giovedì 28 aprile 2011

Nei tempi del sogno


“Gli uomini che pensano solo a lavorare
non hanno tempo per sognare,
e solo chi ha tempo per sognare
trova la saggezza”

(Smohalla dei Nasi Forati)

Gli antichi maestri vedici affermano che nell’etere esiste la vibrazione della verità e la percezione dell’infinito si diffonde nell‘universo perché siamo circondati da una vibrazione divina, ma dobbiamo imparare a percepire il sacro usando uno stato avanzato di pensiero. Questa forma di pensiero avanzato viene conquistata con la mente ricettiva che giace latente in ogni essere umano e che è direttamente collegata con lo spirito, infatti è solo la mente placata che viene visitata dalla rivelazione.

La vista interiore permette di ricevere la comunicazione di grandi verità che altrimenti sarebbero inconcepibili, e ci permette di comunicare con esseri di altre dimensioni infatti, nelle concezioni vediche vi è l’invito ad estrarre dal subconscio umano il potere creativo e la prerogativa latente posseduta da tutti, cioè la possibilità del contatto con l’atman, che è lo spirito. Secondo questi maestri, i veggenti del vasto Reggente che è l’Ispirato Brahman, usano imbrigliare la mente e i pensieri perché la mente deve essere soggiogata, in quanto è necessario lottare per conquistare “un pensiero ispirato come un focoso, e ben aggiogato cavallo.”

Una mente aggiogata è diversa da una mente che non è visitata dal pensiero ed essa sa concentrarsi in un modo specifico, infatti il potere del pensiero viene sviluppato solo nella visione che giunge al di là della mente e dei sensi. La mente ben focalizzata diventa una potente lente che mette a fuoco la visione dell’oggetto specifico, ma essa si spinge anche oltre l’oggetto per giungere nel mondo soprasensibile e incitare gli dei ad entrare in contatto. Questo è il primo passo per giungere a Brahman e percepire la verità che è radicata nella realtà, ed è un retaggio lasciato dagli antichissimi pitri che erano viventi prima dei veggenti rishi.

Un retto pensiero mette radici in questa verità e la conoscenza spirituale che essa riceve è la conoscenza dell’ordine cosmico da cui derivano tutte le cose, e da cui provengono tutte le leggi e gli statuti a cui anche gli dei si devono conformare e che ci offrono il sommo benessere. Il retto pensiero diventa una visione che scaturisce dalla coscienza umana, perciò il pensiero diventa luminoso come la verità da cui è scaturito, infatti dalla coscienza del veggente sorge la visione che ci rivela illuminando ciò che era oscurato dalle tenebre.

In questa forma di meditazione “procedendo come un maestro d’ascia” si ottiene il potere di accedere a stati di concentrazione che sono in grado di forgiare un carro condotto dal pensiero che deve essere come “un focoso e ben aggiogato destriero” che abbatte i nemici, che uccide i demoni, che apre i recinti delle sacre vacche del cielo e che dona la luce. Così i Rig Veda spiegano poeticamente il pensiero meditativo, il potere delle preghiere e dei canti vedici che aiutano ad ascendere al cielo per ottenere l’illuminazione della visione mistica e per avere l’unione con il Reggente che è Brahman, usando l’immagine del carro per indicare un mezzo di trasporto che era molto veloce.

Steiner scrive che, nell’antichità, l’uomo possedeva “la chiaroveggenza sognante” infatti fissava lo sguardo nel luogo in cui tutto è scritto, poiché gli avvenimenti sono registrati nel mondo eterico e tutto resta scritto nella sostanza cosmica. L’uomo indirizzava il suo “sguardo chiaroveggente sognante” sulle tracce che le esperienze umane si lasciano dietro come “una chioma di cometa,” perciò per l’uomo era sufficiente fissare la sostanza eterica per accogliere i contenuti eterici e conoscere gli avvenimenti e per rivederli usando la sua “chiaroveggenza sognante.”

Il mondo e le sue orme eteriche fluivano nel corpo, perciò l’esteriorità entrava nell‘uomo infatti, nell‘interiorità avveniva la ripetizione di ciò che era avvenuto esteriormente e la realtà riviveva nell’immaginazione sognante. L‘uomo era sommerso dal mondo non avendo percezione cosciente della differenziazione dei vari livelli di realtà, ed egli viveva con la consapevolezza di poter accedere al grande serbatoio della memoria degli antenati, perciò verso di loro nutriva enorme gratitudine, poiché la loro forza si conservava nelle qualità che essi avevano tramandato ai loro discendenti.

L’educazione antica era costruita basandosi sulle immagini ricevute e la forma umana veniva facilmente plasmata nell’armonia delle forze spirituali, e l’uomo era totalmente dominato dagli dei e viveva totalmente sottomesso alle azioni divine essendo condizionato da ciò che essi volevano, così che la libertà umana era inesistente. La liberazione dell’uomo rese necessario che un germe di spirito gli fosse instillato interiormente, affinché si perfezionasse la consapevolezza facendo una differenziazione della sensibilità del singolo individuo.

L’uomo antico percepiva un enorme senso di beatitudine interiore sentendosi incluso nella casa celeste e sapendo di appartenere alle entità animico-spirituali a cui era collegato dalle sue affinità celesti, perciò sapeva di essere avversato da forze contrarie alle sue inclinazioni spirituali. Le stelle erano la manifestazione degli esseri spirituali che reggevano il mondo, perciò erano anche l’immagine delle qualità di quelle forze celesti e di quelle energie cosmiche, e l’intima connessione spirituale rendeva l’uomo in perenne equilibrio tra la terra e il cielo.

Con una evoluzione di questo tipo tutto si sarebbe squilibrato, poiché solo gli elementi più nutriti di energia sarebbero evoluti mentre gli elementi trascurati si sarebbero disseccati e calcificati, perciò la creazione non sarebbe continuata nel tempo. Nell’antichità l’uomo non aveva la comprensione del fluire della verità ma viveva in partecipazione totale con il mondo, perciò non c'era necessità del pensiero autonomo e della cura della personalità individuale, perciò si rese necessario che l’uomo fosse indipendente nel suo percorso terreno.

Steiner scrive che l’uomo diventò ricettivo al flusso del sangue in cui sentiva l’energia e il calore dell’io infatti, sentendo scorrere il flusso sanguigno nel corpo l’uomo sperimentava il suo essere e l’influsso della divinità a cui era collegato. Nell’aria che respirava percepiva l’influsso delle forze eteriche che si erano formate restando permanenti nell’etere, perciò l’uomo si creava una costituzione in cui conservava le idee che amava e che voleva imitare, perciò l’uomo imparava a impersonare se stesso.

L’uomo è inconsapevole dell’influsso degli elementi terrestri, poiché essi agiscono al momento dell’incarnazione, infatti l’uomo vive in “oscuramento cosciente” dell’influsso dello spirito superiore che governa anche la solidità materiale. Nel momento dell’incarnazione gli elementi spirituali si cristallizzano, perciò è solo con un susseguente salto di coscienza che l’uomo riconosce questo fatto e consolida la sua consapevolezza, ma solo se l'uomo riceve l’illuminazione di un barlume di luce superiore.

Se l’uomo diventa consapevole è perché interviene un elemento estraneo al suo organismo che non sa padroneggiare, perciò riesce a infondere una nuova visione, infatti è solo ciò che sentiamo come estraneo che ci impone un comandamento perciò stimola una ingiunzione che ci fa modificare. E’ questo il motivo per cui nell’uomo sorge l’affermazione dell’io e nasce contemporaneamente alla sensazione di avere un’anima razionale che proviene dal mondo superiore, e questo si alimenta e sperimenta nel mondo interiore tramite l’attività del pensiero, perciò la forza dello spirito originario impregna il sangue, la carne, le ossa e il nostro midollo.

E’ così che l’uomo si sente il discendente degli antenati e sa che la vita dei suoi avi è respirata insieme all’aria, poiché scorre nelle vene e fluisce nel sangue per tramandarsi nelle generazioni future, perciò l'uomo alimenta il culto degli avi, poiché essa è l’origine della specificità che siamo. L’uomo non sa, ma “sente” tutto in modo oscuro e vede gli spiriti che si manifestano indirettamente, infatti ha dimenticato che le manifestazioni del mondo naturale sono lo specchio della manifestazione della volontà degli esseri superiori.

L’uomo non sa come avvenga ma "sente" che una fiammella del fuoco superiore resta celata al suo interno, e si sente collegato a queste forze infatti, nel momento in cui nacque l’io, tra l’uomo e la terra esisteva la sintesi della fusione perfetta. L’uomo non era indipendente dallo spirito, perché viveva sentendosi incluso nell’unità, e non si sentiva separato da nessuno dei mondi esistenti.

