martedì 19 luglio 2011

Lo sforzo dell’evoluzione


“Così chi sa conosce sempre rettamente la natura dell’uomo,
e chi non sa la considera ora in un modo ora in un altro,
e ognuno la imita alla propria maniera.”

(Johann Wolfgang von Goethe)

Generalmente, dice Gurdjieff, quando non si comprende qualcosa si cerca di trovarle un nome, perché così ci illudiamo di saper comprendere più facilmente. Purtroppo si crede che avere tante parole, perciò saper usare tanti termini, possa aiutare nella comprensione: si crede che avere l’abbondanza di nomi e di concetti mentali faccia padroneggiare la realtà. Il fatto di avere tante definizioni e tante concezioni ci fa illudere di avere la saggezza, se non giungesse la vita pratica con delle situazioni che portano alla luce tutta l’ignoranza effettiva.

Persino parlando di cose comuni pensiamo di poter comunicare un senso ma, ognuno attribuisce alle parole un peso e un significato speciale che l’altro neppure sospetta possa esserci, persino parlando “dell’uomo” che sembrerebbe un argomento tanto banale e scontato da non destare equivoci di sorta. Però, anche questo termine può essere inteso in molti modi vedendolo come genere, come concetto filosofico, come soggetto religioso, come elemento zoologico, come essere morale, etc. L’incomprensione umana è enorme se non usiamo una terminologia esatta e un linguaggio preciso che sia inequivocabile per tutti: questo è il motivo per cui i sistemi dell’antica conoscenza usavano un linguaggio che permetteva di “precisare immediatamente” quello che veniva detto.

Il linguaggio esatto ha una sua struttura che si basa sul principio di relatività, poiché essa permette al linguaggio di poter determinare con precisione, poiché “il linguaggio ordinario” difetta di relatività. La proprietà fondamentale di questo linguaggio esatto è che tutte le idee si concentrano intorno ad una idea unica e tutte le cose possono essere viste e prospettate nella loro relazione reciproca, affinché divengano più chiare: l’idea comune è quella inerente il concetto di evoluzione. Dobbiamo sapere che nulla ha una evoluzione che sia meccanica, perciò non vi è nulla che possa evolversi e che possa salire e nulla che possa degenerarsi, perciò discendere in un modo automatico, poiché solo la distruzione e la degenerazione sono meccaniche: ogni evoluzione avviene in modo volontario.

Un linguaggio preciso permette una comprensione che si basa sulla “conoscenza del rapporto dell’oggetto che si esamina con la sua evoluzione possibile e sulla conoscenza del posto che l’oggetto occupa sulla sua scala evolutiva” poiché molte delle nostre idee sugli oggetti comuni posseggono, in realtà, una divisione relativa agli stadi della loro evoluzione. Dicendo “uomo” dovremmo usare sette parole diverse, poiché esistono sette tipi di uomini, infatti abbiamo l’uomo 1, l’uomo 2, l’uomo 3, l’uomo 4, l’uomo 5, l’uomo 6 e l’uomo 7. Solo con la conoscenza di questi livelli possiamo parlare di uomo sapendo di intenderci in modo esatto, perciò solo usando queste sette idee sapremo di comprenderci immediatamente quando parliamo dell’uomo.

Nell’uomo 7 vediamo lo sviluppo completo, poiché egli possiede tutto ciò che l’uomo può avere, cioè la volontà, la coscienza e un Io permanente e immutabile, perciò egli ha la sua individualità e può avere anche l’immortalità e una serie di proprietà che gli potremmo attribuire, perché solo fino a un certo punto possiamo immaginare le tappe graduali che ci consentono di pervenire a questo livello evolutivo. L’uomo di tipo 6 lo segue molto da vicino, poiché differisce solo in quanto alcune delle sue proprietà sono meno permanenti, mentre l’uomo 5 resta ancora poco accessibile, poiché è l’uomo che ha raggiunto la sua unità: il tipo 4 dobbiamo vederlo come uno stadio intermedio.

