giovedì 1 maggio 2008

Il Prometeo incatenato


La spettroscopia e’ il principale metodo sperimentale di determinazione delle frequenze di vibrazione di una molecola e si basa sull’interazione fra la molecola e la radiazione: le proprietà spettroscopiche possono servire come criterio di riconoscimento molecolare. La spettroscopia Raman calcola come gli oggetti riflettono la luce del laser, ed è un fenomeno che prende il nome dal fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman, che ne scoprì l’effetto negli anni Venti. La spettroscopia Raman è una tecnica non invasiva e non distruttiva che si basa sulla interazione radiazione-materia. In particolare la radiazione emessa da un fascio laser interagisce con i moti di rotazione e di vibrazione delle molecole con la conseguente riemissione di luce a lunghezze d'onda diverse da quella incidente; quindi è una tecnica di emissione. Lo spettro che si ottiene, detto spettro Raman, fornisce così una impronta digitale “finger print” della molecola in esame, permettendone l'identificazione. Ogni tipo di molecola produce una firma Raman originale, l'equivalente di un codice a barre chimico. La spettroscopia Raman sta trovando un crescente successo di applicazioni nella scienza dei materiali, nell’arte e nelle conoscenze in campo artistico e archeologico. In particolare, la diffusione dell'impiego della spettroscopia per quanto riguarda opere d'arte e manufatti ha consentito di acquisire importanti e fondamentali contributi sui materiali, nonchè sul modo di lavorare di artisti ed artigiani, migliorando notevolmente le tecniche di conservazione e restauro delle opere d’arte.
Il futuro del Raman è però nel settore biologico e medico, dove è già stato utilizzato per il riconoscimento delle cellule cancerose in tessuti mammari umani. Si sono create nanoparticelle Raman attaccando minuscole molecole colorate a degli amplificatori molecolari che rifraggono la luce. Successivamente si sono attaccate tali molecole che sono target di determinate particelle, ad esempio ad un determinato anticorpo, poi se ne sono esservati sia la diffusione che il loro comportamento all’interno del corpo umano. Nel dicembre 2007 - nella rivista Nature Biotechnology - è comparsa la notizia di uno studio condotto da Shuming Nie della Emory University, in cui si è usata la spettroscopia Raman per analizzare i tumori nei topi. I ricercatori hanno scansionato le particelle accumulatesi nel fegato dei topi, dimostrando così che la tecnica è in grado di visualizzare strutture interne al corpo. Per individuare i tumori sono state impiegate nanoparticelle specifiche atte all’individuazione del cancro. Questo metodo ha il vantaggio di essere multiplexing, cioè atto a far visualizzare più molecole contemporaneamente: questo è fondamentale per lo studio di patologie complesse come quelle cancerose. All’interno delle cellule tumorali, infatti, si svolgono più processi contemporanei, la conoscenza dei quali è fondamentale per la cura. Con la spettrologia Raman, in cui ogni molecola ha un suo spettro specifico, i multeplici meccanismi di funzionamento sono osservabili con chiarezza e precisione. L’obiettivo degli studiosi è la produzione di tecnologie di imaging in cui non sia necessario l’utilizzo della radiattività, molto dannosa per l’uomo. Uno dei limiti maggiori della tecnica è quello che la luce non è in grado di entrare nei tessuti profondi del corpo umano. Si stanno studiando quindi delle metodiche in grado di unire l’endoscopia con la spettrometria. Usato con l’endoscopia, per la diagnosi dello stadio primario di cancro al colon, le nanoparticelle potrebbero essere semplicemente “spruzzate” sulla superficie del colon piuttosto che iniettate nel corpo. Resta da indagare la sicurezza delle nanoparticelle per la salute umana. Nei tumori vicini alla superficie della pelle, come per esempio il melanoma o il tumore al seno, già questa tecnica si può rivelare molto utile.
