Le strutture e le organizzazioni che sono alla base del nostro mondo materiale sono concepite per togliere all’uomo il suo potere personale. La loro funzione è quella di influenzare e di controllare le persone, in modo da poterle asservire e in modo da poter conservare il sistema. Spogliarsi dal pensiero altrui e avere il coraggio di affermare il nostro vero essere è il cammino spirituale. Dobbiamo avere il coraggio di acquistare abbastanza fiducia per potere affermare cosa siamo e poi riprendere il potere della nostra vita. Mentre lavoriamo per rinforzarsi, saper aspettare che il sistema si esaurisca: prima o poi questo avviene. Se molte persone riescono a conseguire la consapevolezza, si riuscirà ad accellerare il tempo necessario affinchè avvenga questo naturale esaurimento.
Le forme di potere del mondo stanno sempre più accellerando i loro meccanismo di dominio per schiavizzare i corpi e le menti, ma come in ogni cosa, viene il tempo in cui è necessario rendere conto delle proprie azioni. Intanto che aspettiamo che la notte passi, mentre siamo in attesa, nel frattempo lavoriamo su noi stessi. L’autoriflessione diventa un momento fondamentale che molti sfuggono e temono, ma se lo ignoriamo abbiamo veramente poche speranze di poter capire come le influenze altrui riescono a possedere la nostra mente.
Solitamente le tradizioni, le consuetudini e le convenzioni sociali, gli stereotipi culturali, hanno una forte influenza sul nostro pensiero. Il buon senso comune ci aiuta ad ottenere il consenso sociale, per cui possiamo avere un consenso ed un quieto vivere in cambio di una vita vissuta all’insegna delle concezioni che i nostri antenati hanno costruito e conservato. Per avere l’accettazione altrui è sufficiente accettare una scala di valori, cioè il giusto/sbagliato, rassegnandoci a vivere sulle orme di quello che i nostri antenati culturali hanno tracciato per noi.
Detto così riesce chiaro capire, che non bisogna avere una grande capacità mentale per vivere una vita tranquilla, basta avere quello che viene definito il buon senso. Credo che ognuno abbia avuto almeno un appello al buon senso nella sua vita. Certamente più di uno ci ha detto che l’arte di una buona vita è quella di vivere bene nel samsara. Ci insegnano come vivere il nostro samsara, come saperne trarre vantaggio, cioè come barcamenarsi. Potrebbe essere anche giusto, se non fosse che è il samsara il nostro problema: il pensiero del buon senso, del senso comune, ignora che la conservazione del samsara è una trappola mortale.
La società ci offre molte insidie tramite le quali ci porta fuori da noi stessi, e ci sposta verso la materialità del mondo con l’illusione che potremmo avere all’esterno la soddisfazione dei nostri bisogni interiori. E’ questo il meccanismo perverso che ci impedisce di insorgere contro la mente egocentrica ignorante, e che ci toglie la forza per attivare l’osservazione cosciente e la pratica dell’autoriflessione. L’ignoranza dei nostri meccanismi mentali e la mancanza di strumenti per interpretare i fatti del mondo ci impedisce ogni capacità di evoluzione consapevole.
Il mutare della nostra mente e del mondo ci offre percezioni mutevoli e destabilizzanti, per questo ci aggrappiamo con disperazione al nostro ego, perciò vogliamo assolutamente che l’io controlli la mente, le emozioni e le cognizioni. La nostra ignoranza basilare e la feroce resistenza del nostro io limitato, danno un impulso potente e creano le sofferenze del samsara. Questo non è un fenomeno individuale, secondo il buddismo, ma è la condizione naturale dell’uomo.
Senza l’egoismo dell’io la nostra mente diviene aperta, flessibile e chiara. Nella sua naturale essenza, la mente non è oppressa dall’ignoranza, ma è capace e vogliosa di conoscere il nuovo e l’inesplorato, è capace di apprezzare la libertà dello spirito, a condizione che non si faccia limitare e contaminare dal giudizio. Portare alla luce questa potenzialità della mente è possibile, a condizione di usare la pratica dell’autoriflessione che è il naturale compito dell’uomo.
