mercoledì 28 aprile 2010

Selful sul mondo!


“Un sognatore è colui che vede la sua strada al chiaro di luna,
e la sua punizione è vedere l’alba prima del resto del mondo”

(Oscar Wilde)


Le teorie della psicologia infantile usano molti paradigmi per costruire ipotesi sullo sviluppo della personalità ma tutte, alla fine, devono ammettere che le persone non si costruiscono nel vuoto, ma nell’ambito di relazioni di intimità e di amore: perciò sono ormai vari decenni che l’importanza del Se personale viene valutato in termini di funzionalità ottimale alle funzioni della vita.

Nella funzionalità ottimale delle persone vengono considerati i seguenti fattori cognitivi:
- la capacità di differenziare noi dalla famiglia originaria e dal resto del mondo
- la capacità di pensare e di decidere per noi stessi
-la capacità di capire il nostro valore e di saper riconoscere quello degli altri, onorando il prossimo con un adeguato comportamento conseguentemente rispettoso
- la capacità di accettare se stessi con pregi e difetti
- la capacità di avere empatia per il resto del mondo
- la capacità di sperimentare dei sentimenti variegati
- la capacità di saper comunicare e condividere i sentimenti che si provano
- la capacità di prendere decisioni utili per noi stessi e per l’altro
- la capacità di essere flessibili alle situazioni senza perdere il senso di noi
- la capacità di saper dare un senso alle esperienze che viviamo

Queste sono le capacità positive degli individui equilibratamente maturi, ma l’aspetto fondamentale di tutto il lungo elenco, l’aspetto basilare del nostro modo di vivere è il nostro senso di importanza, e la stima del nostro valore personale. La domanda fondamentale a cui rispondere è: “Quanto ci sentiamo importanti? Quanto sono importanti le persone che amiamo e che ci amano?”

Nelle teorie psicologiche si afferma che la prima, la fondamentale e la migliore funzionalità è nell’atteggiamento che, affermata la nostra fondamentale importanza e riconosciuta la paritaria importanza degli altri, dobbiamo imparare a sentirci “selful.” La posizione mentale selful significa credere che: “Io sono importante; tu sei importante,” e porta all’inevitabile conclusione nel “Gioco del pari.” Scusate se è poco, ma è l’atteggiamento selful che costruisce il principio dell’uguaglianza umana!

L’importanza paritaria nelle relazioni è raccomandata in tutti i modelli di scambio, di aiuto e di affetto reciproco, cioè in tutte le occasioni di completezza di Essere, Dare e Avere. La crescita personale e la riuscita, le competenze nelle relazioni si verificano nella condivisione dei dolori, dei timori di essere feriti, si vedono nell’accoglienza del pianto, ma è in selful che si sperimenta la vera gioia, i sentimenti positivi e il conseguimento di piaceri reciproci, e non distruttivi.

In senso emotivo, gli individui selful riescono a sperimentare, articolare ed esprimere l’intero arco dei sentimenti e delle emozioni, senza doverne escludere nessuna. Una variegata gamma di espressioni emotive è la possibilità ottimale dell’essere umano, ed è offerta solo dagli individui di questo tipo, perché in ogni altra possibilità espressiva è limitata e ristretta.

In selful, il se è un essere intero, che possiede all’interno di se stesso tutte le risorse, per cui non ha bisogno di depredare le risorse altrui per esistere: esso non ruba per Essere perchè è un Se che non ne ha bisogno. Pensando con questa interezza non significa non saper vedere le proprie imperfezioni, perché ogni essere umano ha delle pecche da emendare, ma significa saper valutare che tutte le nostre caratteristiche sia perfette che imperfette costruiscono l’immagine nostra.

Un se così non si fa ridurre il valore da semplici imperfezioni, che sono qualità perfezionabili personali, perché l’essere è sempre intero anche nel difetto: Essere prezioso nella sua Unicità. Le relazioni con gli altri si devono costruire sulla base della reciprocità, che è la regola d’oro del “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” conosciuta come Regola Aurea di Gesù, ma rovesciata. E chissà se l’inversione di tendenza e prospettiva, non la renda meno ostica alla mente che finge di non sentire!

Chiaramente il selful afferma la primaria importanza dell’amore e del rispetto come concetti fondanti della vita, che è l’amore e il rispetto sia verso noi stessi che verso tutto il resto del mondo, perciò in tutte le cose della vita. Se mettiamo questo concetto come pietra angolare della nostra esistenza, allora Essere selful significa saper concepire che un se veramente autentico e pieno sa elevarsi al di sopra del proprio particolare interesse, per giungere ad un Tutto più ampio, includendovi tutto.

Se Kierkegaard e Choran scrivevano che il viaggio esplorativo in noi stessi, le scoperte nella più profonda Africa, sfocia in abissi di disperazione e di impotenza di provare gioia, dovremmo ricordargli che loro, non la seppero vivere una buona vita, e che dimostrarono solo il timore codardo di vivere predicando l'impotenza affettiva mascherata da menate intellettuali. Io direi poco elegantemente che insegnarono magistralmente la pratica delle seghe mentali.

Gli individui portano in loro stessi la disperazione quando non riescono a vivere pienamente la loro vita, e quando restano incatenati dalla stessa disperazione che hanno seminato facendola crescere all’interno, per cui decidono di bloccarsi, di regredire o di non sapere andare in avanscoperta sui sentieri della vita. Imparare a vivere selful migliora le nostre relazioni, e dimostra il coraggio e l'audacia di sapersi coinvolgere in tutti i casi della vita, per acquisire maggiore flessibilità. Noi sappiamo avere un coinvolgimento attivo se sappiamo perturbare un qualche equilibrio di ordine precostituito per vivere in modo più sottile e sinergico: così viviamo in modo molto più dinamico e creativo, e nutriamo meglio la nostra Vita.

Impariamo a differenziare le emozioni che sperimentiamo da quelle interne per esprimerle meglio anche all’esterno perché le persone, per avere benessere, devono analizzare i sentimenti utilizzando una sana razionalità usandola come un collegamento per fare un ponte tra l’esperienza e l’espressione di essa. Dobbiamo anche sapere che è la capacità di condividere le esperienze e le espressioni dei dolori e dei tormenti, che diventa rilevante nei rapporti con coloro che amiamo e che ci amano.

Il modo migliore per scoprire se amiamo qualcuno è la capacità che abbiamo di condividere con loro i nostri dolori, perché comprendere e condividere il dolore dell’altro dimostra la nostra capacità di amare e la completezza della nostra umanità. Condividere il dolore con gli altri significa permetterci di essere vulnerabili, permettersi di ammettere le nostre debolezze e i nostri difetti, per accettare la nostra naturale fallibilità di semplici esseri umani, e così rispecchiarla nell'altro mentre lo amiamo.

Se crediamo che la cosa sia illogica riflettiamo che l’ammettere di essere fragili, di essere vulnerabili e di avere un grande bisogno d’amore implica una grande dotazione di forza interiore. Piangere e soffrire per coloro che amiamo è la proclamazione che siamo capaci di contemplare tutte le modulazioni di frequenza, per saper offrire una reazione che dimostri forza, che si offre e che si contraccambia. Così noi doniamo una relazione di uguaglianza vera, e un rapporto di autenticità umana.

Sono coloro che sono intimamente deboli che si lasciano spaventare dalle angosce e dai dolori degli altri, perché essi hanno paura che il dolore altrui ridesti delle loro nascoste fragilità interiori, e di restare esposti all’angoscia della vulnerabilità. La vera intimità umana si può raggiungere solo con coloro che sono tanto forti da potersi permettere di essere fragili senza indebolirsi: essi si permettono di suonare sulle 10 corde dell‘arpa perché sono artisti.

E se qualcuno potesse pensare che queste idee siano dei sogni da idealista, si sappia che sono le teorie di Luciano L’Abate, che è un esperto in modelli relazionali. Luciano le esprime stupendamente in “Famiglia e contesti di vita: una teoria dello sviluppo della personalità“. E se sembravano solo frutto di cabale e taoismi fomentati da grappa di rose, io dico che non è vero, perché potrebbe essere anche una semplice casualità fortuita.

Buona erranza
Sharatan


sabato 24 aprile 2010

Svolgere il filo …



“Procedendo lungo il sentiero antico
per condurre questa odierna esistenza,
puoi conoscere l’origine da cui tutto si muove.
Questo è detto lo svolgere il filo del sentiero.”

(Lao-Tseu - Tao Te Ching, c. 14)


Nella tradizione cabalistica si crede che l’uomo abbia lo stesso DNA del suo Creatore, e che questa radice resta assopita in noi finché l’uomo non la riconosce come sua vera essenza: è solo allora che la divinità si ridesta e si esprime direttamente. E l’espressione è sempre direttamente proporzionale alla nostra trasformazione personale e alla nostra elevazione spirituale. La cosa straordinaria della dottrina cabalistica è la rivelazione che esiste, nell’uomo, la capacità di divenire Dio, perché Dio è in noi, e noi siamo una sola cosa con Lui.