Questo è un caso in cui, più interessi discrepanti, possono collidere in modo positivo; in fondo nessuno fa nulla per niente. Il progetto viene da lontano, è iniziato nel 2003 e corrisponde al sogno di un colosso come Intel, chipmaker californiano, di estendere i propri copyright ed i propri profitti. Tale interesse si è alleato con la necessità dei ricercatori scientifici, di disporre di metodologie dai prezzi proibitivi. Nasce così la collaborazione tra la Fred Hutchinson Cancer Research (FHCR) - un istituto di ricerca indipendente non profit in cui lavorano due premi Nobel, tra cui Lee Hartwell, Nobel per la medicina nel 2001 – ed Intel, il maggiore costruttore al mondo di chip, è inoltre uno dei maggiori fornitori di prodotti per il mercato personal computing, networking e communication. Il progetto prevedeva la costruzione dell' Intel Raman Bioanalyzer System (IRBS): lo strumento che indirizza un fascio laser su minuscoli campioni biologici e crea immagini che rivelano la struttura chimica delle molecole. I ricercatori hanno avuto il loro perfezionato strumento mentre Intel ha allargato le potenziali applicazione e vantaggi della sua tecnologia, ed i guadagni relativi. Le biotecnologie sono la frontiera più sicura per la sconfitta di malattie sempre più invasive, ma le biotecniche sono anche gli OGM, cioè la sperimentazione di nuovi organismi animali e vegetali modificati in laboratori e controllati dall’uomo. Dietro la biotecnologia c’è la biogenetica, per cui bisogna stare attenti che la tecnologia non diventi una maschera per avere un nuovo strumento di dominio sulle popolazioni più povere del mondo. Come sempre la conoscenza è un’arma a doppio taglio, che va saputa gestire con intelligenza e non abiurata o demonizzata in modo oscurantista. Le notizie che alcune biotecnologie, possano produrre individui acefali, senza testa, senza cervello, e quindi senza pensiero, di modo che non sorgano preoccupazioni morali di prelievo degli organi ai fini di un trapianto, sono posizioni estreme pericolose e ridicole, che portano solo danni alle nuove conquiste scientifiche: diffondiamo piuttosto la cultura della donazione di organi, che è una cultura di altruismo intelligente. Dalla ricerca in rete trovo, invece, un illuminante brano del pensiero cattolico sulle biotecnologie, riecheggiante le teorie dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, confortato da tale sponda, l’autore che è membro di un comitato di bioetica, afferma deciso:
“La nostra è un’epoca anche prometeica, cioè caratterizzata dalla diffusa volontà, e comunque dal plauso sociale allo sforzo di rubare il segreto del fuoco agli dei, perché essi non possano più dominare l’uomo approfittando della supremazia dovuta al possesso esclusivo di tale segreto. L’uomo è penetrato nel mistero della vita e non resiste alla tentazione prometeica di approfittarne. […] Se non gli è bastato farsi dio-legislatore, egli ormai mira a detronizzarLo come Creatore. Gli vuol sottrarre il segreto della vita. L’uomo prometeico vuol farsi non più solo legislatore, ma creatore. Creatore, cioè signore oltre che del bene e del male, come legislatore, anche e soprattutto della vita e della morte. […] Con gli antichi, credo che il nosema, la malattia dello spirito che l’induce a odiare gli dei, renda Prometeo meritevole del castigo inflittogli, e che sia meglio che rimanga avvinto alla roccia cui la divina giustizia l’ha incatenato.”
Che nostalgia di roghi ed inquisizioni medievali! Che volontà di chiudere, di incarcerare questi eretici scomodi ed anarchici! Che desiderio di avere un Dio terribile e geloso come quello del Vecchio testamento! Mi viene in mente una frase del filosofo Anacleto Verrecchia “Se il mondo è un condominio tra la malvagità e la pazzia, in cui l’una regna e l’altra comanda, la religione ha dimostrato molto spesso di essere l’una e l’altra insieme.”
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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