martedì 27 gennaio 2009

Il risveglio dello sciamano



Le esperienze sciamaniche come i risvegli spirituali, sono spesso preannunciate da intense esperienze interiori, da chiamate costituite da malattie gravi, da esperienze di pre-morte, da periodi di quasi insanità o da sogni di grandi figure spirituali. I nostri problemi più grossi sembrano essere designati per interrompere la nostra vita e risvegliarci alla nostra capacità completa, allo spirito del guerriero e alla morte, per porre fine alla nostra precedente personalità e per trovare la via del cuore.

Secondo Don Juan, lo spirito determina il modo in cui ci identifichiamo, cioè se resteremo una persona media, se diventeremo visionari o se diventeremo guerrieri capaci di sentire e di seguire i segnali ed il potere della terra.
Le abilità sciamaniche iniziano quando si inizia a credere alla realtà dello spirito: in quel momento si trasforma qualcosa e sviluppiamo un’attenzione profonda, una concentrazione sugli eventi che è senza dubbio eccezionale e che gli sciamani chiamano l'attività del corpo che sogna. Questo strumento sciamanico di base è l’attenzione al processo del sognare che sposta l’attenzione alla nostra vita interiore e che attiva la trasformazione personale.

Ma questo non dipende dalla volontà, perché si può lavorare per rendere la nostra vita interiore più ricca ed intensa, ma il sapere usare con successo la propria attenzione è una benedizione che non ha nulla a che vedere con la volontà: è un talento personale.
I maestri interiori ed esteriori possono spingere e pungolare come vogliono, ma è necessaria la scelta dello spirito per cambiare i propri nessi con la realtà. Questi nessi sono quelli che costituiscono le nostre certezze e sono:

• il modo in cui ci identifichiamo
• il modo in cui facciamo comunicare le nostre varie parti
• il modo con cui ci comportiamo
• il nostro senso della realtà

Se tutti hanno delle doti sciamaniche ed intuitive, non tutti sono in grado di usare tali capacità a loro comando, perché l’abilità sciamanica è un talento di cui non si può disporre a proprio volere. Secondo gli aborigeni australiani, le abilità sciamaniche appartengono alla gente e al mondo, infatti “sogniamo come individui solo perché sogniamo tutti insieme.”
Così la sciamana guarisce senza identificarsi come guaritrice, come il maestro di arti marziali lotta senza farsi coinvolgere emotivamente nel combattimento.

L’idea di base è che l’identità sia un processo momentaneo ed il modo con cui ci si identifica, sia un processo dinamico che cambia continuamente. Il lavoro sciamanico consiste, non tanto nel fare cambiare ulteriormente l’ego, bensì nello sviluppare una consapevolezza del cambiamento.
Lo scopo a cui tende un guerriero sciamano è sviluppare la seconda attenzione perché ciò porta a vivere il corpo che sogna e a trovare un sentiero del cuore. I guaritori ed i ricercatori spirituali usano molti nomi per sperimentare un senso di benessere ma gli sciamani usano il termine corpo che sogna per indicare un senso di potere. La cadute al mondo e le ascese ai cieli sono compiute vivendo nel corpo che sogna, e costituiscono le forme più arcaiche di spiritualità.

Imparare la percezione sciamanica della realtà significa lavorare su due livelli di attenzione, infatti gli sciamani devono vivere sia la loro vita quotidiana, che don Juan chiama la “prima attenzione” ma anche a tutti gli aspetti insoliti che si celano dietro gli aspetti ordinari di coscienza, cioè ad una “seconda attenzione” che percepisce il sogno, o meglio i sogni che le persone vivono.
Quindi la prima attenzione è necessaria per vivere nel mondo in cui si deve apparire, mentre la seconda attenzione si focalizza sulle cose che comunemente si trascurano, sulle esperienze interiori, su cose soggettive, su cose apparentemente irrazionali. E’ la seconda attenzione che apre la porta al mondo del sogno, alle coincidenze, agli incidenti ed ai lapsus che avvengono durante il giorno.

Il compito dei guerrieri sciamani è di seguire, sentire ed analizzare queste sensazioni e di girovagare lungo sentieri simili a quelli dei sogni notturni; per questo prima di essere guerrieri è necessario diventare cacciatori, cioè essere capaci di capire, seguire ed analizzare le tracce e le impronte del tempo del sogno nel nostro mondo.
Un cacciatore è colui che capisce la realtà e che nota quando dei processi inusuali stanno per accadere, ma il processo di individuazione e di consapevolezza crea il guerriero. In quanto guerrieri si può usare la seconda attenzione, si può uscire dal tempo e uscire dalla ruota della vita e della morte: il passo successivo è l’insegnamento della via del cuore.

Dopo essere divenuti guerrieri sciamani, saranno i segnali ed i fenomeni secondari che ci accadranno continuamente e che si manifesteranno sotto forma di incidenti, lapsus e sincronicità. Tutti questi elementi si manifesteranno senza che ci sia l’apporto della volontà personale e le persone noteranno le nostre trasformazioni perché saremo divenuti strani, impossibili, incomprensibili o stravaganti agli occhi degli altri.

Le sciamane si specializzano nella guarigione quando sviluppano la seconda attenzione per guarire ed aiutare gli altri, oppure diventano sciamane guerriere che sviluppano abilità per l’autoconoscenza e per lavorare su sè stesse, e che così cercano la chiave del potere e della liberazione: vi sono quindi sciamane guaritrici e sciamane guerriere.

Questi poteri di medicina o di visione parapsicologiche, sono considerati però di secondaria importanza nelle tradizioni guerriere poiché tali tradizioni considerano primario lo sviluppo di un individuo visionario, etereo e flessibile, il cui scopo è abbracciare un sentiero spirituale: i nativi americani chiamano questo lavoro il “sentiero rosso.”
Buona erranza
Sharatan

martedì 20 gennaio 2009

Come un bambino in uno stanzino



Le emozioni oscure e il lato più oscuro di noi, non sono cose che possiamo ignorare o mettere da parte impunemente, non possiamo dire che dobbiamo essere migliori o più spirituali e non avere più emozioni oscure. E’ solo con la coscienza, che fa parte del veicolo corporeo, che possiamo lavorare in profondità su questo lato oscuro di noi.

In generale si considera che l’amore e l’armonia intima siano come forze espansive, e che abbiano una forza che si irradia verso l’esterno, verso gli altri, e che tale forza sia capace di espandersi in tutte le direzioni. Nella manifestazione di queste forze positive, l’energia vitale circola in tutti i chakra e non trova punti di blocco che causano contrazioni o punti di blocco energetico.

Le emozioni oscure sono invece emozioni di tipo magnetico, sono forze che si coagulano comportando dei blocchi e delle contrazioni di forza vitale, perciò sono capaci di danneggiare la nostra salute sia fisica che mentale.
La rabbia è una forma estremamente insidiosa di blocco energetico, poiché costituisce una forma di paura, e la paura è intimamente connessa con le funzioni della sopravvivenza, per questo la rabbia e tutte le forme di paura reattiva si governano con fatica.

Quindi il primo passo da fare, per risolvere le emozioni oscure e la paura, è di vedere il vero posto che queste emozioni occupano in noi e di perdonare il nostro sé per il fatto di avere questa natura paurosa, che si contrae e che si ritrae di fronte agli altri. Bisogna comprendere che i lati oscuri, quelli che dimostrano paura e timore degli altri, manifestano una viva preoccupazione per il nostro benessere e per la nostra integrità; per questo essi hanno bisogno di essere rassicurati, confortati e sostenuti come dei bambini impauriti. Allora quel bambino impaurito siamo noi e non possiamo certo restare chiusi nello stanzino buio, isolati da tutti ed occupati solo a farci del male.

La giusta risposta del ricercatore spirituale, deve essere quella di accettare anche i lati meno nobili del sé: è un dovere che abbiamo verso noi stessi. Tutti gli oggetti della nostra rabbia, del nostro risentimento, delle nostre paure, non sono altro che altre parti del nostro sé, sono la nostra ombra personale: odiare questi lati significa odiare una parte di noi. Invece, quando guardiamo queste parti meno nobili dovremmo vedere spiritualmente, come in uno specchio, riflesse delle parti che ci piacciono e delle altre che rifiutiamo. Dovremmo poi pensare che le forze più oscure agiscono come forme vampiriche che ci sottraggono l’energia e la forza vitale, e dovremmo cercare il modo di uccidere questi vampiri mentali.