Questo stato mentale di soddisfazione nasce dalla spaziosità che si crea nella nostra mente, e dalla ricchezza della nostra natura interna. Il buddismo insegna che, meditare sulla mente crea sempre più spazio mentale, perché si amplia lo spazio che possiamo dedicare alle emozioni umane migliori, e perché la meditazione consapevole rende innocua la mente egocentrica. Senza dominio, senza paura e senza confini, la mente egocentrica viene sconfitta. Quando ci apriamo ad una dimensione di spazio illimitato, quando il tempo e lo spazio si allargano, la mente egocentrica avverte uno sbilanciamento perché la mancanza di rigidi puntelli la destabilizza: se la mente è figlia della terra, noi la distruggiamo lanciandola nello spazio cosmico.
Se sappiamo apprezzare la nostra ricchezza e grandezza interiore abbiamo un senso di sicurezza infallibile, perché sapere che possiamo fare conto pienamente su noi stessi è una fonte di gioia e di completezza. Sappiamo che, qualsiasi cosa che ci possa giungere dalla vita, è un frangente che siamo in grado di superare; questo offre un grande senso di conforto e di tranquillità. Saper riconoscere il merito di quello che sappiamo fare è una cosa eccezionale. Saper riconoscere le nostre qualità positive, fisiche, spirituali, intellettuali e creative e saperne fruire e godere, equivale a glorificare la bellezza della vita, anche quando le sue strade sono dure e faticose. Questo insegna la dottrina buddista.
Saper coltivare l’apprezzamento del mondo in cui si vive, richiede uno sforzo per uccidere la nostra presunzione. Maggiormente sapremo farlo se sappiamo apprezzare la meraviglia dell’uomo che è la sua mente: una mente che è capace di funzionare producendo il processo del pensiero. Allora l’io diventa il meccanismo che è in grado di saperci educare tramite il sentimento degli opposti, perciò produce la confusione, la sofferenza e la morte.
Tutte le nostre sofferenze sono causate dall’assenza della mente, e dal sonno della nostra enorme potenzialità e vitalità interiore: per questo ci ritroviamo a soffrire nel samsara, perché gli esseri umani amano nascondersi a loro stessi. Quando coltiviamo una mente meschina uccidiamo ogni senso di apprezzamento delle infinite capacità che la nostra ricchezza interiore potrebbe aprirci, e così sprechiamo il nostro migliore potenziale.
Se non ci apprezziamo niente è mai sufficiente, nulla è mai abbastanza, siamo insoddisfatti ed infelici, siamo insicuri. Il miglior rimedio per l’insicurezza è perciò la soddisfazione: soddisfazione per i nostri successi, soddisfazione per il nostro coraggio, per la capacità di saper affrontare il cammino spirituale, e per qualsiasi azione che possa aumentare il nostro karma positivo, e questo è molto meglio che il barcamenarsi alla meno peggio nel samsara.
Buona erranza
Sharatan
Le forme di potere del mondo stanno sempre più accellerando i loro meccanismo di dominio per schiavizzare i corpi e le menti, ma come in ogni cosa, viene il tempo in cui è necessario rendere conto delle proprie azioni. Intanto che aspettiamo che la notte passi, mentre siamo in attesa, nel frattempo lavoriamo su noi stessi. L’autoriflessione diventa un momento fondamentale che molti sfuggono e temono, ma se lo ignoriamo abbiamo veramente poche speranze di poter capire come le influenze altrui riescono a possedere la nostra mente.
Solitamente le tradizioni, le consuetudini e le convenzioni sociali, gli stereotipi culturali, hanno una forte influenza sul nostro pensiero. Il buon senso comune ci aiuta ad ottenere il consenso sociale, per cui possiamo avere un consenso ed un quieto vivere in cambio di una vita vissuta all’insegna delle concezioni che i nostri antenati hanno costruito e conservato. Per avere l’accettazione altrui è sufficiente accettare una scala di valori, cioè il giusto/sbagliato, rassegnandoci a vivere sulle orme di quello che i nostri antenati culturali hanno tracciato per noi.
Detto così riesce chiaro capire, che non bisogna avere una grande capacità mentale per vivere una vita tranquilla, basta avere quello che viene definito il buon senso. Credo che ognuno abbia avuto almeno un appello al buon senso nella sua vita. Certamente più di uno ci ha detto che l’arte di una buona vita è quella di vivere bene nel samsara. Ci insegnano come vivere il nostro samsara, come saperne trarre vantaggio, cioè come barcamenarsi. Potrebbe essere anche giusto, se non fosse che è il samsara il nostro problema: il pensiero del buon senso, del senso comune, ignora che la conservazione del samsara è una trappola mortale.
