualità si dice che ogni persona colta e istruita che ha una coscienza totale può sviluppare un corpo astrale così evoluto per usarlo come veicolo mentale, e se questo non avviene è perché l’uomo non ha fatto tutti gli sforzi necessari per sviluppare questa abitudine.

La principale difficoltà degli uomini colti e istruiti non è quella di avere un corpo astrale che è inetto, ma è quella di avere l’abitudine di agire solo per l’imposizione forzata delle abitudini del suo veicolo fisico. La più grande ignoranza è quella di non sapere che il corpo astrale può lavorare per il nostro vantaggio mentre sta agendo sul piano astrale per suo conto, perciò si ignora che la volontà umana può dirigere anche questo tipo di attività. Le persone dormono a livello astrale perché sono pigre, infatti aspettano degli stimoli fisici esteriori per poter agire, perciò esistono uomini che sono comatosi a livello fisico e astrale.

Dicono che, se un uomo è stimolato da un Maestro viene scosso a livello astrale, perché viene risvegliato alla realtà astrale che lo circonda, perciò il primo lavoro da fare è il risvegliarsi ai pensieri elevati, agli ideali nobili e nelle azioni più eccelse della natura umana. Così il tempo del sonno non sarà più il tempo vuoto e ozioso, ma sarà un periodo di elevate attività mentre avviene il riposo del corpo. Mentre ci stiamo per addormentare possiamo meditare e formulare un buon proponimento da fare mentre dormiamo, perciò se l’intenzione è definita e chiara, il lavoro astrale si farà mentre siamo nel sonno.

Il proposito sarà elaborato a livello astrale, e questo è un esercizio utile per addormentarsi bene e per esercitarsi a fare dei viaggi astrali usando la volontà. I propositi devono riguardare la volontà di offrire conforto a chi soffre, di offrire affetto a coloro che sono abbandonati nel loro dolore, di poter risolvere delle situazioni conflittuali e cose simili. E’ perciò assolutamente necessario che vi siano le condizioni di poter verificare se l’effetto è stato raggiunto, perciò dobbiamo poter testare concretamente l’efficacia della nostra azione.

L’uomo si dovrà destare a queste verità per 4 motivi che sono ineludibili:
1) perché l’evoluzione può essere lenta, ma è inesorabile
2) perché la volontà dell’essere che è consapevole di poter accellerare la sua evoluzione riconosce il valore di questo fatto, perché la consapevolezza sviluppa anche il buon senso di fare un lavoro che offre il massimo vantaggio personale
3) perché possiamo evitare il risveglio traumatico dell'impatto doloroso con la più dura realtà
4) perché possiamo esaudire il desiderio di incontrare un Maestro che sappia agire dall'esterno per incrinare il nostro duro involucro in cui giace il nostro essere per infondere delle possibilità superiori.

Secondo le dottrine spirituali, quando l’uomo è pronto il suo risveglio non può essere ritardato, e quando arriva il momento giusto, il fatto avviene in modo repentino e istantaneo. Se il risveglio è attuato si accellera anche lo sviluppo del veicolo astrale, perciò l’astrale diventa la perfetta copia del corpo fisico, ma il veicolo astrale è molto più efficiente poiché può superare tutti i vincoli del tempo e dello spazio, perciò la sua attività è molto utile anche all’uomo fisico. Nell’uomo ridestato la vita del sonno e della veglia diventano identiche, poiché si mantiene la coscienza e la memoria delle due vite, infatti la memoria astrale include quella fisica, ed è più facile che sia la memoria fisica che non riesca a conservare il ricordo della sua attività astrale.

Vi è poi il caso dei veggenti e dei medium che sanno passare dal piano astrale a quello fisico a loro piacere, e solitamente in modo inconscio, perché il corpo astrale può viaggiare nei piani cosmici per riportare le memorie e le impressioni dei mondi astrali che ha visitato. Di solito avviene che i medium conoscono a livello astrale, ma non ricordano ciò che hanno appreso quando tornano nel corpo fisico. Molto raro è il caso in cui il corpo astrale del medium conserva integralmente tutta la sua coscienza e la memoria fisica e astrale, ma questo avviene se il cervello è così raffinato e duttile che le cognizioni apprese si cesellano in modo indelebile, così come era nella veggenza totale di Rudolf Steiner.

Buona erranza
Sharatan



lunedì 26 settembre 2011

La consapevolezza è libera


“Nel tuo mondo, ciò che non viene detto non ha esistenza.
Nel mio, le parole e i contenuti non esistono.
Nel tuo mondo niente è stabile, nel mio niente cambia.
Il mio mondo è reale, mentre il tuo è fatto di sogni.”

(Sri Nisargadatta Maharaj)

“La cosa principale è essere liberi dalle emozioni negative: il desiderio, la paura, insomma i ‘sei nemici’ della mente. Una volta che la mente ne è libera, il resto viene da sé, senza difficoltà. Come un tessuto si pulisce da solo quando è tenuto nell’acqua insaponata, così la mente si purifica nel flusso della purezza interiore. Quando siedi tranquillamente e osservi te stesso, può venire in superficie di tutto. Non fare niente, non reagire: come viene se ne va, da solo. L’unica cosa che conta è l’attenzione, la totale consapevolezza di te stesso o, meglio, della tua mente.

Si, la persona, è l’unica che è oggettivamente osservabile. L’osservatore è prima dell’osservazione. Cio che è osservabile non è il vero Sé. Puoi osservare l’osservazione, ma non l’osservatore. Tu sai di essere l’osservatore ultimo per introspezione diretta, non grazie a un processo logico basato sull’osservazione. Tu sei ciò che sei, ma conosci solo ciò che non sei. Il Sé è sconosciuto in quanto essere, invece il non-Sé è conosciuto come transitorio. Ma in realtà è tutto nella mente. L’osservato, l’osservazione e l’osservatore sono costrutti mentali. Soltanto il Sé è.

Dividere ed entrare nei particolari è la natura stessa della mente. Non c’è niente di male a dividere, ma la separazione va contro la realtà dei fatti. Le cose e le persone sono diverse, ma non separate le une dalle altre. La natura è una, la realtà è una. Esistono gli opposti, ma non le opposizioni. […] C’è differenza tra azione e semplice attività. Tutta la natura è operosa. L’azione è naturale perché la natura è azione. D’altra parte, l’attività si basa sul desiderio e sulla paura, sul desiderio di possedere e godere, sulla paura del dolore e dell’annientamento. L’azione è compiuta dal tutto per il tutto, l’attività dal singolo per se stesso.