Il solo modo positivo è quello di accettare nel cuore quella forma vampirica che ci appartiene, quelle sensazioni negative che rifiutiamo e che non accettiamo, ed ammettere che noi siamo anche quello. Dobbiamo accettare il fatto che siamo esseri imperfetti e anche molto impauriti, che siamo esseri che temono il conflitto e la sofferenza. Dobbiamo capire che è naturale che un essere umano sia pauroso ed imperfetto, perché il veicolo corporeo è fatto per reagire anche sulla base di reazioni spontanee, qualora si senta minacciato nella sua integrità.

Ma poi dovremmo anche valutare che la paura e la nostra rabbia non riconosciute, finiranno per allargarsi dal nostro Io a tutte le altre relazioni sociali ed interpersonali, fino a distruggerle. Facendo un lavoro di accettazione del sé e delle nostre parti meno nobili, inizieremo il lavoro rigenerativo della nostra vita e delle nostre relazioni, e riusciremo finalmente ad uscire alla luce del sole.

Il modo più abile di lavorare sulle emozioni oscure e rabbiose del nostro essere, resta quello di operare l’identificazione-accettazione-perdono delle ombre, senza trascurare che possono esserci anche condizioni reali e tangibili di timore o preoccupazione che possono causare delle angoscie e delle paure.

Il tono da usare con noi stessi è lo stesso che potremmo usare con un bambino spaventato che si è rinchiuso in uno stanzino buio. Il bambino deve essere convinto ad uscire fuori, deve persuadersi che può tornare a fidarsi degli altri; perciò non bisogna avere fretta, ma bisogna avere molta pazienza ed affetto. Non possiamo usare la violenza con i bambini e non possiamo certo sfondare la porta e trascinare il bambino all’aperto, non possiamo costringerlo ad uscire con la prepotenza.
Ricordiamoci che i cambiamenti vanno attuati ma non vanno mai forzati e che nessuno merita di essere trascinato fuori da uno stanzino con rudezza e prepotenza, tanto meno noi stessi.

Ma è necessaria molta convinzione e molta determinazione per tentare di migliorare e per diventare più amorevoli e più luminosi, per cui il miglioramento è un continuo lavoro di manutenzione di noi stessi, in cui non si può pensare di acquisire “una tantum” una specializzazione di perfezione e maturità.

Il mondo è un continuo alternarsi di luce e di ombre, quindi il lato oscuro esiste perché è ancorato alla densità della materia e perché fa parte delle componenti del nostro essere dei veicoli umani. La parte oscura fa parte della materia con il suo peso di aggressività e di paure, perchè è ancorata alla carne e ai codici animali, perchè è il retaggio della nostra natura animale, è il ricordo dell’anima predatoria della specie. Su questa parte di noi si lavora solo amandola ed accettandola, solo persuadendola ad abbandonare le armi e ad abbassare la guardia: usiamoci sempre molta gentilezza, molto amore e permettiamoci anche un pizzico di autoironia.

Ricordiamoci che non esistono delle situazioni penose o cariche di emozioni dolorose, ma vi sono invece reazioni emotive sbagliate che scatenano sensazioni dolorose, così come ci insegna il buddismo. Rammentiamoci che questo affetto che ci dimostriamo ci permetterà di aprire il cuore senza il timore di essere feriti o di essere troppo vulnerabili.

Rammentiamoci che le conseguenze esistono solo per un breve periodo ed ogni danno apparente potrà essere usato per una crescita futura ed un successivo rafforzamento di noi stessi. Tornando dalla guerra della vita si ritorna ancora più forti, se sappiamo giocare con astuzia le nostre opportunità, e non è detto che quello che oggi ci appare come una sconfitta, non possa divenire domani la nostra migliore vittoria.

Buona erranza
Sharatan

sabato 17 gennaio 2009

Lo sciamano è un viaggiatore cosmico


I segreti sono soltanto cose nascoste alla vista superficiale, ma si rivelano chiaramente quando l’Umano inizia a cercarle, e allora cosa insegna l’iniziazione sciamanica? Quali utili messaggi ci rivela e quali strade ci indica?

Nelle iniziazioni sciamaniche, il simbolismo del Viaggio nel Mondo Inferiore è la trasposizione della ricerca interiore, della discesa fino al nucleo più profondo ed autentico di noi stessi. Sembrerebbe un duro viaggio, compiuto in territori insidiosi, luoghi inferi ed oscuri, in cui combattere contro le forze nemiche delle magie avversarie, i luoghi in cui affrontare una cruenta battaglia contro le nostre paure più profonde.

Sono i luoghi dell’irreversibilità iniziatica, luoghi da cui non si potrebbe non ritornare indietro, luoghi in cui si deve morire, sia pure simbolicamente, e luoghi da cui si ritorna come in una rinascita alla vita. Ma l’immersione in noi stessi ci terrorizza, come un salto nell’abisso dell’essere, al cui bordo ci affacciamo, terrorizzati dalla vertigine della profondità.

Il salto si compie verso un fondo abissale, come diceva Heidegger, perché è un salto connesso all’origine, allo sconosciuto fondamento di noi stessi, ma è anche un salto in avanti, verso le potenzialità a-venire dell’essere consapevole. Questa è la grande verità della resistenza a compiere il salto, del rifiuto della discesa al centro dell’essere: è avere il coraggio di essere disponibili ad una condizione incerta di ”…non più.. ma non ancora…”

Il taoismo esprime con l’espressione poetica “Egli è lo stesso di prima, ma diverso” il cambiamento avvenuto in colui che ha affrontato il viaggio verso l’ignoto, ed è un’espressione di straordinaria bellezza, che esprime perfettamente le sensazioni di coloro che hanno avuto “impatti spirituali” di grande profondità.

Ma qui il salto è fatto, mentre invece non si può negare il forte disagio di dover pensare ad un “essere” sospeso tra passato e futuro, padrone ed artefice del solo presente, ed estraneo alle categorie di tempo lineare ed ordinato, in “...quell’ Aperto in cui esso stesso trema” dice Heidegger, nella “fondazione dell’Essere da parte dell’uomo,” in una nuova esperienza che ha come prima conseguenza, un profondo cambiamento dell’essenza dell’uomo. In questo senso è un vero “catastrofico” andare verso il fondo, un tramontare che è anche preludio dell’alba di un nuovo mondo. Per rifondare questo nuovo essere, per rifondarsi al nostro vero essere, è necessario un salto nell’abisso senza fondo.

E l’essenza interna, cioè le qualità e le caratteristiche del nostro essere, hanno bisogno di potenti energie vitali per venire alla luce; queste potenti energie sono fornite da uno specifico animale-totem, ed è interessante notare come, ad alcuni sciamani, giunge un animale-totem che è di opposte qualità alle sue caratteristiche, con una sorta di conciliazione degli opposti. Per l’antropologia, il totem è un'entità naturale o soprannaturale, che ha un significato simbolico particolare per un’individuo, un clan o una tribù, e al quale ci si sente legati per tutta la vita: il termine deriva dalla parola ototeman, usata dai nativi americani Ojibway, cioè “ciò che ci è familiare.”

Si usava “evocare” dentro di sé il Totem di un animale, al fine di incorporarne le sue caratteristiche salienti e tipiche.
L’animale-totem è collegato al tipo di energia e di livello energetico a cui si è assonanti, è un potere rivelato in forma istintiva e spontanea. L’animale che giunge, è richiamato dall’evocazione della canzone di potere dello sciamano: la forma animale totemica è riconosciuta e viene abbracciata dallo sciamano, come espressione di una risonanza interiore con l’animale che è accorso, richiamato e fascinato dalla musica sciamanica. Potenza della magia evocatoria, che è in grado di magnetizzare solo ciò che ci assomiglia intimamente!

L’origine mistica della musica, viene spiegata dall’ebraismo cabalista, che considera il canto come lo strumento principe della comunicazione interiore. I maestri della Cabalà, osservano che la prima parola della Torah, “bereshit,” in principio, contiene uno straordinario anagramma: “taev shir” voluttà di un canto. Perciò il mondo è stato creato per la voluttà di un canto, ed anche l’ultima parola del Pentateuco, “israel”, contiene un ulteriore potente anagramma: “shir el” cioè canto a Dio.