La società ci offre molte insidie tramite le quali ci porta fuori da noi stessi, e ci sposta verso la materialità del mondo con l’illusione che potremmo avere all’esterno la soddisfazione dei nostri bisogni interiori. E’ questo il meccanismo perverso che ci impedisce di insorgere contro la mente egocentrica ignorante, e che ci toglie la forza per attivare l’osservazione cosciente e la pratica dell’autoriflessione. L’ignoranza dei nostri meccanismi mentali e la mancanza di strumenti per interpretare i fatti del mondo ci impedisce ogni capacità di evoluzione consapevole.
Il mutare della nostra mente e del mondo ci offre percezioni mutevoli e destabilizzanti, per questo ci aggrappiamo con disperazione al nostro ego, perciò vogliamo assolutamente che l’io controlli la mente, le emozioni e le cognizioni. La nostra ignoranza basilare e la feroce resistenza del nostro io limitato, danno un impulso potente e creano le sofferenze del samsara. Questo non è un fenomeno individuale, secondo il buddismo, ma è la condizione naturale dell’uomo.
Senza l’egoismo dell’io la nostra mente diviene aperta, flessibile e chiara. Nella sua naturale essenza, la mente non è oppressa dall’ignoranza, ma è capace e vogliosa di conoscere il nuovo e l’inesplorato, è capace di apprezzare la libertà dello spirito, a condizione che non si faccia limitare e contaminare dal giudizio. Portare alla luce questa potenzialità della mente è possibile, a condizione di usare la pratica dell’autoriflessione che è il naturale compito dell’uomo.
Questo stato mentale di soddisfazione nasce dalla spaziosità che si crea nella nostra mente, e dalla ricchezza della nostra natura interna. Il buddismo insegna che, meditare sulla mente crea sempre più spazio mentale, perché si amplia lo spazio che possiamo dedicare alle emozioni umane migliori, e perché la meditazione consapevole rende innocua la mente egocentrica. Senza dominio, senza paura e senza confini, la mente egocentrica viene sconfitta. Quando ci apriamo ad una dimensione di spazio illimitato, quando il tempo e lo spazio si allargano, la mente egocentrica avverte uno sbilanciamento perché la mancanza di rigidi puntelli la destabilizza: se la mente è figlia della terra, noi la distruggiamo lanciandola nello spazio cosmico.
Se sappiamo apprezzare la nostra ricchezza e grandezza interiore abbiamo un senso di sicurezza infallibile, perché sapere che possiamo fare conto pienamente su noi stessi è una fonte di gioia e di completezza. Sappiamo che, qualsiasi cosa che ci possa giungere dalla vita, è un frangente che siamo in grado di superare; questo offre un grande senso di conforto e di tranquillità. Saper riconoscere il merito di quello che sappiamo fare è una cosa eccezionale. Saper riconoscere le nostre qualità positive, fisiche, spirituali, intellettuali e creative e saperne fruire e godere, equivale a glorificare la bellezza della vita, anche quando le sue strade sono dure e faticose. Questo insegna la dottrina buddista.
Saper coltivare l’apprezzamento del mondo in cui si vive, richiede uno sforzo per uccidere la nostra presunzione. Maggiormente sapremo farlo se sappiamo apprezzare la meraviglia dell’uomo che è la sua mente: una mente che è capace di funzionare producendo il processo del pensiero. Allora l’io diventa il meccanismo che è in grado di saperci educare tramite il sentimento degli opposti, perciò produce la confusione, la sofferenza e la morte.
Tutte le nostre sofferenze sono causate dall’assenza della mente, e dal sonno della nostra enorme potenzialità e vitalità interiore: per questo ci ritroviamo a soffrire nel samsara, perché gli esseri umani amano nascondersi a loro stessi. Quando coltiviamo una mente meschina uccidiamo ogni senso di apprezzamento delle infinite capacità che la nostra ricchezza interiore potrebbe aprirci, e così sprechiamo il nostro migliore potenziale.
Se non ci apprezziamo niente è mai sufficiente, nulla è mai abbastanza, siamo insoddisfatti ed infelici, siamo insicuri. Il miglior rimedio per l’insicurezza è perciò la soddisfazione: soddisfazione per i nostri successi, soddisfazione per il nostro coraggio, per la capacità di saper affrontare il cammino spirituale, e per qualsiasi azione che possa aumentare il nostro karma positivo, e questo è molto meglio che il barcamenarsi alla meno peggio nel samsara.
Buona erranza
Sharatan
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