Il senso della vita, nella dottrina cabalistica, è quello di crescere, trasformarci e evolvere sempre più in elevazione maggiore senza fuggire dal caos del mondo, ma piuttosto affrontare gli impegni pratici operosamente, mentre la nostra scintilla si risveglia e inizia splendere sempre di più. Secondo i cabalisti, la natura fondamentale dell’uomo è divina perché Dio contiene tutto, in quanto è il Creatore e l’Iniziatore in cui hanno origine le radici di tutte le cose; infatti in Lui si nasconde una Manifestazione infinita.

Il ruolo umano è quello di contemplare questa meravigliosa origine divina, e di operare affinché si possa perfezionare la struttura cosmica universale. L’uomo può farlo, perché in lui sono contenute tutte e 10 le Sephiroth, e “tutte le cose spirituali” cioè tutte le cose più sublimi che siano considerati degli attributi di divinità. L’uomo è un “elemento trasformatore” anche in senso energetico poiché, in tutta la vita e nei suoi atti, egli deve amplificare le sue prerogative spirituali divine per avere maggiore velocità ascensionale.

Nella filosofia neoplatonica si afferma che tutto il processo della creazione è costituito da un dispiegarsi dell’Uno, per poter operare il suo Ritorno all’Uno. L’enorme potere che la cabala assegna all’uomo è inebriante perché Dio, che è il Padre, soltanto all’uomo ha consegnato il dono superbo del libero arbitrio, cioè gli ha offerto la libertà di costruire la sua vita.

Anche la struttura fisica dell’uomo rispecchia questa “forma (temunah) che include tutte le forme” che lo Zohar attribuisce all’uomo stesso, e che viene definito come il “sembiante (deyokna) che include tutti i sembianti.” Questo concetto è collegato al momento della caduta di Adamo, poiché l’indumento fisico fu donato all’uomo solo dopo la cacciata, come leggiamo nella Genesi (3:21) dove si dice che Dio fece degli “indumenti di pelle” per Adamo ed Eva, poiché prima erano rivestiti di “indumenti di luce.”

E’ compito dell’uomo reintegrarsi a questa natura primitiva, facendo una "polarizzazione" dei due estremi di bene e di male, in cui egli è scisso: lo scopo finale è la riunificazione della volontà divina con quella umana. Secondo la cabala, in Adamo è avvenuta un’alterazione della sua essenza divina, poiché in lui è sorta una perturbazione d’onda che lo ha disconnesso dall’ordine primordiale delle cose. Malgrado tutto questo, vi è sempre la piena promessa del “tikkun” ossia della salvezza per riparazione dell’equilibrio perduto.

Secondo lo Zohar, la struttura dell’anima è suddivisa in 3 parti chiamate: Nefesh, Ru’ah e Neshamah, le quali sono unite in una trinità inscindibile, ma che vengono risvegliate in momenti diversi. Il primo elemento, Nefesh, si trova in ogni uomo poiché entra in lui con la nascita, e costituisce la fonte della vitalità animale e delle funzioni psicofisiche.

Le altre 2 parti animiche si svilupperanno progressivamente, e si ridesteranno solo con il risveglio dello spirito, e con uno sforzo individuale di raffinare i poteri intellettuali, unito alla capacità di saper contemplare la sacralità dell'universo, poiché esso è il Volto del Padre. La Ru’ah o anima si risveglia in un momento che non può essere indicato, ma è collegato all’istante in cui l’individuo si eleva al di sopra della pura materialità tramite una chiamata spirituale.

Solo Neshamah è la scintilla divina che dorme in noi, ed è stata emanata direttamente da Dio come le altre due, in quanto l’anima possiede un’inscindibile unità di parte vitale e animale, di parte vegetativa e di parte razionale. Alcuni cabalisti di Gerona giunsero a dire che la parte più elevata della nostra anima, Neshamah, sia diretta emanazione di Hokhmah o Sapienza Divina. E’ evidente che questa concezione dell’origine è fondamentale poiché addita il livello di altezza a cui giunge la cognizione mistica dell’essere umano, nella Risalita.

Nello Zohar è detto che la Neshamah superiore viene compiuta mediante la “sacra unione” del “re” (melekh) e della “regina” (matronita) che sono i sinonimi delle Sephiroth Tiferet, che nell‘albero cabalistico umano rappresenta il cuore, della Yesod che è il Fondamento, manifestati gloriosamente in Malkut che è il corpo fisico: infatti se esso viene indossato con spirito di santità e di chiarezza, può divenire il Tempio del Sacro.

Nella sua radice ogni anima è un composto di parte maschile e femminile, cioè di attività determinata unita alla capacità di contemplazione estatica del divino, ed è solo nella discesa che le anime si suddividono in maschili in femminili. Si narra che vi sia un albero delle anime sul quale ogni anima fiorisce, e di un fiume che trasporta le anime fiorite verso il basso in un perpetuo defluire, che è l'incessante emanare dalla Fontana sacra della superna Fonte Divina: è così che noi sgorghiamo dall’Albero della Divinità.

Ma questo luogo è solo una stazione intermedia nella quale tutte le anime devono transitare prima di entrare nella “casa del tesoro delle anime” che è situata nel Pardes, il Giardino di Arance, che è il Paradiso Terrestre. E' qui che vivono in suprema beatitudine tutte le anime, finché non vengono chiamate per affrontare una nuova discesa nel mondo inferiore, in cui devono assumere la forma umana materiale.

Vi è poi una concezione ulteriore secondo cui la discesa dell’anima umana ha origine da un Fonte che è molto superiore a quella della stirpe angelica e, questa dottrina, che è una delle più dibattute dalle scuole cabalistiche, onora l’uomo per tale elevata derivazione, e conferisce inebriante altezza alla sua risalita.

Nello Zohar, e tra i discepoli di Isaac Luria, si afferma che vi è un aspetto umano chiamato zelem, cioè “immagine” riferito al passo della Genesi (1:26) in cui è scritto: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza.” Questa parte "zelem" non è ospitata in alcun luogo dell’anima, poiché è l'immagine o l'impronta individuale, ed è la particolare individualità che rende ogni anima un essere "unico" in tutto l’ordine dell’universo.

Noi siamo zelem nelle due nozioni, sia di essenza interiore che di struttura fisica, ma anche nel senso di corpo naturale, perché è lo zelem che fa da “catalizzatore” tra Neshamah e Nefesh, perchè senza il corpo fisico che rivestiamo nel mondo materiale, nessun compito potrebbe essere realizzato. Lo zelem è l’indumento che le anime indossano nel Pardes, cioè l'abito usato prima della discesa, ed è lo stesso vestimento che verrà indossato nella Risalita.

Il nostro zelem è nascosto nell’organismo psicosifisico, ed è visibile solo per l’occhio addestrato di un grande Rabbi cabalista oppure, è visibile in seguito ad una esperienza mistica da parte di coloro che possiedono il dono della Visione. Lo zelem nasce, cresce e si sviluppa con il livello evolutivo del suo possessore, perciò lo Zohar lo paragona all’ombra che il sole proietta contro un muro. E questo il vero Io dell’uomo e, senza lo zelem, l’anima avrebbe arso il corpo con il suo ardente splendore.

Secondo una credenza antichissima tutte le anime, all’origine, sono intessute in una cortina (pargod) che è appesa come un arazzo splendente davanti al Trono di Grazia di Dio: in questa cortina risplendente è contenuta e registrata l’intera storia passata e futura di ogni anima. Il Pargod è composto di un etere spirituale che contiene la Memoria Universale, ed è in grado di registrare la vita e le opere di ogni uomo: essa è la Dimora di tutte le anime che sono risalite alla Fonte e che dimorano al cospetto di Dio.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 21 aprile 2010

Nel silenzio dell’egoismo


Osho scrive che quando vogliamo l’isolamento dal mondo, non siamo noi che decidiamo ma è il nostro ego che ci spinge a farlo; è l’ego che taglia fuori il mondo perché vuole diventare il padrone di tutto. L’ego è vincitore perché non c’è nessun'altro contro cui lottare, quindi non esiste nessuno che possa umiliarlo con una sconfitta. E’ così che noi diventiamo ai nostri stessi occhi tutto il meglio che possa esistere, così noi diventiamo imperatori dell'universo.

