martedì 28 giugno 2016

Nusrat Fateh Ali Khan & Michael Brook - Sweet Pain



Ustad Nusrat Fateh Ali Khan, morto prematuramente il 16 agosto 1997, fu definito "il Shahenshah-e-Qawwali" cioè l'Imperatore del Qawwali. Dalla collaborazione con artisti dello stampo di Michael Brook, Peter Gabriel e Eddie Vedder sono nate delle registrazioni ancora molto amate dal pubblico e apprezzate dalla critica internazionale. Buon ascolto!

lunedì 27 giugno 2016

Come viviamo questa vita?



"Ci è stato dato il potere di scoprire mediante il ragionamento dove andiamo e da dove siamo venuti. Ma non ci diamo abbastanza da fare per analizzare noi stessi e la nostra vita. Se lo facessimo, il nostro buon senso ci direbbe che il nostro carattere di adesso continuerà ad essere lo stesso dopo la morte... solo, forse, un po' migliore o un po' peggiore, a seconda di quanti sforzi facciamo per migliorare. Voi andate avanti per 365 giorni all'anno, un anno dopo l'altro, e forse qualche progresso lo avete fatto; ma la vostra natura sarà la stessa, prima e dopo la morte.

Non diverrete un angelo solo perché siete morto. Solo il corpo cambia. Per il resto, la morte non fa differenza. La morte è come un cancello che oltrepasserete. Il vostro corpo non ci sarà più, ma riguardo a tutto il resto sarete lo stesso. Se avete un carattere violento, non lo lascerete indietro insieme al corpo fisico, quando morirete. Il vostro temperamento violento rimarrà con voi finché non lo avrete vinto. Se nella vita presente avrete osservato le regole del viver sano, nella prossima incarnazione avrete un corpo sano.

L'ultima parte della vita è più importante della prima, perché ciò che sarete alla fine di questa vita, lo sarete all'inizio della prossima. Di solito, la prima parte della vita viene sprecata stupidamente, in unaspecie di confuso torpore. Poi viene l'amore, e infine la malattia e la vecchiaia; incomincia la lotta col corpo. Io ho coniato una frase: "Vivere a rattoppi", per descrivere come dobbiamo continuare a porre toppe e rammendi al corpo per farlo funzionare.

Per la maggior parte del tempo il corpo è un nido di guai: manca una "candela" o le "gomme" si afflosciano; avete mal di testa o un raffreddore, o lo stomaco funziona male; avete dei guai con i denti, e così via. Sempre grane, sempre guai! Per questo è così importante, per la vostra felicità, realizzare che non siete il corpo con tutti i suoi mali e i suoi dolori, ma un'anima immortale. Io non prendo la vita affatto sul serio. Dico: "Signore, in qualsiasi momento Tu voglia togliere all'anima questo corpo, per me va bene. Fino a che mi tieni qui, bene; ma se devo essere libero dal corpo, anche questo va bene". 

Non è necessario morire per riconquistare la libertà dall'attaccamento al corpo. Se comunicate con Dio, vedrete che siete già libero. Non siete il corpo. Siete l'eterno Spirito. C'è qualche modo di scoprire cosa eravamo nella nostra ultima incarnazione? Sicuramente possiamo trovare tendenze fondamentali di pensiero e capacità, analizzando quello che siamo adesso. Le Scritture indù dicono che occorre un milione d'anni di vite armoniche, prive di malattie, perché l'anima possa liberarsi. Perciò, da una vita all'altra, possiamo aspettarci di riscontrare nell'uomo cambiamenti relativamente minimi. 

Ma l'evoluzione spirituale può essere notevolmente affrettata mediante il deciso sforzo di vivere nella maniera giusta e con l'aiuto di un vero Guru. I saggi dell'India hanno analizzato l'umanità suddividendola in quattro tipi base: i Sudra, capaci di offrire il loro servizio alla società col lavoro fisico; i Vaisya, che servono con la mente, l'abilità, l'agricoltura, il commercio e, in generale, la vita degli affari, gli Kshatriya, che hanno attitudine amministrativa, esecutiva e capacità di difendere e che comprendono dirigenti e guerrieri; e i Brahmini, dalla natura contemplativa, che sono spiritualmente ispirati e ispiratori.

Come caratteristica, i Sudra sono coloro che non vedono nella vita alcuno scopo maggiore di quello che dà la soddisfazione dei bisogni e dei desideri del corpo; tali persone mangiano, dormono, lavorano, si riproducono e infine muoiono. Milioni di persone vivono oggi nello stato Sudra, o dei "lavoratori" interessati solo al conforto e al piacere del corpo. L'uomo nello stato Vaisya, che lavora con la mente, è sempre occupato a fare qualcosa. Alcune persone appartenenti a questa classe non pensano ad altro che agli affari; vivono soltanto per guadagnare quel denaro, che di solito sprecano nel godimento dei sensi. Il tipo migliore di uomo d'affari Vaisya è, però, assai più evoluto e di natura creativa.

La terza classe, Kshatriya, comprende coloro che, dopo avere avuto l'esperienza del guadagno e della creatività nella linea degli affari, cominciano a capire il senso della vita; essi cercano mediante l'autocontrollo di vincere la battaglia coi sensi. L'uomo Vaisya non s'impegna in tale sforzo per l'evoluzione interiore. Si limita a guadagnare denaro e a generare figli, e raramente pensa al significato della vita, se non in termini di affari. Ma la terza classe, quella degli Kshatriya, prende la vita più sul serio. Un tale uomo si chiede: "Non dovrei combattere e distruggere le mie cattive abitudini?" Egli prova il desiderio di superare le cattive tendenze e di fare ciò che è giusto.

Per ricapitolare, ecco i quattro tipi fondamentali di coscienza nell'uomo: Sudra è lo stato di esistenza legato ai sensi; Vaisya è lo stato di chi si dedica agli affari o alla creatività. Kshatriya è lo stato del guerriero, quando l'uomo desidera dar battaglia ai propri sensi e vincere l'attaccamento ad essi. Brahmin è lo stato di saggezza, raggiunto dall'uomo che ha superato ogni attaccamento ai sensi e che rimane coscientemente immerso in Brahma, o Dio. Ogni essere umano si adatta ad una di queste quattro categorie, e se vi analizzate, potrete scoprire qual è la vostra. Esaminate la vostra vita dai giorni dell'infanzia in poi e cercate di pensare a quale dei quattro tipi appartenete. 

Riflettete se siete vissuti per i piaceri dei sensi, provvedendo solo ai sensi e al guadagno, o forse solo lavorando senza pensare o agire creativamente. Analizzatevi e vedete se siete stati creativi fin dall'infanzia. Alcuni bambini, per esempio, pensano assai presto in termini di meccanica, e vogliono aprire e scomporre gli oggetti per poterli rimettere insieme. Altri dimostrano di provare il massimo piacere disegnando, oppure suonando o ascoltando musica. Non è necessario essere un virtuoso o una prima donna per considerare di avere manifestato segni di creatività in questa vita. Perfino una canzone sciocca come "Yes, We Have No Bananas", "Sì, non abbiamo banane", è il prodotto di una mente creativa.

Qualunque cosa si crei, che sia fatta da esperto oppure no, è l'espressione di un talento creativo. Un'inclinazione a scrivere romanzi, a recitare, intagliare, dipingere o far della musica, oppure a occuparsi di meccanica, se manifestata presto nella vita, indica che nella vita passata appartenevate probabilmente allo stato Vaisya. Mariti e mogli non dovrebbero ridicolizzarsi a vicenda, o prendere in giro i loro figli, per le loro tendenze creative. 

E' un peccato contro il processo evolutivo istituito da Dio, quello di cercar di sopprimere lo spirito creativo di un'altra persona. Chiedetevi se, fin dall'infanzia, avete sempre cercato di compiere azioni in accordo con la guida della vostra coscienza. Osservavate costantemente i vostri atti cercando di correggervi quando sbagliavate? Avevate questa lotta interiore da bambini? Questo riflette il terzo stato, lo stato Kshatriya. Ma se, fin dall'infanzia, i vostri pensieri erano sempre rivolti a Dio, siete entrati nel quarto stadio, quello spirituale del Brahmin. Il riconoscere di appartenere a uno dei meno progrediti di questi quattro tipi di attitudine mentale non deve scoraggiarvi, deve, anzi deve incoraggiarvi. 

Se, con l'autoanalisi, scoprite di non aver ancora raggiunto lo stato più alto, non consideratevi sfortunati in modo irrimediabile. Il concetto è questo: se non siete ancora cambiati, ora è giunto il momento di farlo. Altrimenti vi trascinerete dietro il vostro stato attuale anche nella prossima vita. Quando giungerà la morte, vorrete sentire di aver superato quel particolare "grado" di vita e che ora siete libero di procedere verso gradi superiori. Perciò dovete cambiare la vostra vita adesso. Analizzatevi e imparate a capire cosa eravate prima. Allora potrete cominciare a rimodellare più idealmente la vostra vita. 

Imparate a controllare i vostri stati d'animo. I sentimenti violenti che, magari, avete ora, sono stati tutti creati nel passato. Se non fosse così, perché alcuni bambini sarebbero gelosi fin dall'inizio, mentre altri, della stessa famiglia, sono calmi e affettuosi? Ci sono bambini che vi picchierebbero se diceste loro di non fare una cosa, altri invece, sono obbedienti e tranquilli. Un altro bambino, magari ruba. Perché? Questi tratti di carattere non sono che affioramenti di tendenze prenatali create in vite precedenti...