Anche nella tradizione dello yoga, si afferma che Om sia il suono puro da ascoltare e contemplare, con lo scopo di rimuovere l’attenzione dalle condizioni esterne e risvegliarsi alla conoscenza del Sé.
Lo Yoga Sutra di Patanjali recita: “La prova dell’aspetto espressivo della Realtà suprema è Om. La meditazione su Om culmina nella conoscenza del suo significato e nella realizzazione del Sé. ” (1:27,28)
Negli yoga Sutra si usa la parola sanscrita “ishwara” per indicare l'espressione della Coscienza Suprema che governa o regola i processi cosmici,di cui la vibrazione Om è la caratteristica evidente.

Con la concentrazione sul suono è possibile stabilizzare la mente ed entrare in una dimensione di quiete, ed i suoni hanno anche un aspetto terapeutico nella medicina tradizionale cinese e nella pratica taoista qi gong - che è l’antica tecnica per coltivare e sviluppare l'energia vitale - in cui i suoni a differente intensità, sono utilizzati per influenzare il funzionamento dei vari organi umani.

Lo sciamano, fin dal momento dell’iniziazione è attore musicante attivo, padrone del proprio ingresso in trance e non dipendente da altri partecipanti che suonano o cantano per lui. La musica dello sciamano si prefigge, portata al massimo delle sue manifestazioni, di “trasformare” il mondo, di modificare il corso naturale delle cose; da qui l’aspetto magico che si “incarna” nel suono incantatorio della sua musica.

Una delle etimologie proposte per il termine sciamano deriva dalla radice tungusa “Sa” che significa appunto "conoscere". Il viaggio estatico è una tecnica di comunicazione fra i diversi sistemi dell'ordinamento del cosmo, ed il rituale estatico è un processo di reintegrazione all'interno di un ordine più vasto. Quindi l'estasi è una forma di conoscenza e gli sciamani sono “persone di conoscenza.”

Tramite l'estasi, lo sciamano viaggia fra i diversi sistemi della struttura dell'universo e così può integrare l’ordine all'interno del sistema individuale sociale, per assimilazione osmotica dal più vasto ordine cosmico: è un viaggiatore dei due mondi. Lo sciamano non compie alcun salto verso un fondo abissale, lo sciamano è un viaggiatore cosmico.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 15 gennaio 2009

La fiaba dell’Acchiappasogni Lakota



Nei tempi antichi un vecchio stregone si trovava sulla cima di un monte ed ebbe una visione. Iktome, grande maestro di saggezza, gli apparve sotto forma di ragno e gli parlò in una lingua sacra. Disse al vecchio lakota dei cicli della vita, di come iniziamo a vivere da bambini passando dall’infanzia all’età adulta, e alla fine diventiamo vecchi, e qualcuno si prende cura di noi, come se fossimo diventati un’altra volta bambini; così si completa il ciclo.

Mentre parlava, il ragno prese all’anziano un cerchio che aveva con lui, era un cerchio di salice al quale erano attaccate delle piume e dei crini di cavallo abbelliti da perline. Prese il cerchio e iniziò a tessere una rete all’interno, mentre tesseva continuava a parlare e disse: “In ogni periodo della vita vi sono molte forze, alcune buone e altre cattive, se ascolterai le forze buone queste ti guideranno nella giusta direzione, ma se ascolterai quelle cattive andrai nella direzione sbagliata e questo potrebbe danneggiarti.”

Mentre il ragno parlava continuava a tessere nel cerchio la sua tela, quando finì di parlare Iktome consegnò all’anziano, il cerchio con la rete e disse: “La ragnatela è un cerchio perfetto con un buco nel centro, utilizzala per aiutare la tua gente a raggiungere i loro obiettivi, facendo buon uso delle idee, dei sogni e delle visioni. Se crederete in Wakantanka, la rete tratterrà le vostre visioni buone, mentre quelle cattive se ne andranno attraverso il foro centrale”.

L’anziano stregone raccontò in seguito questa visione alla sua gente e da allora i Lakota ritengono l’acchiappasogni un oggetto sacro e lo appendono all’entrata dei loro tepee per filtrare i sogni e le visioni. Quelli buoni sono catturati nella rete e quelli maligni scivolano nel buco centrale e scompaiono per sempre.

Buona erranza
Sharatan

martedì 13 gennaio 2009

Il viaggio dello sciamano



Probabilmente l’Homo sapiens ha impiegato migliaia di anni per cacciare il più antico uomo di Neanderthal, e la lotta tra le due specie deve essere stata lunga e sanguinosa. Mentre il Dna degli uomini contemporanei è praticamente identico a quello degli antenati sapiens, quello del Neanderthal differisce nettamente da entrambi; per cui i due gruppi, pur avendo abitato insieme in Europa, non si incrociarono tra loro, rimanendo sempre due specie distinte fino a che, circa 35.000 anni fa, il Neanderthal, perdendo la battaglia evolutiva con il Sapiens, si estinse completamente.

La capacità di esprimersi mediante immagini è una prerogativa dell’Homo sapiens, a cui si deve la nascita dell’arte figurativa come mezzo di comunicazione simbolica, come prima forma di spiritualità, insieme al culto dei morti.
Nelle pitture rupestri sono raffigurati uomini ed animali, scene di caccia e di battaglia, ma le espressioni pittoriche non sono estetiche, bensì hanno valore magico-rituale. Queste pitture, come potenti talismani aiutano lo sciamano e guidare o influenzare le forze che vi sono rappresentate: sono talismani per la fortuna, il coraggio, la salute, la vittoria in battaglia, la fertilità, etc…, sono gli strumenti che lo stregone usa per le sue magie propiziatorie o di scongiuro. Le figure rupestri diventano così molto più che semplici disegni. Così lo sciamano può guarire, propiziare il raccolto, la caccia e la guerra.

La figura dello sciamano o stregone è, quindi, la prima figura che prova ad intermediare tra l’uomo e gli spiriti di natura, siano essi animali o vegetali, siano esse forze distruttive o costruttive, siano esse spiriti guida o divinità.
Probabilmente il primo sciamano fu un individuo dotato di eccezionale sensibilità, in grado di recepire i livelli sottili della realtà, successivamente le pratiche sciamaniche furono insegnate o trasmesse dal maestro al discepolo, sulla base di determinate tradizioni. Presto comparvero figure di sacerdoti che, in parte avevano virtù sciamaniche ma che potevano anche avere solo la conoscenza teorica dei misteri, senza però avere il potere di sperimentarli interiormente.

Lo sciamano credeva nei tre mondi: il Mondo di Mezzo, cioè la superficie della terra, in cui vivono gli uomini, il Mondo Inferiore, la parte sotto la superficie della terra, in cui vivono animali, piante e rocce del potere, e il Mondo Superiore, al di sopra della superficie terrestre, in cui abitano le guide e le divinità.
Lo sciamano poteva viaggiare indifferentemente in tutti e tre i mondi, poiché essi sono reali nella stessa misura e nessuno è superiore agli altri.
Il Mondo Inferiore è il luogo dove poter cacciare il potere, mentre il Mondo Superiore è il luogo in cui poter cercare una guida o una protezione: i viaggi nei due mondi hanno quindi le medesime caratteristiche.

Durante l’apprendistato, lo sciamano doveva imparare la mappa dei Mondi Inferiore e Superiore, essendo luoghi dai domini molto vasti, ed inoltre doveva imparare a padroneggiare la forza del suo potere personale, da utilizzare nelle future pratiche magiche.
Il viaggio sciamanico avveniva in trance meditativa, accompagnata dal suono ritmico dei tamburi unite a vibrazioni di sonagli, con una musica dal ritmo costante e stabilito, che ne segnava percorso e durata. Il viaggio al mondo Inferiore iniziava nel cerchio della tribù, formato dagli anziani e dai migliori guerrieri del villaggio, e si compiva perchè lo sciamano potesse trovare il suo animale di potere, il cui spirito lo avrebbe pervaso e gli avrebbe infuso la forza necessaria per compiere le pratiche magiche. Lo sciamano poteva viaggiare in luoghi lontani, "lasciando che il corpo giacesse addormentato nella sua tenda” ma percependo tale viaggio mentale come un viaggio fisico reale.