Bisogna essere contro ogni isolamento, poiché esso ci rende “isola” cioè un lembo di terra separata da ogni continente e da ogni approdo alla salvezza. Ma l’uomo non è mai isola, l’uomo è terra fertile ed è sempre una terra che fa parte di un continente ancora maggiore, che è l'intero mondo. Come può partecipare alla gioia della vita colui che cerca l’isolamento dal mondo? Come possiamo essere partecipi della realtà, se noi stessi diveniamo una realtà isolata?

Noi dobbiamo dissolvere il nostro ego e non dobbiamo soltanto isolarlo, perché l’isolamento è un gioco che fa parte del mondo, perchè esso è un inganno. Esistono molte persone che cercano denaro, fama, potere e che lottano tutta una vita per ritrovarsi alla fine ancora più scontenti e infelici: si ritrovano delusi e svuotati come se avessero corso inutilmente, e dopo tanti affanni e fatiche sono beffati e sfiniti.

Sono queste le persone che partono per l’Himalaya, sono quelli che si costruiscono un mondo fittizio o immaginario in cui rinchiudersi per rinunciare a tutto. Ma ciò dimostra come l’Arte della fuga sia una strategia del mondo, perché anche sull’Himalaya possiamo diventare imperatori di un nostro piccolo mondo. In questo gioco il nostro ego, ci avverte Osho, si rivela essere un giocatore scaltro, e ancor più si dimostra sottile e raffinato quando ci spinge all’isolamento indossando gli abiti dell'eremita.

Tolti dall’ambizione del mondo, noi possiamo cadere nell’ambizione della religione, perché anche un’illuminazione spirituale può divenire un sogno di egoismo presuntuoso. Se riflettiamo, anche la religione è un potere inebriante, poiché affascina anche più del potere materiale nutrendo un divino essere superiore: siamo caduti dalla padella alla brace perché l’imperatore diventa il superiore Buddha!

Se vogliamo seguire una religione ma con un vero spirito devozionale, diventiamo ancora più ostili e contrari ad ogni forma di isolamento dal mondo perché il vero segreto è nella ricerca del silenzio dell’ego, che è una ricerca di silenziosa pace e di povertà interiore che Gesù chiamava una “povertà in spirito” che è l'essere privati della presunzione per divenire solo una pura essenza. E' nell’essenzialità dell’anima che noi diventiamo veramente autentici.

Valutando come realmente giusti questi pensieri, dobbiamo accettare che non esiste vera indipendenza e vera libertà da tutto, perché noi siamo interdipendenza anche se ci balocchiamo nel credere che ci siano delle categorie di indipendenza-dipendenza e di interdipendenza. Queste sono illusioni del nostro egocentrismo, del protagonismo mentale che misura tutta la realtà con il suo metro, ed è sempre il metro dell’ego che impone la misura, è lui che paragona i limiti del mondo usando la distanza del suo braccio e con la potenza della sua presa.

Osho afferma che l’essere umano è sempre dipendente, ma che si illude di diventare indipendente mentre dovrebbe, per il suo stesso bene, imparare la superiore bellezza dell’interdipendenza e della connessione universale. La vita provoca una dipendenza in ogni occasione, perciò ci beffa fornendoci l’illusione della libertà, che è un veleno mortale mescolato ad una falsa medicina, soprattutto quando nutre l’illusione che per essere veramente indipendenti bisogna fare una fuga dal mondo.

E’ vero che la nostra dipendenza non può essere evitata ma può essere giustamente compresa, essa può essere analizzata per scoprire che esiste l’interdipendenza di tutta l’umanità: tutto nell‘universo è collegato, nulla viene considerato come maggiore o minore, in esso non esiste ordine di misura perché tutta l‘esistenza è una essenza unificata. Perché volere indipendenza se noi siamo parte interdipendente del Tutto? Perché vogliamo essere separati dal nostro grande Oceano cosmico?

Solo parlare di oceano e di onde, dice Osho, è un controsenso perché l’oceano è un numero infinito di semplici onde: in realtà l’oceano è un unico fenomeno, ed è una massa che si agita per produrre altre onde. Questa visione ecologica non si riferisce solo alla terra interiore, ma ha un prezioso valore anche per le terre esterne a noi. Se noi siamo le onde, allora noi siamo anche l'Oceano Universale!

La vita è solo una perché tutto è interdipendenza, come ogni nostro alito di respiro è la nostra essenza, come ogni nostra cellula è una parte di noi, mentre stiamo respirando ogni respiro fluisce, e in ogni respiro vi è la nostra unità cosmica. Per queste ragioni non dobbiamo restare isolati ed egoisti, per questo è giusto non rinnegare il mondo.

Anche i maestri che spingono all’ascesi e all’isolamento sono maestri falsi e pericolosi, essi sono i guru dell’illusione dell’ego, essi sono i precettori dell’egoismo e della divisione dell‘umanità. Piuttosto celebriamo il mondo, e se vogliamo fare una rinuncia facciamo abiura alle bugie dell’ego che ci spinge in un abisso solitario, che è fuori dal mondo. Dobbiamo abiurare alle bugie e celebrare il reale contro l’irreale perché del reale noi facciamo parte, perché noi siamo i Nataraja della nostra realtà, perché non siamo avulsi e non siamo scissi nella nostra essenza.

Quando viviamo separati da noi e dal mondo reale noi diventiamo Maya, e nasce la falsa religione della scissione e dell’irreale. Chiusi nella nostra tana possiamo indossare tutte le maschere che vogliamo, facciamo tutti i ruoli in cui siamo bravi, non vi è alcun fallimento. Da soli siamo immortali e intoccabili perché nessuno ci può ferire, ma stiamo rifiutando di imparare dagli altri e dall‘esperienza. Da soli diventiamo perfetti perché nessun cambiamento avviene in noi: è questa l‘immortalità nell‘illusione.

E’ questo il motivo per cui, coloro che tornano dopo un isolamento prolungato dal mondo sono rabbiosi di tutte le amarezze accumulate per essere stati isolati dal conforto dell’unione e dell‘amore dei loro simili. E’ la rabbia di avere rinunciato alla gioia di vivere che urla in loro. Anche la meditazione è inutile, avverte Osho, se meditativa non diventa tutta la nostra vita.

Nulla aiuta se il samadhi che vogliamo non diventa il modo in cui respiriamo, il modo in cui dormiamo, il modo con cui mangiamo, e il modo con cui nutriamo tutta la nostra vita. Il solo meditare non accumula la saggezza, nulla serve se non comprendiamo che la vera ricchezza è il modo in cui siamo, la ricchezza sono i nostri talenti e le nostre qualità ma le nostre qualità migliori che sono l’amore e la connessione; la migliore qualità umana è l’amore sinergico con la vita.

L’uomo non può calarsi nello spazio più profondo di se stesso se evita i confronti e le distrazioni del mondo esterno infatti, dovunque andiamo portiamo in noi i nostri tumulti interni, ovunque siamo sotto un diverso cielo con uno stesso panorama interno. Restare soli e senza confronti significa pensare di essere inutili, e di non potercela fare.

Coloro che fuggono perché sono i fuggitivi da loro stessi, dimostrano di non saper vivere la vita perché è una sfida impari per le loro forze. E’ a causa della vigliaccheria dei fuggitivi che sono stati scritti i libri sulla limitazione della gioia di vivere. La rinuncia e la mortificazione non sono vittorie sul mondo, sono dei modi sbagliati di vivere, sono modalità confuse e ignoranti che negano la vita.

La gioia di vivere è la celebrazione dell’opera del Padre, che è il vero mondo divino che Lui ci ha destinato, la difficoltà è in noi che non lo sappiamo concepire. Nella vita dobbiamo saper riconoscere il divino e la sacralità in ogni cosa e di ogni luogo: è solo allora che il sacro risorgerà in ogni luogo e in noi, perché anche il sacro è nascosto sotto il velo dell’apparenza.

Buona erranza
Sharatan

domenica 18 aprile 2010

Il giardiniere contemplativo


L’imperatore Ch’ien Lung amava viaggiare per l’impero travestito da persona comune, e fu così che giunse in una locanda, presso un villaggio sulle rive del lago, verso Hangchow. In quella occasione si era travestito da letterato di modesta origine, fingendo di essere uno dei tanti funzionari confuciani che viaggiavano per preparare dei giovani allievi a sostenere gli esami di accesso alle più alte cariche governative imperiali. Nella locanda, l’imperatore incontrò un vecchio taoista che era entrato per rifocillarsi con un the caldo e una ciotola di zuppa, prima di ritornare al suo monastero.

Vennero quindi a ragionare tra loro e l’imperatore, per dare maggiore enfasi al suo personaggio, iniziò a recitare delle sontuose massime confuciane, e prese a ragionare dei doveri familiari e degli obblighi civili, della lealtà e dell’amore filiare come vere fondamenta dello stato, usando il tono del pedagogista orgoglioso degli insegnamenti che impartiva. Il taoista lo fece parlare a lungo ma poi, non poté trattenersi oltre, ed esclamò esasperato:

“Bei tipetti voi confuciani! Sempre dietro a tutte queste belle parole, tutti impegnati a praticare le teoriche virtù. Come se aveste diritto a definirvi esperti di quello che proclamate, ma come parlare di virtù e giusto comportamento, se non si contempla la sacra Fonte dell’Essere, che sta nella stanza segreta della mente? Bravi a parlare, ma incapaci a fare sul serio e in pratica “Parlare è facile; fare è difficile.” Non è forse questo che dice il vostro Confucio?”

A queste parole in cui veniva chiamato in causa Confucio e in modo pure offensivo, almeno secondo l’opinione dell’imperatore, anche lui si sentì assai risentito e per un attimo dimenticò il travestimento e la prudenza, per ribattere tutto piccato:” Ah! Bel maestro un taoista per parlare di cose superiori! Ma se voi usate tutte le scuse per starvene inattivi, e lasciar fare tutto agli altri. Voi, contemplazione silenziosa la chiamate, la pratica di stare seduti, e di lasciare faticare gli altri per il bene della famiglia, e per il bene superiore dell’impero? Credo che per voi sarebbe troppo anche russare, mentre sedete come scansafatiche!”

Anche il taoista, sebbene imperturbabile, venne aspramente piccato dalle risposte del falso precettore, così non riuscì più a tenere a freno la lingua, e gridò indignato: “Sentilo tu il signorino! Guardalo tutto bello agghindato con i suoi abitini per bene, tutto ripulito con le sue mani lisce e ben curate, le sue belle manine da letterato, attento solo alla fatica di vendere belle parole! Le vedi invece le mie mani? Vedi come sono sporche di terra? Ne vedi i calli e le rughe delle mie fatiche? Io sono il giardiniere del monastero, e fatico duramente nel giardino per diverse ore al giorno. Altro che ozioso scansafatiche!”

L’imperatore che aveva girovagato ed osservato attentamente quelle regioni, si ricordò di avere visto il giardino del monastero e di averlo trovato veramente magnifico, per cui ritrovò il suo buonumore, vedendo una giusta reazione, quindi disse bonariamente: ”In effetti ho visto il giardino del monastero, e ho trovato veramente magnifiche soprattutto le tue peonie. Convengo che sei un operoso giardiniere, ma non mi potrai convincere che stare seduto in meditazione possa servire per renderle così belle.”

Il taoista ancora indignato, esclamò fieramente: “Certo che lo dico! I fiori rispondono a colui che li cura usando la giusta pratica della natura, che deriva solo dalla giusta contemplazione del Tao. Senza volermi credere, allora prova tu a curarli parlandogli di doveri familiari, di lealtà e di obblighi sociali. Vediamo se farai dei fiori migliori con questi tuoi metodi persuasivi.” L’imperatore si ricordò allora dello splendido giardino di peonie, che circondava i padiglioni estivi del suo palazzo, e gli rispose divertito:

“Beh! Guarda un po’ la combinazione! Anche io ho un meraviglioso giardino di peonie, e sono veramente belle, forse belle come nulla di altro al mondo.” A quella risposta il taoista perse ogni freno e prudenza, perciò urlò: “Ma guarda che bugiardo e presuntuoso che sei. Dovrai farmele vedere queste meraviglie, altrimenti dirò ovunque che sei un gran bugiardo e un presuntuoso!” L’imperatore a quell’insulto perse completamente le staffe e gridò: “Taoista insolente! Tu hai osato chiamare bugiardo e presuntuoso il Figlio del Cielo davanti al Volto del Drago! Osi insultare così il tuo sovrano?”

Alle urla accorse un drappello di guardie imperiali, allarmate per lo schiamazzo, poiché lo seguivano nascostamente da vicino. Alla vista del drappello armato, il taoista si sentì perduto perciò, persa ogni imperturbabilità superiore, vedeva già la sua testa rotolare nella polvere, tagliata di netto per punire l’affronto all‘onore imperiale. Allora si lasciò cadere sulle ginocchia e rimase in silenzio, aspettando il colpo di grazia. Ma l’imperatore, che conosceva il linguaggio degli uomini comuni, aveva capito che l’offesa non era volontaria perciò era più divertito che indignato.

Il Signore dei Diecimila anni era molto magnanimo, perciò si tirò dietro il taoista contrito e impaurito fino al suo palazzo, dove lo assunse tra i Giardinieri Reali al rango superiore di Responsabile dei Giardini del Nuovo Palazzo Estivo, che aveva fatto costruire sui Monti Occidentali, destinandolo alla cura particolare del Giardino delle Peonie. L’anno successivo le peonie di quei giardini, fiorirono magnificamente superando ogni splendore precedente. Fu allora che l’imperatore convocò il taoista e gli parlò, usando un grazioso miscuglio di dignità regale e di rispetto sincero, lo stesso con cui si tratterebbe con un valido precettore.

L'imperatore disse: “Reverendo Maestro, avete dimostrato fino in fondo le vostre capacità. E’ per questo che Noi abbiamo pensato che, se delle peonie traggono tanto vantaggio dalla vostra contemplazione interiore, quale superiore vantaggio potrebbe trarne un Impero? Quale prosperità potrebbe dare un monarca che si accinga a coltivare quest’Arte, fino a raggiungerne la completa Padronanza?” Dopo aver detto questo, l’imperatore nominò il taoista, abate di un monastero vicino al suo Palazzo: da allora egli andò a visitarlo regolarmente e ricevette in privato, direttamente dalla sua bocca, tutti i segreti dell’Arte meravigliosa della Contemplazione.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 16 aprile 2010

Mettersi in cammino



“Se sei un uomo libero allora
sei pronto a metterti in cammino.”

(Henry David Thoureau - Camminare)


Nella letteratura spirituale è scritto che, la funzione dell’anima è quella di aiutarci a ricordare chi siamo, e che cosa dobbiamo manifestare nel nostro cammino ma, questo ricordo, viene acquisito in modo graduale, e con un ritmo non eccessivamente veloce. Il recupero del ricordo totale, in realtà, è il Ritorno a ciò che noi sappiamo già di essere perché questo programma è già registrato nel nostro nucleo animico: è per questo motivo che noi procediamo tramite le esperienze, che sono le modalità con cui ritroviamo la nostra memoria in modo lento e graduale.

La mente è in grado di focalizzare quello che è successo “ieri” e vede, sia pure in modo parziale, ciò che accade “oggi” ma, nel concetto di tempo futuro, non riesce ad orientare la sua indagine se non rifacendosi a concetti collegati a ciò che conosce, poiché l’ha sperimentato con l’esperienza. Il compito del versante mentale è quello di proteggere il corpo, che è lo strumento fisico in cui è ospitata la mente, poiché è un recipiente che usa degli equilibri omeostatici convenienti alle abitudini mentali.

L’anima lavora in modo del tutto diverso, perché l’anima è una forma di energia particolare che partecipa all’energia del cosmo: perciò l’anima appartiene ad un sistema vivente che si auto-alimenta continuamente tramite il ciclo di trasformazione in evoluzione progressiva ed inarrestabile. L’anima, diventando sempre più consapevole, si alza ad livello spirituale crescente, così riesce con più facilità a transitare dalla Realtà Reale alla Realtà Assoluta, a cui viene calamitata dalla legge di affinità, poiché dell'Uno condivide la più intima natura.

Se anche nella nostra mente vi è la consapevolezza e se l’anima prevale, comprendiamo più facilmente come l’anima non possa che essere calamitata dal movimento, poiché nello scorrere è la stessa vita che si rinnova, in quanto nella morte è la stagnazione. Ma per dinamizzarsi è necessario fare il cambiamento, e questo avviene realmente solo se abbiamo la rottura di un equilibrio, in modo da creare un equilibrio nuovo con un modello di funzionamento più complesso.

Lo scorrere delle cose del mondo, cioè quello che viene chiamato il cambiamento, è il vero senso della vita perché essa è in costante trasformazione. Se la mente è un meccanismo, in questo senso lo è anche la vita, solo che il mentale procede facendo delle ossessive ripetizioni dei suoi schemi entropici, mentre il sistema energetico dell’anima è fluido e mobile, ed è tendente all’espansione progressiva e sinergica.

Il meccanismo dell’anima è quello audace che favorisce la vita, mentre quello della mente è timoroso di allontanarsi dalle sue vie per affrontare i territori inesplorati del cambiamento. Su quelle vie impervie, il mentale non avanza, perché si avvita su sé stesso fino a soffocare per entropia, come in ogni sistema chiuso che non comunica con l’esterno: e questo avviene per una legge fisica e non solo per la superstizione spirituale.