Gli uomini 1, 2 e 3 sono l’umanità meccanica che è ferma al punto in cui è nata e in cui si è formata con l’educazione. Vedendo in dettaglio queste categorie vediamo che l’uomo 1 ha il centro di gravità della vita psichica nel centro motore, il tipo 2 è nel medesimo livello di sviluppo, ma si differenzia avendo il centro di gravità nel centro emozionale, perciò la vita è basata sulle emozioni essendo l’uomo del sentimento. L’uomo di tipo 3 è ancora al medesimo livello evolutivo, però ha il centro di gravità collocato nel centro intellettuale, perciò le sue funzioni intellettive sottomettono le funzioni istintive ed emotive: questo uomo ragiona e possiede una teoria mentale su tutto perché della vita conosce solo le considerazioni mentali. Comunque, dice Gurdjieff, andrebbe specificato che noi tutti nasciamo 1, 2 o 3 poiché l’uomo nasce come tale e lo stadio 4 è il frutto degli sforzi per acquisire quel carattere definito che si acquisisce solo alla fine di un duro lavoro su se stessi.

Nessun uomo 4 può essere così in modo spontaneo, poiché l’educazione, la cultura e le influenze esterne rendono impossibile che questa evoluzione avvenga come fenomeno naturale e spontaneo. Questo livello è superiore ai tipi 1, 2 e 3, poiché il tipo 4 ha il “centro di gravità permanente” che è costruito sulle sue idee, sulle sue convinzioni e sull’apprezzamento per il suo lavoro; tutti i suoi centri psichici sono ben equilibrati, perciò nessun centro ha il predominio sugli altri, come nelle tre tipologie primarie: questo è un uomo che sa chi è e che conosce dove vuole andare. Nell’uomo 5 c’è già una cristallizzazione perciò egli non cambia continuamente come i tipi 1, 2 e 3, seppure possa avvenire che si pervenga al 5 in seguito a un lavoro buono oppure cattivo, perciò l’uomo 5 può essere il risultato di un lavoro sbagliato come di un lavoro esatto.

Si arriva al 5 dopo essere stati al 4, però qualcuno nasce già 5 senza giungere dal tipo 4 precedente, perciò dopo si trova nel blocco evolutivo verso il livello superiore del tipo 6 e 7, perciò per tornare ad evolversi egli deve “rifondere completamente la sua essenza, già cristallizzata.” Il tipo 5 che si è evoluto in modo sbagliato deve poter perdere completamente se stesso per riavviare la sua evoluzione e la nuova fusione avviene a prezzo di terribili sofferenze, anche se questo caso è fortunatamente molto raro. La divisione dell’uomo in sette categorie spiega molte cose che non potremmo comprendere altrimenti ed è la prima applicazione del concetto di relatività allo studio dell’evoluzione umana.

Delle cose identiche possono diventare delle cose molto differenti, se vengono riferite a delle categorie differenti di uomini, infatti secondo la medesima concezione, tutte le manifestazioni interiori ed esteriori degli uomini, perciò tutto ciò che l’uomo può manifestare si può similmente suddividere in sette categorie. Se pensiamo al sapere, allora vediamo l’ascesa in sette livelli che sono riferibili a quei modelli umani, perciò valutiamo il sapere dell’uomo 1 come quello basato sull’imitazione e sugli istinti, poiché egli possiede delle concezioni che impara e che ripete a memoria come una scimmia o un pappagallo. Il sapere del tipo 2 è il sapere collegato solo a quello che gli piace, perciò egli rifugge dalla conoscenza di ciò che non gradisce e ricerca solo ciò che gli aggrada: quest’uomo è affascinato da tutto ciò che in lui suscita l’orrore, lo spavento e la nausea.

L’uomo 3 ha un sapere fondato sulla comprensione letterale delle cose, perciò ha un pensare soggettivo che è di tipo logico, che è il sapere del topo di biblioteca e degli scolastici, che sono le categorie di uomini che contano le occorrenze letterali delle sacre scritture e poi usano quelle indagini per fare dei sistemi interpretativi della realtà universale. Nel sapere dell’uomo 4 vi è una conoscenza di genere diverso, perché il suo sapere viene attinto direttamente dall’uomo 5 che lo ha ricevuto dall’uomo 6 che, a sua volta, lo ha appreso attingendo direttamente dalla sorgente dell’uomo 7. E’ evidente che l’uomo 4 è in grado di comprendere il sapere dell’uomo 5 solo a seconda delle sue capacità e in relazione alle sue possibilità, perciò in modo relativo. Comunque, facendo il confronto con il sapere dell’uomo 1, 2 e 3 appare chiaro che il suo è un sapere di chi è in cammino verso il sapere di tipo oggettivo perciò il 4 si è distaccato dalla soggettività.