Nella mente dello sciamano sorgeva l’ingresso nel cuore della terra, e mentre il ritmo dei tamburi continuava a scandirsi, iniziava la discesa nel cunicolo sotterraneo, in una scenografia mentale precisa, reale e tangibile come un luogo reale. Lo sciamano doveva sventare i tranelli che gli stregoni rivali gli potevano tendere, pronto a riconoscerne e controbatterne opportunamente le insidie. L’uso di oggetti di potere era indispensabile per sconfiggere dei nemici, possessori di magie ostili, per cui non è raro un equipaggiamento magico costituito da armi, quali arco, frecce, spade, pugnali, etc., attraverso le quali egli poteva combattere simbolicamente gli elementi nocivi e permettere alla propria comunità una difesa magico-psichica di grande potenza.

Lo sciamano usava canzoni di potere che avevano funzione evocativa, che servivano per richiamare gli animali di potere abitanti nel Mondo Inferiore, e che usava per attrarre a sé l'animale-totem personale.
Il ritmo accellerato dei tamburi della tribù, richiamava lo sciamano al Mondo di Mezzo e ricominciava la risalita alla luce. La risalita era molto più veloce della discesa e lo sciamano rientrava nel cerchio della tribù, mentre il ritmo dei tamburi rallentava sempre più fino a tacere. A questo punto lo sciamano si alzava cantando la sua canzone del potere, ed iniziava la danza dell’animale del potere che aveva riportato, e che veniva così manifestato all'intera tribù.

L’animale di potere è sempre particolare e personale, per cui deve avvenire un riconoscimento reciproco, tra lo sciamano e il suo animale-totem, al momento dell’incontro. Un animale di potere può restare per anni con uno sciamano e poi un nuovo animale può prenderne il posto, ma vi è un solo animale di potere alla volta, e senza il suo animale-totem uno sciamano perde ogni potere magico. Nel Mondo di Mezzo lo sciamano usa il suo potere e la sua guida per dirigere le forze e governare gli eventi.

Mircea Eliade dipinge lo sciamanesimo da un punto di vista deliberatamente mistico, e le pratiche sciamaniche dell’estasi e della trance, vengono presentate come esperienza religiosa vissuta allo stato primitivo e intesa come volo dell’anima. Tali pratiche, secondo Eliade, sono compatibili con ogni genere di credenza, poiché nate da un rapporto primordiale, e perciò potenzialmente universale, col divino. Per questo lo sciamanesimo non è una religione, ma è piuttosto la più antica pratica spirituale umana, ed è proprio il viaggio interiore che costituisce la base di tutte le pratiche meditative, come insegna la magia occidentale, la cabala ebraica ed il taoismo cinese.

Il primo passo dell’evoluzione umana, si compie facendo un percorso all’interno nell’inconscio per portare alla luce la consapevolezza cosciente: il primo passo dell’uomo è essenzialmente un viaggio di iniziazione sciamanica.
Questo viaggio, ravvisato come esperienza individuale, invita ciascuno a trovare il proprio canto di potere ed il proprio animale-totem, invita ciascuno a trovare la propria armonia interiore. Questo viaggio implica, sia la sensazione di una fusione dell’individuale e dell’universale, ma afferma anche l’integrazione del nostro aspetto spirituale ed emozionale: in questo senso, tutti “siamo sciamani” senza che nessuno possa essere sciamano per gli altri.

Buona erranza
Sharatan

sabato 10 gennaio 2009

Sono figli di un solo Padre


Il primo obiettivo dell'operazione “Piombo Fuso” lanciata da Israele il 27 dicembre scorso è fermare il lancio dei razzi sulle città del Negev, ribadisce Dore Gold, presidente del Jerusalem Center for Public Affairs, ed il secondo obiettivo, “il più importante, la fine del traffico di armi.” Dall'inizio dell'offensiva, il premier israeliano Olmert ripete il mantra nazionale: “Il nostro risultato dev'essere il blocco effettivo dell'Asse Filadelfi” cioè della zona fra Gaza e il territorio egiziano, quindi il pieno isolamento di Gaza.

I proiettili in gergo arabo vengono chiamati “bizer” cioè semi; questi semi cadono come la neve su persone che hanno mantenuto i contatti con il mondo esterno, strisciando come topi, dentro tunnel sotterranei collegati alle oasi egiziane. Due terzi dei prodotti venduti a Gaza provengono dai tunnel in cui lavorano 12.000 persone, secondo l'economista palestinese Omar Shaban. Un giro d'affari sotterraneo da 650 milioni di dollari l'anno che, secondo una ricerca del quotidiano israeliano Ynet ha letteralmente “mantenuto” i 18.000 abitanti di Rafah, la città sulla frontiera egiziana dove tra il 2007 e il 2008 la disoccupazione è scesa dal 50 al 20%.
I tunnel, che in questi momento Israele sta ferocemente distruggendo, sono il duty free della sopravvivenza per 1.500.000 di persone dipendenti in buona parte dagli aiuti internazionali. “Per la prima volta vediamo la fame a Gaza” fa sapere da New York Karen Abu Zayd, responsabile dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei palestinesi.

Nei giorni passati il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, aveva saggiamente indicato la soluzione più ragionevole, nel dialogo tra israeliani e palestinesi. Aveva ricordato che essi sono fratelli, figli della stessa terra. Purtroppo manca “Un senso più acuto della dignità dell’uomo. Nessuno vede l’interesse dell’altro, ma solamente il proprio. Ma le conseguenze dell’egoismo sono l’odio per l’altro, la povertà e l’ingiustizia. A pagare sono sempre le popolazioni inermi. Guardiamo le condizioni di Gaza: assomiglia sempre più ad un grande campo di concentramento. …

Non siamo solamente noi cristiani a chiamarla Terra Santa, ma anche ebrei e i musulmani. E sembra una disdetta che proprio questa terra debba essere il teatro di tanto sangue. Ma occorre una volontà da tutte e due le parti, perché tutte e due sono colpevoli. Israeliani e palestinesi sono figli della stessa terra e bisogna separarli, come si farebbe con due fratelli. Ma questa è una categoria che il “mondo”, purtroppo, non comprende. Se non riescono a mettersi d’accordo, allora qualcun altro deve sentire il dovere di farlo. Il mondo non può stare a guardare senza far nulla…

L’alternativa al dialogo è solamente il ricorso alla forza e alla violenza. Ma la violenza non risolve i problemi e la storia è piena di conferme. L’ultimo esempio è quello della guerra in Iraq. Cosa ha risolto? Ha complicato le cose. La diplomazia della Santa Sede sapeva bene che Saddam era pronto ad accettare le richieste delle Nazioni Unite. Ma non si è voluto aspettare. In Terra Santa vediamo un eccidio continuo dove la stragrande maggioranza non c’entra nulla, ma paga l’odio di pochi con la vita.”

L’ufficio dell’Onu per il Coordinamento degli affari umanitari, ha messo lo Stato ebraico sotto accusa denunciando, sulla base del racconto di testimoni oculari, un episodio risalente al 4 gennaio: a Zeitoun, un quartiere di Gaza città, soldati israeliani avrebbero costretto circa 110 palestinesi, “la metà dei quali erano bambini” a radunarsi in una casa monofamiliare, ordinando loro di rimanere all’interno; ma 24 ore dopo l’abitazione è stata bombardata. I morti sarebbero stati come minimo 30.”

Intanto centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza, in tutto il mondo, per il secondo venerdì della rabbia. Particolarmente violenti gli scontri a Ramallah e a Nairobi, dove si contano diversi feriti. Le similitudini con le vicende del Libano nel 2006 sono allarmanti. In entrambi i casi Israele si è trovato di fronte a due movimenti di ispirazione islamica saldamente radicati nelle rispettive realtà locali, che fanno largo uso di tecniche di guerriglia, per rispondere ad una forza militare, come quella israeliana, dai mezzi infinitamente superiori.

Secondo Rami G. Khouri, direttore del quotidiano libanese “Daily Star” “Hamas e Hezbollah sono i figliastri ideologici del Likud, e soprattutto di Ariel Sharon, la cui adozione della violenza, del razzismo e della colonizzazione come mezzi primari per gestire il rapporto con le popolazioni arabe occupate ha alla fine generato la volontà di resistere. Il trio che sta attualmente portando avanti l’eredità di brutalità di Sharon - Ehud Olmert, Ehud Barak e Tzipi Livni - sembrano geneticamente ciechi di fronte al fatto che quanto più Israele fa uso della forza e della brutalità contro gli arabi, tanto più aspra sarà la risposta sotto forma di movimenti di resistenza più efficaci e dotati di un più ampio appoggio popolare.”