Ora cerchiamo di ricordare il concetto che i fatti sono dati, mentre le leggi che governano i rapporti che regolano questi fatti, sono le leggi formulate dalla consapevolezza di essi: tanto per capire meglio, valutiamo che l’uomo è da sempre sottoposto alla legge di gravità, perciò prima che fosse consapevolmente formulata la Legge gravitazionale di Newton. Detto questo, mettiamo in conto che l’energia non si distrugge mai: essa cambia il suo stato tramite una trasformazione, perchè è tramite il cambiamento di stato che la vita si riproduce.

L’energia lavora su sé stessa producendo altra energia, cioè nuove forme di vita: in questo senso la vita è la continua evoluzione, l'onda che scorre con il fluire del fiume del Tao. Nell’evoluzione e nell’espansione dell’energia vitale noi vediamo la trasformazione evolutiva, perciò il cambiamento dello stato della vita è sempre un evolvere in positivo e, vivere nell’opposto, corrisponde ad affogare in paludi mortali.

In ogni perfezionamento, in ogni adattamento, e in ogni mutamento delle forme di energia non vi è mai diminuzione, ma un progressivo accrescimento ed arricchimento del nuovo sistema, perché la vita evolve perseguendo livelli di arricchimento per complessità: è in questo senso che dobbiamo contemplare l’elevazione della Manifestazione della vita. Ricordiamo infatti che, se la vita vuole progredire, deve salire sempre di più nella Scala evolutiva delle specie viventi.

A livello mentale, il cambiamento è sempre un fatto devastante, perché vi è l’abbattimento delle vecchie strutture mentre, la felicità del mentale corrisponderebbe ad avere un perpetuo presente che ripete ossessivamente il passato, come un vecchio pappagallo. La nostra anima nutre elevate ambizioni, essa coltiva programmi audaci in cui si espande pienamente, vuole sperimentare nuove modalità di manifestazione, vuole maggiori contatti e non ha timore di risparmiare le sue energie, perché accede al serbatoio inesauribile ed eterno, che è l’Energia Divina del sistema cosmico universale.

L’energia dell’anima si nutre dell’Amore del Padre, che è un amore totale, manifestato tramite l’amore per noi stessi, tramite l’amore per tutti gli altri, e tramite l’amore per la vitalità di tutto l’universo: l’anima partecipa così alla sacralità del cosmo. La nostra Anima è della stessa natura dell’Anima Universale, ed è per questo che la natura dell’anima contiene il magnetismo vitale che attua la Risalita nel Grembo della Madre.

Il programma del versante mentale è vincente, perché il mentale lavora come un illusionista: l’anima desidera correre, ma la mente la inganna, illudendola di fare una strada mentre invece la sfinisce facendola correre in tondo, come un criceto che corre inutilmente sulla ruota: in questo modo l’anima viene incatenata. Lo scopo della mente è che il corpo, che è il vaso fisico dell’elemento spirituale, sia sicuro e tranquillo nel suo equilibrio omeostatico, mentre invece l’anima anela a perseguire la sua missione, cioè il compito per cui è giunta sulla Terra.

La letteratura spirituale afferma che il trucco è nell’essere attenti a non farsi turlupinare dall’astuta volpe mentale, che ci offre un mondo immaginario fino ad ipnotizzarci. Noi dobbiamo convincere il corpo unito alla mente a collaborare con l’anima, per aiutarla a fare ciò che essa è venuta a Realizzare. Se la mettiamo con l’esempio semplice di Gurdjieff, l’anima deve sapere affrontare una trattativa con la sua carrozza e ammansire i suoi cavalli, deve ragionare con il cocchiere per giungere alla meta e compiere la sua missione: infine ripartire, e Ritornare alla casa del Padre.

Buona erranza
Sharatan

domenica 11 aprile 2010

Nei vari livelli di verità


Quando impariamo, noi ascoltiamo solo i nostri pensieri.
Per questo motivo non ci è possibile accogliere nuovi pensieri,
a meno di non ricorrere a nuovi metodi di ascolto e di studio.

(Georges Gurdjeff - Vedute sul mondo reale)


Per divenire ascoltatori e osservatori attivi di ciò che siamo, dobbiamo ammettere che la prima verità che emerge è che l’essere umano si colloca sempre al centro del mondo, e che gli altri sono visti come un miraggio e come un riflesso del nostro essere, o di ciò che noi crediamo di rappresentare. Per le persone che vogliono comprendere chi sono e cosa rappresentano, che vogliono compensare l’ansia di verità profonda, che vogliano assurgere ad una maggiore evoluzione, è necessario ritornare a noi stessi per guardare come influisce in noi la realtà con cui ci confrontiamo.

Georges Gurdjeff afferma che l’uomo viene al mondo simile ad un foglio di carta bianca, ma le circostanze e le persone che gli stanno intorno, iniziano una gara per imbrattarlo e per ricoprirlo con ogni tipo di scritture. E’ così che agisce l’educazione istillando tutte le concezioni di moralità, tutti i contenuti che chiamiamo conoscenza e che formano la nostra verità, tutti i sentimenti di dovere, di onore e di coscienza, e altre menate simili.

Appare evidente che ognuno di questi scrittori è perfettamente convinto in buona fede che stia facendo un ottimo lavoro di addestramento della nostra personalità. Dovremmo convenire che l’uomo non è affatto libero e obiettivo nel valutare la sua realtà perché è programmato da tale condizionamento al punto che, il foglio si macchia di verità e di conoscenze che vengono innestate, come dei germogli di rami sul tronco dell’albero umano, e sono rami che attecchiscono articolando la nostra personalità.

Ecco che il foglio diventa orgoglioso delle sue macchie scambiandole per scritte meravigliose e per splendidi sigilli di merito, di talento e di genio, che lo rendono un vero uomo, e uno splendido esemplare della creazione. Gurdjeff afferma che il termine uomo, usato in queste condizioni, è anche fin troppo altisonante per definire un foglio imbrattato, perché il prototipo umano che otteniamo si irrita per delle sciocchezze, ascolta le meschinità della gente, e si lascia coinvolgere da ogni cosa che gli avviene attorno facendosi trascinare come una foglia dalla tormenta.

Per imparare ad essere uomo è necessario lavorare su noi, e poi camminare sulla via che viene indicata dalla nostra vera essenza; perciò dobbiamo imparare come divenire dei consapevoli creatori della nostra realtà. Il pensiero è come un filo ininterrotto, è come un flusso che procede usando dei brandelli di precedenti verità perciò, mentre il pensiero scorre, tesse una trama usando dei fili mentali che ha già utilizzato in situazioni simili passate.

Questi fili riciclati sono quelli con cui siamo stati educati, sono gli scarabocchi che hanno scritto sulla nostra pelle emozionale, perchè noi siamo il foglio di carta bianca imbrattato dalle scritte altrui. Appare evidente che noi viviamo sulla scorta di avanzi mentali e di simulacri di realtà, ma siamo illusi sul possesso della verità e dell'autonomia di pensiero.

Un ottimo modo di avere cura di noi stessi è quello di fermarsi per osservare quello che facciamo, e poi decidere serenamente quello che veramente vogliamo essere e vogliamo fare, perchè corrispondente maggiormente al nostro vero sentire: è questo il modo migliore di avere cura della nostra serenità interiore. Lo studio della meccanica della mente può divenire una terapeutica per l’affrancamento dalla cecità e dal letargo in cui viviamo, ma è necessario saper ammettere che noi viviamo secondo verità create dal meccanismo con cui ci hanno abituati a pensare.

Il pensiero è una realtà interiore creata dalla mente, mentre la realtà esteriore è costituita dagli avvenimenti oggettivi, che influiscono in noi tramite i pensieri che noi conserviamo riguardo ad essi: gli eventi esteriori creano dei dati che vengono trasformati in certezze di conoscenza, perciò i dati creati diventano delle verità illusorie sul mondo che noi crediamo reale.

E' da queste verità immaginate che derivano i pensieri e le emozioni che percepiamo, quindi la nostra conoscenza del mondo è derivata essenzialmente da quella dell’emozione degli avvenimenti, e non della valutazione oggettiva dei fatti esteriori osservati, e il nostro pensiero è figlio di questa emotività. Se sappiamo capire ciò comprendiamo che la nostra verità sul mondo nasce ancor prima del pensiero su di esso, più che verità pensiamola come una preconcezione o come un pregiudizio, che è un anticipato giudicare senza saper comprendere e osservare.

Allora conveniamo che, come dicono i più grandi Maestri, la verità è costituita da molteplici livelli percettivi che sono sempre collegati alle varie realtà emotive individuali. Se accettiamo questo, dobbiamo convenire che gli esseri umani vivono seguendo una Realtà Immaginaria e distorta del mondo, trascurando la Realtà oggettiva e Reale e, ancor più, ignorando una realtà ancor più impercettibile che è la Realtà Ultima, che è superiore all'egoismo personale e alla materialità.

