giovedì 5 dicembre 2013

Oscuramenti



“Mara è la mente che si aggrappa a piacevole e spiacevole.
Osserva l’essenza di questa magia, libero da fissazione dualistica.
Realizza che la tua mente è purezza primordiale non costruita.
Non c’è Buddha altrove. Guarda il tuo volto.“
(Primo Tsoknyi Rinpoche)

Daniel Goleman racconta di aver conosciuto Chogyam Trungpa nel 1974, quando insegnava Psicologia a Harvard, e quel maestro disse che, in futuro, il buddismo sarebbe penetrato e sarebbe stato accolto molto bene in Occidente per merito della sua psicologia. Il buddismo nasce con lo scopo di eliminare il dolore perciò possiede una teoria della mente molto affidabile che risale a 2.500 anni fa.

Fin dal 5° sec. a.C., il Gautama Buddha avviò l’analisi della struttura della mente e del suo funzionamento, perciò mise al centro della sua pratica la conoscenza della vera natura della mente e questa dottrina fu seguita anche da tutti i suoi seguaci. I risultati di queste conoscenze sono inserite nel sistema che è detto in lingua pali, Abhidharma, ossia “La Dottrina Ultima”.

Secondo il buddismo, le emozioni turbano sempre l'attività della mente, perché ne accecano e deformano l'attività corretta. Nei casi ottimali, la mente è in grado di distinguere tra emozioni costruttive o distruttive. Ma spesso c'è l'incapacità di saper discriminare il valore delle emozioni, perciò l’emozione distruttiva diventa la causa della sofferenza e della distorsione della percezione.

Ogni qualvolta cadiamo in preda di emozioni distruttive subiamo una scissione percettiva e diventiamo incapaci di distinguere tra essenza e apparenza. Tutti gli attaccamenti diventano elementi distruttivi, perché impediscono di distinguere tra stati piacevoli e stati spiacevoli, perciò vengono squilibrate anche le percezioni affettive.

Il desiderio oscura la mente quando la mente attribuisce all'oggetto permanente il fascino assoluto, perciò l’infatuazione crea una visione miope che è accecata dalla volontà del possesso. Anche l’avversione rivela una disfunzione simile, perché rivela la visione parziale dei soli lati sgradevoli. Ogni cosa ha il lato gradevole e il lato sgradevole, perciò vanno entrambi esaminati, perché una percezione parziale è una percezione incompleta.

Tutti gli stati emotivi compromettono la capacità di giudizio quando oscurano la nostra corretta percezione. Le emozioni possono penetrare nei livelli della coscienza per ridurre la conoscenza. Le emozioni impediscono la percezione della vera qualità, perciò diventano un oscuramento che opprime la coscienza.

Le emozioni distruttive limitano la libertà, perché incatenano i sentimenti, i pensieri, ed i comportamenti alle imposizioni dei nostri condizionamenti. Solo le emozioni costruttive possono costruire un'equilibrata percezione. La prospettiva buddista insegna che possiamo agire in modo giusto oppure dannoso, perciò possiamo imparare a capire la differenza che esiste tra un comportamento costruttivo e un comportamento distruttivo.

La discriminazione avviene quando conosciamo la motivazione che ci spinge e sappiamo valutare le conseguenze dei nostri comportamenti. Per esempio, esaminando l’odio e l’amore vediamo che l’odio è il desiderio di fare un danno e di rovinare la felicità dell’altro. Invece l’amore è sempre desiderio di rendere felici gli altri, perciò l’amore è l’antidoto più efficace.

Poiché non possiamo provare sentimenti opposti nel contempo, se coltiviamo la compassione e l’altruismo diminuirà l’odio e il desiderio di fare danno e rendere infelice l'altro. Se pensiamo all’emozione distruttiva, dobbiamo pensarla come l’azione che offre la minore felicità, il minore benessere, la minore lucidità mentale e la minore libertà: pensarla diversamente è avere una distorsione mentale.

Anche se una persona mostra di odiarsi e la vediamo agire in modo distruttivo dobbiamo pensare che non c'è odio nel suo comportamento. La rabbia dell'essere infelice è una manifestazione di orgoglio, infatti è la manifestazione della frustrazione di non aver realizzato a pieno le sue aspettative.

Nessuno si odia, perché andrebbe contro la tendenza fondamentale umana di evitare il dolore. Possiamo dire di odiarci, ma la verità è che è solo l'orgoglio che soffre di non essere migliore di quello che è. Forse l'ego è deluso da quello che fa, oppure da quello che non può fare, oppure è impaziente di avere qualcosa che non ha.

Quello che sembra odio per noi stessi è sempre un fatto di orgoglio velato, infatti è l’egocentrismo che accresce se stesso. Ogni volta che vediamo qualcosa che sembra odio contro se stessi, vediamo la forma dell'enorme attaccamento dell’ego. Anche l'atto di lesione fisica massima come il suicidio rivela la fuga dal dolore, e mai l'odio verso la propria persona.

L’ego crede di essere l’entità immutabile che sente come individualità. In realtà, siamo il flusso di coscienza in perenne trasformazione, perciò la coscienza umana non è limitata nel pensiero dell'io. Se pensiamo di essere l'io fragile e limitato siamo costretti a proteggerlo, costretti ad accrescerlo solo con quello che lui vuole, perciò siamo costretti a eliminare quello che lui non desidera: l'ego è come un despota.