Tutto questo, questo assurdo massacro di innocenti, credo che sia capace di scatenare potenti forze oscure, con cui potremmo essere condannati a confrontarci per decenni. Questa guerra rischia di diventare infinita e combattuta fino all’ultimo sangue e sarà tutto sangue innocente, come quello già versato. Per il momento, le immagini televisive dei cadaveri dei bambini e di altri civili innocenti a Gaza, hanno generato una tremenda voglia di combattere fra i palestinesi ed i loro sostenitori in tutto il mondo arabo ed oltre.

Il ruolo che sta svolgendo l’Egitto mi sembra necessario ma rischioso, perché riguarda non solo la questione palestinese ed il ruolo dei vari paesi di quella regione nella vicenda, ma riguarda anche tutte le future relazioni con l’Iran e la futura leadership del mondo islamico.
E’ vero che il prestigio di Mubarak potrebbe essere accresciuto, qualora riuscisse a conciliare le parti su un’accordo di tregua, ma quanto aumenterebbe il malumore degli iraniani, che aspirano a quella leadership?

Non sarebbe meglio se questo ruolo delicato, sia diplomaticamente che logisticamente, fosse giocato dall’Onu? Perché questo non avviene? Il silenzio è motivato dalla palese impotenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite di fronte a delle politiche nazionalistiche attuate da stati forti, che possono così operare impunemente, con il pieno sostegno degli Stati Uniti e nell’assenso colpevole dell’Unione Europea, e del tutto svincolate, per tacito consenso, dall’obbedienza alle direttive Onu.

Tutti sanno che la migliore soluzione sarebbe l’invio dei caschi blu dell’Onu a Gaza, ma per vedere i Caschi Blu a Gaza, temo saremo costretti ad aspettare ancora a lungo, molto, molto a lungo.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 8 gennaio 2009

Come la rotta di un veliero …


La ricerca di un mistero è sempre senza fine. Il mistero resta, come pure la volontà di ricercarne la chiave: per questo avviene il ciclo delle incarnazioni, in cui vi è la ricerca del senso del nostro essere e la ricerca del senso delle cose che ci accadono.
Così, esperienza dopo esperienza, cresce il livello di maturazione e di consapevolezza, ma la natura della verità resta sempre personale: la nostra verità cresce e si evolve al ritmo della nostra consapevolezza. La nostra verità si fa sempre più complessa mano a mano che cresce il ritmo della nostra evoluzione.

L’evoluzione personale non possiamo fermarla, possiamo solo accellerarne il ritmo o lasciare che esso segua il suo, spontaneo e personale. Certamente cercare di progredire e procedere con un passo più spedito può sembrare conveniente, ma ciò comporta molti inconvenienti, poiché accresciuti ritmi evolutivi causano una maggiore quantità di disagi spirituali, intellettuali ed emotivi.
Il cammino spirituale, come ogni cammino di ricerca, è un cammino interiore che viene sempre affrontato da sè con sè stessi, perciò trarre conforto da una condizione di disagio spirituale diviene difficile, quando il cammino di ricerca non può essere condiviso a livello ideale, con altri.

Sapere che la condizione di appartenenza consiste nel sentirsi nelle braccia dell’Uno, del Pensiero Universale armonioso ed amorevole, certo richiede grande dose di coraggio e di fede nelle proprie convinzioni; equivale a scegliere di viaggiare in compagnia oppure di viaggiare in solitaria.

C’è un’enorme confusione, sofferenza e dolore nel mondo, sicchè l’abbraccio confortevole di Brahman appare ben poca cosa di fronte alla potenza dell’illusoria disgregazione degli esseri.
Imparare come amare, come aprire il cuore, come essere sempre presenti nel mondo in piena e luminosa consapevolezza, come saper guardare profondamente in noi stessi: tutto diventa, o meglio, tutto appare come troppo difficile e troppo grande.

Appare troppo grande anche la sfida di restare in equilibrio nei nostri tempi, perché sono tempi che lavorano aumentando il livello di confusione e di illusorietà, sono tempi che ci imprimono dei ritmi frenetici e fagocitanti, sono tempi contrari al rispetto dei ritmi fisiologici e psicologici dell’essere umano.
Se ammettiamo nell’uomo la necessità di ritmi adeguati e necessari per avere un corretto livello di analisi e di elaborazione dei dati, come insegna la robotica per tutti i sistemi intelligenti, allora possiamo ammettere il concetto di “black out” applicato alle attività individuali e sociali umane, con tutta la ricchezza di sfumature che osserviamo nei fenomeni elettromagnetici ed elettrostatici.

Si perdoni solo l’eccessiva semplificazione offerta dal modello dell’essere umano paragonato al magnete, e dei rapporti umani e sociali, affermati come “effetti elettrostatici.” Ma se osserviamo i movimenti culturali, ci accorgiamo che essi divengono forti in virtù del potere di attrazione esercitato da idee, che creano dei poli aggreganti condivisi: abbiamo quindi una forza sociale che, all'aumento della massa, vede l'aumento della sua carica elettromagnetica delle idee.

Le idee sono forti, in virtù della quantità di individui che le sostengono, quindi le idee forti necessitano di minore sacrificio sociale per essere condivise.
In questo senso, il pensiero minoritario non è debole per mancanza di ragioni, ma solo per la scarsità di associati, perciò comporta una maggiore fatica sociale e un maggiore disagio personale per coloro che le volessero sostenere.

Non tutti funzionano allo stesso modo, e non tutti hanno le stessa simpatie ed assonanze, perciò le varie personalità scelgono strade diverse ed affrontano cammini diversi, per questo tutte le vie sono egualmente accettabili. Dobbiamo solo tener presente che la forza di un cammino potrebbe diventare la sua futura debolezza, perciò la ricerca dell'assonanza di idee e di sentimenti richiede la paziente ricerca di una concezione, di un sistema di idee o di una filosofia, il più possibile consone alla nostra personale risonanza spirituale.

Per alcuni ciò può essere fonte di sfida vivificante,per altri è invece un'occasione di disagio e di insicurezza. I sentieri di ricerca spirituale non sono come le rotte delle navi che si possono governare e correggere usando un timone, una bussola o un sestante: il solo ed unico nocchiero resta il nostro divino interiore, la nostra vera indole e la nostre tendenze personali.
Ricordiamo però che le entità sono sempre cieche a sé stesse e molto vulnerabili nei periodi di grandi cambiamenti, perciò “un sé cieco a sé stesso”, può imparare molto dal contributo offerto dalle altrui opinioni, soprattutto in presenza di contributi offerti da persone di valore e verso le quali si nutre della stima.

Dice Jung ne: “Il segreto del fiore d'oro, un libro di vita cinese":
"Il più sottile segreto del Tao sono l'essere e la vita ... E' caratteristico dello spirito occidentale non possedere nessun concetto corrispondente a quello di Tao. L'ideogramma cinese è composto dai segni “Testa” e “Andare”. Wilhelm traduce Tao con “Senso”o anche con “Via”, altri traducono con “Providence”e perfino, come fanno i Gesuiti, con “Dio”.
Questo ci dà già un'idea della nostra confusione. La “testa” potrebbe alludere alla coscienza (la testa è anche la sede della luce celeste), “l'andare” al “percorrere una via”, e il concetto significherebbe quindi “andare consapevolmente” o ”via cosciente”.

Con ciò concorda il fatto che come sinonimo di Tao si impiega la “luce del cielo” che “dimora tra gli occhi” come “cuore celeste”. L'essere e la vita sono contenuti nella luce del cielo, e Liu Hua Yang li considera i segreti più importanti del Tao. Ora, la luce è l'equivalente simbolico della coscienza, e la natura della coscienza viene espressa da analogie con la luce …”a questo scopo è necessario operare un “riscaldamento”, ovvero un ampliamento della coscienza, affinchè la dimora dell'essere spirituale ne venga illuminata. Non solo la coscienza deve essere ampliata, ma anche la vita va resa più intensa. Dalla combinazione di entrambe nasce “la vita cosciente”...Se consideriamo il Tao come un metodo o una via consapevole, che deve riunire ciò che era diviso, ci avviciniamo probabilmente al contenuto psicologico del concetto. Ad ogni modo, con separazione tra coscienza e vita non si può intendere null'altro che deviazione o sradicamento della coscienza.

Non c'è dubbio neppure che la presa di coscienza dell'opposto, ossia il processo del “rovesciamento”, significhi un ricongiungimento con le leggi inconsce della vita e che questo ricongiungimento miri al conseguimento di una vita consapevole, o per dirlo in termini cinesi, alla realizzazione del Tao.”