Se vogliamo esplorare il fenomeno della costruzione delle verità dobbiamo avere l’umiltà di ammettere anche su di noi, l'influsso di quella scrittura forzata, di cui diceva Gurdjieff. E' così che quasi tutti vivono il presente facendo appello alla loro verità immaginata, che è sempre derivata dai detriti del loro passato, mentre invece si dovrebbe imparare a vivere scegliendo coscientemente le emozioni con cui volere costruire il proprio futuro.

E’ la mente che decide, almeno finchè non diventiamo consapevoli dei suoi meccanismi e non smettiamo di essere vittime passive, essa decide finchè non impariamo a costruire il significato del nostro mondo a partire dal nostro vero e autentico pensiero e non da condizionamenti esteriori. L’ego è la struttura con cui l’anima sperimenta la sua coscienza, e la consapevolezza dell'individualità è un dono divino offerto all'uomo: è per questo che tale elevata coscienza non va mortificata con abitudini mentali, con degli automatismi istintivi, e con atteggiamenti passivi di vita.

Se crediamo alle scritture forzate sul foglio di carta possiamo comprendere che molti istinti sono automatismi ereditati dall'educazione con cui la nostra mente è stata plasmata come un cane addestrato, con cui essa è stata manovrata in modo tale che il mentale impara a non pensare a ciò che sta facendo, ma solo a rispondere ciecamente alle situazioni esterne: è così che ci viene insegnato ad agire come automi e come schiavi.

Conoscere i trucchi degli addestratori della mente ci rende consapevoli delle vere emozioni che proviamo distinguendole da quelle istillate dalle scritture altrui. Una vera consapevolezza insegna a esercitare il controllo su quello che vogliamo fare, spinge a costruire attivamente la realtà che vogliamo sperimentare e a scegliere coscientemente la nostra pratica e la nostra Via.

Se crediamo a tutto ciò ci ribelliamo agli schemi mentali troppo elementari, perché sono modalità di pensiero aride e riduttive, sono delle modalità ottuse che mortificano l'evoluzione mentale, perciò contrari ad ogni gioia di vivere. Se crediamo a tutto ciò ci ribelliamo perchè abbiamo la nostra dignità di esseri pensanti in evoluzione, e perchè addomesticati e schiavizzati non dovrebbero vivere nemmeno gli animali.

Buona erranza
Sharatan


venerdì 9 aprile 2010

I creatori della realtà


"L’essere umano è una parte cosciente del cosmo,
un essere tramite cui il mondo giunge a conoscere se stesso."

(Ervin Laszlo)


Il concetto dell’unità della coscienza, cioè che “tutto è Uno” è molto antica ed è splendidamente estressa nel taoismo e nella filosofia induista con il concetto di Brahman, ed è modernamente riproposta nella struttura del Campo Akashico o Campo A di Ervin Laszlo. Questo concetto è assai rilevante per un futuro migliore perché si basa sull’unione e non sulla divisione degli esseri viventi dell’universo.

Nei tempi passati tutti i ricercatori spirituali sono giunti spesso a delle concezioni simili a queste e, soprattutto, alla concezione di Uno come di un’unità a cui attribuire tutta la creazione e il dominio della sacralità, dell’Uno come un continuum spazio-temporale che tutto pervade e tutto unisce. Nella concezione del Campo A si afferma l’esistenza di un campo informativo onnipresente e sotterraneo in cui ogni cosa è collegata in modo sottile alla sua essenza.

Ora viene affermato che ciò che è scritto nei Registri dell’Akasha così familiari alle concezioni antiche, possa consistere in “fili vibrazionali di un’unica vita” che riesce a pervadere tutto l’universo, e che recano traccia di tutte le vite vissute dall’umanità perché vi è l’immagine olografica del Sé che si è impressa come un sigillo sull’atmosfera eterna, universale ed elettromagnetica di cui è costituita la sostanza primaria che pervade tutto il cosmo.

Se rapportiamo questi fili vibrazionali con la corda di uno strumento o con la voce di un coro, allora consideriamo che ogni corda o voce costituisca un campo: tutte queste corde e queste voci condividono un filo comune che è quello del registro, del sistema, del terreno o campo universale akashico. Sembrerebbe che l’universo abbia una grande coscienza o una grande mente, perciò la materia sembrerebbe più un pensiero che una sostanza inerte e priva di vita. Il Campo A ha le caratteristiche di “un progresso intellettuale radicale” perché tutta la creazione è informata, interconnessa e fatta di informazioni piuttosto che di materia.

Implicita in questa concezione antica che ridiventa attuale, vi è la possibilità che gli esseri umani, in quanto memoria di potenzialità cosciente all’interno di un continuum cosmico coerente e integrato, possano contribuire fattivamente alle manifestazioni fisiche, cioè materiali. Da questo punto di vista gli uomini potrebbero essere dei partecipanti attivi, seppure inconsapevoli della creazione della realtà. Se gli uomini vivono in modo consensuale alla realtà che inconsciamente si attendono di ottenere, quella poi sarà la vera realtà che otterranno in manifestazione concreta.

E’ la realtà che noi crediamo intimamente di ottenere, che sarà quella che noi imprimeremo nel campo universale, così che essa si potrà dispiegare materialmente e concretamente, poiché avrà tutte le connotazioni logiche di ciò che concepiremo come vero, e come concepibile per la nostra mente. In questo senso l’uomo diviene veramente l’architetto e il creatore della sua realtà, quindi l’uomo è il creatore anche delle leggi fisiche, sociali e personali che plasmano la sua modalità di percepire l’esperienza reale.

Il Campo A pervade tutto il cosmo, esso può contenere una massa quasi infinita di informazioni, ma possiede una quantità finita di possibilità di ciò che può essere effettivamente canalizzato e materializzato in senso concreto. Nel corso della sua evoluzione l’essere umano ha costruito tanti sistemi di credenze, e queste si sono talmente sovrapposte e moltiplicate, da non potere più verificare se i principi di verità di tali concezioni fossero delle spiegazioni precise, oppure se fossero dei tentativi primitivi e goffi di sistemare un mondo di caos.

Persino la freccia che indica la direzione del tempo oggi appare relativa, come pure sono relativi i concetti di spazio, di energia e di materia, e la realtà che la scienza ci addita sembra essere più attendibile come "continuum spazio-temporale di tipo lineare". Un’altra concezione che il Campo A sembra spiegare è la convinzione così rafforzata in quei mistici e in quegli estatici che hanno avuto esperienze illuminate, di avere avuto la visita del loro Dio.

Tutti questi mistici estatici non possono riconoscere, perché sono inconsapevoli di ciò, che hanno solo visto ciò che si aspettavano di vedere e che credevano vero. La verità e il credo religioso sono sempre rafforzate dalla fede profonda di coloro che credono, dal loro sistema sociale, dal tempo e dal luogo in cui gli uomini vivono, perciò il dogma religioso o spirituale è sempre pericoloso. L’essere umano dogmatico crede come vero solo ciò che si aspetta o che desidera vedere, e quello che vede, poi la reputa una verità che si rafforzerà in un nucleo di ciò crederemo come vero ed auspicabile.

E’ questo vero ciò che si imprimerà nel Campo A o spazio akashico, e tale capacità di impressionare il cosmo è tipica dell’uomo, che è l’unico organismo vivente sulla terra in grado di fare questo. Il secolo appena nascente è un esempio lampante di questa tendenza umana di costruire e incidere concezioni in cui credere, e poi da reputare come verità eterne: tali vengono ritenute fino al punto di costruire su di esse uno schema di percezione e uno schema di consapevolezza di coscienza: sono queste le concezioni che creano le divisioni, la discordia e il fanatismo religioso.

Molte guerre e molte divisioni potrebbero essere evitate se l’essere umano imparasse invece a credere in una superiore unità di tutte le forma viventi, se l'uomo credesse nell’unità della famiglia umana, se potesse vedere il suo prossimo come un interlocutore e non come un nemico. Se il prossimo fosse visto come interlocutore potrebbe essere un possibile amico, un collega, un conoscente e un vicino, cioè potremmo concepirlo come un compagno con cui vivere, con cui gioire, con cui lavorare e con cui condividere un tratto del corso della vita.

