giovedì 5 settembre 2013

Oceano di beatitudine



“Un oceano di beatitudine
può piovere su di te dal paradiso,
ma se non hai che un ditale,
quello è tutto ciò che otterrai.”
(Ramakrishna)

Se un uomo rifugge lo stress, le rigidità fisiche, i blocchi emotivi e le limitazioni della mente diventa capace di rigenerarsi e può ritrovare l’entusiasmo e la gioia di vivere, perciò sente la compassione e la comunione con tutti gli altri esseri viventi. Chi vive nell'armonia ritrova l'equilibrio interiore, perciò mostra la bontà fondamentale della natura umana. Ogni uomo è una sorgente di amore e di appagamento, perciò tutti gli esseri equilibrati sentono un amore spontaneo per le altre forme viventi e amano la bellezza della natura.

L’uomo equilibrato è un essere sano che conosce la vita e se stesso, perciò acquisisce una saggezza che riesce a farlo vivere in modo armonioso e coerente, e in questo modo diventa un vero essere realizzato. L’ignoranza e l’incapacità di mantenere la giusta quantità e la giusta dose di energia nella gestione delle emozioni negative sono causa dell’indebolimento della bontà umana.

Accumulando tensioni, stanchezza e traumi emotivi entriamo nello smarrimento della paura. L’odio, l’invidia e le emozioni negative creano quei blocchi di dolore, quelle distruzioni e quelle lotte che rendono penosa la vita. Ma per sentire la verità profonda di questi concetti è necessario avere dei requisiti interni.

La verità va assorbita con tutto l'essere, perciò se non sentiamo queste cose nel midollo dell'essere, nulla di ciò che avremo potrà essere apprezzato. La conoscenza va unita alla sua pertinenza in relazione ai casi della vita, perché se manchiamo di tale maturità nulla potrà migliorare. Questo ragionamento diventa ancora più profondo se riflettiamo sugli insegnamenti che i maestri ci hanno lasciato.

Chi cerca la conoscenza deve amare la vita, ma deve anche sottomettersi alla disciplina interna che fa sviluppare le qualità che sono necessarie allo scopo. Il concetto di disciplina viene troppo spesso associato all'onere sgradevole della limitazione di esigenze personali oppure alla mortificazione della nostra individualità.

L’impegno e il sacrificio sono la prima cosa a cui si pensa, perciò facciamo resistenza alla costrizione di qualcosa che non vogliamo. Siamo ossessionati dalle nostre abitudini al punto di non rinunciarvi, perciò preferiamo rovinare la mente e il corpo piuttosto che accettare qualcosa di diverso da quello che preferiamo, e al quale siamo abituati.

Preferiamo uccidere l’elasticità della vita interiore, perciò riduciamo la nostra potenzialità evolutiva. Lo stesso meccanismo interviene quando entra in gioco la nostra capacità di adattamento a delle nuove condizioni, anche se sappiamo che potrebbero offrire delle occasioni migliori di quelle precedenti.

Molti si arrabbiano se qualcuno gli chiede di cambiare, e di sottoporsi alla disciplina che facilita il cambiamento. E questo avviene molto più spesso di quanto pensiamo. Molti non accettano di avere sbagliato l’atteggiamento e di doversi modificare, perciò costoro non amano le discipline spirituali in cui l’elasticità mentale è la condizione primaria.

L’altra sensazione è quella di provare ostilità verso chi viene a criticare i nostri comportamenti, perciò diventiamo ostili. Se la persona comprende che è necessario purificare il suo corpo e la sua mente non potrà essere ostile con chi lo aiuta a crescere. E questi sono i primi requisiti interni per tentare l’evoluzione spirituale.

La pratica del silenzio fu introdotta nelle scuole misteriche per rendere consapevoli i discepoli dell’enorme potere che è racchiuso nel linguaggio, perciò quando si dice che la lingua è più potente della spada si insegna la riflessione. Dobbiamo essere più consapevoli di ciò che siamo, perché studiare ma non saper fare ciò che predichiamo diventa una ostentazione presuntuosa.

