giovedì 24 dicembre 2009

Il pensiero abissale è profondo


“Vieni e considera. Il pensiero abissale è il principio di tutto.
Se tu poi porgerai mente alle Sephiroth,
vedrai che il pensiero abissale,
la parola interna, la voce percepibile e il discorso
sono la stessa cosa. Tutto è Uno.”
(Zohar I,246 b)


Una famosa massima rabbinica attribuita a Rabbi Yokhanan ben Zakkai, che visse nel 1. sec. d.C., afferma: “Non si insegna il Maasse Bereshit a due persone contemporaneamente, e non si insegna il Maasse Bereshit nemmeno individualmente a meno che non si tratti di una persona sapiente che capisca grazie alla propria Daath (Conoscenza).”

Queste sono le parole più usate da coloro che sostengono che la Cabala debba essere diffusa solo tra pochi, e che i segreti della Torah sono pericolosi per coloro che non sono disposti a riceverli. La stessa frase è anche la prova che esistevano sistemi e pratiche cabalistiche mistiche e molto potenti, che potevano essere usate in modo improprio. Il Maasse Bereshit viene tradotto come “Opera della creazione” ed è la vera e propria parte metafisica della dottrina cabalistica.

Nel Maasse Bereshit viene spiegato il modo con cui è avvenuta la creazione, i vari gradi spirituali delle Sephiroth, i gradini dell’anima, il significato esoterico delle varie prescrizioni religiose con le varie corrispondenze e gli ordini di concatenazione tra il mondo superiore e quello inferiore. Altra opera ancora più segreta era il Maasse Merchavah, cioè l’Opera del Carro, in cui vengono spiegate tutte le significanze esoteriche e mistiche della visione di Ezechiele. Questi due pilastri della dottrina cabalistica sono quelli basilari per conoscere la disciplina.

Si narra che Rabbi Aqiva, vissuto nel 2. sec. d. C., fosse riuscito ad entrare nel Pardes, quello che noi chiamiamo Paradiso, ma che dovremmo tradurre come Giardino degli Aranci, poichè entrambi vengono dalla stessa etimologia. L’entrata nel Pardes è la metafora della comprensione simultanea dei quattro livelli di interpretazione delle sacre scritture: letterale, allegorico, omiletico ed esoterico, cioè segreto.

Nel “Talmud babilonese” si racconta che quattro maestri cabalistici entrarono nel Pardes, e furono Ben Azzay e Ben Zoma, Aher e Rabbi Aqiva. Ben Azzay sbirciò e ne morì, Ben Zoma sbirciò e ne fu leso nel cervello. Aher “potò i germogli” quindi deviò dalla retta via e passò dall’Altra Parte, quindi seguì l’apostasia e solo Rabbi Aqiva ne uscì indenne. Si narra che Rabbi Aqiva fu un maestro cabalistico che ebbe la comprensione completa delle scritture, che riusciva a penetrare interpretandone perfino il più piccolo segno grafico dell’alfabeto ebraico.

Si dice che sia stato lui l’autore dell’Aleph-Beith, cioè “L’Alfabeto di Rabbi Aqiva” in cui viene espressa la scienza delle lettere che è un cardine simbolico essenziale per lo studio della Cabala. E’ lui l’autore del Sepher Yetzirah, in cui scandisce secco e puntuale tutti i fondamenti della misura e del ritmo della Creazione, che è il testo più significativo per capire il legame tra esoterismo antico e pensiero cabalistico medievale.

Nell’Aleph-Beith, lo stesso Rabbi Aqiva rivela che le milizie angeliche gli chiesero: “Perché sveli questo arcano a un figlio d’uomo, nato di donna, che appartiene a coloro che sono portatori di deformità e d’impurità, di sangue, muco blenorragico e fetidi goccioli? Perché sveli quel segreto con cui furono creati il cielo e la terra, il mare e il continente, i monti e le colline, i fiumi e le sorgenti, la Geenna di fuoco e di fulmine, il giardino dell’Eden, l’albero della vita, con cui furono formati l’uomo, le bestie e le fiere selvatiche, i volatili del cielo e i pesci del mare, Behemot e Leviatan, gli animali striscianti e i rettili, quelli che guizzano nelle acque e brulicano per il deserto, la Torah e la sapienza, la conoscenza e il pensiero, la dimora superna e il timore del cielo? Allora dissi loro: ‘Perché il Santo, sia Egli benedetto, me ne ha dato facoltà; inoltre, ho ottenuto il permesso dal trono eccelso ed elevato, dal cui cospetto tutti i nomi ineffabili scaturiscono come fulmini e fuoco, lampi di splendore e baleni di fiamma’.”