Una simile concezione dovrebbe vedere una crescente presa di coscienza del potenziale umano, una maggiore espansione della coscienza e della consapevolezza dell’unità della creazione. Molti sciamani e mistici credono da sempre a questa unità e, da sempre, essi vedono tanti altri aspetti della realtà ma le donne e gli uomini positivi hanno bisogno di prove scientifiche e concrete per poter credere in ciò che comunemente appare inconcepibile. Forse ora il Campo A diventa il ponte che unisce la mente scientifica alla mente spirituale, ed è un ponte essenziale per i tempi a venire.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 7 aprile 2010

Le increspature delle onde



La natura ha molto da insegnarci.
Tutto ciò che dovete fare è aprire gli occhi e guardare.
I cambiamenti che osservate nella natura seguono il loro corso.
Le quattro stagioni operano con regolarità.
In verità tutte le cose umane seguono
gli stessi principi in cui operano il cielo e la terra.
Che altro potrei dire?

(Lieh-tzu - I doni del cielo)


In molti testi di spiritualità si afferma che se vogliamo comprendere il corso della natura è sufficiente osservare il mare, il quale registra tutte le cose che avvengono sulla sua superficie: guardando il mare impariamo come l‘energia vitale viaggia nel cosmo, come vi permane e come vi agisce. Anche nel mare tutti gli eventi sono collegati tra loro, ed essi vengono registrati dalle acque perché dal movimento veloce all’increspatura più leggera tutto lascia un segno, infatti tutto ciò che avviene permane sulla sua superficie.

Le navi che solcano il mare, al loro passaggio sollevano delle onde, e queste onde influenzano il corso delle altre imbarcazioni, tanto che un vascello grande può risucchiare nella sua scia il cammino di una piccola nave perché è molto più leggera. I vascelli pesanti che navigano immersi nelle acque sono in grado di influenzare gli oggetti che si trovano sia sulla superficie che negli abissi marini.

Gli oggetti che viaggiano sotto il pelo della superficie marina influenzano tutti i pesci e gli oggetti delle acque, così che essi sono esposti a tali influenze e ne sono condizionati: se molti oggetti viaggiano sotto la superficie del mare il loro reciproco corso viene influenzato ed entrambi eserciteranno la loro influenza sui pesci e sugli oggetti delle acque.

Se in una giornata calda e soleggiata, in piena bonaccia, noi ci affacciamo a contemplare il mare dall’alto, se noi guardiamo da un punto che lascia spaziare lo sguardo e che offre un’ampia prospettiva, allora possiamo osservare le scie di tutte le navi che hanno attraversato quel tratto di superficie marina. E’ dalla modulazione della superficie del mare che noi vediamo le registrazioni delle informazioni che vengono tracciate sulle increspature.

Analizzando gli schemi d’interferenza con le onde creato dalla scia delle navi che hanno transitato quel tratto di mare, possiamo calcolare la posizione, la velocità, e persino il tonnellaggio delle imbarcazioni: le onde più recenti si sovrappongono a quelle precedenti, e il mare diventa sempre più modulato perché vengono inserite masse sempre maggiori di informazioni e, nei periodi di bonaccia, esse permangono anche per giorni.

I disegno che noi vediamo sulla superficie del mare sono tutte le memorie delle imbarcazioni che hanno solcato le acque e, se tale memoria non fosse spazzata dal vento e dalle onde permarrebbe per sempre: ovviamente la memoria non permane, e ogni traccia ben presto si cancella, ma essa non viene dispersa perché rimane nell’acqua. La sostanza acquosa ha una notevole capacità di registrare e conservare le informazioni ricevute, così come dimostra la medicina omeopatica, in cui l’efficacia terapeutica rimane anche quando, nella diluizione, non resta alcuna molecola della sostanza curante originaria.

Questa modalità di trasmissione di informazioni, così come la conosciamo nel mare, dobbiamo immaginarla nel vuoto quantico del cosmo. Nella realtà cosmica vi sono però alcune differenze, perché nel vuoto non esistono forze o cose capaci di attenuare o annullare le onde che si muovono: tutte le particelle di materia e di energia sono le onde del vuoto, perciò le onde delle particelle non si annullano mai reciprocamente.

Nel vuoto ci si muove fluidamente, e il corso dell’energia avviene in modo inarrestabile perché, se il movimento è agevole e non è vicino alla velocità della luce, il vuoto non viene neppure percepito. Anche gli effetti più sottili sono in grado di lasciare una traccia nel vuoto quantico del cosmo perché le particelle eccitano e disturbano “lo stato di terra del vuoto.”

Una teoria matematica su tutti i tipi di interferenze è stata elaborata dai fisici russi Anatoly Akimov, G. I. Shipov, V. N. Binghi e il loro staff di studiosi e, secondo questa teoria, il vuoto si estende in tutte le direzioni, ed è una sostanza fisica che pervade tutto l’universo, e in cui vengono registrate e trasmesse tutte le tracce delle particelle che lo hanno disturbato dal suo “stato di terra” e questo avviene perché tutte le particelle producono delle onde secondarie.

I vortici di queste increspature d’onda collegano le particelle, e tutti gli oggetti che sono fatti di particelle in modo quasi istantaneo, con una velocità un miliardo di volte maggiore della luce. Questo collegamento immediato di onde tramite il vuoto, è il tipo più sottile di energia ed è definibile come informazione o flusso di dati che vengono inviati, perciò le idee metafisiche di esoteristi stravaganti diventano delle evidenze scientificamente provate.

Le particelle che la fisica chiama “spin” hanno anche una potente carica elettromagnetica perché si muovono ad una determinata velocità magnetica, perciò i vortici creati nel vuoto da queste particelle magnetiche cariche di informazioni, si possono immaginare come impulsi magnetici sul disco di un computer. Le informazioni che giungono riguardano lo stato delle particelle e, per l’interazione dei vortici, si crea un determinato schema di interferenza.

Lo schema che sarà risultante avrà in sé tutta la massa di informazioni contenute nelle varie particelle che hanno comunicato perciò questo schema recherà inscritta tutta la massa di informazioni delle particelle che lo hanno generato e i “fantasmi” generati nel vuoto dalle particelle persisterà anche in assenza delle stesse. E’ questo ciò che hanno scoperto Vladimir Poponin e il suo team di scienziati nell’Istituto di Fisica Biochimica dell’Accademia Russa delle Scienze.

Successivamente Poponin ha scoperto che la traccia del DNA è in grado di persistere anche dopo che esso è stato rimosso da una camera irradiata con il laser, perciò il DNA aveva lasciato una traccia nel campo, quindi si è dimostrato che la memoria permane nel vuoto. I vortici del vuoto contengono sia le memorie delle particelle da cui sono stati creati che il loro schema di interferenza quindi sono in grado di registrare tutte le informazioni.

La scienza non vede limiti al numero di informazioni che le onde di vuoto possono registrare e conservare, perciò potrebbero contenere tutte le informazioni sullo stato dell’intero universo. Gli schemi di interferenza delle onde che si propagano nel vuoto sono schemi olografici di informazioni, cioè sono informazioni di strutture presenti in tutte le parti del sistema, ma queste vengono osservate nella singola porzione che contiene l’intera struttura dell’intero.

Nell’ologramma vi è una dimensione minimale che acclude la totalità dell’intero, perciò i vortici di interferenza del vuoto sono come degli ologrammi della natura. I vortici della natura, cioè i processi naturali prodotti dall’interagire delle cose, recano delle informazioni che vanno a eccitare il vuoto e, se il vuoto è superfluido e l’interazione non induce alcun tipo di frizione, ne consegue che si registrano degli effetti assai sottili; tali effetti sono talmente delicati che non vengono nemmeno registrati dai sensi corporei infatti solo gli organismi supersensibili sono in grado di percepirli e registrarli.

L’interazione tra il vuoto in cui vengono inscritte memorie, e i sistemi morfogenetici che ne vengono originati ha fatto risorgere scientificamente il concetto antico dei Registri dell’Akasha, in cui i veggenti induisti narravano che vi fossero scritte tutte le cronache del mondo e le memorie dell’uomo fin dall’inizio dei tempi. Oggi la scienza sta riscoprendo la realtà fisica del Campo A o Akashico che tiene uniti tutti i campi dei sistemi viventi, e che agisce usando le leggi di armonia o di repulsione. Rudolf Steiner affermava nelle sue Cronache dell’Akasha che, da questo diario universale, si poteva avere la piena conoscenza di tutto il passato, il presente e il futuro dell’umanità intera.

Buona erranza
Sharatan

domenica 4 aprile 2010

La Resurrezione dell’Anima del Mondo


Ma tutte le cose non sono serrate e compatte
di materia corporea; difatti c’è in esse anche il vuoto.
Tale nozione assai spesso ti sarà di vantaggio,
e ti eviterà il rischio di cadere nell’errore e nel dubbio,
nell’indagine assidua del cosmo, diffidente ai miei detti.
Esiste dunque il vuoto intangibile e immateriale,
senza il quale per nessuna ragione le cose potrebbero spostarsi.