Buona erranza
Sharatan

lunedì 5 gennaio 2009

L’astrologia è l’oppio dei popoli?



L'Aiart, associazione di spettatori cattolici, qualche giorno fa, ha criticato la Rai per avere dedicato l’intera prima serata di Rai2, alle previsioni astrologiche 2009 di Paolo Fox. L’associazione cattolica afferma che "aver ceduto alla superstizione" e "con soldi pubblici" è un atteggiamento assolutamente deprecabile, destinato ad alimentare la credulità popolare.

Contro le stelle è anche il Cicap (Centro italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale)fondato nel 1989 da Piero Angela che,anche per il 2008, ha riassunto le previsioni astrologiche che non si sono mai realizzate: il governo Prodi in carica per lunghi anni, Valentino Rossi campione di Formula Uno, l'Italia in finale agli Europei, Hillary Clinton presidente degli Stati Uniti ed il mancato sbarco alieno sulla terra previsto per il 14 ottobre 2008.

Piero Angela, sull’astrologia è molto scettico: "Sono sempre affermazioni vaghe tipo: accanto a te c'è qualcuno che ti ama ma anche un amico malfidato; valgono per chiunque. Previsioni campate per aria, senza alcuna validità scientifica, come risulta da un qualunque controllo doppio cieco, come quelli che si fanno per testare i farmaci". Sul perché la gente ne sia tanto appassionata, risponde: "Le persone hanno bisogno di sapere cosa succederà. Né la politica, né l'economia, né la scienza possono dare risposte su amici, amori, lavoro e salute. L’oroscopo è una consolazione, un qualcosa che tranquillizza nel buio dell’esistenza".
Insomma l’astrologia sarebbe oppio somministrato a popoli creduloni ed angosciati.
Siccome so che non è vero, ma è pure vero che di ciarlatani ne girano anche troppi, allora uso le parole di Andre Barbault, uno dei maggiori astrologi mondiali, per fare un poco di chiarezza sull'argomento.

L’astrologia, secondo Barbault, ha un’essenza psicologica:"Secondo questa concezione ermetica, a cui ho sempre fatto eco, ciò che la carta del cielo di nascita rispecchia non è un qualsiasi concorso di energie celesti che viene ad influenzarci dall’alto, ma solo un riflesso del mondo delle nostre tendenze, che proviene dalle nostre predisposizioni interiori. Così non è il fatto di nascere in un dato momento a determinare la struttura dell’essere umano […] Occorre invece ribaltare la proposizione: è questa struttura umana originaria a "richiamare", a richiedere una condizione celeste in grado di rifletterla.Insomma, si può dire che non si è come si nasce, ma si nasce come si è… almeno se lasciamo fare alla natura.[…]
Nell’universo in cui l’Uno è coestensivo al tutto ed il tutto converge nell’Uno, non si stabilisce - tra l’astro e l’uomo - una successione di cause e di effetti; al contrario, l’uno e l’altro sono compresi in una simultaneità globale, essendo un tutto unico il rapporto tra l’esterno astronomico e l’interno umano."

Con ciò Barbault anticipa, con oltre un ventennio d’anticipo, la "teoria della ghianda" esposta nel 1996 dallo psicologo junghiano James Hillman nel saggio "Il codice dell’anima": "Questo libro, insomma, ha per argomento la vocazione, il destino, il carattere, l’immagine innata: le cose che, insieme, sostanziano la "teoria della ghianda", l’idea cioè, che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di potere essere vissuta."

Secondo Barbault: "La psicoanalisi ci rivela che un dinamismo interiore spinge la psiche a realizzare il proprio destino; l’uomo s’indirizza d’istinto verso ciò che è in lui sotto forma d’immagini o di simboli. In tal modo, il suo "divenire" non dipende in misura così marcata, come si reputa in genere, dalle circostanze esterne. In realtà l’individuo sceglie, tra le occasioni che gli si offrono, quelle più conformi alla propria natura. Sappiamo che nessuna forza esterna può agire stabilmente e intensamente sull’animo senza avere la complicità di una forza interiore. Il carattere e il destino sono due aspetti di uno stesso determinismo naturale, al punto che la separazione dell’uomo dal suo destino non potrebbe che essere artificiale: infatti non è possibile distinguere le tendenze profonde dell’individuo dalla sua esistenza."

Ecco quindi il nesso, il ponte tra l’interno umano all’esterno astronomico. "Fra l’astro e l’uomo non si stabilisce una concatenazione di cause e di effetti; al contrario, l’astro e l’uomo sono coinvolti in una simultaneità globale per cui l’astro è il segno dell’uomo come l’uomo è il segno dell’astro."

E la natura di questa "simultaneità globale" la troviamo, secondo Barbault, in Jung: "Ebbene, quel che scopre Jung è che "il cielo stellato è infatti il libro aperto della proiezione cosmica, del riflesso dei mitologemi, degli archetipi" [...] Nella misura in cui l’uomo crea gli dèi e il cielo a propria immagine (e nella forza coesiva del soffio spirituale che eleva gli uomini quando si incarnano, uomini percorsi da un fremito universale e collettivamente condotti da un’intuizione alimentata nel rifugio di un cielo strettamente unito alla terra), il significato umano va prima di quello astrale, che corrisponde al primo per mezzo di una "proiezione" da parte dell’inconscio collettivo: attraverso la mediazione degli dèi insomma, l’uomo si rappresenta egli stesso nella figurazione del cosmo.

Vera cattedrale dai mille volti, migliaia di uomini unificati da una struttura spirituale identica ritagliano, nella stessa sostanza vivente, le immagini degli stessi dèi, plasmano le figure degli stessi tipi, ricavate da uno stesso cuore e "immaginate" da uno stesso spirito. Questa visione astrologica tradizionale del firmamento come fenomeno inconscio di proiezione, Jung non cessa di ripeterla. Afferma così in "Psicologia e alchimia": "Nelle stelle … l’umanità scoprì le dominanti dell’inconscio, gli dèi, così come le bizzarre qualità psicologiche dello zodiaco, una proiezione completa della caratterologia". Perciò "l’unificazione dell’anima umana e dell’universo costituisce il fondamento psichico dell’astrologia."

"Al livello della nostra indagine epistemologica, l’astrologia è dunque - originariamente e diacronicamente, così com’è nata ed è giunta fino a noi - un sistema creato dall’anima umana per l’anima umana; in essa, infatti, è la Psiche stessa a ricercarsi e a configurarsi ad immagine dell’universo, suo specchio. Si può, dunque, definire la sua fenomenologia: l’animo umano al tempo stesso come soggetto e come oggetto, nell’universo e di fronte ad esso.
Questo ci riconduce a dire che l’inconscio - in cui la tendenza affonda le sue radici - è il regno del fenomeno astrologico: esso è il "luogo" in cui l’astrologia ha avuto i suoi natali, in cui l’astrologia popolare attinge la sua fede, in cui l’astrologia dotta foggia la sua filosofia della vita, in cui la pratica astrologica è perpetuamente operante… E’ dunque naturale che il sistema di decodifica e d’interpretazione del linguaggio astrale provenga, innanzitutto ed essenzialmente, da una ermeneutica psicoanalitica. E’ naturale che l’uomo sia il cuore del fondamento dell’astrologia, dato che questa si esprime a sua volta in cuor suo, a livello delle manifestazioni umane.[…]

In questo quadro, "la carta del cielo assume la virtù di uno specchio, in quanto essa riflette le potenzialità iniziali dell’essere umano. Essa si decifra con una lettura a doppia via, dal tema attraverso la persona e dalla persona attraverso il tema. […] Qui, dobbiamo insistere sulla necessità di fare circolare a doppio senso l’interfaccia macrocosmomicrocosmo…Seguendo questo filo di pensiero, siamo approdati ad una visione dell’astrologia che può concepirsi come una vera e propria psicologia astrale o astropsicologia."

E quale significato assume la previsione in questo contesto?

"Il tema parla uniformemente in prima persona singolare, poiché ciò che esso non cessa di esprimere è lo stato soggettivo del suo sentimento di vivere. Attraverso l’avvenimento, la situazione o il clima annunziato, è dunque sempre l’essere umano, e nient’altro che lui che viene scorto, e che vive la sua vita nell’incarnazione della sua esistenza. Ed è in questo che la previsione astrologica è essenzialmente una previsione psicologica insieme ad una psicologia previsionale.