Ma a chi Rabbi Aqiva voleva spiegare i segreti della Torah, a chi voleva dare le sue illuminazioni? Lui stesso, nell’Aleph-Beith risponde con un versetto di Isaia: “A chi vuol egli insegnare la scienza, a chi spiegare la lezione? Ai pargoli appena slattati, ai bambini appena svezzati. (Isaia 28.9)”

Nelle pagine del Sepher Yetzirah, Libro della Formazione, che è un’opera di pochi fogli, egli dà vita ad una ricostruzione puntuale ed inappuntabile, in cui è come se il cosmo si scolpisca nella nostra mente scandito dai numeri e dal suono delle lettere: “Con trentadue meravigliosi sentieri di sapienza ha tracciato Iddio Signore delle schiere, Dio d’Israele, Dio vivente, Dio onnipotente […] Egli creò il suo mondo con tre registri: con la scrittura, il computo e il discorso. […] Dieci Sephiroth senza determinazione: dieci e non nove, dieci e non undici. Devi intuire con sapienza, essere sapiente con intuito, scrutarle e indagarle. Devi conoscere, calcolare, immaginare, stabilire la cosa sul suo sostegno, porre il Creatore sul suo fondamento. La loro misura è dieci, ma sono infinite.”

Il più grande discepolo di Rabbi Aqiva fu Rabbi Shimon Bar Yohai, l’autore delle Zohar, che è il testo più importante della Cabala. Rabbi Shimon ebbe la rivelazione del significato più elevato delle scritture durante un periodo di 13 anni in cui visse nascosto in una grotta dell’alta Galilea, non lontano dalla città di Safed, che diventò uno dei luoghi più importanti del cabalismo mistico.

Rabbi Shimon si ritirò nel deserto per sfuggire ad una feroce persecuzione romana dell’imperatore Adriano, come colpevole del reato di avere insegnato in pubblico la Torah, delitto che era costato la vita al suo maestro Rabbi Aqiva, come a tanti altri prima e dopo di lui. Alla morte dell’imperatore l’editto con la pena di morte fu revocato, e Rabbi Shimon potè ritornare nella comunità, in cui fondò una scuola di studi esoterici formata da 10 rabbini che chiamò “Il Gruppo di Amici.”

Tutte le concezioni che noi abbiamo dei mondi spirituali provengono da persone che sono riuscite ad acquisirne la percezione, e che poi ce li hanno descritti nelle loro opere. Essi ci hanno anche insegnato ad acquisire metodi e modi di pensare che ci permettessero d'imparare a conoscerli. E’ grazie a loro se noi riusciamo a vivere in questo mondo materiale come persone normali, ma possiamo anche concepire una realtà di mondi spirituali; così gli occhi degli uomini vedono attraverso gli occhi degli angeli, così noi possiamo vedere il superiore mondo divino.

I cabalisti moderni credono che vi siano tre sorgenti essenziali per abbeverarsi alle dottrine cabalistiche: Rabbi Shimon Bar Yohai, che è l’autore dello Zohar, che visse circa nel 4. sec. d. C., tutti i lavori dell’Ari, il Leone della Cabala, il cabalista che visse a Safed nel 16. sec., e le opere di Rav Yehuda Ashlag (1884-1954) detto Baal Salam (Il Padrone della Scala), che scrisse un commento alla “Sulam” (La scala) e anche un bel commento allo Zohar.

Questi tre cabalisti in realtà sono una sola e una stessa anima, che si è incarnata successivamente in tre corpi per trasmettere ogni volta l’insegnamento in un modo diverso, è tornata ogni vita portando un diverso metodo che permettesse di dominare i mondi spirituali, affinchè si facilitasse lo studio della Cabala alla generazione successiva, perchè la dottrina fosse conosciuta.

Quest’anima è giunta al suo apogeo durante la sua ultima vita come Rabbi Yehuda Ashlag, il Baal Sulam, quello che imparava ad esplorare le soffitte divine, ed era esperto in scale di armonie divine. Scendendo in questo mondo, questa anima era giunta ad un tale livello di conoscenze che ha potuto fornire una spiegazione esauriente sulla struttura dei mondi spirituali, dalla nascita della prima creatura fino al completo perfezionamento dell’universo.

Rabbi Yehuda Ashlag insegna che la “Luce emana dal Creatore” per il suo desiderio di creare le creature e di fare la loro delizia: è questa, è la Luce che viene emanata dal Creatore che crea il recipiente, e che poi lo riempie per fare la sua completa delizia, cioè la gioia della sua Creatura. Noi così possiamo capire, cosa possa avvenire quando il Creatore viene a dosare con una tale generosità la sua misura, che il vaso prodotto è talmente tracolmo ed inebraiato dalla mistura, da voler tornare ancora, ancora, e poi ancora, in una Legge reiterata di Amoroso Ritorno.

Buona erranza
Sharatan

Nessun commento: