domenica 11 dicembre 2011

Il suonatore di cetra


La sala del Tesoro Reale era colma di ricchezze inestimabili e di opere d’arte stupende che i Figli del Drago avevano accumulato per molte generazioni, e tra i tesori imperiali vi era una preziosa cetra che nessuno poteva toccare senza il permesso dell’Imperatore. Di essa si diceva che fosse stata intagliata in legno di Kiri, l’albero più maestoso della foresta di Lungmen, che i maestri di Feng Shui credevano fosse un sacro luogo colmo di potenti energie. L’albero era il re della foresta e giungeva al cielo da cui attingeva energia, perciò parlava con le stelle mentre le sue chiome erano mosse dal vento e le sue radici affondavano nel terreno per nutrirsi del soffio del Drago della Terra.

Lo spirito che viveva nell’albero era molto potente e la cetra ricavata dai suoi rami era stata preziosamente intagliata da un grande liutaio dei tempi antichi, ma il magico strumento si era sempre dimostrato molto ostico e molto difficile da addomesticare. Solo pochi musicisti seppero accordarlo e ancora meno furono quelli che seppero suonarlo, perché dalla cetra si traevano solo dei suoni sgraziati e sgradevoli che colpivano crudelmente le orecchie degli ascoltatori. Si narrava che il primo suonatore della cetra fosse stato il mitico Imperatore Giallo, Huang Di, e che su quella cetra il Divino Imperatore avesse composto delle melodie che ammaliavano perché sapevano ridare la gioia al cuore, melodie che sapevano disperdere le nuvole e che richiamavano la pioggia nei periodi della siccità.

Nel corso dei secoli pochi musicisti l'avevano suonata, perché la cetra rispondeva solo al tocco dei migliori maestri, infatti sembrava riconoscere la qualità della mano che la toccava. L’imperatore pensò al prezioso strumento quando volle scegliere il suo nuovo maestro di musica, perciò stabilì che la destrezza del musicista fosse dimostrata con l'esecuzione sulla preziosa cetra. Il Figlio del Cielo era convinto che non fosse più il tempo dei grandi musicisti e che l’arte fosse dimenticata, ma voleva scoprire se fosse rimasta qualche traccia di magia e di talento in qualcuno che non si conosceva.

Il proclama del concorso fu emanato in tutto il regno e l’impiego promesso era molto prestigioso, ma tutti conoscevano la fama dello strumento, perciò pochi ebbero il coraggio di presentarsi a fare una figuraccia davanti all’imperatore. Alle porte del palazzo si presentarono pochi musicisti e anche i maestri di corte che fecero la prova non furono in grado di trarne null'altro che uno stridìo penoso. Al tocco dei musicisti lo strumento rispose sempre con tetri lamenti che divennero una tortura per le celesti orecchie e per quelle dei dignitari che ascoltavano.

Tutti quelli che suonarono non ebbero successo, finché giunse un povero musicista errante vestito in modo dimesso che chiese di provare anche lui. Era un tipo vestito di stracci che viveva girando per le feste di paese e che suonava per la strada, perciò era apprezzato solo da qualche bifolco di provincia, dagli uccelli del cielo e dai pesci delle acque. Quando prese la cetra, il musico ne accarezzò con delicatezza la cassa di risonanza e si comportò come se volesse ammaestrare un cavallo selvaggio.

La sua voce si fece flebile e dolce mentre le sue dita accarezzavano il prezioso legno intarsiato, poi iniziò a saggiarne le corde una ad una, e mentre delicatamente le faceva vibrare il suo viso risplendeva del sorriso interiore di chi sta accarezzando la sua amata. Quando la sua mano sfiorò le corde per eseguire la musica, si levò un suono argentino che salì e che poi ricadde come una cascata. Nell’aria si levò la melodia di note cristalline che andavano e tornavano con il ritmo della risacca sulla spiaggia, e sebbene fossero in autunno si alzò un vento tiepido profumato con l’aroma dei fiori di ciliegio.