Osservala e cesserà. Sfrutta ogni occasione per ricordarti che sei in schiavitù, che quanto ti accade è dovuto alla tua esistenza corporea. Desideri, paure, problemi e gioie non possono esistere senza che ci sia la tua persona a cui apparire. Eppure, tutto ciò che accade evidenzia la tua esistenza in quanto centro di percezione. Non badare alle cose che mettono in evidenza il tuo essere e sii consapevole di ciò che evidenziano. E’ piuttosto semplice, ma va fatto. Ciò che conta è la perseveranza con cui continui a tornare a te stesso.

Il corpo è fatto di materia e ha bisogno di tempo per cambiare. La mentre non è altro che un insieme di abitudini mentali, di modi di pensare e sentire, e per farli cambiare bisogna portarli in superficie ed osservarli. Anche questo richiede tempo. Sii risoluto e perseverante, il resto si prenderà cura di sé. […] Fai ciò che hai voglia di fare. Non tiranneggiarti. La violenza ti renderà duro e rigido. Non lottare contro quelli che ti sembrano ostacoli lungo la tua via. Interessati a loro, guardali, osservali, mettiti in questione. Lascia che tutto accada, buono o cattivo che sia, ma non fartene sommergere.

La mente deve imparare che oltre il suo movimento, c’è uno sfondo di consapevolezza che non cambia. Deve arrivare a conoscere il vero Sé, a rispettarlo e a non nasconderlo come la luna che oscura il sole durante un’eclisse. Renditi conto che niente di osservabile e sperimentabile è te stesso e può vincolarti. Non prendere in considerazione ciò che non è te stesso. […] Consapevolezza è essere svegli. Inconsapevolezza significa essere addormentati. Tu sei comunque consapevole, non hai bisogno di cercare di esserlo. Devi solo avere coscienza di essere già consapevole. Sii consapevole deliberatamente e coscientemente, allarga e approfondisci la consapevolezza. Hai sempre coscienza della mente, ma non sei consapevole di essere tu ad averla.

Guardala in questo modo. La mente produce incessantemente pensieri, anche quando non ci fai caso. Quando sai cosa succede nella mente, parli di coscienza. Questo è il tuo stato di veglia: la coscienza si sposta da una sensazione all’altra, da una percezione all’altra, da un’idea all’altra, in una successione senza fine. Poi viene la consapevolezza, l’introspezione diretta nell’insieme della coscienza, nella totalità della mente. La mente è come un fiume che scorre continuamente nel letto del corpo. Tu ti identifichi per un momento con un’increspatura dell’acqua e la chiami ‘il mio pensiero.’ Tutto ciò di cui sei cosciente appartiene alla mente, la consapevolezza è il riconoscimento della coscienza in tutta la sua interezza.

Non dire ‘ognuno è cosciente’, ma ‘c’è la consapevolezza’ in cui tutto appare e scompare. Le nostre menti nopn sono altro che onde nell’oceano della coscienza. Come le onde, vanno e vengono. Come l’oceano, sono infinite ed eterne. Conosciti come l’oceano dell’essere, il grembo di ogni esistenza. Ovviamente queste sono metafore, perché la realtà è al di là della descrizione. La conosci solo se sei essa. Se non la trovi, tutto è una pena. Se vuoi vivere in maniera sana, creativa e felice, e avere infinite ricchezze da condividere, cerca ciò che sei. Mentre la mente ha il suo centro nel corpo e la coscienza lo ha nella mente, la consapevolezza è libera.

Il corpo ha le sue necessità inderogabili, la mente le sue pene e i suoi piaceri. La consapevolezza non è influenzata o alterabile. E’ lucida, silenziosa, pacifica, attenta e coraggiosa, senza desideri e paure. Medita su di essa e vedila come la tua vera essenza, cercando di essere così anche nella vita quotidiana, e la realizzerai a pieno. La mente è presa dagli avvenimenti, mentre la consapevolezza si interessa solo alla mente. Il bambino cerca il giocattolo, ma la madre fa attenzione al figlio, non al giocattolo. A forza di osservare instancabilmente, sono diventato vuoto. E da quel vuoto è tornato tutto tranne la mente, che ho perso per sempre.

Non sono né cosciente né incosciente. Sono al di là della mente e dei suoi vari stati e condizioni. Le distinzioni sono create dalla mente e si riferiscono soltanto a essa. Io sono pura coscienza, la consapevolezza indivisa di tutto ciò che è. Mi trovo in uno stato più reale del tuo. Non sono rimasto impigliato nelle distinzioni e nelle separazioni che costituiscono una persona. Finché questo corpo durerà, avrà le sue necessità come quello degli altri, ma il mio processo mentale si è già estinto.

La vita se ne andrà, il corpo morirà, ma la cosa non mi toccherà minimamente: io sono al di là del tempo e dello spazio, non sono causato e non causo niente. Ciò nonostante io solo la matrice dell’esistenza. Il desiderio di mettere fine a tutti i desideri è un desiderio molto particolare, come il timore di avere paura è un timore molto strano. Il primo ti impedisce di aggrapparti a qualcosa, e il secondo di fuggire. Puoi usare le stesse parole per descriverli, ma i due stati non sono identici. Chi cerca la realizzazione non è dipendente dai desideri, è un ricercatore che va contro il desiderio e non ci si accompagna.

Il desiderio generico di liberazione è soltanto l’inizio; trovare i mezzi appropriati e usarli è il passo successivo. Il ricercatore ha solo una meta di fronte a sé: scoprire il suo vero essere. Di tutti i desideri, questo è il più ambizioso perché niente e nessuno può soddisfarlo. Il ricercatore e la cosa cercata sono un tutt’uno: conta solo la ricerca. Il ricercatore si dissolverà e rimarrà la ricerca, perché è l’ultima realtà al di fuori del tempo. Significa rifiutare l’incompletezza e l’imperfezione. La ricerca della realtà è in sé il movimento della realtà. In un certo senso l’intera ricerca mira alla reale beatitudine, o alla beatitudine della realtà.

Ma per ricerca qui si intende la ricerca di se stessi in quanto radice dell’essere coscienti e luce al di là della mente. Questa ricerca non avrà mai fine. Ma perché avvenga un vero progresso, dovrà cessare l’affannosa e insaziabile ricerca di tutto il resto. Bisogna capire che la ricerca della realtà, di Dio, del guru o del Sé sono la stessa cosa: quando se ne trova uno, li si trova tutti. Nel momento in cui ’Io Sono’ e ’Dio’ diventano indistinguibili nella mente, accade qualcosa e tu sai senza dubbio che Dio esiste grazie a te e tu grazie a lui. I due sono uno. […] Il destino si riferisce solo al nome e alla forma. Siccome tu non sei né il corpo né la mente, non può aver controllo su di te. Sei completamente libero.”