Quelli che nutrono pregiudizi verso l'Oriente non provengono da lì in epoche recenti, ma quelli che si sentono attratti dall'Oriente sono probabilmente nati là in una recente vita passata. Mediante tali indicazioni si possono distinguere le anime orientali da quelle occidentali. Vi piacevano sin dall'infanzia il profumo d'incenso, le storie e le immagini orientali? Tali inclinazioni indicherebbero che siete stati in contatto con l'Oriente in tempi molto recenti. Molte anime provenienti dall'Est si sono reincarnate ora in America. Desiderose di perfezione materiale, sono nate qui per esaudire quel desiderio e per contribuire a incoraggiare gli ideali spirituali americani. 

Così, molte anime che, prima, erano nate in America, si sono ora reincarnate in India per trarre beneficio dalla sua ricchezza spirituale e per aiutare l'India a sviluppare il lato materiale della sua civiltà. Io spero che molti di voi vadano là per aiutare l'India, e che molti dall'India vengano qui per servire l'America. Questo mondo è la famiglia di Dio. Egli cerca di far progredire tutte le nazioni. Non ha preferenze per l'una o per l'altra. Un'altra prova del vostro passato è la vostra preferenza per certe sensazioni. 

Alcune persone amano stare sempre al caldo. Sono state abituate ai climi caldi in altre vite. Altri preferiscono il freddo, il che dimostra che precedentemente erano nati in climi freddi. Se avete sempre avuto una predilezione per le montagne, o per il mare, potete essere certi che avete portato quell'attaccamento da un'altra vita. Ci sono persone che sentono la solitudine stando fuori città e non possono sopportare i luoghi tranquilli. Anche questa attitudine è stata coltivata nel passato. Coloro che, in tutta la loro vita, sono stati spinti dall'ambizione sono stati, prima, persone importanti.

Avere quella tendenza e non svilupparla significa sopprimere se stessi. Nell'ambiente adatto, tale persona potrebbe diventare un grand'uomo. Ci sono altri, invece, che non hanno mai successo, qualunque cosa facciano per farsi strada. Questo indica che si sono portati dietro dal passato una tendenza all'insuccesso. Ma non dovrebbero rinunciare alla lotta per vincere questa tendenza. Tali persone devono vincere le loro tendenze negative adesso, altrimenti manifesteranno gli stessi difetti anche nella prossima incarnazione. (Paramahansa Yogananda)

giovedì 23 giugno 2016

Che cosa è il destino?



"La Verità è perfetta e completa in se stessa,
non la si scopre così all'improvviso: è sempre esistita.
La Verità non è lontana. Più che vicina, è vicinissima.
Non c'è bisogno di raggiungerla, poiché nessuno
dei tuoi passi ti allontana da essa."
(Dogen)

"Il destino è una misteriosa e implacabile forza esterna che governa le sorti degli esseri umani? Questo concetto ha spinto molte persone a credere che ciò che deve essere sarà e che niente potrà cambiarlo. Destino significa sì qualcosa di predestinato, ma predestinato da voi stessi tramite la legge di causalità o karma. Dio vi ha dato la libertà di agire come volete, ma la legge di causalità determina le conseguenze che derivano dalla natura dell'azione compiuta. Così ogni azione diventa una causa che, a sua volta, produrrà un certo effetto. Quando mettete in moto una specifica causa, l'effetto corrisponderà inevitabilmente alla causa stessa. Qualunque azione compiate, buona o cattiva, dovrete raccoglierne i frutti. Quindi, giorno dopo giorno, voi create le cause che determinano il vostro destino.

Ad esempio, quando siete a tavola, forse dite: "Ne prenderò ancora un pochino, per favore". Poi, subito dopo pranzo, pensate: "Non avrei dovuto mangiare tanto". Questa è la natura umana. Siamo gli esseri più buffi del creato. Ci definiamo esseri umani intelligenti, ma siamo schiavi dei nostri desideri. A causa di quel 'pochino' in più che mangiate ogni giorno, 'improvvisamente' scoprite di avere problemi di cuore o di stomaco. Allora vi domandate tristemente: "Perché mi doveva succedere? Era destino che mi ammalassi". Ma non è così. Non vi ricordate di aver mangiato quel 'pochino' in più quando avreste dovuto dimostrarvi più controllati.

Se un veicolo è sovraccarico e aggiungete altro peso, naturalmente il motore si danneggerà e potrebbe anche cedere. Analogamente, voi avete fatto lavorare troppo il motore della digestione. Questa è la causa che avete creato; l'ulcera o l'indigestione saranno il logico risultato. Dietro la luce di ogni lampadina è presente una grande corrente dinamica; sotto ogni piccola onda riposa l'immenso oceano da cui traggono origine le innumerevoli onde. La stessa cosa accade agli esseri umani. Dio ha fatto ogni uomo a sua immagine e ha dato a ciascuno di essi la libertà. Ma voi dimenticate la Sorgente del vostro essere e l'ineguagliabile potere di Dio insito in voi. Le possibilità del mondo sono illimitate, il potenziale dell'evoluzione umana è illimitato.

Eppure è evidente che ogni individuo nasce con determinate limitazioni; si tratta dei risultati della legge del karma. La cattiva salute, un improvviso fallimento finanziario o altri problemi che si abbattono su di voi senza preavviso e senza ragione apparente sono la conseguenza delle cause che voi stessi avete creato nel passato, in questa oppure in precedenti incarnazioni, e che sono germogliate silenziosamente nella vostra coscienza. Se foste stati saggi, avreste potuto ridurne gli effetti pensando e vivendo giustamente; ma voi conducete una vita che, in genere, vi rende inconsapevoli dei possibili risultati dei vostri pensieri e delle vostre azioni, perciò, quando senza una ragione precisa accade qualcosa di spiacevole dite: "Beh! era destino!”

Il fallimento, le malattie o altre preoccupazioni sono stati determinati da azioni imprudenti compiute nelle vite passate, e i loro effetti hanno continuato a fermentare dentro di voi, aspettando il momento giusto per manifestarsi. Malattia e salute; fallimento e successo; disuguaglianze e uguaglianze; morte prematura e longevità, sono i germogli di ciò che abbiamo seminato nel passato, e che costringono ciascuno di noi a venire sulla terra con gradi diversi di bontà o di cattiveria. Perciò, benché Dio ci abbia fatti a sua immagine, non esistono due esseri umani uguali; ognuno ha usato il libero arbitrio, di cui Dio lo ha dotato, per rendersi diverso. Ciò spiega perché alcuni soffrono per un nonnulla. Altri si arrabbiano alla minima provocazione, altri ancora mangiano continuamente senza riuscire a controllarsi. Dio li ha creati così?

No. Ogni essere umano ha fatto di se stesso esattamente ciò che è. Non ci sarebbe giustizia in questo mondo se Dio ci avesse arbitrariamente creati così come siamo. A volte penso che Dio guardi stupito questo grande zoo di creature umane che gli danno la colpa perché hanno mal di testa o mal di stomaco o perché si cacciano sempre nei guai. Non incolpate né Dio né gli altri se siete malati o avete problemi finanziari o soffrite di turbe emotive. Voi stessi, in passato, avete creato la causa del problema e ora dovete sviluppare una maggiore determinazione per distruggerla. Quando parliamo di destino intendiamo dire che una causa ha prodotto un effetto. Potete cambiare il vostro destino, se sapete come fare. Tuttavia non sempre è facile.

1) Potete ridurre al minimo l'effetto di un'azione.
2) Potete resistere all'effetto
3) Potete bloccarlo completamente.

Perché andiamo dal medico? Perché questo è un modo per ridurre al minimo le conseguenze delle azioni sbagliate. Per attenuare o vincere una malattia, servendosi di mezzi naturali, si possono adottare alcuni rimedi come ad esempio una dieta appropriata, l'esercizio fisico o i medicinali… Ma la riduzione o la rimozione degli effetti non elimina necessariamente la causa. Infatti, in presenza di circostanze favorevoli, la causa può produrre nuovi fenomeni, simili ai precedenti o di natura diversa. Resistere agli effetti del karma significa usare i rimedi dettati dal buon senso, ma affidandosi maggiormente al potere della mente. Rifiutate di accettare qualsiasi condizione limitante. Credete nella salute, nella forza e nel successo, anche contro l'evidenza dei fatti.

Le conseguenze delle vostre azioni vi colpiscono meno quando impedite alla mente di arrendersi. Ricordatelo. Potete anche resistere al karma neutralizzando i cattivi effetti delle azioni sbagliate compiute nel passato, con i buoni effetti che derivano dalle azioni giuste compiute nel presente, impedendo in tal modo che si creino le condizioni favorevoli alla manifestazione del vostro cattivo karma. Ma come farete a distruggere del tutto l'influenza che il destino ha su di voi? L'unico sistema per eliminare in modo definitivo i risultati sgraditi delle azioni sbagliate compiute nel passato è quello di rimuoverne la causa. I semi delle tendenze nocive che provengono dalle vite passate devono essere cauterizzati nel cervello; allora le malattie o gli altri problemi che traggono origine da quei semi non si ripresenteranno mai più. Bruciateli nel fuoco della saggezza.