E’ la nascita dell’io che agisce spiritualmente poiché, percependoci come delle unità autonome fummo separati dal mondo celeste, e il distacco permise la discriminazione dell’individualità dell’anima personale. La separazione dall’anima universale avvenne quando l’anima umana comprese che sulla terra avrebbe avuto le opportunità per sperimentare lo sviluppo dell'individualità. Per quanto riguarda i mondi superiori essi operarono facendo l'accomodamento dell’io che l’uomo andava perfezionando nel mondo terrestre, perciò posero in interazione reciproca l’io collegandolo al veicolo astrale, eterico e fisico del'uomo.

E’ sull’armonizzazione operata dal mondo spirituale che l’uomo iniziò a riflettere in modo cosciente infatti, è nel mondo interiore che sorge il corretto orientamento e la conoscenza opportuna per imitare il mondo superiore e per conquistare la comprensione. La coscienza umana fu separata dall’anima cosmica universale, affinché l’uomo smettesse di essere passivo e assoggettato, infatti è il corpo astrale cosciente che ci permette di regolare e orientare le forze celesti, e ci permette di poter scegliere le immagini amate dalla coscienza personale.

Ma il corpo astrale assoggettò l’io che gli era superiore essendo il riflesso del barlume divino, infatti l’uomo resta esposto agli elementi inferiori e viene assoggettato dagli istinti pur essendo nato libero. E' da questo contrasto che sorge la difficoltà di vedere oltre le apparenze formali, infatti l’uomo ha costruito un corpo troppo denso che è calato troppo profondamente nella terra. Questi sono gli avvenimenti per cui l’uomo moderno ha una costituzione diversa da quella dell’uomo antico sognante che era costruito da fuoco, da aria e da acqua per cui aveva una forma rarefatta che gli permetteva di camminare con grazia e di sfiorare con delicatezza la superficie della terra.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 22 aprile 2011

Fino all’ultimo respiro



“La pace è frutto della compassione,
matura nel cuore umano per poi risplendere sul mondo”

(XIV Dalai Lama)

Nella sua autobiografia, il Dalai Lama riporta il discorso che tenne a Stoccolma, quando andò a ricevere il Premio Nobel per la Pace nel 1989, e nel discorso dedicò il premio agli autentici valori dell’altruismo, della compassione e della nonviolenza che sono innati nella natura umana, perché la natura umana è ovunque identica. Da qualsiasi parte del mondo, qualunque sia la nostra origine razziale, tutto questo non ha alcuna importanza, infatti tutti ricerchiamo la felicità e vogliamo fuggire dalla sofferenza, in quanto tutti gli uomini hanno stesse paure e gli stessi desideri.

A tutti gli uomini spetta il diritto di poter vivere liberi e di poter decidere del proprio destino personale, perché così è la natura umana: i problemi che opprimono l’uomo, sono causati dall’insensatezza delle scelte umane, perciò è solo con un discorso umano che possiamo sconfiggere i mali dell’uomo. I problemi della guerra, i danni all’ambiente, la fame e la povertà, dice il Dalai Lama, saranno risolti solo con l’impegno dell’uomo, ma avranno una soluzione solo se l’uomo comprende che siamo tutti fratelli, perché siamo tutti membri della famiglia umana.

L’uomo deve coltivare una responsabilità universale e deve pensare in modo olistico, perciò il suo pensare si deve estendere al pianeta che ci è stato affidato; perciò la preghiera del Dalai Lama è dedicata a tutta l’umanità e la sua preghiera è per gli amici e per i nemici. Tutta l’umanità deve costruire un mondo migliore in cui possa regnare la comprensione e l’amore reciproco, infatti tutti insieme possiamo alleviare il dolore di tutti gli esseri senzienti. Chiamare in causa l’umanità significa parlare con il linguaggio universale dell’amore, perché esso è una dotazione comune di tutti gli uomini.

Solo l’amore è in grado di trascendere le differenze e le carenze dell’altro, in quanto solo l’amore è in grado di escludere ogni diseguaglianza e ogni torto perché l’amore sa vedere solo i tratti comuni, perciò solo l’amore ci restituisce tutta la nostra umanità. Il Dalai Lama dice che, sebbene sia ritenuto la reincarnazione di Avalokiteshvara, il bodhisattva della Compassione, lui si sente solo un umile monaco tibetano, perciò sa parlare come parla un semplice uomo e spera che anche tutti gli altri sappiano ascoltarlo come uomini.

Parlando tra uomini sappiamo che ogni differenza di genere è irrilevante, perché “quando operiamo come esseri umani possiamo attingere all’essenziale,”e l’essenziale è che siamo uomini e come uomini nasciamo e moriremo, perciò tutto il resto è nulla. E’ giunto il momento di pensare in termini di umanità, ma ad un livello molto profondo, perciò dobbiamo credere che tutti abbiano il medesimo diritto di essere uomini, perché gli esseri umani sono fatti della stessa carne e del medesimo sangue.

Tutti vogliamo essere felici e tutti vogliamo sfuggire alla sofferenza, infatti siamo tutti fratelli e siamo tutti membri della grande famiglia umana e la felicità di ogni uomo arreca benessere a tutta l‘umanità, perciò aumentando il numero delle persone felici si potrà accrescere la felicità di cui gode il genere umano. L’uomo deve essere consapevole che ogni suo simile condivide “un identico bisogno di essere amato,” perché l’umanità è una medesima casa in cui vivono tanti fratelli con la medesima natura fondamentale.

La nostra casa è su questo pianeta, perciò dobbiamo proteggerlo vivendo concretamente l’esperienza dell’altruismo universale, che è il solo sentimento che può eliminare l’impulso umano di prevaricare i suoi simili. L’uomo deve coltivare la sua natura fondamentale che è costituita di accudimento reciproco, di nutrimento e di amorosa benevolenza, perché promuovere i valori umani fondamentali è essenziale.

Se coltiviamo i valori umani, quando saremo in difficoltà troveremo sempre qualcuno che accorrerà in nostro aiuto e lo farà in modo incondizionato, perché si aiuta senza chiedere nulla e si è amorevoli solo perché l’altro è un essere simile a noi. Ogni uomo è correlato agli altri uomini, e ognuno di noi soffre di un essenziale bisogno d’amore: e questo è il motivo per cui tutti abbiamo bisogno dell’aiuto e dell’accudimento incondizionatoe reciproco.

Non siamo creature fatte di sola materialità, ed è un grave errore credere che tutte le nostre aspettative di felicità siano costituite solo da soddisfazioni esteriori e da beni materiali. Cosa resterà dell’uomo se non riesce a coltivare la sua migliore natura? Che ne siamo consapevoli o meno le cose non cambiano, infatti dalla nascita siamo accomunati da un estremo bisogno d’amore, perché il nostro bisogno è nel nostro sangue.

Un contatto fisico affettuoso, e le cure reciproche ci sono necessarie: l’amore per l’essere umano è essenziale, e nessuno oggetto esteriore è capace di renderci felici come l’affetto che ci viene dispensato, perché la nostra identità e la verità esistono nelle fibre intime dello spirito. Il Dalai Lama indica da anni un cammino di pace e di tolleranza che oggi è ancora più urgente, perché la pace non si può imporre ma si coltiva e si costruisce quando sappiamo sperimentare l’eliminazione di ogni egoismo.

L’egoismo e l’attaccamento sono le forme espressive dell’individuo dipendente e schiavo, e diventare libero e autonomo significa cominciare a sviluppare la vera compassione. La compassione non è l’attaccamento o il desiderio di precludere gli altri, la compassione non esprime un bisogno emotivo di tipo personale, infatti la vera compassione è collegata alla disinteressata sollecitudine per il nostro prossimo.

La compassione non è una risposta emotiva, ma è un impegno d’amore che si può sostenere e mantenere, perciò la compassione non muta anche se gli altri si comportano negativamente, in quanto la compassione sa vedere la sofferenza del fratello che non riesce a vivere felicemente. La compassione non discrimina, poiché viene dispensata senza pregiudizi, infatti sappiamo che tutti cercano di essere felici:, e riconoscere questa esigenza e questo diritto di felicità reciproca ci rende capaci di assumersi la responsabilità della gioia del fratello facendoci percepire la nostra fondamentale affinità.

Tutti gli uomini fanno le identiche esperienze di gioia e di dolore, perciò non esiste alcun motivo per fare delle distinzioni tra gli uomini. Abbinando il nostro spirito all’altruismo universale sappiamo che la compassione non equivale alla pietà, in quanto essa non è riservata solo agli amici e non possiamo differenziare le persone, perché tutti rifuggono dalla sofferenza e sono alla ricerca della loro felicità.

Per questo, dice il Dalai Lama, io offro il mio impegno per vincere quello che opprime l’uomo e la vera compassione è la pacificazione di tutte le tensioni interiori ed è uno stato di calma, di tranquillità e di serenità che sorge nell’uomo, e io sono consapevole che posso aiutare concretamente l’uomo a lenire la sua sofferenza.