L’attaccamento e l’avversione sono i soli aspetti che vede l’ego, però le due emozioni fondamentali che sente producono una miriade di emozioni apparentate, infatti il buddismo annovera 84.000 diverse sfumature di sofferenza. Chiaramente nessuno sa descriverli tutti, in quanto il loro numero elevato è la metafora che allude alla complessità delle sfumature della mente.

La metafora mostra che i metodi per trasformare la mente vanno adattati alla grande varietà di atteggiamenti mentali. Si dice che esistono 84.000 diverse porte di accesso al sentiero buddista della trasformazione interiore. Le emozioni si manifestano negli esseri umani con mille sfumature, ma tutte le emozioni provengono dalle 5 emozioni principali: l’odio, l’attaccamento, l’ignoranza, l’orgoglio e la gelosia.

Le emozioni sono raffigurate come demoni che assumono forme diverse, perciò la sofferenze assume le sfumature più varie. L’odio mostra il desiderio di nuocere e la volontà di distruggerne la felicità degli altri, ma non si esprime obbligatoriamente sempre con esplosioni esplicite di rabbia, perché non è necessario che venga espresso per essere presente.

L’odio si manifesta esternamente quando vede l’occasione giusta che accentua l’animosità nascosta che si esprime esternamente come risentimento, rancore, disprezzo e così via. Anche l’attaccamento che pensiamo giusto nell'amore o nel desiderio sessuale, dimostra la volontà di possesso dell’ego, la sua prepotenza e la distorsione della sua mente che viene deviata dalla percezione della realtà.

L’ego crede che le cose restino sempre permanenti, egli crede che l’amicizia, che gli altri esseri, e che le cose del mondo siano dei possessi sicuri e durevoli. Il problema nasce per l’ignoranza dell'ego, infatti il problema nasce per chi è incapace di capire quello che lo rende felice e quello che dobbiamo evitare.

L’ignoranza non è mai pensata come un'emozione, però l'effetto è simile, poiché entrambi producono il dolore. L'ignoranza disturba la mente come disturba l'emozione che oscura la saggezza e la conoscenza ultima. C'è sempre l’orgoglio dell'ego dietro a quelli che si credono esseri superiori che disprezzano tutti, perché sono superiori al mondo.

L'orgoglio amplifica le proprie qualità e rende incapaci di vedere le qualità degli altri. L'orgoglio mostra l’incapacità della mente, perché mostra la limitata visione dei propri difetti. Anche la gelosia mostra una limitazione della capacità di saper gioire della felicità altrui, perché il Buddha insegna che nessuno è geloso del dolore dell'altro.

La gelosia è incapace di vedere la felicità e le virtù degli altri, perciò anche la gelosia è un’emozione negativa. Se abbiamo un buon funzionamento del cervello e la giusta impostazione mentale dobbiamo sentire la felicità del benessere degli altri, perché non si può essere gelosi se gli altri sono felici per loro merito.

La metà del lavoro è fatto se vediamo degli esseri felici che ci danno gioia, perciò la gelosia è un’emozione negativa che mostra una disfunzione dell'ego che abbiamo costruito. Per riconoscere le emozioni dobbiamo saper scandagliare nel concetto dell'ego che abbiamo costruito. Se sentiamo di essere un punto di consapevolezza e si sentimenti che procede mutando, vediamo che ogni concetto dell'ego è pura illusione.

Possiamo dire che esiste un'entità che possa essere definita in modo costante e totale? Senza essere troppo filosofici, possiamo dire che l’ego è il nome illusorio che è dato al flusso di coscienza che procede in costante trasformazione e che viene percepito come coscienza. Secondo il buddismo, la coscienza possiede 3 diversi livelli, infatti possiede un livello ampio, un livello sottile e un livello molto più sottile.

Nel livello più ampio sperimentiamo tutte le emozioni, perché è il livello che corrisponde al cervello fisico e alla connessione corpo-mente. Il livello sottile è il livello dell’io e della facoltà introspettiva con cui la mente sa esaminare la sua struttura. E' qui che vediamo il flusso mentale che scorre nella mente, perciò è il livello che conserva le tendenze e i modelli che ci sono abituali.

Il livello più sottile rappresenta la natura fondamentale della coscienza, perciò è la facoltà cognitiva dell’essere. È la coscienza pura, perciò è il livello della consapevolezza che diventa pura e semplice quando può esistere senza aver bisogno di attaccarsi a nessun oggetto per potersi percepire. Questo forma di coscienza, solitamente, non viene percepito se la mente non è stata addestrata alla contemplazione.

Pensando ai livelli di coscienza non dobbiamo pensarli come tre flussi di coscienza che scorrono paralleli. Dobbiamo pensarli come l'oceano che possiede diverse forme di vita che vivono a profondità diverse. Le emozioni hanno una capacità di penetrazione che può arrivare al livello ampio e al livello sottile, ma esse non riescono a penetrare nel livello più raffinato e sottile.

Le emozioni vanno pensate come onde che increspano la superficie dell’oceano e che possono agitare con le loro perturbazioni i livelli di profondità media. Ma, la nostra natura fondamentale è nascosta molto più in fondo, essa esiste nella profondità dell’oceano. Il livello più sottile è detto “luminoso” ma la luce della mente non va pensata come un faro che brilla.

Il lato “luminoso” è la nostra natura fondamentale, infatti è la percezione dell'essere che non ha più bisogno di sperimentare le costruzioni mentali e le sfumature delle emozioni. Questa è la consapevolezza di fondo ossia “la natura ultima della mente.” Questa è la natura da sviluppare direttamente e continuamente, perché è la stessa coscienza che nasce dalla mente del Buddha.

Buona erranza
Sharatan

1 commento:

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