Il sistema del destino astrologico non può esser dunque che della stessa essenza del destino scoperto dalla psicoanalisi. Il tessuto di questo destino non è altro che la sostanza dello psichismo profondo, la materia vivente dell’individuo portatore del suo personale sistema di tendenze, artigiano che seguiamo sulla sua via mentre svolge il filo dei giorni per tessere con le sue mani, lucide o cieche, il tessuto della sua esistenza. […] Per cui, si arriva a sostituire l’interrogazione passiva di un "che cosa mi accadrà" con la domanda più ragionevole di un "che cosa posso sperare?" in funzione di una data situazione o di un dato progetto. […]

La più ricca scoperta a cui giungiamo è che, se l’astrologia molto spesso non permette che un pronostico relativo, il contenuto di esso si spinge, in compenso, molto più avanti nel rivelare l’essere nel suo divenire, poiché attraverso la configurazione è l’essere profondo che parla al di là dell’evento. Nel cuore della persona, nella sua costellazione interiore, si trova il filo della storia patologica, amorosa, professionale, spirituale o altro, che cerchiamo di seguire attraverso una successione di transiti. L’individuo racchiude in sé stesso la ragione della sua esistenza, espressa dall’ordinamento delle configurazioni. Andando a questa sorgente interna dell’essere, il soggetto può scoprire,almeno parzialmente, il senso del suo destino: è dunque l’intelligibilità dell’umano che si profila dietro la previsione delle manifestazioni esistenziali. […]

Ma al di sopra di ogni cosa, se la previsione astrologica così concepita è la migliore, perché realizzazione più concreta del motto socratico "conosci te stesso", spiraglio verso la propria verità già pieno di promesse, essa contribuisce inoltre a realizzarsi in modo superiore accedendo alla vetta della propria piramide, dove divenire sé stesso diventa stato di perfezione.
Rispetto alle nostre configurazioni, abbiamo già evidenziato una possibile oscillazione fra un destino consentito e un destino voluto, il primo vissuto per inclinazione naturale a sposare la propria tendenza e a seguire le proprie astralità, il secondo liberamente scelto per priorità data nel realizzarsi volontariamente nelle esigenze dell’Io. Giova esaltare la virtù del libero arbitrio e la grandezza della libertà. Pur tuttavia l’astrologia ci rivela una percezione più sottile della realtà umana.

Essa c’insegna che non si può confondere destino consentito e destino subìto, e che il destino voluto non è obbligatoriamente superiore al destino consentito. Essa ci rivela che la pianificazione della volontà può arrivare a fabbricare obiettivi fittizi dietro i quali si perde l’individuo il cui essere diurno è diviso dall’essere notturno, condizione di una vita che può andare alla deriva. Mentre invece una certa apertura verso sé stessi porta allo stato di grazia di un destino in cui il giorno e la notte dell’essere si sposano nell’identificazione dell’astralizzato con le sue astralità. Il che vuol dire "fare quello per cui si è nati".

Dalle parole di Barbault, si potrebbe mai desumere che l’astrologia sia l’oppio dei popoli?

Buona erranza
Sharatan

sabato 3 gennaio 2009

E se fosse solo umorismo yiddish?



In questi giorni, a pochi passi da noi, sta avvenendo una nuova strage degli innocenti. La chiamano operazione “Piombo fuso” ed ha già causato su Gaza, almeno 435 morti e 2.500 feriti. Le vittime israeliane sono state 4.
Nella notte, un attacco aereo israeliano ha ucciso un leader dell'ala militare di Hamas, le Brigate al Qassam. Il movimento ha reso noto il suo nome: Abu Zakaria al Jamal. Il movimento ha reso noto che Abu Zakaria al Jamal è morto nelle prime ore del mattino per le ferite riportate in un attacco aereo notturno di Israele. L'uccisione è arrivata poco dopo che il leader del movimento di resistenza islamico in esilio a Damasco, Khaled Meshaal, avvertiva Israele della sconfitta nel caso di un'invasione della Striscia di Gaza. Secondo un portavoce, le Brigate Ezzedine al-Qassam hanno respinto in queste ore, un tentativo d'infiltrazione via terra nella Striscia di Gaza, da parte di un commando delle forze speciali israeliane.

Di fronte a questi avvenimenti, tutto il mondo sembra essere impotente e quindi nessuno fa nulla. Non sono mancati tentativi di pacificazione, come quello fatto dalla Francia a nome dell’Europa, ma già sapevamo che non potevano riuscire. Davanti agli appelli delle maggiori organizzazioni umanitarie,arrivano gelide dichiarazioni da parte del governo israeliano: “Nessuna tregua perché a Gaza non c'è crisi umanitaria”. Tzipi Livni, arriva a Parigi il 1 gennaio 2009 e spiega che la guerra va avanti. “La situazione umanitaria a Gaza è sotto controllo” ha ribadito il ministro degli Esteri israeliano al presidente Nicolas Sarkozy. “L'esercito distingue la guerra al terrorismo, contro Hamas, dalla popolazione civile”. L'offensiva nella Striscia, non si ferma. “Cesserà solo quando sarà il momento” ha precisato il ministro.

Allora mi viene in mente - per il destino dei ricorsi storici - l’insurrezione del ghetto di Varsavia, che brevemente e malamente riassumo.
Sin dal 16 novembre del 1940, i nazisti avevano organizzato una “zona residenziale ebraica” a Varsavia, in una parte della città circondata da un cerchio perimetrale di alte mura. Secondo le fonti ufficiali tedesche, 380.740 ebrei vi erano stati rinchiusi. I soli che oltrepassavano il muro, erano coloro che venivano trasportati ai campi di sterminio con i treni blindati. Le retate effettuate ogni giorno nel ghetto dalle SS, dovevano sempre garantire ai nazisti un numero di lavoratori specializzati e numericamente sufficienti, così da allungare la vita degli abitanti, con il gioco del gatto che si trastulla con il topo, prima di divorarlo.

Tra il 1940 ed il 1942, il metodo nazista dava lenti ma ottimi risultati, per cui tra la fame e le deportazioni gli ebrei erano ormai ridotti allo stremo e consapevoli della fine che li aspettava. I nazisti però, vollero velocizzare la soluzione finale, ed il 18 gennaio 1943 iniziarono lo svuotamento del ghetto; così il 90% degli abitanti vennero portati verso la morte, per una stima di 253.871 ebrei deportati. Rimanevano 35.000 lavoratori e 20.000-25.000 persone che si erano nascoste e sottratte ai rastrellamenti;circa 60.000 superstini disperati e chiusi in trappola.

I superstiti del ghetto decisero allora di usare la resistenza armata, pensarono di morire combattendo piuttosto che soccombere senza reagire, e iniziarono una lotta disperata a cui presero parte tutti, comprese le donne ed i bambini. Le SS trovarono una fiera resistenza armata, che scatenò l’ira di Himmler, il quale ordinò di distruggere il ghetto di Varsavia, dopo aver trasferito da là il campo di concentramento: la battaglia finale si svolse durante la Pesach, la Pasqua ebraica del 19 aprile 1943.

I tedeschi inviarono all'interno del ghetto una forza di 2.054 soldati, tra i quali 821 appartenenti all'élite delle Waffen-SS e 363 poliziotti polacchi. I difensori li accolsero con un fuoco di armi leggere e lancio di granate, dalle finestre dei piani più alti dei palazzi. I tedeschi reagirono cannoneggiando ed incendiando tutte le case. Gli incendi produssero presto una grave carenza d'ossigeno all'interno dei bunker sotterranei, usati per l’ultima resistenza, che si trasformarono in una mortale trappola soffocante. Per il resto le strade erano un’enorme trincea.
Il 13 maggio fu rasa al suolo la sinagoga di Varsavia e il 16 maggio, la puntigliosa relazione delle SS relazionava:” 180 ebrei, banditi e subumani sono stati distrutti. Il quartiere ebreo di Varsavia non esiste più. L'azione principale è stata terminata alle ore 20:15 con la distruzione della sinagoga di Varsavia... Il numero totale degli ebrei spacciati è di 56.065, includendo sia gli ebrei catturati che quelli del quale lo sterminio può essere provato.” I morti nazisti furono solo 300.