La persona compassionevole riesce a creare un’atmosfera affabile e distesa perché tutta la sua persona è accoglienza e comprensione, e tutto il suo comportamento è improntato alla concordia ed è teso alla promozione della pace e dell’armonia. Sappiamo che l’odio e l’ira sono i principali nemici della compassione perché sono sentimenti che sommergono lo spirito dell‘uomo, infatti devono essere dominati perché ci tormenterebbero senza requie e ci impedirebbero di coltivare uno spirito amorevole.

L’ira e la rabbia instillano nell’uomo una grande forza distruttiva, infatti fanno reagire producendo un danno a noi stessi e agli altri, invece è la coltivazione della compassione che rende possibile l’alleanza del cuore e della mente, perché la compassione è l’alleata della pazienza.

Per affrontare le difficoltà è sempre opportuno saper coltivare la compassione perché è un antidoto di qualità che cancella la rabbia e l’ira, anche se qualcuno potrebbe scambiandola per debolezza, ma sono la rabbia e l’ira che ci rendono deboli perché ci donano una forza incerta e instabile.

Restando calmi e mantenendoci schietti, noi possiamo pensare meglio alla soluzione più opportuna. Ci potrebbe essere qualcuno che potrebbe approfittare della nostra amorevolezza, ma noi restiamo insensibili all’attacco essendo pieni di compassione per la debolezza degli altri.

Se è il caso di far valere le nostre ragioni possiamo farlo usando le opportune contromisure, ma restando esenti da malanimo e risentimento verso gli altri, perché coloro che vogliono danneggiarci vedranno ritorcersi contro di loro i loro raggiri e i loro inganni.

Se il nostro distacco è sincero ed è estraneo ad ogni rappresaglia vedremo i frutti della calma e della compassione come frutti perenni e adeguati, però senza pensare che i fatti della vita siano un male oppure un bene, perché tutto è molto relativo.

Vedere la vita in una prospettiva più generale di quella limitata e personale, e saper sorridere dei nostri mali e saper vedere il lato assurdo e grottesco di quelle che ci appaiono come difficoltà preserva la pace del nostro spirito, infatti ogni caso del nostro vivere nasconde un lato evolutivo che ci può aiutare a migliorare.

La pratica della compassione offre le più ampie soddisfazioni infatti, dice il Dalai Lama, perciò “mi sono impegnato di praticare al meglio la compassione fino a ora, e continuerò a farlo fino al mio ultimo giorno, fino al mio ultimo respiro.”

Buona Pasqua di pace a tutti gli Erranti!
Sharatan

martedì 19 aprile 2011

Come serpenti e colombe


“Siate dunque prudenti come serpenti
e semplici come colombe”

(Matteo, 10,16)

Secondo Martin Luther King nell’uomo vi è necessità di una “mente robusta” dotata di “un pensiero incisivo, una valutazione realistica e un giudizio deciso” perché una mente virile e robusta è una mente acuta e penetrante che non si lascia imbrogliare dalla “crosta delle cose,” ma che sa riconoscere i miti e le leggende discriminando il vero dal falso. Una mente analitica e austera sa approfondire e sa valutare le cose e le situazioni come pure i sentimenti vedendo le strutture di fatti e di fenomeni, in quanto possiede una saldezza che diventa una fermezza di propositi che gli permette di sapersi assumere degli impegni che mantiene.

Una mente robusta è di primaria necessità soprattutto vedendo la credulità umana, infatti gli uomini si lasciano imbrogliare dalla pubblicità e comprano delle merci solo perché qualcuno li persuade che sono migliori di altre. Chi studia le strategie pubblicitarie approfitta della “mente ottusa” sfruttando questa tendenza umana, così come l'ottusità viene sfruttata da chi gestisce le altre fonti di informazione di cui siamo circondati, come “la stampa, la tribuna e, in moltissimi casi, anche il pulpito.”

Nessuna di queste fonti ci fornisce delle verità obiettive e imparziali, infatti tutti tendono a sfruttare l’ottusità, per cui come potremmo non convenire di avere bisogno di una mente robusta? E' vero che bisogna ammettere, scrive amaramente King, che sono rarissimi coloro che amano impegnarsi in pensieri ardui e robusti, mentre prevalgono coloro che vogliono la risposta facile e le soluzioni preconfezionate, infatti la categoria di chi ama la mente minima è universale.

Pochi hanno l’acutezza mentale di discriminare criticamente il vero dal falso, perciò le loro menti vengono “assalite da legioni” di false verità, di concezioni e di pregiudizi illogici, perciò l’umanità andrebbe liberata, per prima cosa, da tutta la falsa propaganda con cui viene imbrogliata. E' il mondo che predilige chi ha la mente minima, poiché è disposto a credere ad ogni superstizione, infatti questi timorosi del cambiamento e delle novità temono le idee che sono diverse dalle loro, perché prediligono ambienti circoscritti.

Una mente minima necessita della vita ordinata e monotona, infatti anche la religione usa questa pigrizia mentale soggiogando con bolle papali, con inquisizioni, con editti e con scomuniche: anche la chiesa vuole ritardare la verità e vuole “innalzare un impenetrabile muro di pietra sul cammino dei ricercatori della verità.” La mente fiacca vede delle opposizioni tra la religione e la scienza perché non comprende che la scienza investiga e la religione interpreta. L'ottuso non comprende che la scienza accresce la conoscenza che è potere, mentre la religione infonde la saggezza che è il controllo, infatti la scienza deve guardare i fatti e la religione deve additare i valori, perciò esse non sono rivali, ma complementari.

Non è difficile vedere il pericolo delle menti piccole se pensiamo ai dittatori che spinsero delle masse enormi di individui a compiere atti di barbarie indicibile che tutte le società civili dovrebbero considerasre inaccettabili. Adolf Hitler fu uno dei più astuti manipolatori delle menti umane, infatti cercò degli adepti suggestionabili, ed era solito dire: “Io uso l’emozione per i più e riserbo la ragione per i pochi.” Nel “ Mein Kampf” scrive: “Per mezzo di accorte bugie, incessantemente ripetute, è possibile far credere alla gente che il cielo è l’inferno, e l’inferno è il cielo […] Più grossa è la bugia e più prontamente sarà creduta.”

L’ottusità umana è la prima causa dei pregiudizi razziali, infatti la persona acuta esamina prima i fatti e poi trae le sue conclusioni, mentre la mente minima trae le conclusioni prima di avere esaminato i fatti, perché il suo giudizio è preconfezionato, ed è così che resta la vittima dei pregiudizi, delle superstizioni e delle menzogne. Ogni pregiudizio è basato sul timore, sull’incomprensione e sul sospetto che sono tutte concezioni prive di fondamento, perché anche la scienza dimostra che le persone non sono condizionate dalle origini di razza, e che la razza non ha nessun influenza sulla qualità degli uomini.

Queste mentalità ristrette e segregazioniste sostengono concezioni che sono irrazionali ed insane, perciò dannose anche da un punto di vista sociologico, ma la mente pusilla ama le dichiarazioni infiammate che propagano le falsità. Tutti i proclami infuocati devono suscitare il timore ingiustificato e le morbose antipatie in modo che degli uomini normali vengano spinti a compiere degli atti che, in condizioni normali, nessuno di loro si permetterebbe di compiere.

L’uomo non ha molte speranze, dice King, finché non diventerà talmente acuto da sviluppare una mente robusta perché, se si continueranno a produrre degli uomini dalle menti ottuse avremo la morte spirituale e la decadenza umana. Ma l’uomo non deve solo saper coltivare la robustezza mentale, ma deve avere anche il cuore tenero, poiché una mente acuta che non abbia un cuore è fredda come l’inverno che non sa scaldare, infatti la mente molto analitica non sa essere dolce come la primavera e non sa divenire confortevole e calda come il sole d'estate.

L’uomo che coltiva una mente molto razionale deve saper coltivare anche la tenerezza del cuore, perché una mente acuta può raggiungere le più elevate altezze intellettuali ma diventa troppo carente: il cuore duro rende egoisti, perciò amiamo solo noi stessi. Chi ha durezza di cuore vede tutto in chiave utilitaristica e gli altri sono considerati solo “in base alla loro utilità,” perciò non sanno sperimentare la vera amicizia, poiché non sanno condividere i sentimenti degli altri, infatti sono uomini aridi e incapaci di amare.

L’aridità rende incapaci di provare compassione infatti, i duri di cuore non si lasciano commuovere dalle sofferenze dei loro fratelli umani e, anche se incontrano degli infelici a parole sono solidali e possono elargire delle elemosine, ma non riescono a donare il calore e la luce dell‘amore. Essi vedono le persone come oggetti ed elementi irrilevanti, perciò chi è arido vede gli uomini come dei fattori che sono macinati “nella massiccia ruota della vita di una grande città, vede gli uomini come dita di una moltitudine; nella ruota mortale della vita di ognuno, vede uomini come numeri di un reggimento. Egli insomma spersonalizza la vita.”

