martedì 12 gennaio 2010

Gli errori della nostra mente


Accade di poter confondere la via da seguire con le concezioni intellettuali, dimenticandoci ingenuamente che il vero messaggio della trasformazione è quello di avere il coraggio di affrontare la vita che viene indicata dalla Via, cioè di fare la pratica delle nostre concezioni. Se lo valutiamo attentamente, anche in noi stessi possiamo scoprire di avere fatto l’errore di confondere la pratica con la tecnica, mentre essa è la Via, perciò la Via è nell’azione.

Non sono certo le idee che abbiamo letto ad essere errate, mentre sono sbagliati gli atteggiamenti mentali con cui noi affrontiamo le idee, e quindi l’incapacità di seguire le pratiche. Siamo sempre occupati a discutere con una presuntuosa disinvoltura sulle cose da fare, sulle nostre “prove di spirituale illuminazione”, sulle corrette prediche e sulle altre amenità con cui ci impegniamo a delineare altri confini ed altre catene alla nostra anima.

Perciò anche leggere libri, ascoltare conferenze, cercare dei guru o delle iniziazioni, è perfettamente inutile se non diventiamo consapevoli della quantità di tempo che abbiamo vissuto come esseri inconsapevoli ed addormentati: siamo degli esseri addormentati a noi stessi e alle nostre consapevolezze più profonde. Questo livello d’ignoranza diventa rimediabile soltanto se sappiamo capire che la Sapienza è la conoscenza delle varie prospettive, mentre la Saggezza è la consapevolezza di ciò che ci serve veramente: nel gioco della vita spesso si rovesciano i ruoli del Sapiente e del Saggio, e su questo punto è necessario avere occhio di lince e mente di volpe.

Se la conoscenza di noi stessi si basa su sterili pre-concezioni, come possiamo percorrere la Via se non vediamo neppure che ci stiamo sopra? Non solo siamo sulla Via sbagliata, ma abbiamo anche il passo impantanato dal fango dei nostri schemi di presunzione perciò, nel conoscere noi stessi, scappiamo terrorizzati e ci rifiutiamo di vedere la terribili realtà di una vita trascinata diventando il simulacro di noi stessi: il simulacro di ciò che pensiamo di essere e non di ciò che siamo veramente.

E’ normale che alla pratica spirituale si possa approdare quando la nostra vita viene trascinata da reazioni emotive esagerate, da concezioni sbagliate e dalla nostra accorta auto-somministrazione di storie fittizie con cui siamo stati allevati fin dalla nascita. Queste concezioni, instillate con il seme familiare, diventano le radici con cui continuiamo a vivere gli errori della nostra mente, perché sono le nostre più intime memorie cellulari, sono i semi delle nostre radici.

Sono gli schemi abituali con cui mettiamo in azione la nostra vita, quelli che ci impegnano in strategie ridicole che dovrebbero difenderci dal dolore e che, invece, lo moltiplicano. Crediamo di poter gestire con questa scorta di presunzioni la condizione penosa dell’incertezza esistenziale e del senso della Vita. Come se le illusioni potessero avere il passo e la precedenza sulla nostra vera Realtà e sulla nostra più profonda Essenza!

Qualsiasi sia la causa che possiamo scegliere, e ognuno la potrà percorrere con la più assoluta coerenza, resta sempre assolutamente sbagliato il principio di voler controllare il mondo, e di offrirsi alla chiusura offerta da un’illusoria sicurezza. Ben presto saremmo soffocati ed uccisi dal senso d’insoddisfazione causato dal falso vivere: avvelenati da un surrogato di vita.

Se siamo fortunati di poterlo fare, allora dobbiamo benedire tutto ciò che ci offre l’opportunità di comprendere il punto letale in cui ci siamo impantanati, allora possiamo riuscire a sbloccare quello che ci lega al surrogato della vita, cioè all’illusione del nostro essere. Perciò, togliere l’illusione significa arrendersi al significato dell’Essenza, e quindi rimettere in discussione dei presupposti basilari illusori, su cui restiamo arroccati anche per una vita.

Questo è il processo più doloroso, fatto di verità terribili che fanno bene, e che vanno digerite come fossero medicine che ci fanno guarire dalla condizione umana errata, cioè dalla mancanza di consapevolezza della nostra vera natura. L’onestà con cui sappiamo rispondere a questa domanda su chi siamo e cosa vogliamo, sul senso del nostro vivere, tutto questo fa la differenza tra l’errare nel dormiveglia angoscioso, per la mancanza di coraggio, e il coraggio di scoprire la vera Via da percorrere.

Conoscere il nostro vero volto ci offre l’enorme sofferenza di comprendere come gli altri ci vedono, ci offre l’immagine del volto di ciò che siamo stati, e di ciò che cerchiamo di cambiare. Sul cambiamento del nostro essere ognuno deve essere nocchiere, capitano e marinaio, perché nessuno è superiore a tutto questo e nessuno è esentato dalla responsabilità di programmare il proprio risveglio. Tutti conoscono delle crudeli strategie che usano per combattere la lotta che offre la morte nel corso della vita: abbandonare la crudeltà verso noi stessi è il vero libero arbitrio, e lo facciamo solo programmando il nostro risveglio.

Non credo che possiamo correggerci o emendarci dal concetto di imperfezione, sebbene la tentazione possa venire, mentre è necessario comprenderci e lavorare per accreditare a noi stessi la nostra stessa natura, ma dobbiamo convincercene intimamente: nessuno può correggere né modificare il proprio Essere o quello degli altri, perché nessuno di noi è un meccanismo difettoso. Siamo solo strutture spirituali che devono risvegliarsi alla pratica della nostra stessa natura, per assaporarne la vastità, anche se l’interno di noi contiene sempre luci ed ombre.

Nel guardare queste false consapevolezze di pensiero e di strategie dobbiamo accettare anche il dolore emotivo che emerge, e che è la causa della loro origine: il dolore profondo che viene dalle memorie cellulari della nostra illusoria Essenza. Dobbiamo partire da questo punto per rigettare i pensieri surrogati e per poterci aprire alla vera vita, che consiste nel saper fare esperienza della nostra vera Essenza.

Sul percorso degli altri credo che sia evidente che nessuno può cambiare sé stesso senza il suo esplicito consenso quindi, a maggior ragione, non si deve presumere di ricattare e/o forzare le altrui aperture o scelte spirituali a nessun costo. D’altro conto come possiamo confutare le scelte altrui se la confusione sulla nostra vita è tale che ci affacciamo alla finestra per chiede un maggiore silenzio, senza saper capire che la confusione non viene da fuori, ma che è dentro?

Buona erranza
Sharatan

4 commenti:

Andrea Sguotti ha detto...

Semplicemente Meraviglioso e di altre parole non c'è bisogno.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Ti ringrazio delle tue parole tanto gentili, e ti saluto con un affettuoso abbraccio.

Sharatan

Daniel ha detto...

E' bello trovare qualcun altro lungo il percorso... un abbraccio nel fuoco della vicinanza...

Sharatan ain al Rami ha detto...

Caro Daniel,
questo è il post che vorrei riscrivere ogni giorno, perché esprime pienamente quello che c'è di più vero nella vita. Se senti l'assonanza con questa sensibilità è perché sei un errante come me.
Ti offro l'abbraccio e l'augurio di trovare felicità e gioia.
Sharatan