(Da: Sri Nisargadatta Maharaj - Tu sei Quello: conversazioni col maestro, Ubaldini, 2000)


giovedì 22 settembre 2011

Il lavoro degli angeli


“La vita ci è data per uno scopo elevato
e tutti insieme siamo tenuti a servirlo;
in ciò consiste la nostra ragion d’essere.
Tutti gli uomini senza esclusione
sono schiavi di questa grandezza.”

(Georges I. Gurdjieff)

La comprensione spirituale non può essere una concezione teorica ma deve diventare un contenuto intellettuale e una forza che sostiene tutta la nostra vita, dice Steiner, perché dobbiamo pensare in modo spirituale e tendendo allo spirito, e questo pensiero deve essere una forza che vive in noi, una forza che ci sostiene e ci rende consapevoli dei processi evolutivi dell’uomo e dell’umanità: solo in questo modo la spiritualità assolve alla sua missione.

Solitamente le persone accettano della vita solo il punto di vista scientifico oppure quello spirituale, e quelli del primo tipo sono convinti che il giusto atteggiamento sia quello di coltivare solo i pensieri e le rappresentazioni del mondo per essere in grado di compiere azioni concrete in grado di produrre degli effetti visibili e tangibili. Ma è evidente che una concezione più completa del mondo richiede che le nostre rappresentazioni e i nostri pensieri debbano trovare anche altre vie oltre quelle delle azioni che sono percepibili.

Questa necessità è vitale perché chi coltiva lo spirito deve “vegliare sui segni dei tempi,” infatti molte cose accadono all’uomo soprattutto dai tempi del 20° secolo, perciò l’uomo deve acquisire la comprensione di ciò che avviene nell’evoluzione dell’umanità in cui ogni singolo è inserito. Chiaramente il modo con cui vediamo il mondo é condizionato dal tipo di maturazione che abbiamo, perciò il modo con cui l’uomo si mette in relazione con il mondo esterno è condizionato dallo sviluppo a cui l’organismo è pervenuto al suo interno.

Come l’uomo affronta un’evoluzione dallo stadio fetale alla piena maturità così pure l’umanità subisce un’evoluzione, perciò non si può vivere nel mondo restando addormentati e inconsapevoli delle forze che guidano l'evoluzione umana. E' un errore molto diffuso credere che l’umanità sia allo stesso livello evolutivo di quando avvenne il mistero del monte Golgota ai tempi di Gesù Cristo, e questo fa parte dell’errore di poter parlare dell’umanità in modo astratto e poco scientifico, perché dal 15° secolo l’umanità è entrata nel ciclo culturale dell’anima cosciente, perciò nel ciclo della responsabilità morale nei confronti delle sue azioni.

Se vediamo questo elemento così importante con cui l’umanità ha a che fare avremo il compito di assolvere anche noi a questa missione come deve farlo anche tutto il corpo umano nella sua interezza, perché il nostro è un obiettivo mondiale. A questo riguardo non si può parlare per astrazioni se vogliamo che i contenuti dello spirito diventino una forza che aiuta la nostra energia vitale, perciò non possiamo fare dei cenni generici, dice Steiner.

Infatti, se vediamo le cose in modo preciso, si deve osservare la natura dell’uomo, perciò se si esamina la sua struttura dall’alto verso il basso si vede che abbiamo l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico. L’unico elemento animico-spirituale dell’uomo è l’Io, perché è quello in cui impariamo a vivere in modo animico-spirituale, infatti l’Io ci è stato dato nel corso dell’evoluzione terrestre, ed è stato forgiato dagli Spiriti della Forma che dirigono la terra, infatti tutto ciò che entra nell’uomo vi penetra tramite l’Io.

Se non esplichiamo interamente un Io che ci mette in contatto con il mondo esterno restiamo privi di coscienza e viviamo come quando siamo nel periodo tra l’addormentarsi e il ridestarsi. L’uomo è fatto in modo complesso, perché l’evoluzione dei suoi involucri è stata lunga e ognuna delle sue 4 parti è il frutto del lavoro di un diverso ciclo evolutivo che avvenne in epoche molto antiche. Alla formazione del corpo fisico, del corpo eterico e del corpo astrale hanno contribuito tutte le gerarchie celesti, ma esse non hanno partecipato solo nel passato a questo lavoro, perché ancora oggi continuano a “lavorarci dentro.”

Tutti coloro che credono che l’uomo sia fatto solo di sangue, di carne e di ossa non conosce la meravigliosa struttura dell’uomo. Vedendo la meravigliosa armonia del corpo fisico non si può che ammettere che in tutto ciò che avviene a nostra insaputa, all'interno del nostro corpo, è frutto del lavoro che stanno compiendo le “entità spirituali delle gerarchie superiori.” Il corpo astrale è quello che è più vicino all’Io, e nell'astrale esercitano la loro influenza gli angeli che sono la gerarchia più vicina all’uomo.

Nel nostro corpo astrale vivono gli angeli e, nel tempo della veggenza atavica, l’uomo percepiva chiaramente il loro influsso tramite le immagini che sorgevano dalla sua anima, perciò l’influsso oscurava la loro ragione e li soggiogava totalmente. Per capire cosa fanno gli angeli nel corpo astrale dell’uomo dobbiamo usare un’osservazione chiaroveggente come quella antica, perciò è necessario usare una “conoscenza immaginativa” cioè un’intuizione che si basa sulla raffigurazione mentale, perciò ci diventa chiaro come l’angelo possa formare delle immagini nel corpo astrale per poterci influenzare.

Esiste un angelo per assistere all’evoluzione di ogni singolo uomo, ma esiste anche un compito che impegna tutta la gerarchia angelica nel loro insieme. Infatti gli angeli influiscono sul corpo astrale dell’uomo sotto l’impulso degli Spiriti della Forma, che è il secondo coro delle legioni angeliche, e che vengono dette Potestà. Ciò che gli Spiriti della Forma devono raggiungere con noi, fino alla fine della nostra evoluzione e anche oltre, lo devono prima sviluppare tramite le immagini e gli angeli sono incaricati di formarle all’interno del corpo astrale umano.

Se le immagini che sono formate si potessero vedere con la chiaroveggenza, e se questo ci fosse possibile noi sapremmo che le immagini degli angeli sono plasmate per degli scopi ben precisi, infatti esse vengono formate in modo che per come sorgono siano necessarie per la futura evoluzione dell’intera umanità. L’opera degli angeli persegue uno scopo che riguarda la struttura sociale futura della vita umana sulla terra, perciò nel corpo astrale essi vogliono suscitare le immagini più adeguate per favorire delle determinate condizioni sociali nella convivenza della futura umanità.

Gli angeli ci infondono degli ideali che realizzeremo in futuro e questo influsso, che noi ne diventiamo consapevoli o meno, esiste e agisce. Nel primo degli ideali che gli angeli ci infondono vi è l’impulso ad una assoluta fratellanza e all'unificazione di tutta la nostra specie, e questo migliorerà le condizioni sociali della terra: in futuro nessun uomo potrà vivere in pace la sua felicità se vedrà degli altri accanto a lui che sono infelici. Ma gli angeli non lavorano solo in senso collettivo, perché il nostro angelo lavora anche perché ogni uomo possa vedere e riconoscere nel suo prossimo, un essere divino nascosto.

Gli angeli lavorano sull’umanità affinché si smetta di vedere l’uomo come l'animale superiore, ma perché nell’uomo inizi a manifestarsi “qualcosa che viene dalle profondità divine del mondo, qualcosa che si esprima nell’esterno per mezzo della carne e del sangue.” Ecco quello che gli angeli imprimono nelle loro immagini, infatti essi vi imprimono la comprensione che l’uomo deve vedere, in ogni suo simile, l’immagine e la somiglianza della divinità.

In futuro nessuno avrà bisogno di tutelare la vita religiosa con i culti e con le istituzioni religiose, perché tutta la vita sarà una manifestazione spirituale: questo è un'altro degli impulsi che è alla base del lavoro degli angeli. Ma esiste anche un terzo scopo a cui mirano gli angeli con il loro lavoro, infatti essi ci permetteranno di “giungere allo spirito tramite il pensiero, di oltrepassare l’abisso grazie al pensiero e fare esperienza di ciò che è spirituale.”

Nel periodo dell’anima cosciente gli angeli realizzeranno: la scienza spirituale per lo spirito, la libertà religiosa per l’anima e la fratellanza dei corpi, perciò gli uomini devono essere coscienti del lavoro angelico. Questo lavoro si compie nell’uomo che dorme, cioè nel periodo che c’è l’addormentarsi e il risveglio, e anche in coloro che vivono sempre addormentati anche quando sono svegli, infatti vi sono molti uomini che dormono alle verità spirituali e davanti alle cose più importanti della vita.

Esaminando la condizione umana sono fin troppo numerosi coloro che si trovano in queste condizioni e che lasciano passare le cose senza interessarsi a nulla, e che sono indolenti e indifferenti a tutto: quando degli eventi mondiali di enorme portata passano davanti agli occhi, quando si sentono le notizie e non sentiamo il veleno di tutte le ingiustizie compiute dall’uomo vuol dire che l’incarnazione avviene in uomini dormienti che vivono passivi perché sono solo dei poltroni.

Ma anche nel corpo astrale dell’umanità sterile si attua il lavoro degli angeli, sia che loro ne siano coscienti o meno, perché l’importante è che queste cose “siano portate a coscienza da parte dell’uomo,” perché l’anima cosciente deve avere il riconoscimento di quello che viene ritrovato nel fatto che il modo con cui avverrà l’evoluzione umana dipende dall’uomo. Quello che fanno gli angeli avverrà comunque, un secolo prima o un secolo dopo, ma avverrà ugualmente, poiché tramite l’anima cosciente anche l’uomo potrà contribuire al lavoro che gli angeli compiono nell’uomo.

L’uomo ha la libertà necessaria per decidere di non farsi scappare la preziosa opportunità di partecipare alla realizzazione angelica, perciò può scegliere di andargli incontro in piena coscienza. Andare incontro in piena coscienza significa studiare la scienza dello spirito e non far altro che studiarla con l’aiuto dalla meditazione per farla penetrare nella mente, farla discendere nel cuore e farla innalzare nello spirito.

Ma è necessario saper intendere, perché per apprendere in modo consapevole non è necessario diventare un veggente, infatti ogni uomo che sia libero dal pregiudizio e che sappia usare la sua mente può studiare e può riflettere su queste idee e su questi concetti: questo è già sufficiente per avere il risveglio della coscienza umana e per liberarci dalla nostra ignoranza, per non subire ottusamente il senso degli avvenimenti del mondo, e per vivere sempre coscientemente.

Buona erranza
Sharatan


domenica 18 settembre 2011

Il consigliere chiaroveggente



Alla fine della dinastia Yaun, i mongoli governavano il Celeste Impero con il pugno di ferro e applicavano una legge marziale spietata che impediva ogni tentativo di ribellione contro l’invasore straniero. Il governo mongolo era implacabile e se le provincie non erano oppresse dai funzionari imperiali venivano dissanguate dalle cruente guerre intestine che causavano le dure repressioni del governo centrale. Ovunque era solo guerra, in quanto i signori locali erano insofferenti ai mongoli, ma non riuscivano ad allearsi per scacciare gli invasori, perciò si dilaniavano tra loro.

In quel periodo doloroso e inquieto viveva un adepto del taoismo molto stimato come studioso della fisionomia e come indovino chiamato Zhang Zhong perciò uno dei signori locali, il generale Zhu Yuanzhang, andò da lui per conoscere il suo destino. Il taoista lo guardò brevemente con gli occhi socchiusi e poi rispose: “Sono tempi duri e incerti, molti signori vorrebbero approfittare della confusione per salire al potere, e sedersi sul trono del Figlio del Cielo. Sono tempi che possono favorire le persone ambiziose, ma il cielo ha nominato solo uno come prescelto per governare l‘impero: io sono certo che quello siete voi.”

Il generale incredulo chiese: “Come potete dirlo con tanta sicurezza?” Il taoista rispose: “Sulla vostra fronte c’è l’impronta del Drago e nei vostri occhi c’è lo sguardo della Fenice che sono i simboli innegabili della regalità. Mentre vi fissavo mi è venuta una visione in cui vedevo il vostro rivale più temibile, il generale Zhen Yu Liang, che veniva ferito a morte. Anche i segni del cielo indicano che la dinastia mongola sta finendo per lasciare il posto a una dinastia nuova che saprà arrecare la pace e la prosperità all’Impero Celeste.”

Al generale piacque il responso perciò chiese al veggente di seguirlo come consigliere ma il taoista rifiutò, però il generale insistette dicendo che qualcuno doveva pur mettere fine alle lotte che opprimevano il popolo indifeso. Quelle ragioni mossero a compassione Zhang Zhong che accettò di diventare il consigliere del generale Zhu Yuanzhang accompagnandolo nelle sue campagne militari che consistevano principalmente nella lotta contro il suo rivale più temibile, il generale Zhen Yu Liang.