La vita è uno specchio in cui vede solo il suo volto, e non è la finestra da cui affacciarsi per vedere l’umanità. Gesù dice che è necessario unire l’astuzia del serpente alla purezza della colomba infatti, per non essere “freddi, meschini ed egoisti” è necessario acquisire la dolcezza e la tenerezza della colomba, perché i sentimenti del serpente astuto e calcolatore sono anemici, sentimentali e inconsistenti. Noi dobbiamo essere l’opposto del rettile, perciò dobbiamo diventare passionali, coerenti e affidabili nel sentimento. Dobbiamo congiungere la prudenza della mente alla semplicità del cuore, perché così diventiamo degli individui in grado di perseguire la libertà e la giustizia.

L' acquiescenza e la pusillanimità sono codardia, dice King, perché non si guadagna alcun rispetto facendo la rinuncia ai diritti, infatti un uomo deve saper lottare per i suoi figli e per il loro futuro affinché abbiano più sicurezza e comodità. Accettare in modo passivo un regime ingiusto significa che si sta cooperando con il sistema, perciò significa diventare i complici dell’ingiustizia e del male che è nel sistema. Esistono degli esseri “duri di cuore e amari” che distruggono coloro che si oppongono all’ingiustizia imponendosi contro di loro con la violenza fisica e con l’odio, ma l’ingiustizia e l’odio producono solo delle vittorie effimere, perché creano più problemi di quanti ne risolvano, infatti nessuna violenza è in grado di generare una pace permanente.

La voce di Cristo dice “Riponi la tua spada!” ma troppe sono le nazioni che non ascoltano la voce di Cristo, perché il suo insegnamento crea una terza via che è il modo migliore di ricercare la libertà umana ed è la via della non violenza in cui l’acutezza mentale si unisce alla dolcezza del cuore senza permettere che il disinteresse e l’ignavia diventino le nostre padrone.

La grandezza di questo insegnamento insegna la vera natura di Dio, infatti Dio è grande proprio perché è acuto di mente ma è anche molto tenero di cuore. La qualità di Dio è di essere intelligente in modo austero, ma possiede anche la somma tenerezza e mansuetudine, infatti la Bibbia dimostra la rapidità della sua giustizia ma anche la tenerezza e l’amore che dimostra a coloro che ama.

Dio ha sempre le braccia distese, perché entrambi le sue braccia ci sono necessarie, in quanto un braccio è abbastanza forte per offrire la sua forza e la certezza della giustizia, mentre l’altro braccio è molto tenero per circondarci con dolce amorevolezza. Dio è un padre forte che non abbandona mai i suoi figli, ed è un padre indulgente che dimostra l’amore e la gratitudine verso chi si è perduto e ritorna a casa. E’ per questo, dice King, che sono onorato di rendere omaggio ad un Dio con queste qualità, e perché sono riconoscente di poter adorare un Dio che è insieme intelligente e tenero.

Il mio Dio non può essere freddo perché non è un despota, ma non è un Dio sentimentale che alle prime difficoltà ti abbandona, perché non sa come fare per aiutarti. Dio non scompare quando la situazione va male ma agisce sempre al meglio, altrimenti sarebbe incapace di sostenere la creazione. Dio non ci lascia soli quando siamo a lottare e non ci abbandona nelle nostre battaglie, infatti ci viene a cercare nelle tenebre per soffrire con noi, poiché la sua prodigalità è immensa.

Ma a volte, dice King, abbiamo bisogno anche di conoscere il Dio della giustizia, soprattutto quando “i giganti dell’ingiustizia crescono sulla terra” per opprimere, perciò essi hanno bisogno di sapere che esiste un Dio che può falciarli come l’erba. Questo avviene soprattutto quando vediamo il giogo dell’oppressione e dell’ingiustizia, perciò abbiamo bisogno di un Dio che abbia una invincibile forza e potenza, e che sia la completa antitesi della debolezza e dell’ignavia che vive nell’uomo. Ma noi abbiamo bisogno di avere al nostro fianco un Dio dell’amore e della misericordia soprattutto quando siamo sbattuti dai gelidi venti di tutte le avversità, e quando siamo abbattuti dalle disillusioni e dalle amarezze del vivere, perciò la nostra estrema fragilità ci potrebbe spingere verso le desolate terre della perdizione.

Quando siamo soli nelle tenebre, dice King, è allora che ci assale una pungente nostalgia, che è uno strano sentimento in cui sentiamo che abbiamo bisogno di sapere che c’è qualcuno che ci ama, che si prende cura di noi e che ci perdona ogni volta, perché offre sempre l’opportunità di riparare ai nostri errori. Quando di giorno scende il buio e la notte è molto lunga, dobbiamo essere riconoscenti che Dio sia la sintesi della creatività dell’amore e della forza della giustizia, infatti il nostro Dio sa condurci lungo le valli più oscure della vita fino ai più luminosi sentieri della speranza e nella gioia dell’adempimento.

Buona erranza
Sharatan

sabato 16 aprile 2011

La duplicità umana


“Chi sei tu? Lo sai?
Tutto il tuo essere è natura di Buddha.
Tu sei la Grande Via, al di là di tutte le forme.
C’è forse qualcosa di malato in questo?”

(Bassui Tokusho)

Nel lavoro spirituale si usa il pensiero, scrive Steiner, perché l’uomo possiede il cervello che ha una componente fisica e una componente eterica, ed è la componente eterica che ci permette di pensare in modo autonomo. Ogni sapere sul mondo animico e sul mondo spirituale dorme nell‘anima umana, ed è in attesa di ridestarsi per riaffiorare alla nostra coscienza. Se vi è la potente volontà di conoscere possiamo attingere dal fondo della nostra interiorità le potenti forze della comprensione, e le verità ci verranno incontro come se fossero dei concetti che “il nostro sapere inconscio” riconosce familiari, e le vede come logiche e coerenti, sebbene la loro comprensione escluda i sensi corporei e la mente ordinaria.

La vera indagine spirituale usa l'intelletto forte e saldo che avanza senza sperare nello sviluppo della veggenza che non è consueta, perciò non dobbiamo credere alle “vie del cuore” che riducono le Vie a delle sciocchezze di spiritualità sentimentale. Il pensiero è la più alta facoltà umana, e imparare a pensare è possibile se sappiamo apprendere usando le comunicazioni degli altri, e se osserviamo in modo acuto e vigile la realtà concreta; ed è questo il primo gradino della conoscenza. La possibilità di accogliere l'insegnamento nasce anche dall’attrazione interiore per quella visione, perciò “lo studioso deve in ogni istante potersi trasformare in un recipiente vuoto in cui si riversi il mondo estraneo.”

Vista così, la verità è che l’uomo soffre di pigrizia mentale che gli rende antipatico il pensare, e crede che il pensiero consista nel dipanare delle matasse ingarbugliate, infatti ignora la disciplina del lavoro mentale. Un pensiero che è pieno di vita e l'intelligenza brillante e acuta può divenire un’ottima base per acquisire la conoscenza, sebbene possiamo ammettere che avere la veggenza sarebbe il modo più comodo e più veloce per conoscere tutto. I nostri momenti più fecondi giungono quando si lasciano andare tutte le preconcezioni mentali, perché anche il bambino può insegnare al grande saggio.

Chi si avvicina con giudizio preformato non può accedere ad un mondo che richiede una totale abnegazione interiore, perciò bisogna spegnere pregiudizio, orgoglio e presunzione mentale, perché chi spegne sé stesso guadagna lo spazio per il riversamento della conoscenza totale. Solo la dedizione interiore permette di cogliere tutte le conoscenze spirituali che ci circondano, poiché sappiamo ascoltare le cose che parlano mentre si manifestano. Chi vuole conoscere deve lasciare che su di lui agisca la conoscenza stessa, perciò si sta nella situazione “senza l’influenza perturbatrice delle proprie qualità” anche se dobbiamo saperci inserire con una mentalità giusta nell’ambiente spirituale.

Molti disprezzano la materia credendola rozza, comune e infima, perciò dicono che deve essere superata per potersi elevare allo spirito, poiché sullo spirito nutrono le idee più strambe ed imprecise. Chiaramente va pensato che il sentimento umano può essere confuso se ci basiamo sulle immagini sensibili e si cade nel pregiudizio, poiché la riduzione del sentire preclude la conoscenza. E questo avviene anche se riduciamo l’analisi dell'uomo all'esistenza corporea della vita presente, perciò giudichiamo solo sul dato più attuale e più limitato.