L'uomo soffre per colpa dei propri errori, e la causa prima dell'errore è l'ignoranza. Cercate dunque nella meditazione la saggezza che allontanerà per sempre dal vostro cuore le tenebre dell'ignoranza. Krishna ha detto: "O Arjuna, come il fuoco riduce il legno in cenere, così la fiamma della saggezza consuma tutto il karma". Quando meditate profondamente, la luce della divina saggezza di Dio cauterizza nel cervello i semi del karma negativo racchiusi nei profondi recessi della coscienza. Gesù ha dimostrato nel modo più spettacolare che non esiste un destino immutabile.

Lazzaro, in virtù del proprio karma, era destinato a morire in un giorno stabilito. La legge fece il suo corso e Lazzaro morì. Era fatale. Ma nemmeno la morte è irrevocabile. Gesù ottemperò alla legge karmica e riportò Lazzaro in vita. Come fece? Non disse semplicemente: "Alzati e cammina!" Gesù vide dov'era andata l'anima di Lazzaro dopo aver lasciato la forma fisica; come prima cosa si mise in contatto con l'anima, racchiusa nel corpo astrale, per richiamarla indietro; ma non richiamò Lazzaro in un corpo che aveva già cominciato a decomporsi. Gesù dovette restituire a quel corpo la sua integrità, ridestarlo e ricostituirlo prima che l'anima e la vita potessero nuovamente abitarlo.

Solo dopo averlo reso abitabile, Gesù chiese a Lazzaro di ritornare nel corpo. Quindi Gesù fece due cose: innanzitutto trasferì se stesso - ossia la sua vita e il suo divino potere - nel corpo di Lazzaro. Poté, così, consumare il karma di Lazzaro, ossia prese quel karma su di sé. Poi, avendo liberato il corpo dalla causa della morte, ne rinnovò le cellule affinché potessero tornare a vivere. In questo modo Gesù riuscì a risvegliare Lazzaro dalla morte benché non fosse possibile riportarlo in vita secondo la legge naturale. Se una lampadina si rompe, la luce si spegnerà e se non sostituite la lampadina rotta con una nuova, non potrete accendere la luce.

Allo stesso modo, quando al momento della morte, la luce dell'anima lascia il corpo, essa potrà ritornare soltanto in una nuova 'lampadina corporea', ossia in una nuova incarnazione. Ma i grandi saggi d'un tempo sapevano, come sapeva Gesù, che quando un corpo è destinato a essere distrutto dalla morte, può essere riportato in vita da qualcuno capace di farlo. Naturalmente, risuscitare i morti è un modo estremo di cambiare il destino; però dimostra che l'uomo è potenzialmente in grado di dominare anche la morte, il cosiddetto destino ineluttabile. Anche il Mahavatar Babaji manifestò il potere di ridare la vita. Un aspirante discepolo una volta andò alla ricerca di Babaji sull'Himalaya, dove il grande maestro vive con pochi discepoli spiritualmente molto evoluti. Lo straniero chiese di essere accolto nel sacro gruppo, giurando che si sarebbe gettato dalla montagna se la sua richiesta fosse stata respinta.

Babaji disse che non poteva accettarlo in quello stato di evoluzione e il devoto sconvolto si gettò dalle rupi, mentre gli altri discepoli assistevano inorriditi alla scena. Poi Babaji chiese loro di andare e recuperare il corpo. I discepoli obbedirono e deposero la forma senza vita ai piedi del Mahavatar. Egli toccò il corpo sfigurato, lo guarì e riportò in vita il devoto. Con il suo atto di fede e di devozione assolute, il discepolo aveva consumato le ultime tracce del cattivo karma che, fino a quel momento, gli avevano impedito di unirsi al glorioso gruppo dei devoti di Babaji. Quindi il grande Guru lo accettò come discepolo. In un'altra occasione, Babaji ottemperò alla legge karmica prendendo su di sé il karma di un devoto per allontanare la morte che gli era destinata, come soltanto un vero guru ha il potere di fare.

Il Mahavatar era seduto con Lahiri Mahasaya e alcuni altri discepoli di fronte ad un fuoco rituale. Improvvisamente Babaji prese un tizzone ardente e colpì la spalla nuda di uno dei discepoli. Lahiri Mahasaya, stupito, domandò perché il Guru avesse fatto una cosa così terribile. Babaji lo guardò e disse: "Avresti preferito vederlo ridursi in cenere davanti ai tuoi occhi? Era scritto nel suo karma ch'egli dovesse morire oggi bruciato dolorosamente dal fuoco. Colpendolo con un tizzone ardente e prendendo il suo karma su di me, l'ho salvato." Queste benedizioni possono essere concesse a chi è in sintonia con un vero guru, un maestro che ha realizzato Dio.

Coloro che seguono in spirito e verità le anime simili a Dio, diventano simili a Dio. Parliamo ora delle cause che possono essere evitate. Dovreste controllare tutti gli impulsi che vi spingono a comportarvi in modo sbagliato: superate l'ingordigia cronica, la gelosia cronica, la collera cronica e altre tendenze analoghe che si presentano ripetutamente. Dovete dominare tutte le emozioni dannose. Questi stati sono superabili, ma voi non fate nulla per liberarvene. I materialisti si concentrano sulla cura dei sintomi e delle cause secondarie. Non credono in una legge o in una causa più profonde. Ritengono che le leggi del giusto comportamento si violino per due motivi: l'influenza delle cattive compagnie e dell'ambiente che incide negativamente su di voi, e la mancanza di autocontrollo. Questo è vero.

Ma coloro che approfondiscono l'argomento e studiano le vere cause della sofferenza umana, precisano inoltre che il grado di ricettività alle cause presenti è direttamente proporzionale alle cause reali: ossia alle tendenze insite in voi che sono state determinate dal vostro comportamento nelle vite passate. Anche se il medico vi guarisce da una malattia, al suo posto possono subentrare altri disturbi, a meno che non abbiate vinto l'abitudine che l'ha causata originariamente. Se una persona viene guarita dall'ulcera, ma continua ad alimentarsi male, si ammalerà nuovamente di ulcera, o forse di qualcosa di peggio. Uno studioso di metafisica individuerebbe la causa, in questo caso l'ingordigia, ossia l'abitudine contratta nel passato che suscita il desiderio incontrollabile di mangiare i cibi preferiti e non quelli adatti.

Lo studioso suggerirebbe allora di rimuovere la causa. Al momento giusto e nell'ambiente giusto, tutte le azioni buone e cattive del passato portano il loro frutto, proprio come i semi germogliano nelle condizioni adatte. Ciò spiega perché è importante frequentare sempre buone compagnie. Voi non sapete quali semi - che si tratti di malattie o di altri eventi negativi - siano latenti in voi. Ammettiamo - per ipotesi - che i semi del desiderio di bere siano racchiusi nella vostra coscienza. Non avete mai bevuto in questa vita, ma un giorno, a una festa, accettate un bicchiere e improvvisamente siete presi dal desiderio di bere liquori. Col tempo finirete per diventare nuovamente preda dell'alcol.

Le tendenze che provengono dalle vite passate erano già insite in voi; le vostre azioni hanno fornito le condizioni necessarie alla loro rinascita. Per cui è molto imprudente frequentare gente che incoraggia le vostre cattive abitudini. Non sapete quali semi di azioni sbagliate siano rinchiusi nella vostra coscienza. È meglio non metterli in condizione di crescere. Vedete quanto sono profondi questi princìpi? Vincere il destino o il karma è la filosofia più meravigliosa. Essa dimostra che l'uomo è in grado di dominare pienamente la propria vita, e che la vita è un'esperienza magnifica quando non siete i suoi schiavi, ma i suoi padroni. I vostri peggiori nemici sono le cattive abitudini che vi seguiranno da un'incarnazione all'altra finché non le supererete.

Per liberarvi dal destino, dovete guarire dalle cattive abitudini. Come? La buona compagnia è una delle migliori medicine. Se avete tendenza al bere, frequentate gente che non beve. Se avete una salute malferma, frequentate persone positive, che non pensano alle malattie. Se siete inclini al fallimento, frequentate coloro che sono portati al successo. Allora comincerete a cambiare. Ciascuna delle vostre abitudini crea uno specifico 'solco', o percorso, nel cervello. Questi tracciati vi costringono ad agire in un certo modo spesso contro la vostra volontà. La vostra vita segue i solchi che voi avete creato nel cervello. In questo senso non siete liberi, siete più o meno vittime delle abitudini che avete formato e quanto più sono profonde tanto più vi costringono a comportarvi come marionette.

Ma potete neutralizzare le imposizioni delle cattive abitudini. Come? Tracciando nel cervello nuovi solchi per mezzo delle buone abitudini opposte, e cancellando con la meditazione i solchi delle cattive abitudini. Non esistono altri modi. Comunque, non potete coltivare le buone abitudini senza una buona compagnia e un buon ambiente, e non potete liberarvi dalle cattive abitudini senza una buona compagnia e senza la meditazione. Anche se fuggiste nella giungla, le vostre vecchie abitudini vi seguirebbero. Poiché non potete liberarvene, dovete cercare di vincerle. Distruggete la giungla delle vostre abitudini sbagliate e sarete liberi. I componenti di una famiglia litigiosa continuano a dire: "Oh, se solo avessimo una bella casa in campagna, saremmo così felici!"

