giovedì 20 agosto 2009

Nelle officine dei falsi idoli


“Trovo esecrabile la menzogna
perché è un’inesattezza”
(Fernando Pessoa come Ricardo Reis, 1931)

La nostra società di massa è contraddistinta sia dalla violenza che dalla menzogna. Ogni giorno viviamo in mezzo a tali menzogne da giustificare l’affermazione del filosofo Alexandre Koyré, secondo il quale “è certo che l’uomo ha sempre mentito.” Seppure la politica sia certamente il migliore palcoscenico della menzogna, la menzogna è anche il tema centrale di tutti i messaggi che ci vengono ripetuti dai media. Per questi motivi sarebbe opportuno che riconoscessimo di essere immersi in una società che vive di menzogne e in cui la sincerità di colui che parla, si basa sulla critica e sullo smascheramento delle menzogne degli altri.

Nella nostra società, molte scelte vengono fatte in base alla parzialità d’informazioni di cui si dispone, e sulla base delle parziali verità di cui siamo a conoscenza: quindi molto di ciò che facciamo si basa sulla menzogna. Chiaramente colui che mente non ammette le sue menzogne, anzi il contesto politico della menzogna ha come scopo ultimo la sua invisibilità e la completa impunibilità, infatti la menzogna politica è molto accorta nel nascondere le sue impronte.
Spesso si offrono delle allusioni a fenomeni come l’immigrazione, la disoccupazione o la prostituzione, ma in maniera da non permettere che il problema o il fenomeno sia inquadrato e compreso nella sua genesi: si afferma che quello è un problema, come se un problema potesse nascere da un buco nero o da un punto definito, come se non avesse una sua origine sociale.

Queste informazioni che eliminano il fondamento storico, e che offrono solo dei frammenti di realtà sociale, corrispondono all’offerta di briciole avulse da ogni contesto che permetta di analizzare le cause della loro comparsa nella nostra realtà sociale. E se all’informazione si toglie il contesto storico essa diventa, come affermava il filosofo Walter Benjamin, un’informazione che porta con sé la menzogna dell’oblio e dell’occultamento della sua storicità. Quindi ogni oblio della menzogna corrisponde ad una difesa dei bugiardi. Nella politica contemporanea le accuse lanciate contro l’avversario, la menzogna, che pure è palpabile, che è evidente ed è indiscutibile non viene mai completamente stigmatizzata, perché colui che mente cerca sempre di giustificare le sue menzogne e così la bugia si riveste di grettezza.

E’ a causa della crescente grettezza che si riesce a convivere con la menzogna politica, che è una menzogna insulsa, perchè si sottrae alla sua parte di responsabilità, ed è proprio la menzogna irresponsabile che domina la scena politica, come già affermava Platone che avvisava come il diritto al falso fosse offerto ai governanti nell’interesse dello stato. Infatti questa formula è stata ampiamente utilizzata nel corso dei secoli, cosicchè “la sincerità non è mai stata annoverata tra le virtù politiche” come amaramente notava Hannah Arendt. E forse oggi siamo ad un altissimo livello di politica, poichè questa formula è osannata da tempi come quelli in cui viviamo, in cui il vantaggio personale è potentemente ricercato, anche a scapito di quello altrui.

Così la menzogna è il cinico gioco della modernità, il rifugio precario al quieto vivere sociale, un modo per ricreare la realtà con l’obiettivo di poter vivere meglio. La menzogna diventa una corazza utile per salvaguardare ogni possibilità di senso, e largamente usata perché facilita la vita con la costruzione di comode anche se illusorie concezioni.
Quindi il bugiardo diviene un essere la cui condotta affascina e repelle, perché la menzogna usa una parola falsa che riesce a falsare i rapporti con gli altri, fino a rendere quei rapporti oscuri e torbidi, fino alla distruzione delle relazioni sociali. E questa menzogna non ha una faccia unica, ma offre un’infinità di forme e di aspetti, perché non sappiamo mai dove finisce la menzogna e dove inizia la verità.

Per sua natura la menzogna non si può racchiudere in compartimenti stagni, ma richiede sempre un approccio cauto e circospetto, in modo da saperne cogliere tracce ed orme. La capacità di fingere è infinita come lo sono le sfumature emotive degli esseri umani, ed essa diventa un rifugio multiforme alle difficoltà del vivere sociale. La menzogna diventa un modo di rapportarsi con gli altri e diventa anche un’interpretazione di possibili modi del vivere, perché esiste anche una “politica della verità” come diceva Foucault, per cui si definisce come verità tutto ciò che viene unanimamente ritenuto ed accettato come tale.

Nella verità vi è sempre un convincere per poter vincere, così che il “concetto di verità appartiene alla retorica della lotta per la conquista del potere” avverte Zygmunt Bauman (Il disagio della modernità, 2002) perciò la verità non è presistente, ma nasce da un sistema di valori creati da processi sociali. Ragionando così allora, per avere una verità effettiva, dovremmo ipotizzare un osservatore neutrale, cioè un soggetto avulso da ogni sedimento sociale e in grado di affermare una verità non ingannevole.

La storia ci insegna che molte verità hanno conservato brandelli di menzogna, e che molti uomini hanno creato delle verità verosimili o credibili, ma è una diatriba che risale agli antichi sofisti, i filosofi dei molteplici modi di essere che portavano a delle molteplici verità.
Molte bugie sono state camuffate da verità inconfutabili, per cui la verità è un’illusione ammantata dalla forza con cui viene imposta, come già voleva Nietzsche.

Nietzsche diceva che il punto non è tanto il fare uso della menzogna, piuttosto il modo con cui questo avviene, perché qualora la menzogna sia ripetuta senza sosta, qualora tali menzogne vanno continuamente smentite, si rivela nel mentitore il carattere dell’uomo senza volontà, dell’ultimo uomo, dell’uomo del gregge. Nell’officina in cui sono fabbricati gli idoli, scrive Nietzsche in “Genealogia della morale” vi sono sempre menzogne, perciò essa “esala unicamente il fetore della menzogna.”

Nelle officine dei falsi idoli, le menzogne hanno sempre abitato perché in quei luoghi mancano gli individui veri, cioè mancano di coloro che aspirano ad un fine teleologico, di coloro che credono che vi sia un progetto, uno scopo, una direttiva o una finalità nelle opere e nei processi naturali. Nelle officine dei falsi idoli abitano solo quelli che aspirano alla menzogna per spirito di sottomissione, vivono coloro che mentono per debolezza, che mentono per impotenza, per viltà o per codardia: tutti costoro depauperano il senso della Terra ed impoveriscono la vita.

Da tutto ciò si desume che la menzogna è una risorsa fin troppo facile, che è una strategia vigliacca, e che senza dubbio la sincerità è da preferibile, non per scrupolo morale, ma solo per le ragioni che dichiara Joseph Conrad in “Cuore di tenebra”: “Sapete che odio, detesto, non posso tollerare le bugie, e non perché sia più retto degli altri, ma semplicemente perché mi spaventa. C’è un’ombra di morte, un’effluvio di mortalità nelle menzogne; proprio ciò che odio e detesto al mondo, ciò che voglio dimenticare. Mi rende infelice e mi disgusta, come dare un morso a qualcosa di marcio.” Forse anche Conrad percepiva il profondo disprezzo per la sofferenza altrui di cui la menzogna si ammanta?
Buona erranza
Sharatan

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