Riuscirono a sopravvivere solo pochi ebrei, che fuggirono prima dell’esplosizione delle cariche di tritolo che dovevano eliminare gli ultimi edifici, ma nessuno si era arreso senza combattere. Nessuno era rimasto inerme come un agnello.
Il ghetto di Varsavia dimostra che non bisogna mai arrendersi di fronte alle minacce dei totalitarismi anche quando le forze sono impari, dimostra che abbiamo sempre diritto al rispetto, alla libertà e alla vita. Dimostra che la rivolta, quando la vita e la dignità dell’uomo è in pericolo, è giusta e legittima.

Mi chiedo allora perché gli ebrei di oggi facciano tanta fatica a capire quello che gli ebrei di ieri avevano capito così bene. Come mai hanno perso la memoria dell’essere uccisi e perseguitati, dell'essere deportati, senza il diritto di una patria?
E se invece fossi io che ho frainteso tutto? E se gli avvenimenti di oggi, quello che accade a Gaza, le stesse dichiarazioni del ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, facessero solo parte della grande scuola dell’umorismo yiddish?

Buona erranza
Sharatan

venerdì 2 gennaio 2009

Buon anno nuovo!



Finalmente è arrivato l’anno nuovo, ma se pensavamo che qualcosa fosse cambiata da quello vecchio, dobbiamo rimanere delusi, tant’è che anche il messaggio di fine anno del Capo dello Stato, è stato quasi una replica fedele di quello vecchio.
Il Presidente fa un richiamo al problema del crescente costo della vita, alla gravità della crisi, alla necessità del dialogo istituzionale, alla difesa della Costituzione, alle riforme condivise, rimarca l'attenzione alla tolleranza nei confronti degli immigrati e alla libertà di confessione religiosa per tutti.
Il Presidente ha ricordato il coraggio degli imprenditori siciliani che hanno avuto il coraggio di reagire al “pizzo” e ha ricordato che “Un autorevole commentatore straniero ha recentemente individuato nella cultura e nella creatività il più grande potenziale del nostro Paese. E a questo il nostro sistema e le nostre imprese devono attingere e prestare maggiore attenzione». Augura tanta forza di determinazione negli italiani per potere affrontare i tempi duri che ci riserva il futuro.

Allora, per onorare lo stile creativo italiano e a riprova che anche il presente ci mette la sua, segnalo lo splendido scambio epistolare tra Lina Sotis ed il ministro Franco Frattini, avvenuto a cavallo tra il 31 dicembre ed oggi; ignorarlo sarebbe un peccato mortale!

L’antefatto è la crisi di Gaza, la mattanza di innocenti che sta avvenendo a due passi da noi, e il Tg1 intervista al riguardo, il Ministro degli Esteri Franco Frattini. Il ministro viene inquadrato in una baita di montagna, in perfetta tenuta da sci, appena rientrato dall’ultima discesa, tanto che non ha avuto neppure il tempo di cambiarsi per il relax al rifugio.
Il fatto viene notato e rimarcato dalla signora Lina Sotis, autrice di “Bon ton” il manuale di saper vivere in società che fu un successo editoriale e un fenomeno di costume, una vera autorità nella materia. Dalle pagine del Corriere della Sera, la signora Sotis gli scrive:

“Caro ministro, perché un bel signore dall'aria avvenente ed elegante come lei, con un perfetto phisique du role per fare il ministro degli Esteri si ostina a danneggiare la sua immagine? So che le ferie sono un diritto. Anche per un rappresentante del governo. Anche quando nel mondo scoppiano guerre e crisi terribili. Va bene. Ma dato che la diplomazia mondiale non riesce a rispettare i suoi tempi di vacanza, le vorrei dare qualche consiglio per attrezzarsi alle emergenze. Non è difficile, basta saper fare le valigie. Prendiamo il caso della Georgia. Durante la crisi con la Russia, in un momento così delicato e difficile per i ministri degli Esteri di tutti i Paesi del mondo, lei si è fatto sorprendere in mutande da bagno alle Maldive. Non si è immediatamente infilato dei pantaloni ed è corso con il primo aereo alla Farnesina perché l'Italia potesse dire la sua, ma si è limitato a cambiare costume da bagno e, fra una nuotata e l'altra, ha lavorato, pare, in conference call [… ]Dal suo chalet di montagna intutato, sponsorizzato, abbronzato e dichiaratamente in vacanza lei si è limitato a fare un commento per i telespettatori. Le vacanze natalizie, si sa, sono sacre. Ma bastavano solo due minuti per togliere la tuta con marchio, indossare camicia, cardigan scuro e allontanarsi dalle travi di legno della baita, farsi prestare una bella scrivania e piazzarci sopra un mappamondo. E, magari, chiedere anche in prestito a Chantal, la sua compagna, un po' di cipria per smorzare l'abbronzatura. Troppo sole fa male, non è elegante e non trasmette sicurezza a meno che uno non faccia il ministro del Turismo. Lei che ha il phisique du role che tanti suoi colleghi di governo le invidiano, nel 2009 non ci deluda. Visto che ha la responsabilità degli Esteri abbia sempre pronta una faccia da estero-dramma, dato che parla di cose importanti e drammatiche quando parte porti sempre dietro due guardaroba, uno per le vacanze e uno per lavoro. […] Basta poco, in fondo. La prossima crisi, forse della Cecenia, potrebbe sorprenderla mentre è a cavallo in Mongolia. Nessun problema, l'importante è metter via in fretta pantaloni da cavallerizzo, frustino e cavallo. E prendere dalla valigia una camicia, un golf di colore non sgargiante, lei è tipo da cravatta, se ne porti sempre dietro una. A noi il ministro degli Esteri piace anche con la giacca. E poi, dato che viviamo nel tempo dell'immagine, pensi anche alla scenografia: una carta geografica, un mappamondo, un quadro. In modo che lei non compaia sempre inquadrato con un mare turchese o con vette bianche di neve. Caro ministro, dopodomani è un altro anno. Non ci deluda.”

“Un personaggio pubblico – scrive in risposta Frattini a un utente di Facebook - deve abituarsi anche ad essere comunque criticato. Il giornalismo usa ormai con disinvoltura una certa “falsificazione” della realtà, del contesto e anche del tempo, per rendere persuasivi i meccanismi con i quali rappresenta appunto una realtà semplificata. Nella lettera garbata della Signora Sotis, ad esempio, per far passare il messaggio che io non saprei “fare le valigie” (nel senso di mettere una bella giacca accanto agli indumenti da vacanze: il costume al mare, la tuta da sci in montagna) si richiamano interviste televisive estive o immagini di dichiarazioni in costume che nessuno ha mai visto, solo per rendere più credibile e persuasiva la critica all'intervista tv sul Tg1, questa volta sì in tuta, in montagna. Per dimostrare in questo modo una continuità nell'errore che in realtà non c'è stata. Tra parentesi: Obama in short e maglietta sportiva alle Hawaii, nelle stesse drammatiche ore, non ha suscitato alcuna curiosità. Più sottile il meccanismo di ripetere la critica il giorno dopo, quando non ero più in vacanza.”

“Quanto al discorso della tuta - ammette Frattini - è vero, non è stato forse appropriato e rispettoso, ma comunque non insincero, indossarla in quel momento. La saggia alternativa non sarebbe peraltro stata quella di girare con costumi e oggetti “artificiali”– una location sembrerebbe di capire nelle parole divertite della Signora Sotis – ma più semplicemente di parlare al telefono. Proprio come feci dalle Maldive.”

Quindi oggi risponde la Sotis: “Caro Ministro, ha proprio ragione Lei: nessuno si meraviglia che Obama vada a fare il bagno in costume da bagno. Tutti invece rimangono perplessi, per non dire offesi, del fatto che Lei parli della tragedia di Gaza in tuta, con dietro una scenografia da chalet di lusso e con la faccia ben lucida di abbronzatura. Lei era nel momento della sua massima professionalità e così si doveva presentare.”

Non sono nessuno, ma a me pareva che la signora Sotis non proponesse “una location” più opportuna, non proponesse affato un atteggiamento di facciata, ma piuttosto invitasse ad un comportamento di sostanza, un atteggiamento di serietà e di maggiore consapevolezza del ruolo rivestito.
Tale comportamento è frutto, non solo di bon ton ma è anche l’indice di una concreta sensibilità e del senso dell’opportunità politica, che sono doti necessarie ed opportune, soprattutto quando si discute di cose importanti e drammatiche. Ma poi, Frattini che si paragona ad Obama … ma vi sembra opportuno?

Buona erranza
Sharatan