Dobbiamo saper progredire sia nella teoria che nella pratica, come in tutte le arti. Perciò non sia penoso applicare la disciplina per primi a se stessi, e impegnarsi molto per imparare a nutrire la nostra vita. Il nutrimento giusto non riguarda solo il corpo, ma riguarda anche il pensiero e la qualità dell’ambiente in cui viviamo, perciò non dobbiamo sentirci inadeguati se non siamo perfetti.

Non dobbiamo sentirci persone sbagliate o cattive, perché questo atteggiamento boicotta tutti gli sforzi che facciamo. La tolleranza delle nostre imperfezioni non è l'indulgenza, perché se ogni giorno facciamo un piccolo passo saremo sul giusto percorso. Spesso comprendiamo i concetti ma non sappiamo come applicarli, perciò ogni piccolo passo deve rinforzare la nostra gratificazione.

Nella vita tutto è questione di prospettiva, perciò se vediamo che siamo esseri imperfetti dobbiamo sentirci felici. C’è chi non riesce neppure ad ammettere di sbagliare, ma noi lottiamo per migliorare e lo sforzo è un fatto meraviglioso. Provare un piccolo passo è molto meglio che non muoversi affatto. Se vediamo le imperfezioni è segno che siamo avanzati nella comprensione.

Ma cos’è la libertà spirituale che ricerchiamo? La libertà spirituale è l’affrancamento dagli schemi ossessivi del vivere. Facciamo sempre gli stessi sentieri, perciò si fanno sempre i medesimi errori senza vedere la schiavitù degli schemi meccanici. C’è un detto cinese che insegna come i saggi sanno imparare dagli errori, mentre gli sciocchi non fanno che ripeterli.

La ripetizione meccanica è una caratteristica animale, perché gli animali ripetono i comportamenti senza annoiarsi. Essi non possono mutare gli schemi che l'istinto li spinge ad usare. Sentire la noia della ripetizione è una benedizione per gli uomini, perché la noia ci avverte che vanno fatte delle trasformazioni.

Se restiamo chiusi nei circoli viziosi delle abitudini entriamo in entropia, e il sistema finisce per implodere verso l’interno per carenza di apporto energetico. Le abitudini non procurano la gioia ma aumentano la sofferenza, infatti la carenza di ciò che causa assuefazione comporta un disagio. Le abitudini sono come un prurito causato dalle punture di zanzare, perciò più ci grattiamo e più il prurito aumenta.

Se sentiamo il disagio della ripetizione dobbiamo sentirci degli uomini sani, ragionevoli e fortunati. Molti vivono annoiandosi senza neppure vederlo, soffrono senza sapere il motivo, perciò non sanno neppure come cambiare. Molti vivono come criceti che corrono sulla ruota, e muoiono miseramente come avviene ai topi nei laboratori.

Essendo incoscienti vivono in modo ottuso, perciò vengono strumentalizzati dalla realtà in cui vivono. Sentire l'oppressione della ripetizione consente di tentare la fuga dalla condizione penosa. I sensi vengono ipnotizzati dalle abitudini, perciò il gusto si lega ai cibi, mentre l’olfatto si inebria del profumo fino a rendersi ottuso, e così fanno anche gli altri sensi con gli stimoli specifici. Se tutto ci diventa indifferente non fuggiamo più neppure dalle cose che ci disturbano.

Che la cosa ci piaccia o meno, tutto ci diventa indifferente, perché l'odio e l'amore usano lo stesso magnete. Se siamo a favore o contro qualcosa quel fatto si equivale, perché solo l’indifferenza permette di essere neutrale davanti a tutte le questioni.

Ma come trovare la via? La natura umana cerca sempre le condizioni per migliorare, perciò dobbiamo assecondare le condizioni ottimali per vivere una vita migliore. La vita umana è stata creata per migliorare, perciò dobbiamo vedere come un veleno tutto quello che ci impedisce la crescita e il progresso.

I nemici dell’uomo sono gli ostacoli che il buddismo insegna, perciò il primo passo è perdonare. Il perdono è come nettare per l’anima di colui che lo dona. Ma il perdono va offerto prima a noi stessi, perciò smettiamo di pensare al passato e agli errori fatti, perché se non abbandoniamo il passato restiamo suoi prigionieri. Ma dobbiamo anche essere sinceri con noi stessi, e vedere con sincerità le cose sbagliate per sapere come rimediare.

