sabato 3 settembre 2011

Ritessere la vita


“Le avversità possono essere delle formidabili occasioni.”
(Thomas Mann)

Il più grande mistero dell’incarnazione è che Dio possa avere preso dimora in esseri fragili, imperfetti e transistori come gli esseri umani e questo è il concetto da cui dobbiamo partire per le nostre riflessioni. William James ha scritto che l’uomo ha la necessità di espandersi nel suo “sé più vasto” rappresentando così la necessità di un viaggio spirituale interiore in cui possiamo abbandonare le ristrettezze della nostra vita e ascendere a delle dimensioni più ampie.

I cabalisti affermano che la necessità di redenzione dell’uomo diventa immediata quando si passa da una consapevolezza limitata a una consapevolezza più ampia, perché facciamo il riscatto del nostro spazio personale e ridiamo il respiro alla dimensione della nostra vita. Questo processo rassomiglia all’esodo dall’Egitto, perché il simbolismo indica il saper raccontare la propria storia, e attraverso il racconto, poter lasciare l’Egitto che simboleggia lo spazio ristretto che rendeva limitata la nostra vita.

Saper raccontare un mito di emancipazione dal passato ci fa uscire dalla schiavitù e dalle limitazioni che ognuno conserva nella propria storia personale. Un grande maestro della cabala, Isaac di Gur, dice che l’Egitto è sempre dentro di noi, infatti ognuno ha i suoi faraoni che lo opprimono e lo tengono schiavo, ma per ogni generazione e per ogni uomo esiste una via di fuga. La via di fuga dalle zone oppressive del passato si sperimenta quando si esce dall’Egitto interiore, e solo chi è coinvolto può percorrere questa via.

In realtà, il mito dell’esodo andrebbe ripercorso periodicamente, perché è sempre necessario lasciar andare alcuni ricordi del passato e saper abbandonare quello che ha fatto il suo tempo, ma è molto importante saper eliminare. Tutto quello che finisce lascia il dolore, perché il distacco ci lascia feriti, perciò tendiamo a rimuovere il ricordo doloroso e diciamo di non voler conservare le cose inutili e morte.

In realtà si rimuove senza usare il criterio giusto, perché buttiamo i momenti belli assieme ai momenti brutti, invece dovremmo conservare tutti i momenti di gioia che le situazioni lasciano. I mistici della cabala ci dicono che, nel corso dell’anno, Dio ci segue per raccogliere i frammenti di vita che lasciamo lungo il cammino, perché ci dovrà ridare i frammenti smarriti e ci imporrà di reintegrarli nella vita spiegandone il senso.

Dio verrà a chiedere conto di come abbiamo usato quelle esperienze e, soprattutto, ci chiederà se abbiamo saputo utilizzarli per migliorarci: quando saremo davanti a Dio dovremmo saper ritessere tutti i frammenti della nostra vita. Trovare la redenzione significa saper prendere in considerazione tutte le parti che tendiamo a rinnegare e omettere, perché non le riteniamo degne di essere conservate e considerate.

Tutto è correlato al saper rimettere insieme cioè a ridare attenzione ai particolari che ritornano come elementi ricorrenti, perciò dobbiamo sentirli nostri seppure irrisolti, e da reintegrare in noi. Redimerci è apprezzare tutto quello che ci ha formato per come siamo, e la via di fuga è nella redenzione del passato che salva dalla frantumazione interiore, perciò la salvezza è la capacità di riprendere il passato per includerlo nella rappresentazione della nostra vita.

Tutti i frammenti che abbiamo abbandonato, rimosso o smarrito vanno recuperati e reintegrati nel sé, in quanto vanno riconosciuti come parte di noi essendo i semi di quello che siamo: eliminarli e negarli equivale a rinnegare noi stessi. Il presente è il frutto del passato, perché l’origine è sempre antecedente, perciò riprendere ciò che ci appartiene aiuta a ricostruire il sé in tutta la sua interezza.

Il rituale va compiuto dentro di noi, ma sapendo essere oggettivi e obiettivi come l'osservatore neutrale di ciò che vediamo, perciò vedremo sia la grandezza che i fallimenti e le paure. Solo così si recupera l’integrità che i cabalisti chiamano shalem, cioè il saper trovare l’equilibrio totale e l’interezza che guarisce e che accresce l'essere.

Lasciar andare un capitolo della storia, perciò mutare le condizioni di vita per affrontare una nuova epoca non significa lasciarsi alle spalle le verità che la vita ci ha insegnato. Saper guardare alle cose con una consapevolezza accresciuta significa fare una scalata spirituale, ma significa anche verificare a che livello dell'evoluzione siamo pervenuti: l’anima possiede la sete inestinguibile di voler capire il senso delle cose.