Nessuna comprensione sorge se pensiamo l’uomo solo nel percorso che compie tra la nascita e la morte, dice Steiner, perché nell’uomo che vive nel corpo si coglie una sensazione di nostalgia e uno struggente desiderio di ritornare in un luogo che è di maggiore estensione, ed è la materia che prova desiderio per le dimore dello spirito. Sarà difficile da credere, ma il desiderio intenso e il sentimento nostalgico che viene descritto è il medesimo sentimento che viene provato dall’anima che è posta nell’intervallo tra la morte e una nuova rinascita, infatti anche lo spirito desidera ritornare nella materia.

Se crediamo che esista la medesima nostalgia nella casa terrestre come nella casa spirituale, allora possiamo credere ad altre concezioni corrette, e possiamo eliminare altre falsità sullo spirito e sull‘anima. Molti credono che mondo materiale e spirituale funzionino nel modo opposto, ma questo non sempre è vero anche se avviene pure così, perciò non conosciamo molto se non sappiamo indagare su spirito e materia in tutte le sfumature usando un metodo logico e analitico.

A questo riguardo indaghiamo le regole del ritorno sulla terra quando l’anima si reincarna avendo rinnegato la materia oppure lo spirito. Coloro che credono la prevalenza della materia nell'esistenza fisica odierna furono coloro che avevano negato ogni valore all’elemento materiale, perciò oggi ritornano come accesi sostenitori del materialismo per capire quello che non avevano compreso. Chi vede la materia come un valore assoluto non sa comprendere che la materia è l’espressione dell’energia dello spirito, infatti deve approfondire nell’incarnazione presente la sua comprensione errata del lato materiale.

Se facciamo l’inversione, vediamo coloro che vedono il primato dello spirito sulla materia, poiché non sanno che entrambi sono poli di una medesima realtà, perciò il terrestre e il celeste non vanno in conflitto essendo le polarità con cui si manifesta la Creazione. Per capire la duplicità umana, dobbiamo conoscere la bipartizione della testa e del tronco, e sapere che la veglia è permessa dalla testa, mentre il sogno origina dal subcosciente ospitato nel corpo.

Dell’uomo vediamo la creazione artisticca in cui la nostra dualità viene armonizzata: questa nobilissima capacità umana è l'esercizio della maestria sulla materia, infatti l’opera d’arte è la nostra manifestazione personale del concetto di bellezza, ed è una prerogativa dello spirito che ospitiamo. Anticamente l’uomo vedeva la coerenza tra l‘Alto e il Basso, infatti conosceva il “mondo cosmico dei pensieri” perché vedeva le intenzioni superiori osservando il corso delle stelle. L‘uomo antico sapeva che la mente è ispirata dal cielo, mentre il corpo è mosso della terra, perché l‘uomo nasce nella duplicità che è la sintesi della cooperazione del Cielo e della Terra ma, l’uomo antico ignorava la libertà e l’individualità essendo interamente sottomesso alle leggi della terra e alla volontà del cielo.

Secondo Steiner, l’uomo reca le impronte delle forze celesti nel suo capo, mentre il corpo conserva l’immagine delle forze che salgono dalla terra, infatti questa realtà resta impressa nell’evoluzione dei primi anni di vita. Nei primi anni il bambino non sperimenta alcuna differenziazione dell’identità sessuale, in quanto si sperimenta come individuo conformando le sue caratteristiche di essere umano, e non si differenzia in base alle caratteristiche di genere. Il bambino è asessuato, e sperimenta le energie maschili e femminili come impulsi interiori e come acquisizioni di sensibilità manifestando l'azioni delle due forze che agiscono sull‘individuo che si adatta alla vita materiale.

Le differenze e la prevalenza di forze sono nell’emersione del carattere con cui manifestiamo i poli sessuali nelle connotazioni sessuate specifiche. L’osservazione dei mondi dovrebbe insegnare che tutti attribuiscono dei valori identici per i due sessi, infatti non si fa nessuna svalutazione dei tratti femminili oppure dei tratti maschili, e così avviene nell'uomo. Se l'elemento è molto persistente pensiamolo come prevalente ma non è affatto unico, infatti ogni elemento nasconde sempre il suo opposto, perciò avviene in tutti i livelli.

Nell’uomo diventa essenziale la crescita nei primi 7 anni di vita, perché è il periodo in cui le forze del capo e del corpo si devono adattare perfezionando l’incarnazione dell’anima. L’uomo apprende il maschile attingendo dal cielo e il femminile assorbendo dalla terra. Conosciamo facilmente pensando a chi approccia al mondo usando uno dei due versanti, perché esiste chi impara con la testa e chi impara con il cuore. La cosa più ovvia da sapere, dice Steiner, è la necessità dell'illusione e il significato della fatica nella ricerca della verità.

Comprendere che è giusto che l’uomo abbia bisogno di illusioni, e perchè nasce privo della verità diventa facile unendo la testa e il cuore, e se facciamo la sintesi dell’intelletto e del sentimento. Usando l’unità sappiamo che, se l’uomo nascesse in possesso della verità non sarebbe libero di intraprendere una sua ricerca personale, perciò non potrebbe sviluppare l'individualità, infatti la libertà è prerogativa unicamente umana.

Si comprende che la vita si presenta con apparenze che nascondono l'essenza, poiché l’uomo deve imparare a discriminare la natura dei fatti, perciò è utile che l’essenza sia celato oltre l’apparenza, perciò la dualità è maya quando non possediamo l’acutezza di capire che la medaglia possiede sempre due facce. Riuscire a penetrare oltre l’apparenza libera delle forze e delle tendenze offre una sensibilità che potremo sviluppare anche nelle successive incarnazioni, perciò coltiviamo un frutto che è presente e futuro, perché ogni creazione può essere sempre più perfezionata.

Teoricamente, dice Steiner, verrà il tempo in cui l’uomo potrà comunicare dei contenuti senza doverli concretizzare, ma ancora è tempo di materializzazioni concrete, perciò per capire la creatività è necessario attendere il sorgere della luce che sorge dall’anima e che appare come un sogno per illuminare con l’ispirazione l'uomo che è cosciente e sveglio. Questo l'intuizione in cui l’uomo prova il tocco dello spirito che vive nell’ispirazione, ma vive concretamente nell’opera d’arte, ed è il requisito in cui l’uomo è simile alla divinità.

Pensare di vivere senza concretizzare riduce l’uomo come un automa, infatti la concretizzazione impone la necessità di conoscere lo spirito celato nella materialità, e permette la perfetta fusione di influssi terrestri e celesti che agiscono sull'uomo. L’acquisizione della conoscenza non è la ripetizione di una lezione sempre uguale, conoscere è la perfetta espressione del punto di vista di una individualità libera, ed è il frutto del nostro stile personale. Diventare liberi significa che possiamo entrare in contatto con ciò che impariamo, e ogni insegnamento diventa familiare perché è vicino ciò che siamo.

Quando pensiamo al continuo accrescimento, sappiamo di poter crescere sapendo che il punto d’arrivo è vicino a ciò che siamo, ma ciò che siamo è spinto sempre più avanti dal desiderio di accrescere: è così che la volontà di perfezionamento è infinita. Conoscere non corrisponde ad accumulare nozioni, conoscere è la potenzialità di usare diverse possibilità con cui poterci realizzare, perciò conoscere offre la libertà della scelta, e la conoscenza ci rende sempre liberi.

Se l’uomo conoscesse la verità in modo innato diverrebbe un automa, in quanto farebbe una vita uguale come una fotocopia e sarebbe sommerso dalla noia, perciò tutta la conoscenza sarebbe sprecata per vivere una vita inerte. Nessuno ama osservare un mondo che presume di conoscere, perciò anche i fenomeni della materia fisica non potrebbero stimolare il pensiero, per cui non produrremmo i concetti con cui ordinare una realtà che non ha alcuna necessità di essere organizzata.

A questo punto si potrebbe avere rimpianto per un mondo in cui non è necessario il pensiero, perché per l’uomo pensare è faticoso, infatti pensando si sviluppa la vita interiore per cui ospitiamo il dolore e il tormento dell'accresciuta sensibilità. Ma questo sarebbe possibile se l’uomo avesse il ciclo di una sola vita e se fosse una pianta sterile che non produce frutto, perciò non ci sarebbe futuro. Nella vita umana è necessario che l’anima possa perfezionarsi con le cognizioni che apprende vivendo, infatti nessuna vita è una ripetizione di schemi usuali, e l’uomo resta sempre il costruttore del suo futuro.

Tutto ciò che portiamo dal passato, lo accresciamo nel presente e lo portiamo nelle vite future: tutto il frutto dell’impegno, della tenacia e dello sforzo diventa il tesoro che conserviamo per sempre. Tutto ciò che sviluppiamo è il germe del futuro, perciò riportiamo la conoscenza con cui abbiamo accresciuto l‘anima. La conoscenza è sepolta profondamente nella nostra coscienza, pur avendo la natura sovrasensibile che la rende superiore al mondo fisico: credere diventa arduo se non sentiamo le cose come vere, perciò crede solo chi sente interiormente queste come verità.

