martedì 21 gennaio 2014

Il cavallo e il cavaliere



"L’attenzione è la via dell’immortalità,
la disattenzione è la via della morte;
per questo gli attenti non muoiono,
e i disattenti sono come già morti."
(Dhammapada, v. 21)

La metafora più usata per spiegare il rapporto tra la mente e il corpo sottile è quella che lo raffronta al rapporto tra il cavallo e il cavaliere. I cavalli sono animali molto sensibili, perchè sono predati da specie più aggressive, perciò il cavallo si agita facilmente se sente che il cavaliere non è tranquillo.

Ma è anche vero che, quando il cavallo è agitato rende nervoso anche il cavaliere, perciò è molto importante che tra il cavallo e il cavaliere ci sia un rapporto di confidenza e tranquillità. Se il cavallo è agitato, dobbiamo trattandolo con molta dolcezza per poterlo rassicurare.

Dobbiamo lasciandogli il tempo e la tranquillità di apprendere, così anche noi dobbiamo restare rilassati, altrimenti il cavallo pranico si agita e viene travolto dal panico. Invece, quando siamo sicuri che il cavallo sappia ciò che deve fare, lo dobbiamo lasciare libero, perché è così che il cavallo impara a relazionarsi con il cavaliere.

L’insegnamento tantrico insegna che la mente si comporta allo stesso modo. Per questo, molte pratiche usano la visualizzazione di quello che i tibetani chiamano “tigle” e che in sanscrito è chiamato “bindu” cioè il “cerchio” o la “sfera” che si muove lungo i canali energetici e che si fissa nei chakra. La sfera può rappresentare uno stato di coscienza, una qualità della coscienza, oppure le due cose assieme.

La sfera rappresenta l’aspetto mentale dell’esperienza, cioè rappresenta il cavaliere che guida il cavallo del prana. Infatti, se tra cavallo e cavaliere non c’è accordo, la mente diventa come un cavallo zoppo e il prana diventa come un cavallo cieco. Senza il prana, la mente non è in grado di muoversi, e senza la mente, il prana non sa cosa deve fare: mente e prana devono viaggiare sempre insieme.

Poiché devono viaggiano insieme, saper orientare l’attenzione significa saper orientare il prana, e il movimento del prana non è mai separato dall’esperienza. Per questo motivo, i chakra influiscono sulla qualità dell’esperienza, poiché ogni chakra è collegato a uno dei 6 Regni dell’esistenza.

Ogni chakra va immaginato come una “gestalt vivente” di tendenze, abitudini e modi di sentire cioè come uno schema di esperienza. Nel sonno, per esempio, se non sappiamo restare coscienti, la mente e il prana vengono diretti, per abitudine karmica, sui centri energetici su cui sono abituati a restare. Il prana può usare tutti gli schemi delle energie, perciò attiva centri molto diversi.

I sogni conservano la traccia delle connotazioni del chakra specifico a cui siamo abituati, perciò i sogni rappresentano il simbolismo del distretto su cui siamo maggiormente orientati. Se spostiamo l’attenzione su un chakra diverso, anche i sogni cambiano, ma questo non avviene normalmente, a meno che non siamo in grado di orientare i sogni.

Le pratiche yogiche sono finalizzate a far circolare meglio il prana. E ci sono anche pratiche adatte ad aprire i chakra su cui dobbiamo agire, ma queste sono pratiche molto difficili. Però tutti possono imparare a pensare in positivo collegando questi sentimenti costruttivi al chakra che vogliamo risanare o attivare.

La “sfera” è l’aspetto mentale, perciò rappresenta la concentrazione della mente focalizzata sul chakra e sulle sue qualità, e che agisce come una sfera di cristallo che può assumere il colore del tessuto su cui viene appoggiata. Secondo gli insegnamenti tantrici, le nostre manifestazioni fisiche ed emotive assumono sempre le sfumature e le connotazioni incise nel nostro corpo sottile.

La maggioranza dei nostri problemi nasce dalle sensazioni, opinioni e convinzioni su cui siamo prevalentemente focalizzati, perciò quelle realtà mentali diventano le realtà solide e concrete che poi affrontiamo. Cerchiamo di etichettare le idee e le emozioni per controllare meglio la situazione, però tutte le etichette limitano quello che viene ordinato.

I pensieri e i ricordi si organizzano in strutture che aderiscono agli schemi energetici del corpo sottile. La formazione di strutture che poi l’abitudine consolida con questo meccanismo, forma l’esperienza che è relativa ad uno stato di cose oppure a una situazione. È così che prende consistenza l’idea che abbiamo coltivato riguardo noi e il mondo in cui viviamo.

Le convinzioni interiori prendono consistenza e l’esperienza correlata viene consolidata, perché l'attenzione ha la tendenza a vedere solo quello che gli è più familiare, poiché l’attenzione è sempre selettiva. Le nostre esperienze seguono sempre i medesimi percorsi a causa di questo fatto, e più le sensazioni sono intense e vivide più esse prendono consistenza nella realtà.

La mente privata di attenzione e vigilanza si riempie di pensieri elusivi e sfuggenti. L’attenzione, quando si rivolge al pensiero vede un fiume in piena che la travolge con la furia del suo flusso. La corrente della mente viene mossa dal prana che assomiglia al cavallo che è sfuggito al controllo del cavaliere.

Quel fiume trasporta ricordi, pregiudizi, paure e idee che si sono fissate al nostro corpo sottile. Dobbiamo lavorare su quel corpo così impalpabile ma determinante per la qualità del rapporto con noi stessi e con il mondo. Lavorare sul corpo sottile è saper creare uno spazio tra gli schemi fissi che si sono solidificati con l'abitudine.

Lavorare sull'eterico è distinguere lo schema delle identificazioni personali che si sono solidificate nei pensieri. I pensieri scorrono con grande velocità, perciò non sappiamo distinguerli e la nostra consapevolezza resta sommersa dal fiume. La consapevolezza è offuscata dalle impressioni, dalle nozioni, dalle idee e dalle situazioni che non si sono rese chiare. E questo è il problema della consapevolezza del pensiero, perciò tutto il lavoro viene paragonato all’addestramento di un cavallo.

Tornare alla presenza e alla consapevolezza del pensiero richiede uno sforzo che, spesso, viene accompagnato da tensioni e contrazioni dei muscoli. La consapevolezza può iniziare ponendo l'attenzione e la consapevolezza sull'aspetto fisico, emotivo o mentale. L'essenziale è amare questa ricerca e diventare consapevoli dei nostri schemi ricorrenti

Le fissazioni create dal corpo sottile ci mostrano dove agire. L’attenzione consapevole va rivolta alla coscienza del pensiero che non si lega ad altri pensieri, perciò vediamo il meccanismo che costruisce la nostra realtà mentale. Per la mente normale è naturale produrre idee, ricordi, giudizi e fare sogni a occhi aperti. L’errore non è il pensare, ma è credere che quello che pensiamo sia vero e non saper vedere oltre questa illusione.

Buona erranza
Sharatan

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