Finalmente si trasferiscono, ma, non avendo mai imparato ad andare d'accordo mantengono la loro sgradevole abitudine di litigare e, anche in quella bella casa, la loro vita si trasforma in un incubo. Perciò non aspettate! Cambiate voi stessi. Può essere la cosa più facile da fare o la più difficile: facile se meditate e frequentate una buona compagnia; difficile se non meditate e frequentate persone che vi influenzano negativamente. Non permettete a nessuno di dire che siete finiti, che siete completamente rovinati. Perché dovreste arrendervi? Perché dovreste pensare: "Non posso cambiare, sono vecchio, sono finito" ? Potete cambiare ogni giorno, ogni volta che volete.

Ho notato che alcune persone restano le stesse anno dopo anno. Io le definisco antichità psicologiche. E ho visto altri che, qualsiasi cosa accada, sono comunque pieni di energia e fanno sempre qualcosa per migliorare. Questo è il modo di vivere giusto. Conoscevo l'anziana moglie di un senatore. Odiava i liquori, e quando il marito morì li eliminò completamente. Questa donna era piena di vita. Faceva regolarmente del moto; prendeva lezioni di ballo e si dedicava molto attivamente a iniziative utili. Riteneva che la vecchiaia non fosse una ragione sufficiente per abbandonare i propri interessi e prepararsi alla morte. Andò avanti così per parecchi anni, sempre piena di entusiasmo, in buona salute e felice.

Non era una persona comune e io ammiravo veramente il suo spirito. Molta gente invecchia prima del tempo. Non dovete arrendervi solo perché avete settantacinque o ottant'anni. Non dite mai la vostra età, non permettete a nessuno di compiangervi perché state invecchiando. Mantenetevi giovanili, eretti e svegli. Sentitevi giovani. È lo spirito che vi mantiene tali. Siate sempre pieni di entusiasmo. Sono molti i giovani psicologicamente già vecchi e completamente spenti. Non hanno ambizioni, sono privi di entusiasmo, non cercano di cambiare. Siete finiti solo quando affermate o pensate di esserlo. Quale che sia il giudizio degli altri, la vostra sentenza di sconfitta è la peggiore di tutte perché significa che vi arrendete.

Nel momento in cui dite: "Ho provato, ma non riesco a mettermi in contatto con Dio", siete finiti. Non lo troverete mai. Alcuni maestri sostengono che se non si dà inizio alla ricerca di Dio prima dei trent'anni non sarà possibile trovarlo. Non è vero. Dio si manifesterà a voi non appena vi dimostrerete disposti a compiere lo sforzo di cercarlo. È vero, tuttavia, che quanto prima si comincia a cercare seriamente Dio o la Verità, tanto più sarà facile, perché le abitudini non si sono ancora completamente formate. Ma Krishna ha insegnato che malgrado le abitudini negative, l'uomo può trovare Dio se lo cerca seriamente.

"Persino un essere malvagio, che si allontani da tutto per adorare me soltanto, può essere annoverato tra i buoni per la sua giusta decisione. Egli diverrà presto un uomo virtuoso e otterrà la pace infinita. Dillo a tutti, Arjuna, che il mio devoto non perisce mai". Così se decidete: "Continuerò a cercare Dio, anche se dovessi morire mentre lo sto cercando", sappiate che sentirete la sua presenza: vi accorgerete che vi risponde.” (Paramahansa Yogananda)

martedì 21 giugno 2016

Karmix - Sabhyata




Sabhyata è un brano tratto da "Asian Groove" dei Karmix, ottimo esempio della collaborazione musicale di India e Algeria.
Buon ascolto!
Sharatan

lunedì 20 giugno 2016

I filtri della mente



“Quello che sussiste nella mente, viene costantemente filtrato. Quali sono questi filtri? Paure, desideri, relazioni, convinzioni, abitudini e condizionamenti. Essi selezionano ciò che viene percepito dai nostri sensi. Non ho sensazioni reali, ma reagisco alle immagini sostanziate della mia mente. Posso guardare qualcuno, scorgere in lui un americano e provare un sentimento positivo; chiunque altro, guardando la medesima persona, può provare un sentimento opposto. Si vede un essere umano o un’immagine?

Dalla reazione degli altri si può capire se state rispondendo all’impulso del qui e ora o ad un’immagine precostituita. Quando desiderate qualcosa, prestate attenzione a molte cose di cui altri non si rendono conto. Una madre può dormire profondamente anche in mezzo al baccano, ma si sveglia al primo sospiro del proprio bambino. Perché? I suoi sensi filtrano gli altri suoni. Avviene qualcosa dentro di noi. Esiste come un sensore, che agisce su ciò che viviamo. Tale percezione dipende dal condizionamento ricevuto in passato.

Se qualcuno si considera inferiore in un ambito, continuamente capterà segnali che gli confermano la sua idea. Noi ci confermiamo sempre nelle nostre convinzioni. Se penso che gli americani abbiano determinate caratteristiche, percepirò in loro quello che confermerà la mia convinzione. Viviamo quindi con il risultato di tanti processi selettivi, filtri e soggettivismi. In realtà cosa esiste nella nostra mente?

Aggiungiamo alle immagini le nostre costruzioni mentali e valutazioni: “Questo è buono, questo è cattivo, giusto, sbagliato, ecc…” In realtà non esiste né bene, né male negli uomini e nella natura. Esiste soltanto una valutazione mentale imposta a questa o a quella realtà. Queste valutazioni possono essere: quale squadra è buona, quale la migliore, quando una vittoria è buona o quando è cattiva?

In realtà esiste solo un gioco e le persone che vi partecipano, una palla che viene lanciata, calciata, colpita. Palla e giocatori si spostano da una parte all’altra del rettangolo di gioco. A queste azioni gli uomini aggiungono le proprie specifiche valutazioni; fanno il tifo più per una maglia o per un concetto che per la realtà esistente. Applaudono molto più il proprio condizionamento e le proprie preferenze che non la realtà osservata. Non è da sciocchi?

Gli uomini finiscono in questa confusione abituale perché corrono dietro alle cose come sciocchi, senza sapere cosa sono. Alla realtà continuano ad aggiungere i propri filtri, le proprie valutazioni e desideri. Introducono il bene e il male nella realtà come se stessero gonfiando un palloncino. Sostengono che alcune cose sono desiderabili, altre indesiderabili; alcune giuste, altre sbagliate. Le cose però sono come sono, che le capiamo oppure no.” (Anthony De Mello)

sabato 18 giugno 2016

Giorgio Gaber - Il voto (1999)




"Secondo me, se va avanti così, va a finire che a votare non ci va più nessuno. No, dico, è una cosa grave. Grave per chi? Per la gente, no. Per i Partiti, nemmeno, tanto rimane tutto uguale. Lo Stato è lì, bello solido. E allora perché è grave? Ma se in America, che sono sempre più avanti di noi, non va a votare quasi nessuno. Che democrazia, eh! Stiamo diventando americani anche in questo.

E pensare che nel dopoguerra si picchiavano per andare a votare. Si picchiavano nelle strade, gran passione, nelle piazze, scontri, comizi, bianchi, neri, repubblicani, monarchici, destra, sinistra, tutti alle urne, anche le donne finalmente. Il suffragio universale. Adesso, quella domenica lì, quelli di sinistra vanno a Riccione, quelli di destra vanno in Sardegna... il naufragio universale. Ma perché fate le elezioni d'estate, che vince sempre il mare.

Il fatto è che la gente non pensa, o forse non sa, che appena gli arriva il certificato elettorale… DLIN!... scatta il suo contributo di lire quattromila che verrà diviso proporzionalmente tra i Partiti. Ma se uno non va a votare, le quattromila lire le paga lo stesso? Certo. Ma come sarebbe a dire? Uno entra in un supermercato, non compra la mostarda perché gli fa schifo, mica gliela fanno pagare. E se gli fanno schifo i partiti? DLIN! Quattromila.

Certo che se le quattromila lire invece di farcele pagare ce le dessero, avrebbero risolto il problema dell'affluenza alle urne. D'altronde il voto è un diritto-dovere. Anche questa è bella. Che sia un diritto lo abbiamo capito tutti. Che sia un dovere, ultimamente non l'ha capito nessuno.

Che mestiere strano quello del politico. È l'unico mestiere in cui uno dice: «Io sono il più bravo». E se lo dice da sé. E te lo scrive, e te lo grida, nelle piazze, nei comizi. «Io sono l'uomo giusto al posto giusto». Complimenti. Quello che mi piace dei politici è la faccia come il culo.

Eccoli qua. Verifichiamo gli schieramenti. Ci mettiamo davanti a un tavolo con tutti gli omini e… D'Alema di qua, Berlusconi di qua, belli lontani… per ora. Veltroni vicino a D'Alema, Fini vicino a Berlusconi. Quando si dice "vicino", si fa per dire. Bertinotti a sinistra, più a sinistra, ancora più a sinistra…. Oddio mi è sceso dal tavolo. E adesso come faccio? Prodi… lo mando in Europa. Casini vicino a Berlusconi, più indietro, indietro un casino. Di Pietro da questa parte, anche se andrebbe dall'altra, ma non importa.

Maledizione! Cossutta mi sta risalendo sul tavolo. Dini, Dini lo bacio… che diventa un gran figo. Segni… Segni lo butto via. Bossi lo metto su un tavolo a parte, che gioca da solo. La Bonino… la Bonino per ora la tengo qui, in sospeso, poi casomai si fa un referendum. Buttiglione… lo metto di qua e lui salta di là, poi salta di qua, e poi salta di là. Sta' fermo, Rocco! Che mi rovini il giochino!