La sincerità è la cosa meravigliosa che aumenta la consapevolezza, ma il perdono è più facile se sappiamo eliminare le cause dell’errore. Non dobbiamo essere troppo duri con chi sbaglia, perché la compassione e la dolcezza si aiutano reciprocamente. Se non abbiamo compassione per gli errori non siamo evoluti, perciò molti non potendo punire gli altri si accaniscono su loro stessi maturando il masochismo.

Riconoscere sinceramente l’errore, cambiare atteggiamento, e sforzarsi per non cadere negli errori è la via dell'intelligenza matura, perciò il perdono ci permette di tornare a vivere. La compassione possiede una natura positiva che riesce ad aumentare le capacità di recupero dopo una vita molto difficile.

Per incrementare la gioia di vivere dobbiamo sviluppare la capacità di sentire l’appagamento per quello che abbiamo. Anche l'appagamento è collegato con la compassione, perché se una persona non si sente appagata non può diventare un essere compassionevole. L'essere inappagato si comporta come un cane rabbioso che morde tutti quelli che incontra.

Anche le disillusioni impediscono di sentire l'appagamento, perché l’amarezza riesce a inquinare l’anima e avvelena tutti quello con cui entra in contatto. Se siamo degli esseri disillusi e molto amareggiati non possiamo sentirci tolleranti e compassionevoli con il mondo.

Il Dalai Lama dice che l’ira e l’odio danno un illusorio surplus di energia, perché queste emozioni potenti sanno dominare la mente. Ma l’ira e l’odio sono anche forme di energia distruttiva che impediscono la nascita di una mente amorevole. La compassione usa l’energia controllata della ragione e della pazienza. L'odio e l'ira rendono le persone insicure, instabili e distruttive, perché impediscono di sviluppare una natura gentile, pacifica, tollerante e dolce.

Possiamo rimanere esseri gentili pur usando dei comportamenti decisi, perciò questo diventa possibile senza mostrarsi aggressivi. Dobbiamo essere certi che nulla può offendere, perché le offese più feroci diventano delle azioni distruttive che distruggono solo chi le commette. È molto più facile diventare persone compassionevoli e sentirsi molto appagati se riflettiamo che la vita può concludersi in ogni istante.

Se ricordiamo che potremmo vivere solo pochi giorni, cosa è importante di quelle sciocchezze su cui ci affanniamo? Ci dimentichiamo il senso del tempo, perciò trascuriamo le cose veramente importanti. Roviniamo la gioia della vita per inseguire le persone, per costruire le relazioni e per conquistare le situazioni più insignificanti.

Soffriamo per le sciocchezze, piangiamo se qualcuno ci pesta un piede, perché il nostro dolore viene dalla nostra stupidità. Siamo infelici per delle inezie che crediamo importanti, e passiamo del tempo prezioso a sbirciare nei fatti degli altri. Gli esseri intelligenti badano a vivere bene la loro vita nei limiti di quello che possono fare.

Se fossimo degli esseri illuminati non vedremmo gli errori altrui, ma avremmo cura dei nostri comportamenti. Se fossimo appagati di ciò che siamo non andremmo nel mondo degli altri, ma saremmo focalizzati su noi stessi. Dobbiamo sentire che la verità del mondo, e l’unica verità profonda è ciò che accade nel momento presente.

La verità del mondo è che tutto cambia, perciò l’unica verità è migliorare il presente. Il mondo cambia e le cose mutano, perciò non restiamo aggrappati a ciò che muore continuamente: la salvezza è credere nella realtà. L’appagamento nasce e resta immutabile solo nel mondo interno: questa è la sola verità che libera, e l'unica verità che rende solidi e stabili.

Se osserviamo la vita, vediamo che riserva cose belle e brutte per tutti, perciò il disagio e l'infelicità racchiudono dei momenti di profondo appagamento. Dobbiamo imparare a dilatare gli attimi di felicità, e farli crescere per aumentarli e accumularli all'interno.

Queste riserve di gioia potremmo usarle quando non avremo nulla di esterno che accresce la gioia di vivere. Se non sapremo fare questo, la vita diventa impossibile. La gioia e il dolore sono le realtà della vita. Ma l'appagamento, la verità, la compassione, la sincerità e il perdono sono il sale della vita, perciò essi sono la via che conduce alla beatitudine.

Buona erranza
Sharatan

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