Sul volto dei presenti affiorò un bel sorriso tranquillo mentre i musici di corte riconoscevano una melodia eseguita al modo Jiao, che è quello della primavera. La musica cambiò il ritmo e le sue note divennero più veloci, perché assunsero il tono Zhi, che è quello dell’estate, infatti si diffuse un bel vento caldo in cui risuonò il canto dei grilli. I polsi dei presenti accelerarono per il caldo che penetrò nella sala e i loro corpo divennero ardenti e vennero rigenerati dal vigore. I dignitari imperiali iniziarono a seguire il ritmo facendo dondolare il capo e il corpo, e ci fu anche qualcuno che perse ogni ritegno e che si alzò per danzare nel salone.

La musica tornò a rallentare per adattarsi al modo Yu dell’inverno, mentre un vento gelido penetrava ululando nel salone e dei fiocchi di neve vennero portati dal vento. Tutti i presenti furono catturati da una profonda malinconia, e molte lacrime di nostalgia sgorgarono dai loro occhi per la tristezza che freddava il loro cuore. La cetra suonò le ultime note, poi ogni suono tacque e nel salone delle udienze restò solo un profondo silenzio che fu interrotto dell’imperatore. La voce di sua maestà strappò i presenti dal profondo torpore in cui tutti si sentivano immersi: “Complimenti! Direi che la vostra prova è perfettamente riuscita. Voi siete riuscito dove molti altri hanno fallito, perciò sarete il mio nuovo maestro di musica. Diteci il vostro nome e fateci sapere qual’è il segreto della vostra arte.”

Il musicista fece un sorriso timido poi rispose: “ Mi chiamo Peiwoh, Maestà. Se volete sapere la mia modesta opinione, credo che gli altri abbiano fallito perché volevano imporre alla cetra di suonare le loro musiche. Io ho voluto che la cetra cantasse solo le musiche che desiderava suonare, perciò non so se è stato Peiwoh che ha suonato la cetra oppure se è stata la cetra che ha suonato Peiwoh. Con la vostra cetra io ho realizzato il mio sogno di musicista, ma non voglio altro. Adesso non ho più bisogno di nulla.”

Peiwoh depositò lo strumento ai piedi del trono imperiale poi varcò la porta del Salone delle Udienze. L’imperatore era restato immobile qualche momento per lo stupore, ma si riscosse per ordinare alle guardie di prendere e riportare indietro il suo nuovo maestro di corte, ma le guardie non furono in grado di trovarlo anche facendo le ricerche più accurate, infatti il musicista era scomparso nella nebbia della sera.

Buona erranza
Sharatan


3 commenti:

Riyueren ha detto...

Trovo questa storia stupenda.In un certo senso è così che ci si dovrebbe accostare ai mezzi che ci permettono di fare arte.Sorriderai, ma a me viene in mente il rapporto che ho con Milady, quando vado in giro a fare foto: non la obbligo mai, a volte discutiamo sull'opportunità di uno scatto..qualche volta lei dissente e allora non c'è verso..io le dico "Va bene, ho capito, non vuoi, allora guardo solo" e lascio stare.
Collaborazione e libertà, nessuno che comanda.
Per quel che riguarda la voce, come strumento musicale, beh, lì suonatore e strumento sono un'unica cosa...quando canti non puoi non essere te stesso.
Mi ha emozionato, questo tuo post, grazie. Ti auguro un sereno fine settimana.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Carissima,
è così che vanno le cose. Nelle cose e nelle persone si entra rispettando i loro meccanismi. Se impariamo a rispettare cose e persone tutto diventa facile e bello. Non è casuale se hai compreso la profondità della storia che ho voluto condividere con gli amici di erranza.

Per quello che riguarda Milady, solo a guardarla si capisce che possiede la consapevolezza della sua dignità e che conosce il suo valore, perciò pretende di essere rispettata ;-)

Sono io che sento di doverti ringraziare per le cose belle che mi dici sempre e per la tua amicizia.
Un fortissimo abbraccio
Sharatan

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