La lotta tra le due fazioni opposte si protrasse per molto tempo con grandi perdite di vite da ambo le parti, ma l’esercito del generale Zhu Yuanzhang era molto inferiore per il numero, perciò una sera il generale convocò il taoista e gli disse: “Ho deciso di ritirarmi, una ritirata strategica è la cosa migliore in attesa che arrivino altre forze a darmi aiuto. Se attaccassi adesso la disfatta sarebbe inevitabile.” Il taoista Zhang Zhong disse: “E sarebbe una mossa sbagliata. Fareste un grave errore di strategia, invece bisogna tener ferma la posizione combattendo fino al tramonto del sole. Domani è il giorno in cui sarete vincitore.”

Il generale fu incredulo essendo un ottimo stratega e obiettò: “Ma è impossibile! Non abbiamo alcuna possibilità di vincere! Sarebbe un massacro inutile combattere ancora per un giorno.” Il taoista rispose: “Voi dovete fidarvi di me. Vi ho sempre ben consigliato e adesso abbiamo il vantaggio di altri signori che arrivano per unirsi a noi, perciò la ritirata li potrebbe dissuadere. Ricordate che tutti amano unirsi a coloro che sono vincitori e che nessuno ama offrire la consolazione nei giorni della disfatta. Per quale utilità unirsi a chi è stato sconfitto?”

Il generale restò colpito da quelle ragioni ma si mostrò dubbioso, perciò il taoista aggiunse: “Vi ho predetto la morte del vostro avversario più temibile. Durante la battaglia, il generale Zhen Yu Liang resterà ferito in modo mortale e per domani sarà morto. Il suo esercito domani verrà sconfitto e voi sarete il vincitore.” Il generale Zhu Yuanzhang decise di fidarsi della parola dell’indovino perciò decise di combattere fino a sera per assicurarsi la vittoria e anche l’indovino voleva affrettare la fine della guerra perché voleva che le sofferenze del popolo cessassero, poiché sentiva il dolore della loro oppressione.

Zhang Zhong era esperto di arti marziali interne come tutti i taoisti, perciò decise di partecipare al combattimento e scese in campo armato solo del suo bastone, e privo di corazza perché esperto nella pratica di schivare i colpi. I soldati lo videro combattere senza risparmiarsi, perciò ne furono esaltati e lo seguirono rinfrancati dal suo esempio difendendo e tenendo la posizione fino al calare della sera quando la lotta fu interrotta per il riposo notturno.

All’alba del giorno dopo il generale irruppe nella tenda dell’indovino e gli annunciò che la predizione era sbagliata, perché l’esercito nemico era già schierato per la battaglia e sembrava che l’attacco fosse imminente. L’indovino chiuse gli occhi e respirò profondamente poi disse: “Il generale Zhen Yu Liang è morto stanotte. Lo vedo con grande chiarezza, e vedo anche i suoi ufficiali che decidono di non rivelarne la morte per non demoralizzare i soldati, infatti dicono che riposa nella sua tenda per delle lievi ferite. Adesso inviatemi per parlamentare così che possa togliermi la curiosità di sentire cosa mi raccontano.”

Per scacciare i suoi dubbi, il generale lo inviò al campo avversario con le insegne della sua rappresentanza: lo stato maggiore avversario lo ricevette schierato nella tenda del quartiere generale ma si rifiutarono di farlo parlare con il generale Zhen Yu Liang. Il saggio taoista sorrise poi disse: “Sappiamo della morte del generale Zhen Yu Liang e non è necessario che si continui la commedia. Adesso dovete scegliere di far cessare le lotte inutili e di unirvi sotto le insegne del futuro Figlio del Cielo. Scegliete ora, poiché altrimenti faremo annunciare dai nostri banditori che il vostro capo è morto e che voi mentite ai soldati portandoli verso una morte inutile.”

A quelle parole i generali rimasero impressionati dalle minacce, perciò decisero di passare dalla parte dei feudatari ribelli. Con l’aiuto dell’indovino il generale riportò dei continui successi e riuscì a sbaragliare gli avversari che incontrava sulla sua strada, finché il suo esercito fu tanto potente che seppe sconfiggere i mongoli e scacciarli dal trono. Il generalissimo Zhu Yuanzhang diventò il futuro imperatore e fondò la dinastia dei Ming che portò grande prosperità e armonia all’Impero di Mezzo, perciò l’indovino taoista pensò di avere concluso la sua missione e andò dall’imperatore per chiedere di avere congedo dalla corte.

Ma l’imperatore non voleva neppure sentirne parlare e si rifiutò di congedare il consigliere, ma il taoista si appellò ai servigi fedeli e alla loro vecchia amicizia, ma l’imperatore replicò che proprio la sua fedeltà lo rendeva prezioso anche per il futuro negli affari di stato, e che l’indovino avrebbe potuto avvertirlo dei possibili complotti che potevano orchestrare contro di lui. Il saggio replicò che desiderava continuare nella pratica della Via e che voleva restare lontano dalla vita della corte con i suoi intrighi, finché l’imperatore si adirò e ordinò che un picchetto d’onore fosse messo accanto al maestro Zhang Zhong.

Di fatto il taoista si ritrovava controllato da un drappello di soldati che avevano l’incarico di non lasciarlo mai solo e di impedirgli ogni opportunità di fuggire. Mentre l’indovino si ritirava dall’incontro con il suo signore era pensoso perché aveva osservato l’imperatore e aveva visto che la sua figura era circondata da un alone oscuro che lo seguiva e che gli volteggiava intorno al capo. Anche lo sguardo imperiale aveva perso la lucentezza della Fenice ed era diventato simile a quello ombroso della tigre mangiatrice di uomini: quei segni non indicavano nulla di buono per il futuro.

Il maestro sembrò rassegnato alla sua residenza forzata, ma dopo qualche tempo l’ufficiale addetto alla sua sorveglianza chiese di parlare urgentemente all’imperatore e gli annunciò angosciato che il taoista era scomparso mentre la scorta stava seguendo il palanchino su cui il maestro Zhang Zhong era adagiato, infatti quando erano sul più alto ponte del fiume si erano accorti che il consigliere imperiale non era più nella vettura. L’imperatore furioso ordinò di ispezionare il corso del fiume ed emanò un bando con il ritratto del suo consigliere, in cui prometteva una ricca ricompensa a chi gli avrebbe fornito delle notizie del grande maestro Zhang Zhong.

Tutte le ricerche risultarono infruttuose, ma un mese dopo arrivò un dispaccio dal governatore della provincia di Gansu in cui il funzionario gli diceva che il quattordicesimo giorno del quarto mese si era visto l’uomo del bando che varcava i confini della frontiera Ovest. La data che il funzionario indicava era quella del giorno dopo della scomparsa misteriosa nella portantina, e la frontiera Ovest era lontano 3.000 lì dalla capitale dell’impero! La cosa era inaudita, perché la distanza era incolmabile in poche ore se le testimonianze non fossero state tanto inequivocabili da indicare che la fuga di Zhang Zhong era perfettamente riuscita!

Gli avvenimenti futuri dettero ragione ai peggiori presagi che il chiaroveggente aveva intuito, infatti l’imperatore diventò paranoico e iniziò a vedere ovunque degli intrighi e delle trame, perciò fece perseguitare e mettere a morte i suoi più fedeli collaboratori. L’imperatore fece giustiziare i suoi più fedeli compagni con l’accusa di alto tradimento, perciò distrusse tutti coloro che lo avevano aiutato a conquistare il potere, avviandosi nella sua follia: dalla strage si salvò solo il veggente che aveva riconosciuto i segni della vertigine che può dare il potere e che conosceva bene come vanno le cose nel mondo dei potenti.

Buona erranza
Sharatan


mercoledì 14 settembre 2011

I fatti che ritornano


“Dammi quell’uomo che non è schiavo della passione,
e io lo porterò nell’intimo del mio cuore,
si, nel cuore del mio cuore.”

(W.Shakespeare - Amleto, atto 3, scena 2)

La storia delle nostre esperienze entra nella memoria degli schemi energetici, perciò l'impronta tende a ripetersi nelle situazioni che sperimentiamo. Solitamente si ripropongono le interazioni in cui entrano in gioco gli aspetti problematici, perciò è essenziale avere un’esperienza consapevole delle nostre reazioni emozionali. Le circostanze ritornano affinché riconosciamo ed eliminiamo i disturbi energetici delle emozioni, perciò i fatti si ripropongono per farci modificare uno schema emotivo errato.

Imparare a riconoscere la natura delle nostre emozioni aiuta il distacco dalle situazioni che ci opprimono, poiché la loro conoscenza riesce a eliminare i conflitti collegati ai modi errati del nostro agire. La libertà che si conquista è quella di vivere senza le conseguenze di scelte errate, perciò di vivere una vita libera da implicazioni karmiche. Nella vita ripetiamo spesso dei drammi in cui siamo attori o spettatori, poiché l’emozione resta intrappolata ai desideri e alle passioni dell’ego, ma l’analisi del processo deve essere frutto di una comprensione che è molto superiore all'ego.

Saper vedere che tutti gli uomini sono esseri in difficoltà e che tutti sono ignoranti dei loro meccanismi mentali ci permette di trasformare la situazione, di interrompere la condizione e di svincolarci dal ruolo che dovremmo impersonare. Anche se fossimo degli “agenti provocatori” e se il nostro ruolo potesse avviare la liberazione delle emozioni altrui dobbiamo avere il coraggio di saper vedere nelle situazioni con chiarezza. Nelle relazioni avviene di reagire in modo esagerato perciò sorge un conflitto, ma dobbiamo ricordare che tutte le reazioni sono delle aberrazioni mentali se ripetiamo sempre il medesimo copione interpretando lo stesso spettacolo e se diamo troppe repliche nella vita: lo spettacolo diventa malsano e noioso!

Logicamente ammettiamo che il provocatore e il provocato debbano avere entrambi il torto o la ragione se devono interpretare il ruolo degli opposti nello stesso dramma. Vedendo delle situazioni di vita che si ripetono sentiamo dei sentimenti dolorosi, ma l’orizzonte diventa più chiaro poiché vedere il problema stimola alla ricerca della soluzione. La ripetizione è impressa nella memoria delle nostre emozioni, perciò dobbiamo scavare in profondità per ritrovare quei frammenti di vita e poter costruire la consapevolezza totale di cose e di fatti.

La vita va sempre analizzata per eliminare limitazioni e per spezzare le catene del passato, ma dobbiamo usare la gentilezza e la compassione verso noi e verso gli altri quando facciamo questo lavoro. Tutto diventa più facile se pensiamo che tutti fanno del loro meglio per sostenere la loro vita e per impersonare il ruolo che scelgono, perciò che tutti gli uomini possono avere la difficoltà di vivere al meglio. Noi vediamo meglio i difetti degli altri perché non vediamo con lo sguardo neutrale le cose che scatenano le nostre più forti emozioni, poiché ogni situazione e ogni emozione può essere grottesca, goffa o paradossale in ognuno.

In ogni recita è possibile che l’attore possa fare un’esecuzione poco brillante, perciò questo dovrebbe eliminare la presunzione di essere sempre migliori e di avere sempre ragione. E' l’ego che ci fa restare in gioco quando non ci arrendiamo al torto perché l'ego non ama ammettere di sbagliare, perciò usa l’ostinazione e il desiderio di rivalsa come alibi per farci restare intrappolati all’interpretazione del dramma. Dobbiamo sapere che la nostra carica energetica viene magnetizzata dalle situazioni, perciò le situazioni tendono a ripetersi se l'attenzione viene predisposta a scegliere lo schema che è già noto, anche se è molto penoso.

La tragedia di molti, dice Nathaniel Branden, è che se gli uomini devono scegliere tra l’avere ragione e l’opportunità di avere benessere scelgono l'avere ragione, perché la gratificazione mentale rafforza l’autostima perciò molti preferiscono accrescere i meccanismi dell’ego piuttosto che sperimentare la felicità: e l’avere ragione è l’unica soddisfazione per l’ego che costruisce uno schema autodistruttivo. Sapere di essere infelice diventa il destino, perciò anche quando la realtà può offrirci la felicità non vogliamo sbagliare per non eliminare la gratificazione dell‘ego, perciò eliminiamo la felicità. Non è l’ego che sbaglia, ma è tutta la realtà che è in torto!

Abbandonare la presunzione aumenta la comprensione e permette di capire il vero senso delle situazioni, infatti per liberare la carica energetica emotiva dobbiamo analizzare l’emozione con lucidità distaccata. Conoscere la natura delle emozioni per riequilibrare le emozioni alle situazioni per come sono significa chiamare le emozioni con il loro nome e saper vedere il piacere, il dolore, l’imbarazzo, l’ira, la gioia, la paura, etc. per quello che esse sono nella loro essenzialità emotiva e non sentirle collegate alle situazioni.

Osservando le emozioni percepiamo la familiarità di quelle ricorrenti, perciò identifichiamo i nostri schemi emozionali più ricorrenti: e questo è il primo passo verso la soluzione dei nostri conflitti interiori. Dopo aver allentato il sovraccarico energetico delle emozioni riflettiamo ancora sugli schemi ricorrenti a cui esse si collegano, poiché gli schemi non riconosciuti si ripetono se la lezione non viene acquisita: per questo le emozioni che sorgono non vanno mai respinte, poichè esse vengono a chiedere l'aiuto della nostra comprensione.

