lunedì 17 novembre 2008

A geriatric assault on Italy's bloggers!


Adnkronos/Dpa informa che, a Yangon, l’11 novembre scorso, è stato condannato ad oltre 20 anni di reclusione, un popolare blogger birmano accusato, come riferisce la Bbc, di aver messo in rete una vignetta, che aveva per oggetto, il leader della giunta militare al potere nel paese, il generale Than Shwe. Nay Myo Kyaw, noto con il nick di Nay Phone Latt, è stato condannato a 20 anni e 6 mesi dalla Corte speciale di Yangon. Il giovane blogger, ex esponente del partito di opposizione Lega Nazionale per la Democrazia che fa capo a Aung San Suu Kyi, era stato arrestato il 29 gennaio scorso, 3 mesi dopo le manifestazioni dei monaci buddisti nella ex capitale. Le manifestazioni, che erano state ampiamente descritte dal 28enne esperto di informatica nei suoi blog, si conclusero nel settembre 2008, con una violenta repressione militare ed un bilancio di 30 morti, centinaia di dispersi e migliaia di persone imprigionate.
In Italia, sono di questi giorni le polemiche accese in rete, sulle ultime novità sul decreto di legge che dovrebbe “normare pesantemente” l’attività dei bloggers. Questa riproposizione del disegno di legge sull'editoria, del deputato Riccardo Franco Levi, risalente alla scorsa legislatura e oggi tornato alla ribalta, fa scendere i bloggers sul piede di guerra.
Da anni si tenta di rivedere il comparto normativo legato agli editori, ma il tutto si è sempre arenato su posizioni miopi e fragili, che l'avvento del web ha ulteriormente indebolito. Bernhard Warner, giornalista del Times, il 24 ottobre 2007, alla prima stesura del ddl, scrisse nell’articolo:”A geriatric assault on Italy's bloggers” che ”Romano Prodi, il primo ministro, ha 69 anni, e ha battuto il 71enne Silvio Berlusconi alle ultime elezioni. Il Presidente Giorgio Napolitano, 82, ha davanti ancora sei anni prima di finire il mandato; il suo predecessore ne aveva 86 quando lasciò il Quirinale. Nella sfortunata ipotesi che l'Italia dichiari guerra a qualcuno, la decisione verrà da un capo di stato che aveva quasi vent'anni quando i tedeschi si arresero alla fine della seconda guerra mondiale. Penso che questa prospettiva sia una necessaria introduzione a qualsiasi discorso riguardo la politica italiana con chi non ne sa abbastanza. Se il governo italiano non vi sembra adatto al mondo moderno, la spiegazione è molto semplice: anche il vostro paese farebbe lo stesso, se fossero i vostri nonni a essere al potere.”
Il testo criticato, inizia con una definizione di attività editoriale, così da circoscrivere il campo d'applicazione della legge: “Ai fini della presente legge, per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione o di intrattenimento e destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso”. All'art. 6 v'è un primo approfondimento: “Ai fini della presente legge, per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e alla distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative”. Ma è all'art. 8 che, per definire l'editoria in contrasto alle attività informative sul web, si legge: “Sono esclusi dall'obbligo dell'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC) i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un'organizzazione imprenditoriale del lavoro”. E, in un altro comma dell'art. 8 si definisce anche le responsabilità: “L'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale sulla rete internet rileva anche ai fini dell'applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.”
Scrive Luca Spinelli, nel suo blog (http://www.lucaspinelli.com) ”A seguito delle moltissime proteste, Vincenzo Vita (vice presidente della commissione cultura del Senato), Giuseppe Giulietti (membro della commissione cultura della camera) e Bruno Murgia (membro della commissione cultura della camera) prendono le distanze. I primi due, intervistati dall’associazione Articolo 21 che si è attivata sulla vicenda, chiedono il ritiro del provvedimento e affermano: “Alla Commissione Cultura della Camera è arrivato un vecchio testo presentato da Levi che, effettivamente, pone alcuni rischi per il futuro dei blogger. L’impegno congiunto da parte nostra - proseguono Vita e Giulietti - sarà quello di chiedere allo stesso Levi il ritiro di quella proposta e di elaborare insieme un nuovo ddl che tenga presente le richieste e le necessità provenienti proprio dal mondo dei blogger che, con il loro lavoro quotidiano, riempiono di contenuti la rete e di informazioni talvolta mancanti.” Il deputato Bruno Murgia, dal canto suo, avverte che ci si trova ancora in uno stadio embrionale della legge e afferma che “le intenzioni sono buone, ma è evidente che il mondo di internet è decisamente più complesso e non può essere regolato con un colpo netto come questo.”
Interessante il commento di Francesco Aprile su The Million Portal Bay (blog noto per le inchieste sul portale italia.it), che pubblica un’attenta analisi su una questione da molti sottovalutata: gli interessi di partito e degli editori verso i finanziamenti pubblici che il ddl girerebbe astutamente anche alle testate online. Intanto prosegue la raccolta di adesioni del gruppo di Facebook contro il ddl, che ha raggiunto quasi 20.000 iscritti (tra cui vari nomi noti come Pino Scaccia, Mina Welby, Marco Cappato) e si programma l’invio di lettere ai membri delle commissioni, per destare i legislatori italiani, sulle necessità informatiche della nostra nazione. Staremo a vedere.“ Conclude Luca: “In linea generale, comunque, ciò che mi preoccupa non è tanto l’improbabile chiusura di mezza blogsfera italiana, quanto piuttosto il potere intimidatorio che questa legge porta con se. Così come già molte altre in Italia, buone solo per essere tirate fuori ogni volta che c’è bisogno di un cavillo legale cui appendersi. Invece che chiarire e ripulire uno dei corpus normativi più grandi e impenetrabili al mondo - vero bengodi per i “cavillanti” - si propongono altre leggi fumose e contestabili che prestano il fianco a pruriti censori. Questo mi preoccupa.”
Nel frattempo Antonio di Pietro offre il patrocinio gratuito a tutti coloro che fossero denunciati per la loro attività di bloggers (http://www.antoniodipietro.com/2008/11/no_allammazza_blog.html) e sono numerosissime le adesioni in un gruppo costituito su Facebook e alla petizione di Francesco Addante su: http://firmiamo.it/noallaleggeantiblog.
Non volendo fare nessuna protesta, non ci resta che abbigliarsi alla moda birmana.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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