Il sapere dell’uomo 5 è di tipo differente, poiché è totale e indivisibile, perché il 5 non ha un “io” che conosca una cosa di cui gli altri “io” non siano stati informati, perciò lui sa con tutto se stesso, infatti apprende con la totalità del suo essere. Il sapere dell’uomo 6 è al livello del sapere totale a cui l’uomo può accedere, ma questo sapere non è ancora sufficientemente assicurato, in quanto può essere ancora perduto. Solo il sapere dell’uomo 7 è del tutto suo, poiché esso è totale e integrale: questo è il pieno sapere oggettivo e pratico del Tutto.

Se poi valutiamo anche il livello dell’essere dell’uomo avviene la medesima cosa con 7 livelli, perciò con le medesime 7 gradazioni di essere dell’uomo. L’essere del tipo 1 è quello di chi vive solo di istinti e di sensazioni, il 2 ha un essere che vive di sentimenti e di emozioni, il 3 ha l’essere fatto solo di ragione: questo evidentemente non potrebbe essere definito “essere” e infatti il sapere del tipo 4, del 5 e oltre non può venire mai compreso dagli uomini che non posseggono l’essere, poiché non hanno la possibilità di comprendere ciò che non conoscono e che non sanno possa esistere. Adesso si comprende perché il sapere che viene erogato, anche quando proviene dal tipo 4 e oltre, non viene compreso, in quanto ognuno possiede la comprensione che gli appartiene.

Non potrebbe essere diverso, poiché non si può comprendere se non quello che appartiene al nostro livello, perciò ognuno possiede solo ciò che è suo e ognuno possiede ciò che è nelle sue capacità di comprensione, infatti possiamo comprendere solo ciò che è al nostro livello. La divisione in 7 categorie vale per tutto ciò che si riferisce all’uomo, perciò pensiamolo per l’arte, la religione, per la scienza, per la filosofia e per tutto ciò che è prodotto dall’essere umano, perché tutto ciò che si riferisce all’uomo è sempre in relazione a quello che è l’uomo, perciò tutto è sempre relativo al livello di sviluppo dell’organismo esaminato. Parlando di linguaggio, dice Gurdjieff, questo è un esempio concreto della necessità dell’esattezza, perché se il linguaggio è inesatto e ordinario si possono diffondere tante parole, ma si resta privi di ogni comprensione, perciò aumentiamo sempre più l’incomunicabilità tra gli uomini.

Buona erranza
Sharatan



4 commenti:

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Le parole son come le foglie; e dove più abbondano, raramente sotto si trovano molti frutti del senso.

(Alexander Pope)

Sharatan ain al Rami ha detto...

In effetti, caro Ballo dei Flamenchi, Pope era famoso per gli insulti e le offese che rivolgeva contro tutti i letterati del suo tempo, e con cui entrò in contatto. Era figlio di commerciante e autodidatta, era afflitto da una salute pessima e da una struttura fisica deforme. Qualcuno spiega così il suo pessimo carattere e le ingiurie che usava contro tutti. Era un nano rabbioso...dicono di lui i contemporanei e noi.. esempi simili ne conosciamo vero? Sinceramente io scelgo i miei aforismi da autori che stimo oppure che possono insegnare.

Detto questo credo che un Pope non possa arrivare neppure ai tacchi delle babucce di Gurdjieff. Non credo debba dire altro.
ti auguro ogni bene
Sharatan

www.19febbraio2006.blog.tiscali.it ha detto...

Che eleganza, che bellezza...
Chiedo scusa per il sorriso soddisfatto che si è acceso sul mio viso...

Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi.

Un caro saluto Sharatan

Il cavaliere del secchio

Sharatan ain al Rami ha detto...

Ciao Cavaliere,

Difendo sempre con calore i miei amici e Gurdjieff è tra i miei maestri spirituali preferiti. Sono contenta se ti sei divertito ;-) con le babucce di Gurdjieff.

Ti mando una caro abbraccio
Sharatan