Le emozioni sono gli indicatori di ciò che sente la nostra anima, perciò analizzare le emozioni fa comprendere cosa ci tiene incatenati agli schemi negativi che ripetiamo e che rendono infelice la nostra vita. E’ necessario lasciare che l'intensità emotiva sia espressa per riconoscere quello di cui abbiamo bisogno, ma dobbiamo evitare che la mente intervenga nell'interpretazione della realtà emotiva, perché la mente userebbe i vecchi giudizi e gli schemi che vengono dalle memorie del passato.

E, in quel caso, le circomvallazioni mentali diventano i labirinti mortali da cui non si fugge, ma il nostro obiettivo deve diventare quello di liberarci dall’infelicità e non deve essere quello di lottare contro i fantasmi. Conoscere il nostro “tema di fondo” non è sufficiente a risolvere il problema se la comprensione resta intellettuale, perché il lavoro interiore richiede il coraggio di affrontare la sofferenza e di accettare l’umiliazione dell’ego assieme al dolore della ferita che viene riaperta dalle situazioni che ritornano, e dalle memorie ridestate che ci assalgono con tutta la loro potenza.

Trovare dei dolorosi bagagli emotivi è molto duro e le reazioni possono diventare sproporzionate se gli schemi sono saturati dal dolore del passato. Nell'analisi è necessario non giudicare la proporzione e la qualità del dolore e non dobbiamo indugiare sui dettagli penosi degli eventi, ma dobbiamo essere concentrati sull’emozione che viene e che fugge. La disponibilità a non usare alcun controllo proviene dalla fiducia di poter fronteggiare ciò che conosciamo e che comprendiamo bene.

Comprendere quello che resta irrisolto è possibile se ascoltiamo le emozioni che gli eventi ci ridestano, poiché l’istinto è superiore alle spiegazioni della logica. Se la nostra vita non è riuscita oppure se tutto procede secondo le migliori aspettative dobbiamo essere sempre disponibili a migliorare i nostri atteggiamenti se vogliamo che la condizione sia sempre migliore. I maestri ci dicono che gli schemi di vita sono tracciati per offrire le migliori opportunità di apprendimento, perciò anche la vita che non è dritta può diventare diversa se sappiamo scegliere le migliori opportunità.

Se permettiamo alle cose di essere accolte totalmente, e se riflettiamo sulle nostre emozioni quando siamo nella quiete mentale vediamo lucidamente i fatti e le emozioni, infatti tutte le nostre esperienze saranno ben metabolizzare. Noi possiamo anche trascendere le apparenze se vediamo i fatti come degli addestramenti e vediamo le cose come delle opportunità per creare una realtà felice. Ognuno fa il suo percorso e ognuno procede con il suo passo, perciò ognuno sceglie il modo migliore per sviluppare il suo potenziale.

L’incarnazione è necessaria per avere l'evoluzione, perciò ognuno vede la realtà che può sostenere nella sua comprensione perciò ognuno usa la consapevolezza che sa coltivare meglio per programmare il suo viaggio. Ognuno può scegliere se vuole continuare a rimbalzare contro la realtà oppure se vuole avere la libertà di scegliere lucidamente la sua vita: imparare a dirigere le energie significa imparare a usare le emozioni per creare la realtà migliore. Quando è la competenza che possiamo conquistare se abbiamo il coraggio di conoscere lucidamente e se restiamo disponibili ai grandi cambiamenti senza venirne destabilizzati.

Buona erranza
Sharatan



domenica 11 settembre 2011

Il veleno della mente


”Per quanto sicuro e fermo tu sia, non causare dolore ad alcuno.
Che nessuno debba subire il peso della tua collera.
Se in te dimora il desiderio di pace eterna,
soffri da solo, senza che ti si possa,
o vittima, trattare da carnefice.”

(Omar Khayyam)

“Senti le tue emozioni positive. Senza forzarle, lascia loro spazio per emergere, qui e ora, di qualsiasi cosa si tratti. Una boccata d’aria fresca, l’incontro di un amico, l’emozione di un paesaggio, il sorgere di un’idea, un sorso di vino, il semplice fatto di vivere e di respirare. Questo non significa che devi bendarti gli occhi davanti al male o alla mediocrità dell’esistenza, ma che devi gustare ciò che vi è di buono in ogni situazione. E c’è sempre qualcosa di buono.

Non fuggire dalle emozioni positive, l’amore, la gioia, la dolcezza, la riconoscenza, perché sono il sale della vita, la felicità. Lascia che salgano, lascia che si espandano, gustale. Molto spesso, invece che viverle al presente, te ne ricordi al passato, le aspetti nel futuro, le scansi nella corsa, le eludi nella fretta, le anneghi in preparazioni infinite, le trascuri nella distrazione, per poi spiacerti, più tardi, di non aver colto l’occasione di provarle pienamente. Ed è così che rimani ai margini della vita.

Senti le tue emozioni negative, poiché sono i segnali che ti permettono di proteggerti e di dirigere la tua vita. Se facciamo un parallelo con la sfera del corpo, se tu non sentissi il dolore, se passassi il tempo ad anestetizzarti, rischieresti di bruciarti, di tagliarti, di finire terribilmente storpio. Ora, è precisamente ciò che ti accade di solito nella sfera dell’anima. Sei gravemente malato perché passi il tuo tempo a fuggire, a negare, a evitare il dolore in ogni modo possibile. Se vuoi che la tua anima resti intera devi rieducarti a sentire: “Qui fa male? Mi sento… umiliato, frustrato, ho paura, sono in collera, sono triste, soffro, sono pieno d’invidia, detesto, etc.”.

Non cercare di comprendere le tue emozioni. Accontentati per ora di riconoscerle e di gustare appieno il modo in cui prendono corpo: nodo alla gola, contrazione alla nuca, dolore al petto, all’addome, sensazione di oppressione, nausea, mal di testa, tachicardia, rossore, pallore, stanchezza, abbattimento. La lista non è terminata. Puoi anche dare un nome a tutto questo: paura, frustrazione, tristezza, odio, senso di colpa, invidia, etc.

Solo quando la sensazione è riconosciuta, gustata, sentita, osservata, studiata nelle sue manifestazioni fisiche, senza che i pensieri fuggano dal qui e ora della sensazione, solo quando si è compiuto questo lavoro la si può lasciar partire. Allora, e solo allora, l’emozione ha svolto il suo compito di messaggera. Le emozioni - non i discorsi con i quali ti si abbevera, né quelli che rivolgi a te stesso - le tue emozioni, dicevo, sono i migliori informatori sulla tua vita, sul mondo che ti circonda, su ciò che devi fare e soprattutto evitare di fare. Sii molto attento alle emozioni che le persone che ti circondano suscitano in te. Che questo ti aiuti a scegliere le tue relazioni, i tuoi amici, i tuoi amori.