Macché, saltano tutti, Buttiglione, la Pivetti, Scognamiglio, Masi, anche Mastella è sempre lì che si prepara. Ma sì, ma sì, ma sì, saltate pure. Tanto si sa benissimo che invertendo l'ordine dei fattori il prodotto purtroppo non cambia. E allora come si fa a tacciare di sterile menefreghismo uno che non vota? Potrebbe essere un rifiuto forte e cosciente di "questa" politica.

No, perché non è mica facile non andare a votare. Soprattutto non è bello farlo così, a cuor leggero, o addirittura farsene un vanto. C'è dentro il disagio di non appartenere più a niente, di essere diventati totalmente impotenti. C'è dentro il dolore di essere diventati così poveri di ideali, senza più uno slancio, un sogno, una proposta, una fede. È come una specie di resa.

Ma al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell'intervento, al di là del fare o non fare politica, l'importante sarebbe continuare a "essere" politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini. E questo non è un diritto. È un dovere."   (Giorgio Gaber e Sandro Luporini)

giovedì 16 giugno 2016

Le sfumature della coscienza spirituale



"Innanzitutto dì a te stesso chi vuoi essere;
poi fa ogni cosa di conseguenza."
(Epitteto)

“La coscienza spirituale è un argomento molto vasto e comprende la coscienza umana nella sua interezza. La coscienza in se stessa è sempre pura. È impegnata in tutte le azioni, buone e cattive, eppure resta inalterata e immacolata. Una spada può recidere una foglia e macchiarsi, ma in sostanza non cambia. La stessa cosa accade alla coscienza. Una spada con la quale è stato ucciso un uomo innocente può essere condannata come uno strumento del male. Una spada usata per distruggere un nemico crudele è onorata come uno strumento della virtù.

Allo stesso modo, quando la coscienza viene usata per compiere azioni buone, è chiamata coscienza spirituale, e quando viene usata per compiere azioni sbagliate, è chiamata coscienza del male. Così come tutti i fiumi nascono da una sorgente, anche il fiume della coscienza trae origine da una sorgente. Discende infatti dalla coscienza cosmica, ossia dalla coscienza di Dio che esiste al di là di tutta la creazione.

Quando la coscienza cosmica si manifesta nel regno della materia - in ognuno degli atomi che compongono i pianeti, le galassie, le varie specie vegetali ed animali e le forme della vita umana - prende il nome di coscienza cristica. Quando la coscienza cristica discende nell'anima e nella mente pura dell'uomo, viene denominata supercoscienza. Quando la supercoscienza discende nel regno dell'immaginazione è chiamata subcoscienza. Quando la subcoscienza discende nel corpo umano, è definita coscienza umana o di veglia.

La coscienza di veglia si immedesima nei sensi e nelle cose materiali, è chiamata coscienza terrena e quando è usata per nuocere a se stessi o agli altri, si trasforma in coscienza del male. Ma quando viene usata per compiere azioni buone e per entrare in sintonia con Dio, allora prende il nome di coscienza spirituale. Queste sono le fasi che la coscienza cosmica attraversa per entrare nella coscienza umana, discendendo dallo Spirito nel corpo e nei nostri desideri materiali e spirituali. In tal modo la Coscienza cosmica, mentre fluisce verso il basso e verso il mondo esterno, diviene la coscienza della materia.

Le nostre anime fluttuano come relitti nel fiume della coscienza, e allontanandosi sempre di più dalla loro sorgente nello Spirito si dirigono verso le rocce dell'infelicità. L'unico modo per fermare il fiume della coscienza, che nella sua continua evoluzione fluisce verso il basso, è nuotare contro corrente, per ritornare alla sorgente nello Spirito. Coloro che sono trascinati costantemente verso tendenze molto limitate dal flusso della corrente che continua a scendere si dice che abbiano una coscienza materialista; coloro che cercano di risalire la corrente per ritornare alla sorgente, ossia allo Spirito, si dice che abbiano una coscienza spirituale.

Periodicamente, l'orientamento del pensiero umano e della coscienza può cambiare e tendere o in alto verso il bene, o in basso verso la materia. Questo fenomeno si determina nelle famiglie, nelle nazioni, nel mondo nel suo complesso o nei singoli esseri umani. Come individui, gli uomini attraversano diversi stati di coscienza, la stessa cosa accade, in senso più generale, alle famiglie, alle nazioni e al mondo. L'India, durante l'età dell'oro, ha raggiunto i più elevati livelli di intelligenza pratica e di spiritualità...

L'India ha fatto grandi progressi nella scienza della spiritualità più di ogni altra nazione del pianeta. Il suo sviluppo spirituale è evidente nei santi che hanno raggiunto la realizzazione del Sé. Prendete ad esempio il Mahatma Gandhi, un piccolo uomo che detta le proprie condizioni al potente impero britannico. Dovete rendervi conto che un grande potere spirituale sorregge colui che governa milioni di persone non con la spada ma in nome della verità, vivendo la verità.

L'autenticità spirituale di una nazione o di un individuo è resa evidente dalla conoscenza scientifica della vita e dell'arte di vivere in armonia con le leggi cosmiche nonché dalla più grande e consapevole comunione con lo Spirito di Dio. Questo sviluppo spirituale non proviene dall'accettazione supina dei princìpi teologici, ma dalla comprensione della verità che va oltre la teologia. Occorre essere capaci di mettere a nudo l'essenza della verità liberandola dai dogmi e dalle teorie.

Le verità non sono verità fino a quando non le realizzate personalmente. Se non lo fate, rimangono soltanto idee. Per questo motivo, prima di potersi evolvere spiritualmente, i singoli individui e le nazioni attraversano periodi di dubbio spirituale: che cosa è la spiritualità? A che cosa serve? Renderà più felici? Che cosa è la verità? Il dubbio è allontanato soltanto dalla realizzazione. Così il laboratorio migliore in cui è possibile esaminare la verità è la vostra realizzazione del Sé, perché la percezione e la coscienza spirituali non si trovano nelle vaghe idee teologiche, ma nel conseguimento della realizzazione del Sé.

La conoscenza individuale e la conoscenza delle nazioni dovrebbero essere messe alla prova in base a questo criterio. Si è fatto un tale abuso della parola verità che oramai può significare qualunque cosa, specialmente quando viene usata per definire le idee spirituali. Nella vita di tutti i giorni, per verità intendiamo la coscienza guidata dalla saggezza spirituale che ci spinge a fare alcune cose, non perché lo dice qualcuno, ma perché sono giuste.

La verità non appartiene a nessun gruppo e a nessuna persona e tutti gli esseri umani hanno il diritto di esprimerla nella propria vita. Le manifestazioni della verità possono essere diverse, ma la sua essenza sarà sempre unica e la stessa. Questa caratteristica è ciò che la rende così interessante. La verità non ha limiti. È eterna. Che la maggioranza degli uomini l'accetti o no, continuerà sempre a manifestarsi, grazie alla lega cosmica e agli esseri umani illuminati.

Fortunatamente gli assoluti cosmici non dipendono dalle convinzioni e dal consenso degli uomini. La coscienza spirituale implica il ricorso alla saggezza suprema, ossia alla verità, per compiere quelle cose che vanno esclusivamente a vantaggio vostro e degli altri. Riflettete su questo concetto che comprende anche il servizio altruistico al prossimo, il comportamento giusto, l'adesione alle norme igieniche e a tutte le altre leggi della vita, l'esecuzione armoniosa di tutti i vostri doveri materiali e spirituali, senza lasciare che entrino in conflitto fra loro.

La coscienza spirituale è una perfetta espressione interiore della verità che si manifesta in una vita equilibrata e armoniosa, dandovi la vera felicità che voi, a vostra volta, condividerete con gli altri. Una coscienza che non ubbidisce a tutte le norme che rendono perfetta la vita, non è spirituale. Gli artisti, ad esempio, nell'esercitare la loro professione dimenticano a volte gli altri doveri pratici e spirituali. Indubbiamente l'arte è una meravigliosa forma di espressione e può trasmettere facilmente idee spirituali; eppure l'artista può non essere spirituale.

Vivere una vita contraddittoria, ossia eseguire un compito e usarlo come scusa per trascurarne altri, non significa vivere spiritualmente. Quando assolverete tutti i vostri doveri allegramente, senza che nessuno di essi turbi la vostra calma interiore e la vostra felicità e quando riuscirete a evitare che i doveri entrino in contraddizione l'uno con l'altro, rendendo così la vostra vita poco equilibrata, avrete raggiunto la vera felicità spirituale. La vostra mente e la vostra coscienza si rivolgeranno allora verso la sorgente, verso Dio.

La coscienza spirituale è quel supremo stato di coscienza che dovete cercare di raggiungere per poter vivere una vita armoniosa e pacifica. Senza questo equilibrio spirituale, è impossibile essere felici nella vita. Vivere un'esistenza contraddittoria significa essere disarmonici, e un'esistenza disarmonica conduce sicuramente all'infelicità. I sensi sono le fondamenta della coscienza materiale. L'individuo comune è più incline al mondo e alle cose materiali che a quelle spirituali perché il fascio di luce dei suoi sensi è diretto verso l'esterno.

Egli rivolge i cinque fasci di luce: vista, udito, odorato, gusto e tatto, sugli oggetti materiali e sui piaceri. Questo è il motivo per cui tutte le cose esteriori sembrano belle e piacevoli. Non vedrete mai il 'mondo interiore' fino a quando questi fasci di luce non verranno indirizzati e concentrati dentro di voi. Soltanto se imparerete a non essere travolti dai sensi potrete godere della coscienza spirituale. Quando riuscirete a interiorizzare la mente, comincerete a comprendere che dentro di voi esistono cose molto più belle di quelle esteriori. Se pensate che la musica sia bella, scoprirete che la musica astrale è molto più affascinante.