L’uomo è fatto in modo duale, dice Steiner, infatti possiede la bipartizione di testa e di corpo che sono costituiti di materia finita che, per quanto preziosa, è una materia che muore e che si decompone. Insieme alla decadenza delle cose esteriori anche il corpo fisico finisce, ma la forza creativa delle cognizioni che l’uomo ha accumulato continua ad esistere anche fuori dal corpo, e sebbene la testa scompaia col corpo, le cognizioni accumulate restano eternamente nel nostro spirito, poiché lo spirito è il fondamento della testa e del corpo essendo la sintesi perfetta della nostra dualità.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 13 aprile 2011

In dialogo tra energia e materia


“La pace non è l'assenza di guerra:
è una virtù, uno stato d’animo,
una disposizione alla benevolenza
e alla giustizia”

(Baruch Spinoza)

L’energia possiede un’infinita potenza creatrice e la manifestazione di ciò che l’energia riesce a creare assume i limiti che sono impliciti nella determinata realtà in cui avviene la formazione energetica, in quanto la trasformazione delle energie viene condizionata sempre dal contesto in cui si vuole creare. E’ il tipo di mondo che impone i limiti e le determinazioni, poiché la forma limita il potere creativo delle energie, infatti le determinazioni formali vanno ad incanalare e dirigere la forza energetica in un modo specifico.

E’ evidente che la forma determina la limitatezza della creazione, perché solo alcune delle sue potenzialità vengono sviluppate, mentre altre potenzialità vengono sacrificate, come avviene nella nostra realtà che è tridimensionale. E’ la forma che sceglie come l’energia può manifestarsi, perciò come essere, perché le caratteristiche della realtà creata mette in evidenza alcuni aspetti in modo più marcato, e sfuma altre caratteristiche, in modo da ottenere un’immagine determinata e specifica.

Un’energia indifferenziata scorre in tutto l’universo perciò, se non assumesse una forma certa non potrebbe essere visibile, infatti tutta la creazione è un dialogo continuo tra lo scorrere energetico e il celarsi di tale energia all’interno di una determinazione che si esplicita in modo particolare. Noi possiamo pensare la creazione come fosse una canalizzazione di energie a cui viene imposta una direzione specifica: immaginiamola come un fiume, a cui viene deviato un rigagnolo che viene incanalato, per cui il corso del rigagnolo è modificato per un tratto finché, può riprendere il suo percorso originario ritornando nel corso del fiume da cui aveva origine.

La manifestazione è l’esplicitarsi di uno specifico obiettivo che l’energia assume limitando le sue caratteristiche essenziali e il suo modo, poiché ogni creazione è una dichiarazione dell'essere: questo è il motivo per cui una manifestazione che esprime tutta la nostra energia personale si rende esplicita manifestandosi nelle scelte che facciamo nella vita. Tutto ciò che l’uomo attua, perciò tutto ciò di cui nutriamo il corpo e la mente è in grado di determinare il modo con cui si manifesta l’energia che è insita nella potenzialità nel nostro veicolo fisico e mentale.

Il nostro modo di essere e le nostre azioni sanno determinare il modo con cui l’energia universale può fluire nel nostro involucro fisico, infatti l’uomo abita un corpo che ha una natura energetica. I cabalisti scrivono che la nostra coscienza viene formata dalla qualità energetica che può essere contenuta nel nostro vaso fisico e spirituale, perciò l’energia universale viene catturata e racchiusa nel nostro recipiente, da cui viene liberata, alla morte, e può tornare a scorrere nell’universo.

L’energia imprigionata possiede delle connotazioni fisiche e mentali che sono uniche per ogni individuo, in quanto ognuno è solo nel suo modo di essere, infatti ognuno è unico. Nel mondo non esistono due individui che siano identici, perché il patrimonio genetico, le esperienze e la qualità della consapevolezza è sempre diversa. La cabala insegna che l’uomo che è privo di evoluzione spirituale è come un vaso vuoto, perciò è un individuo sterile, mancandogli l’energia vitale dell'amore e della gioia.

Aumentare la nostra apertura alla benevolenza, all’empatia e all’amore ci rende adatti a ricevere l’energia universale che sa perfezionare ancor più la creazione. Se l’uomo si chiude e contrae viene separato dalla fonte di energia che risana e riequilibra, perciò comprendere l’importanza delle energie è così essenziale. Valutando che la natura dell’energia è quella dell’espansione e la natura della forma è nella contrazione, dobbiamo evitare il conflitto tra queste due tendenze attuando la resistenza al cambiamento, perciò l’individuo dovrebbe accettare l’espansione, altrimenti subirebbe l'inutile perdita di energie che dovrebbe ritrovare.

Il corpo materiale è la Terra che ha le fondamenta nel passato, mentre l’energia è il simbolo del Cielo, infatti essa vibra desiderosa di diffondersi, e assapora pienamente l’attimo presente, perché in esso può tracciare un futuro migliore. Usando la simbologia dell’acqua indicano la vivificazione proveniente dallo spirito, perciò “l’acqua della vita” fluisce nel vaso percorrendo il corpo: quest’acqua risana e fortifica la nostra struttura rendendola più salda e vitale, perciò più flessibile all'adattamento ambientale.

L’apprendimento della gestione del flusso energetico ottenuta con discipline come lo yoga e il tai chi ch’uan ci rende capaci di equilibrare il flusso ripristinando l’equilibrio fisico, emotivo e mentale, perciò ottenendo un ampliamento della coscienza individuale. Sapere che esistono dei metodi per diventare un vaso che è in costante espansione per recepire la massima carica energetica ci procura l’arricchimento della persona, e ci insegna a far dialogare la nostra manifestazione energetica personale con la realtà materiale.

Quando l’uomo ospita dei sentimenti che causano una contrazione energetica, perciò vive nella paura, nel dolore e nel buio, tutto il suo essere si ripiega e si contrae comprimendo le sue energie, e questo accumulo mette l’organismo sotto tensione causandogli uno stress psicofisico. In condizioni limitanti, l’individuo avverte una grande confusione mentale, perciò diventa irrequieto nel movimento fisico che diventa la valvola di sfogo dello stress giunto al punto di guardia, sebbene il movimento fisico non sia in grado di arrecare alcun sollievo.

L’accumulo energetico non porta la quiete poiché non avviene lo sfogo di tutti i corpi che ci costituiscono, perciò gli individui che sono sbilanciati affrontano delle difficoltà come malattie fisiche, rotture di relazioni, problemi sul lavoro e ristrettezze finanziarie. Quando le persone sono amate e amano sentono il flusso della vita che li nutre, perché avvertono un’energia che li penetra, infatti vivono armonicamente un’attività gioiosa e creativa, per cui si sentono bene e sono lucidi a livello mentale. Se il corpo sa usare armonicamente le sue energie, allora facciamo un perfetto allineamento tra la Terra e il Cielo interiore e superiore.

L’uomo che conosce e gestisce correttamente l’energia che scorre nella materia prova una enorme gratitudine per tutto quello che può entrare e uscire dalla sua vita, perché costui comprende che ciò che giunge è un dono del cielo perché la nostra vita sia arricchita con una apertura all’evoluzione di nuove opportunità. Secondo gli antichi affrontare la vita con la paura equivale a nutrire il sospetto e l’ostilità verso la vita, perciò la vita si sente rifiutata e ci priva dell‘abbondanza e dell’amore.

L’atteggiamento amorevole comporta l’accettazione del vivere per cui sappiamo esprimere l'amore e la totale disponibilità alla vita e, se la vita è onorata e glorificata, essa ci corrisponde donandoci la gioia, perciò anche il mondo sarà amorevole con noi, infatti ci ritornerà indietro un amore che saprà sostenerci. E’ l’amore che sa elevare la coscienza fino allo Spirito Superiore, ed è la nostra amorevolezza che ci farà spontanei e sinceri, affinché possiamo donare il calore umano che possediamo, perciò la vita offrirà l'abbondanza del suo amore.

Se la gratitudine e la grazia di cui viene colmato il vaso si spinge fino al massimo dell’espansione che può contenere, tutta l’abbondanza ricevuta tracima nel mondo, infatti dei grandi maestri seppero colmare il loro vaso in modo perenne, e furono in grado di aprire i cuori e le menti dei loro discepoli spingendoli fino al massimo del loro potenziale. Anche quei discepoli seppero sviluppare i loro migliori talenti seminando e raccogliendo ciò che avevano donato, perciò seppero seminare la luce e l’amore ed ottennero di ritorno tutta l’abbondanza che è esistente nel mondo.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 7 aprile 2011

La superiore sublime comprensione


“Il nucleo della conoscenza è questo:
se la possiedi, applicala.
Se non la possiedi,
confessa la tua ignoranza.”