Mentre fuggi spontaneamente dal dolore fisico (chi mai lascia la sua mano su una fiamma troppo a lungo?) bruci te stesso senza fine con pensieri che ti torturano. Sai in quale stato si trova la tua anima? Non fino a che non avrai acquisito e addestrato pazientemente la tua sensibilità alle emozioni, la tua vigile presenza alla sofferenza. Non si fugge spontaneamente dal dolore morale: occorre imparare a farlo.

Impara a riconoscere le tue intime asperità, ciò che ti attira fatalmente, i tuoi riflessi malefici, le tue parti morte, le tue zone anestetizzate. Poi, inizia a rieducarti. Nessuno può farlo al tuo posto. Nessuno può sentire per te. L’emozione è la nostra interfaccia con il mondo. Se la nostra anima avesse una pelle, il suo tatto sarebbe l’emozione. L’armatura che hai posto sulla tua anima per proteggerla dai colpi non lascia passare nemmeno le carezze. Le ferite sono le nostre più grandi ricchezze. Tengono aperto il cammino che porta al cuore.

Quando geli il tuo cuore perché non senta la sofferenza, muore anche per la gioia. Non diventare un morto-vivente! L’insensibilità alla sofferenza comporta la morte dell’anima. Dal momento in cui non viviamo più le nostre emozioni, cominciamo a proiettarle, a illuderci, a perderci nella confusione. Dal momento in cui fuggiamo o neghiamo la sofferenza, dal momento in cui abdichiamo alla nostra lucidità, dal momento in cui ci anestetizziamo, spuntano le corna del diavolo. I dannati bruciano all’inferno perché la loro anima non sente più niente.

Di fronte alle emozioni sono possibili due atteggiamenti. O le attualizziamo, ovvero le sentiamo, le viviamo pienamente, le percepiamo nettamente come eventi del nostro flusso d’esperienza. Oppure le sentiamo solo a metà, pensiamo che rappresentino la realtà, e allora, in maniera del tutto naturale, le realizziamo. Quando le emozioni si realizzano, ovvero quando comportano indefinitamente altre emozioni e altri pensieri, quando si trasformano in parole, quando ci spingono ad agire, ci rinchiudono ancora di più nella prigione reale che non smettiamo di produrre: l’illusione.

Se non sentiamo le nostre emozioni negative, queste si materializzano nel nostro corpo sotto forma di malesseri o di malattie, in azioni irreversibili, nelle situazioni che fabbrichiamo. Le emozioni negative, represse, agite, proiettate, materializzate, invece di essere sentite divengono pesi sempre più pesanti che trasciniamo come palle al piede per tutta la vita. Invece di essere liberate in piena coscienza nella sensazione, si accumulano nel nostro corpo, nel mondo che abbiamo prodotto. A partire dal giorno della nostra presa di coscienza, una parte essenziale della nostra “terapia” consisterà nel bruciare questo accumulo, nel vivere finalmente queste emozioni, attraverso un lungo, doloroso e indispensabile processo di lutto.

L’emozione negativa è una massa fluttuante, un ammasso inconscio di virtualità impersonali, un cupo banco di nuvole pronto a scaricarsi in pioggia di dolore su coloro che non la riconoscono. Più vuoi sottrarti al dolore, corazzare le tue ferite, negare il male, riparare l’irreparabile, più cresce inesorabilmente la palla di sofferenza che ti perseguita. E’ perché rifuggiamo la sofferenza cosciente che ci troviamo sperduti negli infiniti labirinti della sofferenza cieca. Sviluppa la tua capacità di sentire la sofferenza al fine di salvarti dalla sofferenza. Tutto ciò che rifiutiamo di sentire si materializza e ci avvolge. Chi non elabora il proprio lutto si costruisce una dimora di morte.

La sofferenza - o l’emozione negativa - è un male virtuale che si realizza quando non viene vissuto per intero. Si concretizza dentro di noi, si trasmette ad altri, s’incarna nel funzionamento patologico di una coppia, di una famiglia, di un’organizzazione, di una società. Il male materializza un’emozione negativa non liberata. Invece di rimanere virtuale, invece di venir riconosciuta e ascoltata come segno, come messaggio, l’emozione prende corpo e diventa il male nel mondo.

Se non si osa vivere la propria collera, si fabbrica un mondo aggressivo. Delle due l’una: o abbiamo represso la nostra aggressività, e non siamo più in grado di dire “no” e lasciamo sviluppare attorno a noi situazioni e persone aggressive. Oppure trasformiamo in atto la nostra collera invece di viverla e suscitiamo in tutta risposta l’aggressività che abbiamo rifuggito con la nostra azione. E’ così che si materializza l’aggressività non vissuta. Se non abbiamo avuto l’audacia di vivere dolorosamente e a fondo la nostra frustrazione, se non abbiamo elaborato il lutto dell’oggetto, allora creiamo un universo di desideri permanenti.

Se tutte le emozioni non vissute si materializzassero, allora una persona che vivesse le proprie emozioni integralmente, invece di giudicarle, di agire o di reprimerle, smetterebbe di materializzare un mondo. Colui che non ha guardato in faccia il suo senso di colpa crea un mondo di accusatori. Il vile che teme la propria paura s’inventa un mondo minaccioso. Chi rifiuta di vivere la sua collera che brucia, genera un mondo di odio. L’avido che rifugge il suo sentimento di mancanza e di povertà fabbrica un universo di frustrazione.

Ma ecco il peggio: colui che si rode nella collera e nell’odio di sé farà vivere agli altri la sua collera e il proprio odio invece di viverli per se stesso; l’essere attanagliato da uno spavento che non sa confessare a se stesso farà vivere gli altri nella paura, e così via. Quello che una persona ci fa provare è un indice eccellente di ciò che la abita senza che essa voglia sentirlo.

Se senti le tue emozioni negative completamente e onestamente, non le farai vivere agli altri. Avrai infranto, almeno per quanto ti riguarda, la fatale catena della trasmissione della sofferenza, ed è il più grande favore che tu puoi fare al mondo. L’arrogante crepa di fifa. I terroristi sono abitati dalla paura. Coloro che umiliano si sentono inferiori. Si è cattivi perché ci si detesta. Come un’industria inquinante che emette veleni nel suo ambiente invece di filtrarli, colui che fa soffrire gli altri soffre senza accettare consapevolmente la propria sofferenza. Nel momento in cui riconosco in me i veleni della mente e li filtro invece di riversarli “all’esterno,” contribuisco al risanamento del mio ambiente mentale.”

(Pierre Lévy, Il fuoco liberatore, Sassella ed., 2006)