Così come godete la fresca carezza del vento e la calda luce del sole e tutte le altre sensazioni naturali, allo stesso modo, non appena interiorizzate la coscienza, sentirete dentro di voi le percezioni estremamente piacevoli delle forze sottili, presenti nei centri spirituali cerebrospinali del corpo. Tutte le cose più belle del mondo sono soltanto la copia grossolana del radioso splendore del mondo astrale. Nessuna cosa materiale può essere paragonata alle meravigliose visioni del mondo interiore.

La coscienza spirituale è accompagnata dalla percezione astrale della saggezza e della bellezza nascoste dietro tutti i fenomeni materiali. La bellezza della natura è simile a una fontana. Vedete la bellezza degli spruzzi, ma non vedete le meraviglie racchiuse nelle goccioline. La luce astrale e i colori di ogni atomo sono indicibilmente belli. In questa splendida fontana naturale voi vedete soltanto l'aspetto esteriore, ma non la sottile bellezza interiore, né il Potere che rende bella la natura.

"Signore, tutte le cose sono belle perché hanno preso a prestito da te la bellezza. La luna sorride e le stelle scintillano perché tu brilli in loro. Poiché tu sei bello, tutte le cose sono belle; niente sarebbe bello senza di te. O bellezza infinita, tu sei più bella di tutte le cose belle che provengono da te. Le bellezze della natura sono soltanto le onde della tua bellezza che danzano in te, o invisibile Spirito di bellezza!". (Paramahansa Yogananda)

lunedì 13 giugno 2016

Stimoli


"La meditazione di una mente 
che sia totalmente in silenzio
è la benedizione che l'uomo sempre cerca."
(Jiddu Krishnamurti)

«Le montagne mi hanno resa silenziosa - ella disse - Sono andata nell’Engadina e la sua bellezza mi ha resa muta; sono rimasta senza parola dinanzi a tanta meraviglia. È stata un’esperienza terribile. Vorrei poter conservare quel silenzio, quel vibrante silenzio vivo, commovente. Quando parlate del silenzio, suppongo che intendiate la straordinaria esperienza che io ho vissuto. Vorrei davvero sapere se alludete alla stessa varietà di silenzio che io ho conosciuto. L’effetto di questo silenzio durò per un periodo di tempo considerevole, ed ora vi ritorno, voglio ritrovarlo e vivervi.»

Voi siete resa muta dall’Engadina, un’altra persona da una bella forma umana, un’altra da un maestro, da un libro, o dal liquore. Attraverso lo stimolo esterno, si è ridotti a una sensazione che chiamiamo silenzio e che è estremamente piacevole. L’effetto della grandiosità e della bellezza è di allontanare i problemi e i conflitti quotidiani, cosa che rappresenta una liberazione.

Attraverso lo stimolo esterno, la mente è resa temporaneamente quieta; è forse una nuova esperienza, una nuova delizia e la mente vi ritorna come ricordo, quando ha cessato di sperimentarla. Rimanere sulle montagne non è probabilmente possibile, perché si deve ritornare per motivi di lavoro; ma è possibile cercare quello stato di quiete attraverso qualche altra forma di stimolo, attraverso il liquore, una persona, o un’idea, che è ciò che la maggioranza di noi suole fare.

Queste varie forme di stimolo sono i mezzi attraverso i quali la mente è resa tranquilla; così i mezzi divengono importanti, significanti, e noi finiamo per attaccarci ad essi. Poiché i mezzi ci danno il piacere del silenzio, acquistano un valore dominante nella nostra vita; essi sono i nostri interessi costituiti, i nostri investimenti, una necessità psicologica che difendiamo e per la quale, se necessario, ci annientiamo a vicenda.

I mezzi prendono il posto dell’esperienza, che è ora soltanto un ricordo. Gli stimoli possono variare, ognuno avendo un significato secondo il condizionamento d’una persona. Ma c’è similarità in tutti gli stimoli: il desiderio di sfuggire a ciò che è, al nostro tran-tran quotidiano, a un rapporto che non è più vivo, a un sapere che diviene sempre stantio. Voi scegliete un genere di evasione, io un altro, e la propria particolare qualità si ritiene sempre che valga di più della vostra.

Ma ogni evasione, sia sotto specie di un ideale, sia sotto quella del cinema per esempio, o della chiesa, è dannosa, in quanto porta alla illusione e al male. Le evasioni psicologiche sono più dannose di quelle ovvie, perché più sottili e complesse e pertanto più difficili a scoprirsi. Il silenzio generato mediante lo stimolo, il silenzio che si crea grazie alla disciplina, i controlli, le resistenze, positive o negative, è un risultato, un effetto, e quindi non creativo; è una cosa morta.

C’è un silenzio che non è una reazione, un risultato; un silenzio che non è il prodotto di uno stimolo, d’una sensazione; un silenzio che non è messo insieme, non è una conclusione. Viene in essere quando il processo del pensiero sia compreso. Il pensiero è la risposta della memoria, di determinate conclusioni, consce o inconsce; questa memoria detta l’azione secondo il piacere e il dolore. Così le idee controllano l’azione, onde v’è conflitto fra azione e idea.

Questo conflitto è sempre in noi e a misura che esso si intensifica, nasce l’impulso di liberarcene; ma fino a quando questo conflitto non sia stato capito e risolto, ogni tentativo dì liberarcene non sarà che evasione. Finché un’azione si avvicini a un’idea, il conflitto è inevitabile. Solo quando l’azione è libera dell’idea cessa il conflitto. [...]

L’idea è il prodotto della memoria, la verbalizzazione della memoria; l’idea è una reazione inadeguata alla sfida, alla vita. La risposta adeguata alla vita è l’azione, non l’ideazione. Noi rispondiamo con l’ideazione allo scopo di salvaguardarci contro l’azione. Le idee limitano l’azione. C’è sicurezza nel campo delle idee, ma non nell’azione; così che l’azione è stata subordinata all’idea. L’idea è il modello auto-protettivo dell’azione.

Nella crisi intensa c’è azione diretta, affrancata dall’idea. È contro questa azione spontanea che la mente ha disciplinato se stessa; e come accade presso la maggioranza di noi, la mente è dominante, l’idea agisce come freno e perciò c’è attrito tra azione e ideazione [...]Il reale è la vostra vita nel presente: questa strada affollata, le vostre attività, i vostri rapporti diretti con la gente. Se tutte queste cose fossero gradevoli, l’Engadina si dissolverebbe. Ma poiché il reale è confuso e doloroso, voi vi volgete a un’esperienza finita, morta.

Potete ricordare quell’esperienza, ma essa è consumata; le date vita soltanto attraverso la memoria. È come voler infondere la vita in una cosa morta. Poiché il presente è tedioso, superficiale, noi ci volgiamo al passato o pensiamo a un futuro che è una proiezione dell’io. Questa evasione dal presente porta inevitabilmente all’illusione. Vedere il presente come è in realtà, senza condanna o giustificazione, è comprendere ciò che è, e allora c’è l’azione che determina una trasformazione in ciò che è." (Jiddu Krishnamurti)

giovedì 9 giugno 2016

Guardare e ascoltare



“Chi di noi dà ascolto all’inno del ruscello
quando parla la tempesta?”
(Kahlil Gibran)

“Ora, guardare è una delle cose più difficili della vita come ascoltare: guardare e ascoltare sono la stessa cosa. Se i vostri occhi sono accecati dai problemi, non potete vedere la bellezza del tramonto. Molti di noi hanno perso il contatto con la natura. La civilizzazione spinge sempre di più verso grandi città; diventiamo sempre di più gente di città, viviamo in appartamenti affollati con pochissimo spazio anche per guardare il cielo la sera o la mattina, e quindi perdiamo il contatto con la maggior parte della bellezza. Non so se avete notato come pochi di noi guardino un tramonto o un'alba o la luce della luna o il riflesso della luce sull'acqua.

Avendo perso il contatto con la natura tendiamo naturalmente a sviluppare le capacità intellettuali. Leggiamo una grande quantità di libri, andiamo a visitare molti musei e ad ascoltate concerti, guardiamo la televisione e ci prendiamo una gran quantità di altri svaghi. Citiamo senza fine idee di altre persone e pensiamo e parliamo di arte. Come mai dipendiamo tanto dall'arte? È una forma di fuga, di stimolo? Se siete direttamente in contatto con la natura; se guardate il movimento delle ali di un uccello, se vedete la bellezza del cielo in ogni momento, le ombre sulla collina o la bellezza sul viso di un altro, pensate che vorreste andare a un museo a vedere dei quadri?

Forse è perché non sapete come guardare tutte le cose che vi circondano che ricorrete alle droghe che vi stimolino a vedere meglio. C'è una storia di un maestro di religione che parlava ogni mattina ai suoi allievi. Un giorno salì sulla cattedra e stava appunto per cominciare quando arrivò un uccellino che si fermò sul davanzale della finestra e cominciò a cantare e cantò con tutto il cuore. Poi si interruppe e volò via e il maestro disse: “Per oggi il sermone è finito.”