Nella storia e in ogni sfumatura della vita sono inserite una quantità di informazioni utili riguardo a ciò che siamo, perciò facendo la ricapitolazione del passato illuminiamo il senso della vita. Il fattore che si oppone è la concezione che non possiamo tollerare i nostri insuccessi, gli errori e i fallimenti, perché ci danno la sensazione di aver condotto una vita anonima e comune, perciò di essere delle persone fallite.

Spinti dal pensare comune crediamo che le vite migliori e più realizzate siano quelle dei personaggi famosi, perciò c’è la pratica diffusa alla vita migliore nella competizione vincente e nel successo. Il fatto tragico è che amiamo solo la competizione, perciò la vita è giudicata nel paragone con quella degli altri, in cui si deve uscire vincenti. La competizione e l’imitazione fanno combattere per avere delle vite che non ci appartengono, perciò ci concentriamo solo sui successi e sulle occasioni vincenti: la fama e il potere sono gli unici obiettivi che definiscono se siamo felici.

Nella cabala si afferma che l’evoluzione umana è la storia della caduta e della risalita, infatti la Bibbia inizia con una caduta e con l’esilio dall’Eden e in tutto il testo sacro si narra come risollevarsi. La vita è un viaggio e il viaggio ci racconta la storia della vita, perciò il viaggio diventa la meta. La maggioranza tradisce se stessa non volendo sentirsi fallita, perciò dimentica, omette, plagia o falsifica intere parti del suo passato e abiura alla sua vita.

Uno dei percorsi cabalistici di lavoro interiore più importante è detto theshuva, che significa “il ritorno” ed è l’obiettivo primario del mito biblico. Theshuva è un atto di scavo interiore che deve eliminare gli strati di polvere che offuscano la nostra immagine per recuperare il viso nascosto nell’interiorità. Ritornare è ritornare nel luogo e nel tempo in cui abbiamo nascosto noi stessi, per parlarci e convincerci che possiamo uscire e abbandonare il luogo in cui ci eravamo nascosti.

Nella cabala raccontare la storia è uscire e ritornare alla fonte, perché è l’unico modo per liberarsi, per riscattare e per recuperare il senso della vita, e per liberarsi dai giudici interiori che hanno falsificato la nostra storia. Uscendo dall’Egitto passiamo dal buio all’oscurità, e dal luogo ristretto alla vastità dello spazio.

Così il nostro bambino interiore può aiutare l’adulto a ritrovare i suoi frammenti: e questo è il grande processo di guarigione che possiamo fare. Perciò la questione fondamentale non è tanto chiedersi per quale motivo si vive e come diventare delle persone importanti per essere felici, perché il quesito essenziale è: Ma io sto camminando verso la direzione giusta?

Buona erranza
Sharatan

4 commenti:

www.19febbraio2006.blog.tiscali.it ha detto...

E' una domanda che mi faccio spesso, anche se penso che la via non sempre possiamo scegliela noi.

Sempre precisa e puntuale, quasi sincrona ai miei eventi.

Un abbraccio.

il cavaliere

Sharatan ain al Rami ha detto...

Cavaliere,
ma certo che la vita non è tutta dipendente dalla nostra volontà. Viviamo con gli altri e gli altri agiscono, e le loro azioni non sono compiute seguendo il nostro vantaggio.

Ognuno fa al meglio di come può fare, e di ciò che crede il suo meglio. Anche a noi allora spetta la possibilità di fare e reagire al meglio. E' vero che non siamo liberi in ciò che accade, ma siamo liberi nelle nostre reazioni, perciò possiamo non farci schiacciare dalla vita, questo volevo comunicare.

Credimi, non è la consolazione del perdente. Prendere il meglio delle cose significa conservare quello che ci fa bene e ci crescere. Lasciar andare il male di cose e persone, è molto sano: il bene si tiene e il male si lascia, perché quel male ci intossicherebbe interiormente anche nel futuro.

Essere animali sani significa agire istintivamente per il nostro bene, e noi ci dimostriamo animali sani quando abbandoniamo il male del passato. Siamo sani quando, malgrado le durezze della vita, sappiamo ricostruire la nostra felicità e ritrovare la gioia di vivere.

Ti mando un abbraccio carissimo
Sharatan

Riyueren ha detto...

Carissima,vedo che tutto è davvero nell'aria...perché anch'io sono alle prese coi frammenti.Farò tesoro del tuo post, come sempre.Un abbraccio grande.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Si, Riyueren
è un periodo di riordino. Vedo per molti. Non è negativo, anzi è segno che le cose andavano risistemate in vista di un futuro migliore. Io credo che il futuro possa essere migliore se lo indirizziamo al meglio.

Nulla è inutile, ma tutto serve per crescere, per questo le cose vanno riordinate. Vanno trattenute le parti megliori e vanno eliminate le parti peggiori...trattenere solo i tesori per lo spirito, come dice Steiner.

Ti abbraccio con grande affetto, e una carezza al tuo meraviglioso lupo.
Sharatan