(Tito Lucrezio Caro - La causa delle cose)


Seppure l’Anima del Mondo abbia vissuto sempre insieme all’uomo, arrivata ad un certo punto, all’incirca verso il sec. 17., ha deciso di abbandonarlo. L’uomo occidentale si è così rassegnato a vivere in un universo meccanico e ordinato con leggi precise di causa ed effetto, perciò l’uomo per 3 secoli ha scelto di credere in una vita ordinata su un percorso rigidamente strutturato, e privo di ogni finalità o significato spirituale.

La visione meccanicistica del mondo ha ridotto l’umanità ad una realtà materiale e oggettiva, perciò gli uomini che furono derubati dello spirito e dell’anima, si sono rassegnati al lutto e alla dipartita dell’Anima loro assieme a quella del Mondo finché, negli ultimi decenni sta sorgendo all’orizzonte, la resurrezione dell’Anima: quello che vediamo è il ritorno della Natura, dello Spirito e dell’Anima del Mondo.

Oggi la spiritualità viene riabilitata proprio dalla scienza, che si è spinta fino all’ultima frontiera del concepibile, per scoprire che sono vere le concezioni spirituali riferite alla natura del mondo in cui i legami avvengono beffando la vicinanza della materia, e irridendo tutti i vincoli spazio-temporali.

Secondo le nuove concezioni della fisica, tutto fluisce su una rete onnipervadente, tutto velocemente corre nello spazio cosmico coerente e coordinato e, il cosmo non è un vuoto orribile ma piuttosto un “plenum” di potenzialità di manifestazione: questo è il Grembo della Madre Primordiale da cui ogni cosa scaturisce, e in cui tutto finisce per ritornare.

La realtà cosmica confermata dalla scienza, appare come una realtà interconnessa a se stessa, e ai vari livelli di manifestazione in virtù del primordiale campo akashico che contiene tutte le informazioni dei sistemi precedenti, e le potenzialità di sviluppo per le successive evoluzioni individuali e cosmiche.

I livelli di coscienza umani si dimostrano perciò molto più evoluti e complessi di quelli legati ai soli 5 sensi fisici ordinari perché la consapevolezza umana, così come i mistici dicono, trascende la forma fisica del cosmo, i vincoli di spazio e di tempo, come pure non necessita della prossimità della materia.

Nella realtà complessa che ci circonda, si vede l’esistenza di campi magnetici non energetici chiamati campi morfogenetici, che dirigono l’emersione della forma dei sistemi che sorgono nell’evoluzione cosmica universale. Gli studiosi di fisica, di biologia e di scienze sociali parlano di campi morfici, di campi mentali oppure di campi familiari, e di tante altre strutture similmente organizzate, che sono in grado di influenzare e governare vari livelli di esistenza e di consapevolezza.

Questi campi non energetici sono in grado di produrre degli effetti misurabili scientificamente sui sistemi energetici, cioè di dirigere la loro influenza tramite la risonanza morfica. L’ipotesi è che i campi energetici possano evolvere a partire da semi sconosciuti chiamati “germi morfogenetici,” che riescono a fare evolvere le strutture a partire dagli schemi di sistemi precedenti, che essi conservano nella loro memoria.

Questo è il motivo scientifico per cui il passato interviene nel presente perchè i campi dotati di memoria tendono a ripetere l‘informazione che contengono. La ricerca spirituale afferma che questo è una finalità di conservazione della vita essendo logico che un errore venga ricordato come un memento, che esso divenga una lezione che ti ripete: "Ricordati che in questo modo arriverai ad essere così! Perciò attento a non sbagliare, ricordati che così non devi mai fare!" E la ripetizione è sempre per il nostro bene, e non è mai per la nostra dannazione.

Il funzionamento dei campi morfogenetici è così descritto dal biologo inglese Rupert Sheldrake, il quale conclude che questo funzionamento sincronico e olistico è alla base della meccanica, della biologia e del funzionamento organico e che esso rappresenta i 3 livelli di Natura, Spirito e Anima del Mondo. I campi morfogenetici vengono collocati al livello dell’Anima del Mondo, mentre i germi morfogenetici risiedono nell’Intelligenza Cosmica.

E’ nel 2003 che Ervin Laszlo riunisce tutte le più importanti prove scientifiche a sostegno dei campi interconnessi, e propone un nuovo spazio fisico che chiama il “campo del vuoto quantico” che è come un’onda portante dell’integrità della struttura cosmica. La realtà cosmica possiede un unico campo come base delle connessioni, il quale raggruppa e coordina tutti i livelli dell’esistenza, cioè il livello fisico, quello biologico, quello sociale come pure il livello universale.

E’ il 2004 quando Laszlo afferma che il vuoto quantico è quello che l’induismo chiama Campo Akashico e che lui chiama Campo A, cioè afferma che vi è un etere dotato di memoria, anche secondo le evidenze scientifiche più avanzate e non solo per le antiche concezioni magico-spirituali. Il Campo A possiede le stesse caratteristiche che Rupert Sheldrake attribuiva al campo morfogenetico che è associato all’Intelligenza Originaria dell’Uno, così come viene descritto da Platone.

Secondo Platone l’Uno è la forma indivisa del Tutto e della Mente Cosmica, è l’Intelligenza che contiene il seme di tutte le idee, di tutti gli archetipi e di tutti i programmi della Creazione. L’Anima del Mondo ha 3 parti cioè il versante razionale, quello sensibile e quello vegetativo da cui nascono le menti individuali degli uomini e quelle degli angeli. Vi è poi la Ragione che è l’intermediaria tra l’Intelligenza, l’Anima e lo Spirito regolandoli tra loro al livello dell’astrale.

L‘Intelligenza è pure l’intermediaria tra l’Anima del Mondo e la Natura del mondo, nel nostro livello materiale: in tale maniera l’universo fisico risulta composto di materia, di energia e di vita. Il significato di questa realtà spirituale che viene documentata scientificamente dovrebbe farci capire quale meravigliosa dimora sia il nostro mondo, e quale infinita armonia pervada tutto il cosmo. Questa nostra attiva partecipazione alla Sacralità del cosmo compara l’uomo al suo Creatore nell’incarico di essere co-creatore della Realtà reale.

La fisica quantistica mostra che avvengono delle connessioni istantanee tra le particelle che popolano lo spazio-tempo, poiché ogni particella che abbia occupato il medesimo stato quantico di un’altra particella resta sottilmente collegata ad essa anche quando questa non c‘è più. L’universo, secondo la recente cosmologia, è un’interezza con un funzionamento non-locale, ed è un sistema dotato di una risonanza armonica che coinvolge ogni dimensione di scala, essendo accordato come un perfetto strumento.

Dalle più piccole strutture alle maggiori dell’universo vediamo esplicitarsi un livello di coerenza che esiste anche nel corpo umano: senza la coerenza nelle reti di connessione che pervadono la realtà universale e umana, la realtà cesserebbe di esistere perché i sistemi che sono in equilibrio termico e chimico sono corpi inerti, perciò morti.

Tutto ciò che vive è in equilibrio dinamico, poiché la vita immagazzina energia e informazioni per renderle disponibili a guidare e dirigere tutte le sue funzioni. La vera realtà della forma di vita che conosciamo è nel dinamismo e nella continua evoluzione per trasformazione perché l’organismo vivente è un ordine dinamico e fluido, come dimostrano tutte le reazioni del nostro corpo coordinate e integralmente funzionali all’equilibrio omeostatico dell‘organismo.

Il vuoto quantico dell’universo non è un vuoto assoluto, ma si dimostra essere un luogo pieno di infinite potenzialità virtuali, cioè sono delle potenzialità in attesa di manifestazione futura, confermando un’idea che fa parte di molte concezioni spirituali ma soprattutto confermando la cosmologia induista.

Il mondo che gli scienziati ci stanno indicando è forse un mondo insolito da concepire ma, non per questo, è un mondo privo di significato. Piuttosto è un mondo in cui emerge sempre più il nostro ruolo attivo nel compito di creazione dell’universo, e la potenzialità umana di costruire il mondo che ha volontà di sperimentare al livello materiale.

Dice Ervin Laszlo: “Il mondo spiritualizzato è una struttura armoniosa in cui le cose interagiscono con tutte le altre a creare un tutt’uno coerente […] La portata di questa interazione trascende i limiti fino a qui noti, di tempo e di spazio.” In questo sistema coerente e complesso, ciò che accade ad una parte accade anche a tutte le altre, così che ciò che avviene in un luogo solo si ripercuote nell’intero: la realtà cosmica risponde come un’entità, si mantiene come Unica Entità e si evolve insieme come un Uno, perché tutto il cosmo è un sistema.

Buona erranza
Sharatan