Mi sembra che una delle nostre più grandi difficoltà sia guardare veramente con chiarezza, non solo le cose esteriori, ma anche la vita interiore. Quando diciamo di vedere un albero o un fiore o una persona, li vediamo in realtà? O ci limitiamo a vedere l'immagine che la parola ha creato? Cioè quando guardate un albero o una nuvola della sera piena di luce e di bellezza, li vedete realmente, non solo coi vostri occhi e a livello intellettuale, ma in modo totale, completo?

Avete mai provato a guardare una cosa oggettiva come un albero senza che comparissero forme di associazione, senza che intervenisse la conoscenza che su di esso avete acquisito, senza pregiudizio, senza giudicare, senza parole che formerebbero un paravento tra voi e l'albero e che vi impedirebbero di vederlo come realmente è? Provatelo e vedete cosa realmente accade quando osservate l'albero con tutto il vostro essere, con tutta la vostra energia. In una tale intensità troverete che non esiste affatto osservatore; c'è solo attenzione. Solo quando c'è disattenzione allora troviamo l'osservatore e la cosa osservata.

Quando guardate una cosa con totale attenzione, non c'è spazio per concetti, formule o ricordi. È importante capirlo perché cercheremo di analizzare qualcosa che richiede uno studio molto attento. Solo una mente che guardi un albero o le stelle o l'acqua luccicante di un fiume con un totale auto-abbandono sa cosa sia la bellezza. E quando noi realmente vediamo ci troviamo in uno stato d'amore. Generalmente conosciamo la bellezza per mezzo del paragone o grazie a quello che l'uomo ha messo insieme, il che significa che attribuiamo la bellezza a qualche oggetto.

Vedo quella che considero essere una bellissima costruzione e apprezzo quella bellezza grazie alla conoscenza che ho dell'architettura e al paragone che faccio con altre costruzioni che ho visto. Ma ora mi chiedo: “Esiste una bellezza senza oggetto?". Quando c'è l'osservatore che è il censore, colui che fa l'esperienza, che pensa, non c'è bellezza poiché la bellezza è qualcosa di esterno, qualcosa che l'osservatore guarda e giudica, ma quando non c’è osservatore e questo richiede moltissima meditazione, ricerca allora c'è bellezza senza oggetto.

La bellezza risiede nel totale abbandono dell'osservatore e della cosa osservata e ci può essere auto-abbandono solo quando c'è totale austerità non l'austerità dei preti con la sua durezza, le sue pene, regole ed obbedienza non l'austerità dell'abbigliamento, delle idee, dell'alimentazione e del comportamento, ma l'austerità dell'essere semplici che è umiltà assoluta. Allora non c'è disperato tentativo di ottenere, non c'è una scala a pioli che vi aiuti a salire; c'è solamente il primo gradino ed esso è quello eterno.

Camminate da soli o con qualcuno e siete in silenzio. La natura vi circonda e non ci sono cani che abbaiano, rumore di macchine che passano o anche il frullio delle ali di un uccello. Siete in un completo silenzio e anche la natura intorno a voi è in un completo silenzio. In quel silenzio sia nell'osservatore che nella cosa osservata quando l'osservatore non traduce in pensiero quello che vede in quei silenzio non c'è differente qualità di bellezza.

Non c'è natura né osservatore. C'è uno stato mentale completamente, interamente solo; è solo non isolato solo nella quiete, e quella quiete è bellezza. Quando amate, c'è un osservatore? C'è solamente quando l'amore è desiderio e piacere. Quando l'amore non è accompagnato da desiderio e da piacere, allora è intenso. È, come la bellezza, qualcosa di completamente nuovo ogni giorno. Come ho detto, non ha ieri e non ha domani. Solo quando vediamo senza preconcetti, senza immagini, allora siamo in grado di entrare in contatto diretto con qualsiasi cosa nella vita.

Tutti i nostri rapporti sono in realtà immaginari cioè,basati su una immagine creata dal pensiero. Se io mi sono creato una immagine su di voi e voi una su di me, naturalmente non ci vediamo l'un l'altro come in realtà siamo. Quello che vediamo sono le immagini che ci siamo creati l'uno dell'altro che ci impediscono di entrare in contatto, e questo è il motivo per cui i nostri rapporti vanno male. Quando dico di conoscervi, intendo che vi ho conosciuto ieri. In realtà non vi conosco ora. Tutto quello che conosco è l'immagine che ho di voi.

Quella immagine è stata messa insieme da ciò che avete detto per elogiarmi o per insultarmi, da ciò che mi avete fatto è stata plasmata in base a tutti i ricordi che ho di voi e l'immagine che voi avete di me è stata plasmata allo stesso modo, e sono quelle immagini che sono in rapporto e che ci impediscono di comunicare l'uno con l'altro. Due persone che hanno vissuto insieme per un lungo periodo hanno una immagine l'uno dell'altro che impedisce loro di essere realmente in rapporto. Se comprendiamo il rapporto possiamo cooperare, ma la cooperazione non può assolutamente avere luogo con le immagini, i simboli, i concetti ideologici.

Solamente quando comprendiamo il rapporto possiamo cooperare, ma la cooperazione non può assolutamente avere luogo con le immagini, i simboli, i concetti ideologici. Solamente quando comprendiamo il vero rapporto che intercorre tra l'uno e l'altro è possibile l'amore, e l'amore è negato quando ci basiamo sulle immagini. È quindi importante comprendere, non al livello intellettuale, ma nella realtà, nella vostra vita quotidiana, come avete costruito le immagini di vostra moglie, di vostro marito, del vostro vicino, del vostro bambino, del vostro paese, dei vostri capi, dei vostri uomini politici, dei vostri dèi non avete altro che immagini.

Queste immagini creano lo spazio tra voi e quello che osservate e in quello spazio c'è conflitto, dunque quello che tenteremo di scoprire ora insieme e se e possibile liberarsi di questo spazio che creiamo non solo al di fuori di noi stessi, ma dentro di noi, lo spazio che divide la gente in tutti i suoi rapporti. Ora, proprio l'attenzione che attribuite a un problema è l'energia che può risolvere quel problema. Quando attribuite la vostra totale attenzione intendo con qualsiasi cosa dentro di voi non c'è affatto osservatore. C'è solo lo stato di attenzione che è energia totale, e quella energia totale è la più alta forma di intelligenza.

Naturalmente quello stato mentale deve essere totalmente in silenzio e quel silenzio, quella quiete, si può avere solo quando ci sia totale attenzione, non una quiete disciplinata. Quel totale silenzio, in cui non c e né l'osservatore né la cosa osservata è la forma più alta per una mente religiosa. Ma quello che succede in quello stato non può essere descritto a parole poiché quello che viene detto a parole non è il fatto reale. Per scoprirlo da voi dovete andarne a fondo. Ogni problema è in rapporto con tutti gli altri problemi cosicché se ne risolvete uno in modo completo non ha importanza quale sia vedrete che vi è possibile affrontare gli altri con facilità e risolverli. Naturalmente parliamo di problemi psicologici.

Abbiamo già visto che un problema esiste solamente nel tempo, cioè quando affrontiamo un problema in modo incompleto. Così non soltanto dobbiamo essere consapevoli della natura e della struttura del problema e rendercene conto completamente, ma affrontarlo anche non appena sorge e risolverlo subito di modo che non metta radici nella mente. Se si permette che un problema si trascini per un mese o un giorno, o anche per pochi minuti, esso distorce la mente. È dunque possibile affrontare un problema immediatamente senza distorsioni ed esserne subito, completamente, liberi senza permettere che resti un ricordo, che sarebbe una scalfittura della mente?

Questi ricordi sono le immagini che ci portiamo dietro e sono queste immagini che affrontano quella cosa straordinaria detta vita ed ecco la contraddizione e da ciò il conflitto. La vita è molto reale, la vita non è una astrazione e quando la affrontate con le immagini sorgono i problemi. È possibile affrontare un problema senza questo intervallo di tempo, senza questo abisso che ci divide dalla cosa di cui abbiamo paura? È possibile solamente quando l'osservatore non ha continuità, l'osservatore che è colui che costruisce l'immagine, l'osservatore che è una collezione di ricordi e di idee, che è un ammasso di astrazioni.

Quando guardate le stelle, ci siete voi che guardate le stelle nel cielo; il cielo è inondato da stelle brillanti, c'è un'aria fresca, e ci siete voi, l'osservatore, colui che fa le esperienze, che pensa, voi con il vostro cuore che soffre, voi, il centro, che crea lo spazio. Non potrete mai comprendere lo spazio che c'è tra voi e le stelle, tra voi e vostra moglie o vostro marito o un amico, poiché non avete mai provato a guardare senza l'immagine, ed è questo il motivo per cui non sapete cos'è la bellezza o l'amore.

Ne parlate, ne scrivete, ma non lo avete mai conosciuto, tranne forse in rari intervalli di totale auto-abbandono. Fino a che ci sarà un centro che crea uno spazio intorno a sé non ci sarà ne' amore né bellezza. Quando non c'è un centro né circonferenza allora c'è amore. E quando amate voi siete la bellezza. Quando guardate un viso che vi sta di fronte, guardate da un centro e un centro crea lo spazio tra persona e persona ed è questo il motivo per cui le nostre vite sono così vuote e incallite. Non potete coltivare l'amore e la bellezza e neanche potete inventare la verità, ma se sarete sempre consapevole di quello che fate.