(Confucio)

Osho scrive che, nella vita, non esiste un aspetto immanente e un aspetto trascendente, poiché la vita li contiene entrambi: nella vita non vi è alcun lato assoluto, infatti la vita è nell’evidenza dell'immediatezza. E’ l'immediato il modo usato dall’Assoluto per manifestarsi nel nostro mondo, infatti nell’immediato vive il tratto e il tocco dell’Assoluto, poiché non esistono delle divisioni tra i vari aspetti della realtà. Il mondo non possiede delle divisioni, poiché in esso sono presenti sia l’aspetto trascendente che l'immanenza che vennero fusi assieme, perciò l’uomo non deve lasciare il mondo materiale per conoscere il senso totale della vita.

Se impariamo a renderci fluidi, se diventiamo più sensibili e siamo disponibili a vedere in modo profondo scopriamo che la realtà presenta entrambi i versanti, infatti il mondo può diventare il paradiso e il nostro corpo può diventare il corpo del Buddha. Per tanto tempo ci hanno insegnato che la realtà è divisa tra lo spirito e la materia, per cui crediamo nel corpo e nell’anima come a entità separate,e pensiamo di avere una parte infima e una parte sublime, infatti viviamo una scissione tra esteriorità e interiorità. Da questa scissione ha origine la nostra concezione di un mondo invisibile e di un mondo visibile come realtà separate, e questa mentalità è la causa della nostra carente comprensione spirituale.

Ci hanno insegnato a ragionare usando le dicotomie mentali che frazionano la realtà che è unica sebbene non possano esistere delle scissioni tra il Creatore e la creatura, poiché entramb vengono dalla medesima sostanza e, seppure volessero, non potrebbero venire separati. Il mondo e il suo Creatore hanno la medesima energia,perché ogni mondo diventa l’espressione di colui che lo plasma, e ogni creatore crea delle creature fatte a sua immagine, perciò anche noi siamo uniti al nostro Creatore come la fiamma è unita al tizzone.

Credere di ottenere delle esperienze trascendentali è una illusione, perché credere di dover trascendere la materia per contemplare lo spirito dimostra la forza dell’ignoranza che ci soffoca: ciò che giunge diventa giusto se sappiamo comprenderne il senso evolutivo, ma dobbiamo capire sapendo restare ancorati alla realtà materiale. La nostra esperienza più autentica deve essere prodotta da una sensibilità che deve svilupparsi sempre più, perché dobbiamo coltivare una crescente comprensione di tutte le sfumature della vita.

La tenerezza e la ricettività ci rendono più vulnerabili alla vita, perché la tenerezza ci apre alla gioia e all’amore,ma dobbiamo abbandonare ogni illusione sulla necessità dell’illuminazione. Osho dice che Dio deve essere evidente ed esplicito solo per le menti limitate e grossolane nella comprensione, in quanto è un'intelligenza mediocre che necessita del miracolo per capire: l'eccezionalità deve ricompensare la nullità, infatti essa rappresenta il desiderio di chi sogna una rivalsa.

Se siamo intelligenti e se coltiviamo la sensibilità e la profondità dello sguardo anche una realtà ordinaria può dimostrarsi eccezionale, perché la realtà è un mirabile intreccio di materia e di spirito. Una vita normale diventa mediocre solo se restiamo addormentati alla visione dello spirito che è inserito nella materia, infatti essere privi di occhi e di orecchie adeguate impedisce di percepire in modo profondo e denso.

Chiedere la manifestazione mirabolante per credere nello spirito è tipico di chi ama i giochi mentali, ma non è prerogativa dell’essere spirituale che conosce e apprezza la meraviglia del vivere nell'attimo presente. Solo chi sa come vivere sensualmente nel presente conosce pienamente la vita,infatti sa assaporare e sa riconoscere tutti i sapori più vitali: è così che noi onoriamo anche lo spirito mentre viviamo nell'involucro materiale.

Il “divino è al centro di ogni cosa” infatti Dio è al centro del mondo e il mondo è la periferia di Dio: diventare sensuali corrisponde a sentirsi inclusi nella circonferenza di cui siamo centro e periferia, poiché entrambi le cose forniscono un senso all’esistenza. Ma tanti insegnano l'opposto affermando che il corpo deve rendersi insensibile al mondo, perciò il corpo deve essere freddo precludendo la verità che non è giusto abusare o negare la materia e lo spirito, perché ogni limitazione ci rende più infelici.

L’apertura da conquistare consiste nell’essere ricettivo, aperto e sensibile a tutte le cose, sapendo che tutto ci può insegnare se non temiamo la vita,infatti l’apprendimento risolve il mistero e la conoscenza svela l’ignoto. La maggiore sensibilità ci rende recettivi anche alle bellezze del mondo vegetale e animale, infatti l'essere sensibile e sensuale viene elevato fino alla comprensione da cui ogni cosa fluisce e scorre. Dei sensi ampliati ci rendono adatti ad assaporare tutte le sfumature dell'esistenza,in quanto arricchiscono la nostra essenzafornendola della superiore sublime comprensione.

La vita non ha mai un senso predefinito perché i fatti sono neutrali, infatti il significato viene plasmato dalle nostre sensazioni e dai sentimenti,e il senso è fornito dai nostri condizionamenti che associano un valore positivo o negativo ai fenomeni. Ogni cosa che accade può fornire un arricchimento se siamo disponibili a comprenderlo lasciando che le situazioni avvengano,ma osservando ciò che viene per come si presenta: è così che impariamo dai fatti senza fare uso di preclusioni mentali.

Per cogliere l’essenza della vita è necessario agire nella situazione nel modo migliore usando le cose per aumentare la nostra capacità di amare,e ampliando la nostra sensibilità e la gioia di vivere,perciò dobbiamo impedire che le durezze della vita ci rendano aridi e infelici. Quando siamo disponibili a vivere spassionatamente, allora tutto ciò che accade diventa una occasione per comprendere la vita, percché esiste anche chi deve vivere in situazioni in cui la paura è l'unica compagna,ma riesce difficile saper affrontare coraggiosamente anche queste dure condizioni.

Nessuno può essere condannato se resta vittima della paura, del fallimento e del timore, infatti il perdono può offrirci la salvezza quando le cose della vita divengono incomprensibili: l'unica salvezza è offerta dalla scoperta del senso della vita soprattutto quando potremmo avere l'incapacità di comprendere. Perdonare è l'unico modo per apprezzare ogni vita,e tutto può diventare un dono per aumentare la sensibilità e la comprensione: nessun Dio vuole l’inferno e la dannazione umana, ma le cose accadono perché sono causate dalla concatenazione dalle azioni umane.

La spiritualità non è il frutto di pregi e difetti, ma è il risultato della sensualità, della sensibilità e della volontà di comprendere, infatti siamo noi che veniamo sgretolati dalla vita quando ci priviamo della gioia di vivere, perciò perdiamo dei frammenti d’anima quando viviamo senza conoscere il significato del vivere. Dobbiamo apprezzare tutto ciò che ci può aiutare ad imparare, infatti dobbiamo imparare fino all’ultimo istante, poiché abbiamo l'opportunità di evolvere fino all'ultimo respiro.

L’uomo non conosce la sua grandezza e il suo valore, infatti raramente sa celebrare la forza e la bellezza della sua indole, infatti non riesce a coltivare adeguatamente il suo pensiero, che è la nostra prerogativa divina. Se l’uomo conoscesse la forza della mentalità sensibile, robusta e densa potrebbe allontanarsi dal buio, dal freddo e dal dolore del suo nucleo negativo. Se l'uomo riuscisse a comprendere la trama inserita nelle situazioni della sua vita farebbe delle affermazioni molto migliori,e verrebbe sostenuto dalla positività dell’intero universo.

Sapere che non esiste un polo positivo e negativo già predefiniti elimina i nostri conflitti, infatti impariamo che tutto è giusto e funzionale se vediamo la totalità delle cose, perciò possiamo accettare anche quelli che crediamo pregi e difetti del vivere,infatti l'accettazione di bello e brutto dimostra un’amore sublime. Un amore autentico e sincero non si cura delle distinzioni, infatti la vita va amata senza pregiudizi, perciò dobbiamo viverla in modo meno ottuso e presuntuoso.

Essere neutrali ci aiuta ad aumentare la quantità di verità che possiamo sostenere, infatti anche quelle che sembrano delle carenze e delle punizioni diventano dei sintomi dello scarso valore che crediamo di possedere. Sentirci derubati dalla vita è la prova evidente che la nostra visione del mondo è basata sulla paura, per cui non dobbiamo sentirci sbagliati se questo avviene ma dobbiamo persistere nel miglioramento della consapevolezza.