Potrete coltivare la consapevolezza e comincerete a vedere la natura del piacere, del desiderio e del dolore e la totale solitudine e noia dell'uomo, allora comincerete a impadronirvi di quella cosa chiamata “lo spazio”. Quando c’è spazio tra voi e la cosa che osservate saprete che non c'è amore, e senza amore, per quanto vi sforziate di riformare il mondo o di creare un nuovo ordine sociale o per quanto possiate parlare di miglioramenti, creerete solamente angoscia. E quindi tocca a voi. Non c'è guida, non c'è maestro, non c'è nessuno che vi dica cosa fare. Siete solo in questo mondo pazzo e brutale.” (Jiddu Krishnamurti)

mercoledì 8 giugno 2016

Insicurezza



“Tutto quanto concerne l'Anima si svela spontaneamente
e ogni sforzo razionale non fa che allontanarla.
Questo perché la sua natura non è fenomenica.
Si coglie col cuore come una poesia,
come un'opera d'arte.
Si sente, si ama, ma nessun concetto,
come ombra fugace, è ad essa adeguato.”
(Jalāl al-Dīn Rūmī)

“Più mi osservo, più sperimento la falsità del mio ego. Ho iniziato a sentirmi straniero a me stesso, e non so più cosa sia falso. Questo mi lascia con una sensazione di disagio, quasi non avessi più una rotta, che invece sentivo di avere in passato. Accade, è inevitabile. E ricorda: dovresti essere felice che sia accaduto, è un buon segno. Quando inizi il viaggio interiore, tutto sembra limpido, ben radicato, perché l'ego è al comando e possiede tutte le rotte da seguire. L'ego è ricco di mappe, è il padrone.

Quando ti inoltri un po' più a fondo, lungo il sentiero, l'ego inizia a sfumare, sembra essere sempre più falso, sembra sempre di più come un inganno, una allucinazione. E quando inizi a svegliarti dal sogno, perdi ogni direttiva. Ora il vecchio padrone non è più tale, e il nuovo maestro non è ancora sorto. Si ha confusione, c'è caos. È un buon segno. Metà del viaggio è concluso, ma avrai una sensazione di disagio, di sconforto, perché ti sentirai perso, straniero a te stesso, non saprai chi sei.

In passato, sapevi chi eri: conoscevi il tuo nome, la tua forma, il tuo indirizzo, il tuo conto in banca; tutto era certezza, e ti diceva chi eri. Avevi una identificazione con l'ego. Ora l'ego sta evaporando, la vecchia costruzione è caduta e tu non sai chi sei, dove sei. Tutto è oscuro, nebuloso, e ogni vecchia certezza è andata perduta. E una cosa ottima, perché si trattava di una falsa certezza. Di fatto, non era assolutamente una certezza. In profondità, alle sue spalle, c'è incertezza.

Ecco perché, quando l'ego evapora, ti senti insicuro. Ora gli strati più profondi del tuo essere ti vengono rivelati, ti senti uno straniero. Lo sei sempre stato, ma l'ego ti ha ingannato dandoti la sensazione di sapere chi fossi. Il sogno era travolgente, appariva reale. Al mattino, quando esci dal sogno, all'improvviso non riconosci più chi sei o dove ti trovi. Lo hai mai provato?

Quando all'improvviso ti svegli da un sogno, e per qualche istante non sai dove sei, chi sei, cosa accade? La stessa cosa succede quando esci dal sogno dell'ego: provi disagio, insicurezza, ti senti sradicato, ma dovresti esserne felice. Se lo trasformi in tristezza, ricadrai nella vecchia condizione in cui le cose erano certe, in cui tutto era tracciato, segnato sulla carta, tutto era conosciuto, la rotta era limpida.

Lascia cadere questo disagio. Anche se esiste, non fartene impressionare troppo. Lascia che sia presente, osservalo, e anche questo se ne andrà. Molto presto il disagio scomparirà. È lì solo a causa di una vecchia abitudine ad avere certezze. Non sai come vivere in un universo privo di sicurezze. Non sai come vivere nell'insicurezza. Il disagio è frutto della sicurezza passata. È prodotto dalla vecchia abitudine, è il postumo di una sbronza. Se ne andrà. Devi solo aspettare, osservare, rilassarti, ed essere felice che qualcosa sia accaduto. E io ti dico che è un buon segno.

Molti, da questo punto, sono tornati indietro, solo per sentirsi di nuovo a proprio agio, in pace, a casa. E hanno perso la propria realizzazione. Si sono avvicinati moltissimo alla meta, per poi voltarle le spalle. Non lo fare: vai avanti. Quell’insicurezza è ottima, non è nulla di male. Devi solo sintonizzarti, ecco tutto. Sei sintonizzato con un particolare universo frutto dell'ego, il sicuro universo egoico. Per quanto sia falso in superficie, tutto sembra essere perfetto, come dovrebbe esserlo. Devi sintonizzarti di più con l'incertezza dell'esistenza.

L'esistenza è priva di sicurezze, è incerta, è pericolosa. È un flusso: le cose si muovono, cambiano. È un mondo strano, familiarizzati con esso! Fatti un po' di coraggio, e non guardarti alle spalle, guarda avanti; ben presto l'insicurezza stessa acquisterà splendore, l'insicurezza stessa diventerà meravigliosa. Di fatto, l'insicurezza è bellissima, perché è vita. La sicurezza è orribile, è parte della morte, per questo è tanto sicura. Vivere senza direttive, è il solo modo di vivere. Quando la tua vita ha una rotta, è falsa.

Gli ideali, le regole, le discipline, ti portano a forzare qualcosa nella tua vita, a modellarla, ti impediscono di essere, cerchi di darti un senso. Le regole sono violente, e tutti gli ideali sono disgustosi. Seguendoli, ti lascerai sfuggire te stesso. Non realizzerai mai il tuo essere. Divenire non è essere. Ogni divenire, ogni sforzo per diventare qualcosa, forzerà qualcosa dentro di te. Sarà uno sforzo violento. Potrai anche diventare un santo, ma la tua santità sarà disgustosa.

Lo dico e lo sottolineo: vivere una vita priva di regole è il solo modo per essere santi. Anche se, in questo caso, puoi diventare un peccatore; ma nell'essere un peccatore, ci sarà qualcosa di santo, di sacro. La vita è sacra; non devi importi nulla, non la devi modellare, non le devi dare uno schema, una disciplina, un ordine. La vita ha un proprio ordine, una propria disciplina. Seguine semplicemente il corso, fluisci con lei, e non cercare di spingere il fiume. Il fiume scorre: unisciti a lui e ti porterà all'oceano.

Questa è la vita di un sannyasin: una vita di eventi, non di azioni. In questo caso il tuo essere, pian piano va oltre le nuvole, oltre ogni oscurità e ogni conflitto. All'improvviso ti ritrovi libero: nel disordine della vita, troverai un nuovo ordine. Ma la qualità dell'ordine ora sarà completamente diversa: non è qualcosa di imposto a te, è parte integrante della vita stessa. Gli alberi hanno un ordine, e così pure i fiumi, le montagne, ma non sono imposizioni fatte da moralisti, puritani, preti.

Nessuno di loro va da qualcuno che dia delle regole. L'ordine è un fattore intrinseco, è racchiuso nella vita stessa. Quando l'ego non è più presente a manipolarti, a spingerti di qua o di là - “Fai così, fai cosà!” - quando sei completamente libero dall'ego, sorge in te una disciplina, una disciplina interiore. Non è motivata. Non tende verso uno scopo, accade semplicemente: così come respiri, così come mangi quando hai fame, così come dormi quando hai sonno, avrai un ordine interiore, è un ordine intrinseco alla tua natura.

Verrà quando ti sarai sintonizzato con l'insicurezza, quando ti sarai sintonizzato con il tuo essere uno straniero, quando ti sarai sintonizzato con il tuo essere sconosciuto. Nello Zen esiste uno dei detti più belli: quando una persona vive nel mondo, le montagne sono montagne, i fiumi sono fiumi. Quando una persona si addentra lungo il sentiero della meditazione, le montagne non sono più montagne e i fiumi non sono più fiumi. Tutto è confusione e caos.

Ma quando un uomo consegue il satori, il samadhi, i fiumi sono di nuovo fiumi e le montagne, montagne. Questi sono i tre livelli: all'inizio, il tuo ego ti rende sicuro, nel terzo sei assolutamente certo, nel tuo non-ego, e nel mezzo esiste il caos; quando la certezza dell'ego svanisce e l'incertezza della vita non è ancora sopraggiunta. È un momento molto, molto intenso, ricco di potenzialità: se ti lasci prendere dalla paura e torni indietro, ti lascerai sfuggire questa opportunità.

Di fronte a te esiste la certezza reale. E quella certezza reale non si oppone all'insicurezza. Andando avanti troverai la certezza reale, ma non sarà in contrapposizione all'insicurezza. Quella sicurezza è così vasta da contenere in sé l'insicurezza stessa. È così vasta da non temere insicurezza alcuna: assorbirà in sé l'insicurezza, in quanto contiene in sé ogni contraddizione. Per cui, qualcuno può definirla insicurezza e qualcun altro definirla sicurezza. Di fatto, non è né l'una né l'altra cosa, oppure è entrambe le cose.

Se senti di essere diventato straniero a te stesso, celebra, prova riconoscenza. È un momento raro; godilo. E più ne godrai, più scoprirai che la certezza ti si è avvicinata, si avvicina a te a velocità sempre maggiore. Se riesci a celebrare la tua sensazione di essere straniero, sradicato, senza casa, all'improvviso ti ritroverai a casa: è sorto il terzo livello.” (Osho Rajneesh)