Per vivere meglio è necessario accettare di poterci sentire fragili e ottusi, perché dobbiamo diventare anche modesti se vogliamo che la nostra comprensione divenga ancora maggiore. Sentirsi sbagliati è il sintomo che viviamo in modo insensato, infatti è l’ego che crede di poter diventare felice e amabile solo se riesce ad essere perfetto. La nostra sofferenza diventa molto illogica, infatti quale concezione di perfezione potrebbe avere una struttura che vive da pappagallo usando delle illusioni e facendo delle banali imitazioni?

Buona erranza
Sharatan

venerdì 1 aprile 2011

L’elemento essenziale


“Perché l’alimento essenziale
non gli viene dalle cose,
ma dal legame che unisce le cose”

(Antoine de Saint-Exupéry - Citadelle)


In natura esistono dei materiali di cui è necessario usare una grande quantità per poter sfruttare la loro qualità peculiare, infatti esistono dei semi e dei fiori di cui è necessario scartare molti detriti per ottenere degli oli e delle essenze profumate che sono raffinate e rare. Questa capacità di saper estrarre delle sostanze preziose e concentrate assomiglia alla capacità di saper lavorare con il pensiero per estrarre la quintessenza cioè il succo delle cose, così come avviene nella scoperta del nostro significato essenziale che è anche il senso della nostra vita.

E’ evidente che il pensiero può essere applicato in modo errato quando l’attività mentale viene impiegata nel vaglio della enorme massa di materiali con cui la vita ci avviluppa e ci anestetizza, infatti la realtà materiale è assai variegata perciò offre molta “ganga”mentale. L’uomo ha il compito di imparare a pensare correttamente, poiché il nostro lavoro consiste nello sforzo di trovare l’elemento essenziale e raffinato che consiste nel significato profondo e denso del nostro vivere sapendolo selezionare dal superfluo che è quello che lo nasconde.

Finché l’uomo non lavora in modo corretto a livello mentale, tutte le nostre energie sono attratte verso il basso, perciò viviamo nell’accumulo di materie che non ci offrono la pienezza e la quiete mentale, infatti il pensiero è sopraffatto dal chiasso dei fatti. Il godimento di tanti possessi materiali lascia l’uomo sempre più desideroso di avere un maggiore accumulo, infatti l’essere umano è avido di materialità e vuole consumare sempre più, ma la sua bramosia gli impedisce di apprezzare con gusto la vita.

La quantità acceca perché l’eccesso di cose non ci fa discriminare la qualità delle cose, perciò non sappiamo scartare la ganga trattenendo l’elemento essenziale, quindi non sappiamo cogliere l’essenza. Nella spiritualità dicono che la quantità rappresenta il mondo fisico e la terra che è fatta di pietra, mentre la qualità è l’attributo dello spirito che è il cielo, infatti per il mondo divino l’elemento essenziale è la qualità della nostra anima. Nessun bene materiale può fornire senso alla vita, perché l’unico modo per attribuire un significato spirituale alle cose materiali è raffinarle scartandone il detrito per estrarne la quintessenza che è il suo raffinato elisir.

E’ il mondo superiore che fornisce la nostra più pura essenza, mentre il mondo interiore fornisce la forma, ma esiste anche la forma che è rivestita del significato più denso, poiché è il sentimento umano che sa infondere anche alla forma un elevato valore spirituale quando la arricchisce con il suo sentimento, perciò la percezione è ingannata dal sentimento che adombra la chiarezza percettiva. Questa spiritualità che emana dalla materia nasce quando l’amore che noi nutriamo per le persone, le cose, le idee e le attività viene riversato all‘esterno, finché esse vengono riempite dal nostro sentimento che ne sa trasfigurare il significato, perciò dona loro un senso di cui erano prive all’origine.

Ciò che l’uomo non comprende è che il sentimento umano è transitorio perciò fluisce, infatti l’incompletezza umana viene ridestata dalla perdita del supporto esteriore, e la corretta attività del pensiero è impossibile se noi travisiamo la realtà esteriore. Lo spiritualista deve essere un soggetto ben radicato nella sua realtà concreta, infatti deve sviluppare una visione acuta e critica del mondo, anche se è creduto che la trasfigurazione della mente sia il requisito della spiritualità. Sembrerà strano sapere che è lo spiritualista che reputa anormale l’individuo che diffida del concetto di materia che diventa energia, infatti per lo spiritualista è illogico colui che non crede alla scienza fisica.

Se l’uomo sa giungere fino al contenuto che riveste la forma, ecco che giunge al senso offerto dalla loro essenza, che è la loro quintessenza, infatti percepiamo un senso di pienezza e di completa soddisfazione interiore che è l’ambrosia celeste perché è una pienezza che può riempirci e nutrirci a tutti i livelli, e questo anche se viviamo profondamente radicati nel mondo materiale concreto. L’uomo è abituato a lavorare con tanto materiale, ma fatica inutilmente perché non lavora sui piani più elevati della sua realtà, infatti non sa distillare dalla vita la parte densa che è la sua essenzialità.

L’uomo raffina male il materiale che gli fornisce il mondo usando in modo improprio la sua mente, infatti accumula troppi pensieri, troppi sentimenti e troppe emozioni che collega al dolore e agli errori e così fomenta l’idea della sua imperfezione: ma non è così che si impara dalle opportunità evolutive che ci vengono fornite dalle nostre esperienze. Comprendere le regole del mondo, comprendere come agiscono le leggi naturali, conoscere la nostra struttura e saperci accordare a questa totalità ci consente di progredire tramite l’arricchimento fornito dagli insegnamenti della vita. Giungere alla comprensione della quintessenza è una saggezza perfetta che è fornita dalla consapevolezza interna, perciò essa si diffonde in tutta la nostra vita e non si limita alla nostra persona, ma si propaga anche nello spazio intorno.

Scrivono che trovare la nostra quintessenza equivalga a raggiungere l’obiettivo vivendo nella manifestazione di ciò che siamo profondamente, perciò questa è la cosa più preziosa che possiamo trovare. Il nutrimento che otteniamo equivale alla sazietà appagante prodotta dalla pacificazione di tutti gli appetiti, perché il contatto con le più alte verità sa vivificare più di tutto, infatti lo spirito umano viene sempre elevato dalle essenze sublimi. Chiaramente è necessario continuare a vivere nel mondo materiale, condurre una vita ordinaria, compiere gli obblighi a cui siamo tenuti, perché non siamo mai esentati dalle incombenze materiali e dall’assolvimento dei nostri doveri: malgrado questo, la quotidianità non deve farci rinunciare al lavoro più elevato che possiamo fare.

Il nostro pensiero deve essere esercitato nelle dimensioni superiori che non sono estranee o disinteressate all’esistenza delle forme materiali, perché lo spirito è la trama occulta ed il substrato di fondo del mondo come pure lo è dei livelli superiori in cui dimora e da cui governa. Non credere agli intrecci e alle correlazioni è come negare che la materialità abbia un aspetto duale, perciò equivale a sopprimere una parte essenziale per la nostra perfetta felicità. Credere di dover rinunciare al corpo o allo spirito equivale a combattere contro i nostri stessi interessi, infatti così rinunciamo alla completa padronanza del nostro destino.

Saper trarre la quintessenza superiore è la ricchezza di cui non vi è la diminuzione, perché ha l’abbondanza del tesoro che abbiamo accumulato nei mondi superiori che sono sempre esenti dai malanni del tempo e dello spazio, perciò durano per sempre e ci accompagnano ovunque. Il lavoro sui materiali preziosi o rari deve essere lento e accurato, perciò viene compiuto da colui che ha il possesso della maestria superiore e della conoscenza che non è limitata ai requisiti intellettuali, ma che è concretamente praticata nella materialità, infatti i maestri sono il prodotto della lunga pratica, ed è l’atteggiamento modesto di chi che vuole apprendere che produce la volontà del perfezionamento, e perciò si trova la quintessenza.

Il pensiero è lo strumento più potente che possediamo, perché l’intelletto umano è il riflesso dell’Intelligenza Divina, per questo dobbiamo usarlo accuratamente e saperlo direzionare con saggezza, anche se l’uomo crede di saper pensare mentre si occupa della ganga mentale rivoltando le zolle delle sue paludi mentali in cui si lascia sprofondare come fossero sabbie mobili. Il pensiero è usato male, e se un pensiero è malato inquina e avvelena anche i territori vicini ma se, dalla Terra ci volgiamo ai livelli superiori con lo sforzo costante di voler raggiungere l’obiettivo e si persiste nell’intento, dal cielo giunge una goccia di luce e miele che ci impregna e che addolcisce tutto il nostro essere, perché il Cielo ci dona l’amrita che è la quintessenza suprema.

Buona erranza
Sharatan